Viaggio fra le bellissime e sontuose residenze che vennero costruite per creare una raffinata “Corona di Delizie” intorno alla capitale, a testimonianza della magnificenza di Casa Savoia.
La Reggia di Venaria e la Palazzina di Caccia di Stupinigi, maestosi complessi barocchi, nacquero come residenze di caccia e di piacere.
Hanno origini difensive i castelli di Rivoli – oggi Museo di Arte Contemporanea – e di Moncalieri inizialmente edificati come roccaforti e successivamente trasformati in accoglienti maisons de plaisance. Il Castello della Mandria, all’interno dell’omonimo Parco, divenne residenza e luogo prediletto del primo re d’Italia.
Reggia di Venaria
La Reggia di Venaria costituisce uno dei più riusciti esempi della “Corona di Delizie”, il sistema di residenze progettate intorno a Torino nelle quali il sovrano fra Seicento e Settecento abitava circa sei mesi l’anno, durante la stagione più calda.
Visitando i magnifici ambienti della Reggia e passeggiando nel suo vasto parco si respira un’atmosfera sospesa tra passato e futuro. Costruita a partire dal 1658 dall’architetto Amedeo di Castellamonte per Carlo Emanuele II, la Venaria Reale comprende il borgo, il parco e i boschi destinati all’attività venatoria. A questa pratica rimandano anche gli affreschi che decorano le stanze, raffiguranti Scene di cacce infernali e Scene di cacce acquatiche entro bizzarre cornici in stucco e le tele del pittore fiammingo Jan Miel nella grande Sala dedicata alla dea Diana, che rappresentano i principali tipi di cacce praticati dal duca e dai suoi cortigiani.
Fra fine Seicento e inizio Settecento Vittorio Amedeo II trasformò il complesso da residenza di caccia a vera e propria reggia, affidando i lavori prima a Michelangelo Garove e poi al siciliano Filippo Juvarra, che rese Venaria un gioiello del Barocco. L’architetto l’arricchì con gli immensi spazi della Scuderia Grande, che poteva ospitare fino a duecento cavalli, della Citroniera, destinata alla conservazione delle piante da frutto durante i mesi invernali, e della Regia cappella di corte (poi detta di Sant’Uberto), un suggestivo ambiente a croce greca modellato dalla luce che raccorda pittura, scultura ed architettura, con pale d’altare di grandi pittori italiani (Sebastiano Conca, Francesco Trevisani e Sebastiano Ricci) e sculture in marmo del toscano Giovanni Baratta. Ma è con la Galleria Grande (1718-72) che Juvarra realizzò il suo capolavoro. Lunga 80 metri, nella galleria è la luce l’assoluta protagonista. Essa filtra dalle finestre su entrambi i lati e dagli oculi aperti sull’imposta della volta e anima le ricche decorazioni a stucco in un costante e mutevole gioco di luci e ombre. A completare la Reggia fu poi Benedetto Alfieri, cui si devono le nuove scuderie e le gallerie di collegamento fra le parti juvarriane.
Per tutto il Settecento, Venaria fu il principale teatro del potere politico e della magnificenza artistica di Casa Savoia. Nell’Ottocento, poi, fu trasformata in caserma, progressivamente abbandonata al degrado e privata dei suoi arredi. Dal 1999 è stata oggetto d’un pionieristico e impegnativo intervento di restauro che ha permesso, nel 2007, la sua restituzione al pubblico e l’allestimento di un articolato percorso di visita, arricchito ogni anno da importanti mostre internazionali di arte antica e moderna.
Il dialogo tra memoria del passato e contemporaneità prosegue anche nei suoi ampi giardini, nel 2019 vincitori del premio “Parco più bello d’Italia”, dove si possono ammirare esposizioni di arte contemporanea, il Giardino delle sculture fluide di Giuseppe Penone, le installazioni di Giovanni Anselmo e di Mimmo Paladino e il complesso della Fontana dell’Ercole, capolavoro seicentesco di Amedeo di Castellamonte.
Castello di Rivoli
Il Castello di Rivoli sorge in un punto di controllo strategico a 15 km da Torino, sull’anfiteatro morenico che si apre all’imbocco della Val di Susa, a ovest rispetto la città.
Le origini, come roccaforte militare, risalgono al XI secolo. Proprietà sabauda dal 1247, dalla seconda metà del Cinquecento l’edificio iniziò ad assumere l’aspetto attuale. Prima residenza in Piemonte del duca Emanuele Filiberto, venne trasformato in palazzo di loisir grazie agli interventi dell’architetto Ascanio Vitozzi e di Carlo e Amedeo di Castellamonte. Il complesso si arricchì in quel momento della Manica Lunga, pinacoteca ducale, di oltre 140 metri.
All’inizio del Settecento divenne uno dei luoghi più importanti per la vita della corte sabauda. Poco dopo aver acquisito il titolo reale (1713), Vittorio Amedeo II incaricò Filippo Juvarra di ricostruire il castello, il quale progettò un maestoso edificio che tra 1717 e 1727 convogliò gli investimenti artistici della corte. Per la quadreria furono selezionate le opere dei migliori artisti del tempo, come Gaspar van Wittel, Sebastiano Conca, Francesco Solimena, Sebastiano Ricci, Francesco Trevisani.
A seguito della prigionia di Vittorio Amedeo II, dal 1731 al 1732, il monumentale progetto juvarriano ebbe una battuta di arresto rimanendo incompiuto visto che il nuovo re, Carlo Emanuele III, convogliò altrove gli sforzi economici e progettuali, preferendo altre residenze come la Palazzina di Caccia di Stupinigi. Il Castello di Rivoli, edificato solo per metà, fu ancora oggetto di interventi a fine Settecento ad opera di Carlo Randoni, cui va attribuita la regia delle decorazioni delle sale al secondo piano, fra cui il salotto cinese (1793).
Con la Restaurazione, l’arredo mobile fu in gran parte disperso. Venduto al comune di Rivoli nel 1883, il castello diventò una caserma militare. Colpito dai bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale, fu oggetto di un progetto di demolizione, fortunatamente mai realizzato.
Un primo tentativo di recupero dell’edificio fu avviato in occasione dei festeggiamenti per il centenario dell’Unità d’Italia, nel 1961. Dal 1979, grazie alla decisione della Regione Piemonte di acquisirlo in comodato per 29 anni, fu avviato un lungo cantiere di restauro guidato dall’architetto Andrea Bruno che pose fine al degrado dell’edificio, creando una suggestiva linea di continuità tra passato, presente e futuro.
Nel 1984 vi fu inaugurato al suo interno il primo Museo d’Arte Contemporanea d’Italia. Il Museo possiede tre piani espositivi nell’Edificio Castello e quello, unico nel suo genere, al terzo piano della Manica Lunga. La Collezione annovera opere dagli anni Sessanta ad oggi, con particolare riguardo verso l’Arte Povera, la Transavanguardia, Minimal, Body e Land Art, oltre che le mostre temporanee. Grazie all’accordo stipulato nel 2017 tra la Fondazione Cerruti e il Castello di Rivoli, dal 2019 è aperto uno spazio ad essa destinato, con una raccolta che spazia dalle opere del Rinascimento ai grandi maestri dell’arte contemporanea come Bacon, Picasso, Modigliani, Warhol, Klee e Kandinskij.
Castello di Moncalieri
Il Castello di Moncalieri, che si erge imponente sulla collina a sud-est di Torino è una delle più antiche e grandi residenze sabaude costituenti il sistema della “Corona di delizie”.
Il primo nucleo venne edificato nel XIII secolo con funzione difensiva; risalgono invece al tardo quattrocento le due torri a pianta circolare oggi inglobate nella facciata rivolta verso la città. Nel Seicento venne trasformato da Cristina di Francia e da suo figlio Carlo Emanuele II in residenza di svago per la corte. La struttura a C con possenti torrioni angolari si apre verso il retrostante parco collinare vasto circa 5 ettari.
Nel Castello di Moncalieri Vittorio Amedeo II fu arrestato nel 1732 per aver tentato di revocare la sua abdicazione e tornare al potere, morendovi poco dopo.
Intorno al 1775 fu Vittorio Amedeo III ad incaricare l’architetto Francesco Martinez (nipote di Juvarra) di ampliare gli spazi e di crearne di nuovi, come la scenografica Cappella Regia.
Tra il 1788 e il 1789, vennero riallestiti da Leonardo Marini gli appartamenti al primo piano per i principi di Piemonte, mentre Giovanni Battista Piacenza e Carlo Randoni si occuparono di quello al piano terra, destinato ai duchi d’Aosta.
Le complesse vicende del XIX e XX secolo segnarono il destino della residenza. Durante l’occupazione francese divenne caserma e ospedale militare, perdendo gran parte degli allestimenti e degli arredi. Cancellato il passaggio delle truppe, il Castello tornò ad essere abitato, amato dalle donne di Casa Savoia, in particolare la regina Maria Adelaide e le principesse Maria Clotilde e Maria Letizia. Di questa fase tardo ottocentesca, allestita dall’architetto Domenico Ferri secondo uno stile eclettico di gusto francese, rimane come esempio l’appartamento del primo re d’Italia Vittorio Emanuele II e della sua consorte Maria Adelaide, con lo spettacolare Salotto Blu sfarzosamente arredato e decorato in stile neobarocco.
Alla fine della prima guerra mondiale Vittorio Emanuele III cedette allo Stato alcuni castelli della Corona, fra essi Moncalieri, all’interno del quale era comunque stata garantita la permanenza della principessa Maria Letizia fino alla morte, avvenuta il 25 ottobre 1926. Due anni dopo fu inaugurata al suo interno la Scuola di reclutamento per gli Ufficiali di complemento del Corpo d’Armata di Torino. Divenne caserma dell’Arma dei Carabinieri dal 1945 e oggi ospita il 1° Reggimento Carabinieri “Piemonte”.
Nel 2008 un incendio, divampato nel torrione sud-est, ha distrutto parte dell’appartamento di Vittorio Emanuele II, incluso nel percorso di visita, causando gravi danni ed una irreparabile perdita per il patrimonio storico e culturale italiano, come la sala nella quale il 20 novembre 1849 il re firmò il Proclama di Moncalieri, determinante per la futura unità della nazione.
I complessi restauri, conclusisi nel 2017, hanno restituito al pubblico questi spazi con un allestimento evocativo che, tramite un sistema di pannelli e velari, mostra “in trasparenza” il loro aspetto prima dei danneggiamenti.
Palazzina di caccia di Stupinigi
La Palazzina di Caccia di Stupinigi è un gioiello architettonico immerso nella campagna torinese, a soli 10 km da Piazza Castello a Torino, cui fa da cornice lo strepitoso panorama delle Alpi. Considerata il capolavoro dell’architetto Filippo Juvarra – che ne fece un modello internazionale per le residenze di loisir – e voluta da Vittorio Amedeo II per gli svaghi della corte sabauda, fu edificata dal 1729 al centro di una vasta riserva di caccia, instaurando un rapporto privilegiato con l’ambiente circostante.
La razionale gestione del territorio emerge nella progettazione di un vero e proprio agglomerato urbano al servizio della Palazzina, completo di scuderie, magazzini, cascine, canili e abitazioni. Dal 1754, il complesso divenne facilmente raggiungibile dalla capitale attraverso una strada alberata.
Per l’edificio principale, Juvarra concepì una struttura a forma di croce di sant’Andrea nei cui bracci, proiettati verso i giardini, trovavano spazio gli appartamenti destinati alla famiglia reale. Al centro della croce, perno dello schema geometrico su cui è impostata la planimetria, sorge l’ampio salone ellittico ideato come uno spettacolare spazio per le feste. Interamente dipinto a finte architetture dai quadraturisti bolognesi Domenico e Giuseppe Valeriani, il salone coinvolge lo spettatore in uno scenografico dialogo tra pittura, scultura e architettura, amalgamate dalla luce che entra dalle ampie finestrature. Il tema della caccia, scelto per il centrovolta del salone con l’Apoteosi di Diana, è, insieme a quello della natura, il filo conduttore per gli affreschi, gli arredi e le sculture che ornano gli ambienti della residenza.
Su richiesta di Carlo Emanuele III (successore di Vittorio Amedeo II) dal 1740 Benedetto Alfieri ampliò la palazzina con due appartamenti destinati ai figli del nuovo re, il duca di Savoia e il duca di Chiablese. Gli interni si caratterizzarono per la decorazione rococò incentrata sul fascino degli specchi e sul gusto per l’esotismo, con salotti rivestiti di carte importate dalla Cina. Con il 1798 e l’occupazione francese si conclusero gli ampliamenti, durati tutto il secolo; durante l’Ottocento la palazzina fu riarredata più volte per ospitare i sovrani che la scelsero come luogo di villeggiatura, come Carlo Felice e Maria Cristina di Borbone e, ancora nel Novecento, Margherita di Savoia.
Dal 1919 la Palazzina di Caccia di Stupinigi, affidata all’Ordine Mauriziano, divenne sede del Museo di Arte e ammobiliamento. Importanti lavori di restauro sono stati condotti recentemente e dal 2016 il percorso di visita ripristinato prevede la quasi totalità degli appartamenti aulici. La conservazione e valorizzazione di questo patrimonio si deve oggi alla Fondazione Ordine Mauriziano.
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