“Belo-donum”, “la città splendente”: così l’avevano definita i celti per l’incanto del paesaggio che la circonda. Dalla sua posizione, infatti Belluno domina il fiume Piave e il torrente Ardo ed è abbracciata dal gruppo della Schiara, dal monte Serva e dal colle del Nevegal.
Una città considerata porta d’accesso delle splendide Dolomiti bellunesi, un luogo abitato sin dall’antichità che offre molto di più di quanto si possa immaginare.
Cosa vedere
La città vale la pena di essere visitata e iniziamo il nostro tour da Palazzo dei Rettori un edificio storico del XV secolo che si trova in Piazza Duomo e rappresenta uno splendido esempio di architettura veneziana a testimonianza del lungo dominio della Serenissima su Belluno.
Spostandosi nel centro storico da visitare la cattedrale dedicata a San Martino eprogettata dall’architetto Tullio Lombardo che ospita opere d’arte poco conosciute, tra cui dipinti del Rinascimento veneziano.
Da non perdere Porta Dojona una delle più antiche della città che risale al XVI secolo ed è una tappa imperdibile per chi ama la storia medievale. La chiesa di Santo Stefano nasconde un capolavoro del pittore Cesare Vecellio, cugino del più famoso Tiziano cadorino purosangue anche lui.
Il nome della città di Belluno è legato molto al suo figlio d’arte Andrea Brustolon famoso scultore barocco, che lasciò in eredità alla città molte sue opere. Per ammirarle potete recarvi alla chiesa di San Pietro dove sono presenti due delle sue pale oppure a Palazzo Fulcis, sede del Museo Civico, che custodisce anche capolavori di Sebastiano Ricci, Domenico Tintoretto, Ippolito Caffi ed altri artisti dal XIV secolo ad inizio ‘900.
Quando Belluno era il “frigorifero” della Serenissima
Molto prima dell’avvento dei frigoriferi moderni, il ghiaccio era una risorsa preziosa e Belluno con i suoi nevai e la vicinanza alle Dolomiti giocava un ruolo cruciale nell’approvvigionamento di Venezia.
Questa storia, che intreccia ingegno, lavoro duro e l’abilità di sfruttare le risorse naturali, rappresenta un capitolo affascinante della storia bellunese dato che il ghiaccio proveniente dalle Dolomiti era particolarmente apprezzato per la sua purezza, dovuta alle acque incontaminate delle montagne.
Nella Serenissima, una città con un clima caldo d’estate e nessun accesso diretto a fonti naturali di ghiaccio, il ghiaccio era essenziale per la conservazione degli alimenti, la preparazione dei gelati (una delle specialità del tempo) e persino per scopi medici. La richiesta era altissima e le Dolomiti, con i loro nevai, rappresentavano la fonte di approvvigionamento più vicina e accessibile.
Il ghiaccio veniva raccolto nei mesi invernali dai nevai naturali della zona di Belluno. I blocchi venivano tagliati manualmente con seghe e trasportati poi in speciali depositi detti ghiacciaie costruite in zone fresche e ombreggiate, spesso sotterranee, per ridurre al minimo lo scioglimento. Gli strati di ghiaccio erano separati fra loro da paglia, che fungeva da isolante naturale.
Il ghiaccio era trasportato poi a Venezia caricato su slitte e poi su carri trainati da cavalli con un sistema che richiedeva precisione e velocità e durante la primavera e l’estate, una volta raggiunte le rive del fiume Piave, veniva trasferito su barche a fondo piatto, dette burci, e trasportato lungo il fiume fino alla laguna veneziana.
Una volta giunto a Venezia veniva distribuito nei mercati, alle famiglie nobili e ai venditori di gelati, che lo utilizzavano per raffreddare alimenti e bevande.
Durante il XIX secolo il commercio del ghiaccio rappresentava una fonte significativa di reddito per molte famiglie bellunesi. Gli uomini lavoravano come tagliatori o trasportatori, mentre le donne e i bambini spesso aiutavano a preparare i depositi di ghiaccio. Il lavoro era duro e pericoloso, i trasportatori dovevano affrontare lunghe distanze, condizioni climatiche difficili e il rischio che il ghiaccio si sciogliesse prima dell’arrivo a destinazione.
Con l’avvento dei frigoriferi e delle tecnologie moderne per la produzione di ghiaccio artificiale alla fine del XIX secolo questa attività scomparve gradualmente; tuttavia, il commercio del ghiaccio rimane una parte importante del patrimonio culturale di Belluno e delle sue valli.
Oggi, la storia del ghiaccio è ricordata attraverso racconti locali e rievocazioni storiche. Alcuni percorsi escursionistici nelle Dolomiti bellunesi, come quelli che conducono alle antiche ghiacciaie, permettono ai visitatori di scoprire i luoghi dove il ghiaccio veniva raccolto e conservato.
La storia del ghiaccio di Belluno trasportato a Venezia è un esempio straordinario di come le comunità abbiano sfruttato le risorse naturali con ingegno e determinazione, rispondendo alle necessità di una grande città come Venezia. Un legame, quello tra le montagne e la laguna, che racconta un’Italia di lavoro e tradizione.
Gustare la gastronomia bellunese
La cucina bellunese riflette l’ambiente montano, con piatti robusti e saporiti pensati per pensati per affrontare i rigidi inverni delle Dolomiti. Protagonisti di questa cucina sono prodotti del territorio come il mais, i cereali, le patate, i funghi, il latte e la carne. I piatti tradizionali sono spesso semplici, ma ricchi di sapore, grazie all’utilizzo di erbe aromatiche, spezie e tecniche tradizionali.
Esempio sono i casonziei, ravioli di barbabietola rossa, conditi con burro fuso e semi di papavero. Una delizia agrodolce unica nel suo genere e la polenta taragna, fatta con farina di grano saraceno e accompagnata da formaggi fusi.
Belluno è famosa per i suoi formaggi artigianali, come il Piave Dop, uno dei simboli della gastronomia bellunese, un formaggio a pasta dura prodotto con latte vaccino locale, disponibile in diverse stagionature e il Montasio, spesso abbinati al miele locale, il Monte Cavallo formaggio di montagna dal gusto aromatico e deciso, prodotto nelle malghe, la tosella formaggio fresco, appena cagliato, che viene servito alla piastra, spesso accompagnato da polenta e funghi, la floreta una ricotta liquida tipica anch’essa delle malghe usata per uno dei primi tradizionali della zina: gli ghocchi con la floreta e lo schiz anch’esso protagonista di una ricetta tradizionale, ovvero polenta e schiz che è anch’esso un formaggio fresco ma cotto rapidamente e servito caldo. Fra i dolci tradizionali tra i più noti, troviamo la sappa, un dolce a base di mosto d’uva cotto utilizzato per farcire torte o biscotti, il zalet, biscotti fatti con farina di mais, zucchero e burro, talvolta arricchiti con uvetta o pinoli e il fregoloti, dolce simile a una sbrisolona, preparato con farina di mais e arricchito con mandorle.
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