Vini unici e speciali quelli coltivati sulle impervie colline liguri a picco sul mare. Liguria, una terra dove i vitigni autoctoni sanno regalare profumi e sensazioni al palato uniche. Tanti quelli liguri di cui si potrebbe parlare: dal pigato al rossese, dal dall’ormeasco ai colli di Luni e tanti altri ancora. Un patrimonio di biodiversita enoica da cullare e conservare.
Di seguito abbiamo deciso di parlarvi del passito per eccellenza della riviera, un vino dal nome musicale unico in tutti i sensi. Considerato uno dei vini più preziosi e rappresentativi della viticoltura eroica ligure, grazie alle difficili condizioni di coltivazione sui terrazzamenti ripidi affacciati sul mare.
Il “rinforzato” amato da Telemaco Signorini
Lo sciachetrà è un vino passito, dolce e liquoroso, prodotto nelle Cinque Terre da uve che provengono dai celebri terrazzamenti.
Oltre a vantare una storia millenaria e ad essere conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, ha ottenuto la Denominazione di Origine Controllata ed è stato riconosciuto come presidio Slow Food.
Nei luoghi di origine questo vino è spesso chiamato col nome tradizionale di «rinforzato» o «vino dolce», rispettivamente refursà e vin dùse nei dialetti locali della lingua ligure.
Il termine “sciachetrà”, con cui il rinforzato è commercializzato e ormai ovunque conosciuto, sembra essere invece piuttosto recente, essendo attestato soltanto verso la fine dell’Ottocento.
Pare che uno dei primi a utilizzarlo sia stato il pittore macchiaiolo Telemaco Signorini, il quale, nel suo scritto di memorie Riomaggiore, ricordando le tante estati trascorse nel borgo delle Cinque Terre, afferma che «in settembre, dopo la vendemmia, si stendono le migliori uve al sole per ottenere il rinforzato o lo sciaccatras».
Quel nome unico dall’origine incerta
L’etimologia del vocabolo è incerta. La più probabile è quella che lo fa derivare dal verbo «sciacàa» (schiacciare), utilizzato per indicare l’operazione di pigiatura dell’uva.
Se questa ipotesi fosse vera, se ne potrebbe allora dedurre che la denominazione più antica e originaria sia proprio quella di «sciachetrà», sostituita poi in tempi più recenti da «refursà».
Accade spesso, infatti, che le parole dialettali più antiche e più lontane dall’italiano vengano via via sostituite, a causa del predominio sociale e culturale della lingua nazionale, dai corrispondenti vocaboli toscani, se pur sottoposti a un processo di assimilazione fonetica alla lingua locale.
D’altro canto, vi è da osservare che mentre il termine «refursà» indica una caratteristica propria del vino passito, il vocabolo “sciachetrà” rimanda invece a un’operazione, quella della pigiatura, compiuta per qualsiasi tipo di vino.
Quel che è certo è che la presenza del suono /k/ lungo – ossia della doppia “c” – è dovuta all’erronea comprensione del toscano Signorini, come dimostra la circostanza che nello scritto del pittore macchiaiolo si trovano frequentemente simili errori di trascrizione e soprattutto come conferma il dato di fatto che nei dialetti locali della lingua ligure non esistono consonanti doppie.
La stessa Cooperativa Agricoltura delle Cinque Terre è incorsa nel medesimo errore, mutando la denominazione «sciachetrà» che compariva originariamente sulle sue bottiglie in «sciacchetrà» e venendo seguita sulla stessa strada dal Parco Nazionale delle Cinque Terre e da altri produttori.
Entriamo nel bicchiere…
Lo sciachetrà viene prodotto con le qualità d’uva Bosco (60%), Albarola e Vermentino (40%).
Si tende comunque a preferire l’uva Bosco in quanto la buccia degli acini è più resistente e quindi si presta meglio all’appassimento senza rompersi.
Solo i grappoli migliori e più maturi vengono raccolti a mano, una pratica necessaria per via della pendenza dei vigneti. Le uve sono lasciate appassire per settimane su graticci o in ambienti ben ventilati, concentrando zuccheri e aromi. Dopo la pressatura, il mosto fermenta lentamente e il vino viene affinato in acciaio o legno, spesso per anni, per sviluppare la sua complessità.
Ha un colore dal giallo dorato al giallo ambrato con riflessi dorati, intensi e brillanti. Al naso è straordinariamente complesso. Si percepiscono note di albicocca disidratata, fichi secchi, miele, frutta candita e scorza d’arancia. A questi si aggiungono aromi di mandorla tostata, spezie dolci e lievi accenni di salinità, che ricordano il mare.
In bocca è dolce ma mai stucchevole, con un perfetto equilibrio tra dolcezza e acidità, che dona freschezza al sorso. Le note di miele e frutta secca sono bilanciate da un lungo finale minerale, caratteristico del territorio.
Si sposa alla perfezione con dessert a base di mandorle, crostate di frutta secca e biscotti tipici liguri come i canestrelli. Straordinario anche con formaggi stagionati o erborinati, come il Gorgonzola o il Castelmagno. Può essere degustato anche da solo, come vino da meditazione, grazie alla sua complessità.
Da ricordare che la quantità prodotta è molto ridotta, il che rende lo Sciacchetrà un vino esclusivo e ricercato a livello internazionale.
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