6 Ottobre 2024

La Valle d’Aosta, valle di formaggi

Una fuga golosa, soprattutto quando l’estate finisce è perfetta! Lasciate ormai alle spalle le ansie da prova costume, arriva, insieme al fresco, anche il tempo delle mele, delle castagne, dei funghi e di qualche sgarro in più.
Il momento in cui la natura inizia lentamente ad arrossire e le prime foglie a farle da tappeto è perfetto per una fuga in
Valle d’Aosta.
Una bella passeggiata nel bosco, lungo il corso di un ruscello gentile, è il modo migliore tanto per stimolare l’appetito, quanto per restare in forma anche in autunno. È un paesaggio da mangiare, quello valdostano, che racconta di sé tanto attraverso la natura che si sviluppa nella sagoma delle creste alpine, quanto per tramite dei prodotti che il suo territorio è in grado di donarci.
Un cibo messaggero, che parla una lingua da ascoltare con il palato e immediatamente comprensibile a tutti o, almeno, a quanti sanno che il nostro corpo non è una macchina, che mangiare non è come fare benzina e che il valore dei prodotti non è soltanto da misurare in calorie, ma nel peso specifico delle storie che nascondono.


L’eredità della cultura contadina, nella valle dei 100 castelli

Le storie che saziano davvero sono quelle che valgono da sole un viaggio nella regione più alta d’Italia, dove la cultura culinaria è l’altra faccia di una medaglia che già conosciamo: quella di una natura viva, fatta di cascate e valli, di biodiversità floro-faunistica; di architetture valse alla Valle d’Aosta l’appellativo di Valle dei 100 castelli, ma anche dei lasciti della cultura contadina d’alta quota in rascard e stadel. È proprio da questa eredità, che colpisce l’occhio già a prima vista, che bisogna partire.
Case ingegnose, per gente ingegnosa, abituata a vivere, lavorare, mungere o coltivare sempre in pendenza: l’agricoltura, qui, è una storia scritta per terrazzamenti, da mani dure come la segale, resistenti come patate d’alta quota, ma anche dolci come le pere e le mele, che ricoprono d’oro la valle centrale.

La seras

Oltre la D.O.P.: le eccellenze valdostane che forse non conosci

La Valle d’Aosta è casa di ben quattro prodotti che hanno ricevuto la Denominazione di Origine Protetta: si tratta di eccellenze locali, fiori all’occhiello di una gastronomia che ha nella particolare localizzazione geografica, nella qualità delle materie prime e in tecniche di produzione antiche, i suoi punti di forza.
Chi non conosce la Fontina Dop, autentica regina tra i formaggi valdostani prodotta con latte crudo e intero, e chi non ha mai provato i diversi sapori del Fromadzo Dop, semidolce quando è fresco o deciso quando è più stagionato, o ancora il Vallée d’Aoste Lard d’Arnad, imbattibile sul pane di segale o accompagnato da miele e , e il Vallée d’Aoste Jambon de Bosses, il re dei prosciutti crudi?
Ma anche fuori dal novero delle D.O.P., la Valle d’Aosta può vantare prodotti d’eccellenza che portano, con sé, storie e sapori di questo territorio, insieme a tutta la loro qualità, contrassegnate dall’etichetta come PAT (prodotto agroalimentare tipico).
Parliamo, ad esempio, del Seras, pregiata ricotta chiara documentata, in Valle d’Aosta, sin dal 1268. Impastando invece la ricotta con sale, pepe, peperoncino, ginepro, finocchio e cumino si ottiene il Salignön, prodotto e distribuito da alcuni caseifici della bassa Valle d’Aosta. Tenace e corazzata allo sguardo, la Motzetta, carne essiccata di bovino, diventa però tenera e gustosa una volta assaporata, mentre il Teteun, mammella bovina salmistrata, si sposa con salse e marmellate.
E ancora: il Boudin, salume insaccato a base di patate e lardo i cui segreti sono tramandati di generazione in generazione e la cui ricetta cambia di località in località e le Saouseusse, carne tritata e stagionata di bovino di razza valdostana e lardo di maiale.
Tra i PAT valdostani non può mancare il Jambon alla brace di Saint-Oyen, nella valle del Gran San Bernardo, un cotto di altissima qualità contraddistinto da una salamoia a base di sale, aromi e miele, cotto prima a vapore per 24 ore e poi alla brace in un forno a legna, oltre all’innaffiatura di birra artigianale locale (senza glutine).

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