1 Luglio 2023

Fagiolo zolfino. Storia di una tradizione toscana

Piccolo, tondo, color giallo pallido e sapore delicato. Ecco l’identikit del protagonista della storia di una tradizione. Una storia fatta di amore, semplicità, testardaggine, competenza e qualità.
La storia del fagiolo zolfino è una favola bella e autentica dalla terra alla tavola. Una storia tutta toscana dato che questo fagiolo viene coltivato in un piccolo lembo di terra in Toscana nel Pratomagno.


Fagiolo zolfino da prodotto dimenticato a ricercato

Il fagiolo zolfino è stato quasi dimenticato e disperso nell’oblio della memoria dopo secoli di fama e gloria. Oggi sta  faticosamente tornando a farsi strada grazie alle mani sapienti di alcuni piccoli eroi della terra. I coltivatori custodi sono quelli che proteggono e salvano alcune specie vegetali.

Il “padre” del fagiolo zolfino è Mario Agostinelli

Sguardo deciso, occhi svegli, idee semplici e parole chiare ma taglienti. Quando racconta del fagiolo zolfino Mario si appassiona, si riscalda, si entusiasma e si arrabbia.
Il suo segreto? La voglia di esserci sempre anche contro tutto e tutti per proteggere da soprusi e imitazioni quel suo piccolo “pulcino” dal colore giallo, la forma rotondeggiante e le dimensioni minime.

Mario Agostinelli, il re dello zolfino

Da Leccio, piccolo borgo del comune di Reggello ormai circondato solo da Outlet di grandi marche, Mario Agostinelli va nel mondo a far scoprire a tutti che di zolfino c’è né uno solo. Quello del Pratomagno perché solo qui c’è il terreno giusto per coltivarlo. Lui, coltivatore di zolfino con più ampio terreno dedicato è orgoglioso della sua creatura. E non fa nessuna fatica ad alzarsi all’alba e spaccarsi la schiena nei capi per tutelarlo e farlo conoscere.
Si riscalda solo quando sente parlare di zolfini nel cuneese, nel trevigiano o peggio ancora in Cina!


Il fagiolo delle Regine

Le soddisfazioni invece le ha portandolo con se in giro per il mondo. Quando gli fa indossare il vestito buono di ambasciatore dei prodotti d’eccellenza italiani nel mondo.
Mario con il suo entusiasmo coinvolgente ha fatto innamorare  del fagiolo zolfino la corte inglese. Dello zolfino era golosa Caterina dei Medici e anche la regina Elisabetta lo serve nelle preziose porcellane di Buckingam Palace ai suoi ospiti. Alcuni anni fa Agostinelli lo ha imposto con la forza della qualità anche al cerimoniale del Quirinale fin dai tempi di Carlo Azeglio Ciampi Presidente.
Non solo, ha fatto perdere la testa per lo zolfino nientemeno che a Pierre Cardin che da pensionato della moda si è dedicato all’alta gastronomia selezionando personalmente solo le eccellenze mondiali per il suo Maxim’s.

la raccolta

Ma cosa ha di così speciale questo fagiolo?

Appartiene a un genotipo locale che ancorandosi a un terreno perfetto ne esalta le caratteristiche e fa la differenza. Un terreno circoscritto che ruota attorno a soli cinque comuni del Pratomagno che regala a questo cereale il doppio di proteine di una bistecca.
Stupisce per la sua pasta densa, leggera e l’alta digeribilità.
Oggi è molto ricercato per quel sapore delicato che lo caratterizza e per la buccia molto fine e digeribile che lo rende di facile cottura.
Prende il nome dalla caratteristica del suo colore, simile appunto, allo zolfo. La forma panciuta ma irregolare lo rende facilmente riconoscibile dagli altri fagioli.
La produttività molto più bassa rispetto ad altre tipologie di fagioli – causa che negli anni aveva fatto quasi abbandonare la sua coltivazione – si adatta alla coltivazione anche in terreni poco fertili.

Mario ha ragione a lottare per difenderlo e non solo perché è il custode del suo germoplasma. Perché si alza tutti i giorni all’alba per andare nei capi a coccolarlo e accarezzarlo e perché segue a mano ogni momento della sua crescita. Ha ragione soprattutto perché lo zolfino che non è tutelato da nessuna Dop o Igt solo perché i prezzi delle registrazioni giocano a favore delle multinazionali e dell’appiattimento gustativo.
Il fagiolo zolfino ha bisogno di sentinelle attente e custodi sinceri. E Mario lo è!


Come cucinarlo

La sua cottura deve essere lunga e a fuoco basso. La pasta densa e cremosa gli dona un sapore spiccato assolutamente particolare.
La buccia finissima consente la cottura anche senza il preventivo ammollo solitamente usato per gli altri fagioli. É ottimo accompagnamento per molti piatti della cucina tradizione toscana: dalla ribollita alla pasta e fagioli ed è usato anche come contorno. Ottimo all’uccelletto ed anche, semplicemente, condito con solo olio extra vergine d’oliva.

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