di Nadia Fondelli – In una serata novembrina che già ammicca dalle vetrine al prossimo Natale arriva in centro città, a Firenze, il vino che più è legato ad essa. Il Chianti Colli Fiorentini ha origini antiche e lunga tradizione. Era il vino per la città, quello che le nobili famiglie producevano nelle colline dei dintorni dove avevano le loro tenute e case di caccia.
Un vino genuino e puro che ha accompagnato personaggi celebri nei loro viaggi per il mondo e che è servito ad arruffianarsi potenti, papi ed imperatori.
Mille aneddoti e tante storie fra leggenda e realtà avrebbe da raccontare il Consorzio del Chianti Colli Fiorentini che celebra i suoi primi 20 anni.
Un Consorzio poco più che maggiorenne per una tradizione antica e una denominazione riconosciuta e delimitata fin dal 1932. Quasi un contrasto questo, ma sicuramente un’esigenza precisa nata quando il vino è uscito dalla vigna per trasferirsi sulle scrivanie degli uomini marketing.
Si usciva da anni bui. C’era stata la fuga dalle campagne dove solo pochi impavidi avevano resistito e recentissimo era lo scandalo del metanolo.
Da quelle ceneri forse la spinta decisiva per quella che si può definire la rinascita o moderna viticoltura. Il vino è diventato altro. E’ cambiato tutto: impianti, vigneti, sistemi di lavorazione, tecnologie, vinificazioni, etc…
E’ diventato soprattutto un must, un simbolo stesso dell’Italia, uno status symbol, un qualcosa da sfoggiare e regalare.
Una lunga introduzione necessaria per raccontare la serata speciale in cui il Consorzio ha festeggiato i suoi vent’anni portando in degustazione a un selezionato pubblico di professionisti e appassionati dell’assaggio questi anni di storia.
Un’esperienza degustativa affascinante che si è aperta con la chicca di un vino d’annata del 1987 e si è conclusa con una riserva 2007.
Fra questi due estremi il cambiamento totale di un mondo, quello vinicolo che da artigianale è diventato industriale per usare termini forse impropri, ma efficaci nella loro esagerazione.
L’evoluzione di una storia in bicchiere, una ricerca d’identità e di personalità prima timida, poi cercata ed infine trova e saputa gestire.
Un Consorzio vincente oggi che ha saputo creare una sua personalità seppure nella diversità di un territorio comprendente moltissimi comuni con caratteristiche diversissime come terreno, posizione, altitudine.
Un vino maturo ed equilibrato che si mantiene molto toscano, con profumi freschi e tannini equilibrati dove il Sangiovese fa da padrone (ovviamente) senza però schiacciare gli altri vitigni, tutti autoctoni, che lo compongono.
Un vino dove (finalmente) si sente il vino e non il legno dove l’omologazione ancora non c’è, nella speranza che le leggi di mercato che oggi ci fanno assaggiare nel bicchiere alcune similitudini non finiscano nel tempo per diventare schiaccianti.
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