Set 27, 2024 | Territori
I parchi nazionali sono aree naturali protette, dichiarate tali da ogni Paese, che vengono tutelate attraverso norme specifiche per preservarne la fauna selvatica e l’ambiente naturale. In Europa ci sono più di 500 parchi nazionali, di cui una dozzina sono protetti dall’Unesco e considerati Patrimonio dell’Umanità. Sono luoghi in cui si possono trovare cime granitiche, sterminate foreste di faggi, sorgenti sotterranee, cascate spettacolari, animali selvatici allo stato brado e un silenzio e una pace inusuale. Sono i luoghi perfetti per una piacevole passeggiata o per una sfida sportiva… e dove poter scattare centinaia di foto capaci di far invidia agli amici.
Ecco i 15 parchi nazionali più attraenti di tutta Europa scelti dagli utenti del motore di ricerca Jetcost.it:

Parco nazionale di Plitvice – Lika (Croazia)
Conosciuto come il Paradiso acquatico, è costituito da un gruppo di 16 laghi profondi, ognuno dei quali cambia colore a seconda dell’ora del giorno – dal turchese intenso al verde menta, fino al grigio e al blu – collegati tra loro da bellissime cascate e incantevoli ruscelli.
Scorrendo tra rocce dolomitiche e calcaree, le acque di questo parco hanno creato nel corso dei millenni delle dighe naturali che hanno portato alla formazione di tutta una serie di laghi, grotte e cascate di incredibile bellezza.
Vale la pena visitarlo anche in inverno, quando le cascate sono ghiacciate e i laghi con la loro superficie specchiata di ghiaccio assumono la tonalità del cielo. Dal 1979 questo parco è Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.

Parco Nazionale delle Isole Atlantiche – Galizia (Spagna)
Condiviso dalle province galiziane di A Coruña e Pontevedra, nell’angolo Nord-occidentale della Spagna, il Parco Nazionale delle Isole Atlantiche della Galizia è situato nel cuore delle Rías Baixas.
In questo luogo particolarissimo, in cui si incontrano acqua dolce e acqua salata, si crea un ecosistema unico, ricco di vita marina e terrestre.
Se da una parte, infatti, spiccano i sistemi di dune, le scogliere e i boschetti di ginestre ed eriche, dall’altra, nell’ambiente marino, con fondali rocciosi, è possibile ammirare colonie di alghe brune che ospitano una grande varietà di esseri viventi. Questo trio di isole (Illa de Monteagudo, Illa do Faro e la meridionale Illa do San Martiño), che combinano le loro spiagge bianchissime e le lagune cristalline con ripide scogliere e punti panoramici rocciosi, sono prive di traffico, cosa che enfatizza la sensazione per il visitatore di essere alla “fine del mondo”.
Inoltre, insieme formano un frangiflutti che protegge la città costiera di Vigo dalla furia dell’Atlantico.

Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (Italia)
È incredibile pensare che a sole due ore d’auto da Roma si possano trovare l’orso bruno marsicano, la lince selvatica, il lupo appenninico e l’aquila reale che vivono tra cime granitiche e boschi di faggio, in valli e prati pieni di nontiscordardime, con una natura dominante e selvaggia che ospita solo una serie di villaggi collinari sparsi qua e là.
Il Parco Nazionale d’Abruzzo, visitato da due milioni di persone all’anno, è il più antico d’Italia e si estende per 50.000 ettari nel cuore degli Appennini.
Le antiche faggete, con alberi di oltre 500 anni, sono Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. All’interno del parco si possono fare escursioni a piedi, a cavallo, si possono praticare birdwatching, mountain bike, sci alpino o di fondo in inverno.
La rete di percorsi escursionistici comprende più di 150 sentieri per un totale di 750 chilometri e il panorama è mozzafiato, oltre che la tranquillità che vi si respira solo entrandovi.

Situato a Huelva, in Andalusia, il Parco di Doñana occupa la riva destra dell’estuario del fiume Guadalquivir, vicino alla sua foce nell’Atlantico a Sanlúcar de Barrameda.
È degno di nota per la grande varietà dei suoi biotopi: lagune, paludi, macchia mediterranea e dune mobili e fisse.
È l’habitat naturale di cinque specie di uccelli a rischio estinzione e di alcune specie emblematiche come la lince iberica e l’aquila imperiale, anch’esse in pericolo.
La palude è un luogo di passaggio, di riproduzione e di svernamento per migliaia di uccelli europei e africani, rappresenta quindi un ecosistema di altissimo valore ecologico.
I variegati paesaggi che compongono Doñana comprendono anche il sistema di dune fossili che corre tra Matalascañas e la foce del Guadalquivir, più di 25 chilometri di spiaggia vergine e sabbie bianche; la duna fossile di Asperillo è alta più di 30 metri e la scogliera di Asperillo è uno spettacolare taglio formato da arenaria di colore arancione e ocra a causa delle acque ricche di ossido di ferro che scorrono nei cosiddetti “chorritos de la pared” (piccoli ruscelli nella parete).

Parco nazionale di Dartmoor – Devon – (Inghilterra)
Selvaggia brughiera aperta e profonde vallate fluviali, con una ricca storia, leggende e una fauna rara: Dartmoor è un luogo unico.
È riconosciuto come uno dei paesaggi più belli del Regno Unito. Il granito è un importante elemento unificante di questo scenario; modellato nei millenni dall’azione degli eventi atmosferici, forma i caratteristici tors, delle scoscese collinette rocciose.
È una zona molto interessante dal punto di vista anche archeologico: ci sono castelli, abbazie e numerosi monumenti preistorici che includono il Beardown Man, alto 3,5 metri, vicino a Devil’s Tor e 5.000 capanne di pietra.
Qui ci sono tra i sentieri escursionistici migliori della Gran Bretagna.

Parco nazionale di Peneda-Gerês – Región Nord (Portogallo)
Nell’estremo Nord-Ovest del Portogallo, tra l’Alto Minho e Trás-os-Montes, la Serra da Peneda, insieme alla Serra de Gerês, è l’unica area protetta portoghese a essere dichiarata Parco Nazionale.
Presenta paesaggi abbaglianti tra montagne e dighe, dove specie uniche come il cavallo selvatico garrano corrono liberamente tra le montagne.
La sua vegetazione è eclettica, con diverse tonalità di verde che ricoprono le catene montuose, evidenziando una foresta di agrifogli, unica a livello nazionale, e specie endemiche come il giglio di Gerês, che illumina i campi con i suoi toni blu-violetti. Il terreno, molto montagnoso, è attraversato da fiumi e argini che scorrono rapidamente e si trasformano in cascate. Sembra un mondo a parte dove la natura la fa da padrona.

Parco nazionale della Valle di Lauterbrunnen – Berna (Svizzera)
La Valle di Lauterbrunnen, nella regione di Berna, tra Interlaken e il massiccio della Jungfrau, è di una bellezza spettacolare. Lauterbrunnen riunisce quasi tutto ciò che rende speciale la Svizzera.
Qui si può ammirare lo spettacoli naturale fornito dalle Alpi, passeggiare attraverso villaggi da cartolina, esplorare sentieri escursionistici e praticare gli sport invernali più belli della Svizzera, ammirando da vicino la Jungfrau,
Patrimonio Mondiale dell’Unesco.
Le scogliere scolpite dai ghiacciai si ergono sopra campi verdi di pini e capanne di legno. Circa 72 cascate scendono da queste pareti scoscese, la più impressionante delle quali è la cascata di Staubbach.
La sua bellezza è tale che Goethe e Lord Byron ne furono ispirati per scrivere poesie.Da non perdere inoltre le cascate di Trummelbach, originate da un ghiacciaio e con accesso sotterraneo, sono le uniche del genere in Europa, sono collegate via ascensore, con gallerie, tunnel, piattaforme e sentieri: vederle da vicino è un’esperienza imperdibile.

Parco nazionale della Foresta Nera (Germania)
Nascosto nel Sud-Ovest della Germania, il Parco Nazionale della Foresta Nera sembra uscito da una fiaba dei Fratelli Grimm. Il suo paesaggio naturale è unico, ricco di valli, antiche rocche, brughiere punteggiate di erica, laghi cristallini, fattorie e scure foreste di abeti rossi; è un’area boschiva montuosa che si estende per 160 km e la sua diversità di paesaggio si riflette anche nella varietà della flora e della fauna.
Le foreste di abeti e faggi dominano lo scenario. Una caratteristica particolare del parco sono le aree erbose, chiamate Grinden, nelle zone più alte.
Qui si può passeggiare o andare in bicicletta e spesso si sentono e si vedono picchi e cuculi (piccola curiosità: la regione è il luogo di nascita dell’orologio a cucù).

Parco nazionale del Vatnajökull (Islanda)
Questo sito naturale di 1.400.000 ettari copre un’iconica regione vulcanica dell’Islanda ed è il più grande d’Europa.
Il territorio del parco nazionale è spettacolare, modellato dall’interazione tra fuoco e ghiaccio.
Il Parco Vatnajökull ospita dieci vulcani principali, otto dei quali subglaciali, tra cui due dei più attivi di tutta l’Islanda.
Gran parte del parco si trova al di sotto della calotta glaciale del Vatnajökull, ma i suoi paesaggi sono vari e comprendono sorgenti geotermiche, canyon, montagne innevate, lagune, vulcani sepolti e incredibili grotte di ghiaccio.

Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano ed Alburni – Campania (Italia)
La regione del Cilento ospita un paesaggio culturale di eccezionale qualità.
È una Riserva della Biosfera dal 1997 e nel 2010 è stato il primo parco nazionale italiano a diventare un Geoparco.
Si tratta del secondo parco protetto più grande dItalia, che si estende dalla costa tirrenica, con le due aree marine protette di “Santa Maria di Castellabate” e della “Costa degli Infreschi e della Masseta”, fino ai piedi dell’Appennino campano e lucano.
In questo territorio eterogeneo e ricco dal punto di vista naturalistico sono state censite circa 1.800 specie vegetali e 25 habitat differenti. Il parco ospita betulle, abeti bianchi e rossi. Inoltre, sono presenti 254 delle 319 specie di orchidee selvatiche presenti in tutta Europa.
Il vasto territorio offre alle specie animali una grande varietà di ambienti, per cui è possibile incontrare volpi, lepri, cervi, caprioli, cinghiali, martore e moltissimi uccelli.
Tra le altre cose, è possibile visitare i siti archeologici della città di Paestum e Velia e la Certosa di San Lorenzo a Padula, oltre a numerose città e borghi antichi che vi sono compresi. Un viaggio, insomma, tra natura e storia.

Parco nazionale del Teide – Isole Canarie (Spagna)
Nel cuore dell’isola di Tenerife si trova uno dei parchi nazionali più visitati d’Europa. Qui la vera star è il vulcano Teide, il “tetto” della Spagna, con i suoi 3.718 metri di altitudine.
Questa struttura vulcanica si erge a 7.500 metri dal fondo dell’oceano e si stima che sia la terza più alta del mondo.
La neve quasi perenne sulla vetta e le colate di lava che si riversano sulle sue pendici formano una combinazione unica e irripetibile.
In primavera si può ammirare il meraviglioso tajinaste rosso, che può crescere fino a tre metri di altezza e ha migliaia di piccoli fiori rossi brillanti.
Un altro tesoro unico al mondo è la violetta del Teide, emblema e orgoglio del Parco, che si trova solo al di sopra dei 2.500 metri di altitudine. Nelle notti limpide e senza luna, il Parco Nazionale offre senza dubbio uno dei migliori luoghi per l’osservazione delle stelle nell’emisfero settentrionale.

Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi – Veneto (Italia)
Il Parco è situato al margine meridionale delle Dolomiti e rappresenta un settore delle Alpi Sud-orientali di notevole e riconosciuto interesse ambientale, con una grande varietà di ambienti: dalle zone più riparate di fondovalle alle alte pareti rocciose, dai boschi di latifoglie alle foreste di conifere, fino alla macchia d’alta quota, tra pascoli e ghiaioni.
Come l’intera catena dolomitica, il parco è uno dei tesori protetti dall’Unesco.
Un territorio che rappresenta l’habitat perfetto per speci come camosci, cervi e caprioli, ma anche volpi e marmotte, tassi e scoiattoli, ermellini e martore. I grandi carnivori che vi si possono incontrare sono orsi, linci e lupi.

Parco nazionale degli Écrins (Francia)
Le Alpi francesi danno il meglio di sé nel secondo parco nazionale più grande della Francia, il Parc National des Écrins, un paradiso per escursionisti e alpinisti, anello di congiunzione tra le Alpi meridionali e quelle settentrionali.
Situato tra Gap, Grenoble e Briançon, il massiccio deve la sua fama alle 150 cime che superano i 3.000 metri di altezza.
Il modo migliore per scoprire gli Écrins, destinazione di alta montagna con sole tutto l’anno, è percorrerlo a piedi.
Ci sono oltre 700 km di sentieri segnalati che permettono di esplorarne le cime impervie, i ghiacciai, i vasti pascoli alpini, i laghi di montagna e i torrenti.
Un’occasione per scoprire paesaggi magnifici e una biodiversità eccezionale, con oltre 4.000 specie animali e vegetali censite.

Parco nazionale dei Picos de Europa – Asturie, Cantabria e Castiglia e León (Spagna)
Condiviso dalle province di Asturie, Cantabria e León, il Parco nazionale dei Picos de Europa è un perfetto esempio di ecosistema atlantico ed è uno dei primi due parchi nazionali della Spagna.
Ricco di boschi di querce e faggi, prende il nome dalle impressionanti formazioni rocciose che vi si trovano. Decine di sentieri escursionistici ben segnalati collegano prati, laghi cristallini, gole e imponenti picchi calcarei che offrono un rifugio sicuro per la fauna selvatica che comprende gatti selvatici, orsi bruni e lupi iberici.
Distribuito su 11 villaggi, il Picos de Europa è l’unico Parco Naturale abitato della Spagna e offre al viaggiatore un’esperienza unica.
Da non perdere sicuramente l’impressionante Picu Urriellu, di 2.519 metri, noto anche come El Naranjo de Bulnnes, incredibile montagna calcarea di origine paleozoica che attrae come una calamita gli scalatori più esperti che si arrampicano sulle sue pareti o camminano fino alla sua base per godersi il panorama.

Parco nazionale del Durmitor (Montenegro)
Modellato dai ghiacciai e attraversato da fiumi e falde acquifere, il Parco Nazionale del Durmitor è di una bellezza mozzafiato. Lungo il corso del fiume Tara, che presenta le gole più profonde d’Europa, si trovano fitte foreste di conifere con un’importante flora endemica e laghi cristallini.
Uno dei punti salienti è il Lago Crno Jezero, il Lago Nero, lago glaciale a più di 1.400 metri di altitudine, che nonostante il nome, non è affatto nero: in realtà si tratta di due laghi dalle acque trasparenti e dalle suggestive tonalità smeraldo e turchesi, completamente circondati da alte montagne e foreste lussureggianti; un vero paradiso della natura.
Altrettanto suggestivo è il canyon del fiume Tara, il più lungo d’Europa e il secondo al mondo, lungo 78 chilometri e con un salto di quasi 1.000 metri nel punto più profondo.
Questa caratteristica naturale è stata inserita nella lista del Patrimonio mondiale dell’UNESCO prima dello stesso Parco nazionale del Durmitor.
Fonte: Jetcost.it
Giu 23, 2024 | Territori
Il Coordinamento Agricoltori e Pescatori Italiani (Coapi) ha aperto a Sulmona il programma di iniziative della cinque giorni dedicata al “Diritto a produrre e diritti ambientali”, occasione di riflessione e proposta quanto mai opportuna all’indomani dell’approvazione definitiva del Regolamento Ue sulla Restaurazione della Natura.

Sì all’agroecologia e la giustizia ambientale
L’evento di Sulmona, centrato sul “No al rewilding – Si alla tutela della Natura e delle Attività agropastorali”, si è aperto con un presidio davanti alla sede operativa del Parco Nazionale della Maiella a Sulmona ed è proseguito con un incontro all’Eremo di Sant’Onofrio, occasioni per definire i contenuti che contribuiranno, alla fine delle giornate di mobilitazione, a comporre il capitolo dedicato all’ambiente del documento finale della campagna di mobilitazione dei #99giorni.
All’interno del presidio si è tenuta la Conferenza stampa cominciata con un minuto di silenzio in segno di lutto per la tragica morte di Satnam Singh nelle campagne di Latina e di Pierpaolo Bodini, morto ieri nelle campagne di Brembio in Lombardia, per testimoniare come gli agricoltori che si stanno battendo per l’agroecologia e la sovranità alimentare come strumenti per affermare la giustizia ambientale sono i primi a rivendicare il rispetto della dignità e dei diritti del lavoro (dei braccianti, degli agricoltori e dei pescatori artigianali) come prima garanzia per il rispetto dei diritti sociali ed economici.

No alla mummificazione del territorio
Nella Conferenza stampa il Coapi ha ribadito come la protezione dell’ambiente naturale non può risolversi in una “mummificazione del territorio”.
Da qui il no deciso al Rewilding, “un’idea antistorica, che non tiene conto della presenza dell’uomo come parte dell’ambiente naturale e della sua capacità di gestirlo, manutenerlo e viverlo”.
Obiettivi di grande attualità in Abruzzo, dove la convivenza con tre parchi nazionali (Maiella, interregionale di Abruzzo, Lazio e Molise, Gran Sasso e Monti della Laga) e il parco regionale del Sirente – Velino diventa sempre più complessa, per i vincoli crescenti che limitano di fatto la costruzione di un sano equilibrio tra attività umane e natura.

Due specie in via di estinzione: l’orso e il pastore
Dopo il presidio, in cui sono intervenuti in diversi, l’iniziativa si è spostata per la redazione di un documento di proposte (che saranno assunte nel documento generale della campagna dei #99giorni) all’Eremo di Sant’Onofrio, luogo di alto valore simbolico voluto da Papa Celestino V, che abitò la Maiella in armonia con la natura, primo a costruire un percorso di gestione della montagna.
Dino Rossi del Cospa Abruzzo, in conferenza stampa ha dichiarato: “Il presidio di oggi a Sulmona prelude ad un convegno che terremo presto a Pescasseroli, alla Tana del Lupo, sede del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
La questione che intendiamo porre è che oggi abbiamo due specie in via di estinzione, l’orso e il pastore.
Perché in questi lunghi anni la specie minacciata di estinzione (orso bruno marsicano) consta sempre dei soliti 50 esemplari, mentre sono stati spesi tanti soldi dal Parco senza riuscire a tutelare realmente la specie?
Noi chiediamo un Parco a misura di orso, perché questo plantigrado purtroppo entra in competizione alimentare con cervi, che si muovono anche in branchi di 400 esemplari, e cinghiali, che ormai sono ovunque, popolazioni di ungulati che ad oggi, proprio perché non gestite, vanificano ogni forma di protezione dell’orso stesso. Il tutto, mentre il Parco vuole includere nelle aree protette gli usi civici, un esproprio vero e proprio, nei luoghi da sempre dedicati soprattutto al pascolo, e al tempo stesso si chiede all’allevatore una procedura complessa, costosa e con un fortissimo e irragionevole appesantimento burocratico come la valutazione d’incidenza ambientale per autorizzarlo al pascolo e alla tenuta stessa dell’allevamento.”
La burocrazia contro il mondo rurale
Andrea Marsili, del Cospa Abruzzo, sottolinea: “Il Parco della Maiella è un geoparco Unesco, la
presenza di ominidi è testimoniata in questi territori praticamente da sempre, ma oggi lo spopolamento minaccia seriamente la presenza dell’uomo.
Un processo in accelerazione spinto da sempre nuovi vincoli ambientali; servono sempre più carte e burocrazia per pascolare le pecore, una forma di colpevolizzazione della presenza umana che è ormai straripante e che è ingiustificata: abbiamo da sempre manutenuto e custodito il territorio.” Marsili sottolinea l’esigenza di un dialogo fino ad ora mancato con gli enti parco, al fine di “Partecipare alla stesura dei regolamenti e degli impianti normativi, questo vogliamo attuare, attraverso un’azione che intendiamo sviluppare lungo tutto l’Appennino a partire dal contributo che daremo oggi dall’Eremo di Sant’Onofrio.
Perché dobbiamo scongiurare la dinamica davanti ai nostri occhi che pretende di bloccare la storia umana in questi territori. Noi vogliamo restare qui con una nuova agricoltura e una nuova
pastorizia”.

Il futuro: parchi eolici al posto delle greggi?
In Abruzzo, ai tempi della transumanza lungo il tratturo magno L’Aquila – Foggia c’erano tra i 2 ed i 3 milioni di pecore, nel 2017 gli ovini erano rimasti in 200mila unità, oggi sono 150mila, segno che l’attività di imprenditore armentario rischia di scomparire, con tutte le sue produzioni.
Alessandro Novelli, Rete Interregionale GPS invece affronta un altro argomento, quello dei crediti di carbonio: “Come agricoltori produciamo molto più ossigeno di quanto ne consumiamo con la produzione di CO2, ma la normativa europea per farci accedere al mercato dei crediti di carbonio come venditori, vuole che le nostre aziende siano ancora più performanti e quindi ci chiede di fare ulteriori investimenti lì dove già la capacità di investire degli agricoltori è stata ridotta dalla crisi economica in atto.
D’altro canto l’industria che acquista i nostri crediti di carbonio e che dispone di ingenti capitali non è incentivata a ridurre realmente le proprie emissioni, che contribuiranno nel tempo a rendere il clima e l’esercizio dell’agricoltura sempre più difficile e rischioso.”
Da qui Novelli conclude: “Anche la cessione di crediti di carbonio oggi da parte di noi agricoltori al settore industriale si pone nel lungo periodo come una forma di finanziarizzazione del danno ambientale presente e soprattutto futuro che subiamo e che subiremo; un mercato illogico, per cui gli eventuali profitti di oggi consumano l’unico capitale vero di cui ogni agricoltore dispone: la terra coltivabile.”
Anche questo un tema che viene posto con forza in vista della redazione del documento ambientale del Coapi. Gianni Fabbris, portavoce del Coapi conclude: “Vogliamo con le nostre iniziative scongiurare un
rischio ormai concreto: entro i prossimi 20 anni i 2/3 della popolazione italiana vivrà nelle città, e solo 1/3 risiederà nei territori rurali. Ma a cosa serviranno a questo punto i territori rurali, luoghi nei quali coltivare solo parchi eolici, visto che la produzione di cibo sarà stata abbandonata?
Resteranno solo per essere visitati nei wekend dai turisti provenienti dalle città selvaggia e inaccessibile ma da dove non si produrrà più il cibo, la cui produzione sarà delegata dal capitale finanziario a luoghi lontani devastati da modalità intensive, estrattive e industriali. Uno scenario che non vogliamo si avveri e che intendiamo scongiurare.”
Feb 20, 2024 | Enogastronomia
Messaggi d’amore in bottiglia, o meglio, in etichetta. Non solo per San Valentino il giorno più romantico dell’anno, ma per ogni occasione in cui volete stupire il vostro partner ecco il suggerimento di due etichette sentimentali e sognanti fin dal nome.
“Ho scritto t’amo sulla sabbia” e sull’etichetta…
Il primo vino è Ho scritto t’amo sulla sabbia de Le vigne di San Pietro una piccola isola tra le colline moreniche del Garda di circa 10 ettari nata nel 1980 per volere di Sergio e Franca Nerozzi e oggi guidata dal figlio Carlo. Un vino ottenuti da uve Corvina al 100% che al naso ricorda la pesca animata da tocchi di mentuccia fresca, mentre al palato conquista con la sua grande sapidità e un finale decisamente balsamico, punteggiato da note di liquirizia.
Un vino teso che chiama la beva, facilissimo da bere ma tutt’altro che semplice, dal perlage sottile e dal bel colore rosa antico. Da bere come aperitivo o con piatti delicati, come il pesce crudo o una leggera insalata all’arancia.
“Giocheremo con i fiori” per post hippy nostalgici
Da Torre dei Beati, piccola cantina dell’Abruzzo, votata alla produzione di vini naturali, arrivaGiocheremo con i Fiori, un vino unico, ben bilanciato da una vena acido-sapida che lo rende veramente interessanti: il livello di profondità di espressione di questo Pecorino sorprende, con una sapidità ben marcata ma sempre elegante, vero punto di forza del terroir sul quale crescono i vigneti di Torre dei Beati.
Questo Pecorino stupisce fin dal primo sorso, grazie alla sua prorompenza sempre elegante, alla sua freschezza e alla sua complessità aromatica.
Il merito di questa complessità, oltre che al costante e preciso lavoro di Adriana e Fausto, va sicuramente anche al terreno: i vigneti si trovano sulle prime colline ai piedi del Gran Sasso, a valle del torrente Tavo; qui il terreno è argilloso-calcareo, ricco di scheletro con forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, riesce a conferire alle uve una forte esaltazione del corredo aromatico.
È così che nasce il Pecorino “Giocheremo con i fiori”, con la passione di una cantina unica, capace di esaltare al meglio le caratteristiche del territorio di Loreto Aprutino.
Nov 19, 2023 | Enogastronomia, Territori
Esistono luoghi in cui i Presìdi Slow Food hanno una ragion d’essere ancora più potente: le aree interne. Paesi e terre alte in cui la salvaguardia va ben oltre il prodotto in sé, rigenerando economie rurali minate dallo spopolamento e dalla conseguente perdita di biodiversità.
Qui, recuperare le colture significa ripristinare terreni abbandonati ma anche restituire al futuro memorie contadine a rischio di totale dimenticanza.
È quanto successo con la pastinaca di Capitignano e la cipolla di Bagno, i due nuovi Presìdi istituiti nella fascia interna dell’Aquilano: un tubero e un bulbo mai del tutto scomparsi dagli orti dei contadini che oggi puntano a rigenerare l’agricoltura locale.

foto Marco Del Comune, Slow Food
La pastinaca di Capitignano, radice della memoria
Il legame degli abitanti di Capitignano con la loro terra ha radici ben profonde e un nome preciso: pastinaca.
Sulle origini di questo tubero c’è chi parla di archeologia orticola, sarebbe stato diffuso infatti in tutta Europa dai Romani, importandolo dalla Germania.
A Capitignano, la pastinaca ha sviluppato nei secoli un ecotipo a sé, diverso dagli altri presenti sul mercato per il sapore dolce, il colore più tendente al giallo e la presenza di ramificazioni laterali.
Nel borgo montano di circa 600 abitanti ricompreso nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, la pastinaca non è mai mancata dagli orti domestici.
La sua coltivazione si è progressivamente ridotta, a causa dell’introduzione della patata in zona a partire dal ‘500, ma anche della gestione delicata della pastinaca: il terreno deve essere morbido e drenato, le piantine vanno prima diradate e poi, una volta raccolte, pulite con cura. Ma, come una madeleine proustiana, dalla memoria dei locali non era mai scomparsa del tutto.
«L’abbiamo fatta riassaggiare ai nostri compaesani perché tanti non ricordavano nemmeno che sapore avesse», racconta Noemi Commentucci, giovane produttrice. «Ma la memoria gustativa ha fatto la sua parte: molti di loro sono tornati bambini, richiamando gesti e sapori di famiglia». Come il cenone della vigilia di Natale, che secondo la tradizione a Capitignano prevede sette portate vegetali, pastinaca inclusa.
La famiglia Commentucci è stata fra i primi promotori del percorso di recupero del tubero, continuando a coltivarlo e proporlo agli ospiti del loro agriturismo. Oggi il Presidio riunisce alcune decine di produttori: «speriamo che sia l’occasione per rilanciare la coltivazione anche in paese», conclude Noemi.

foto Marco Del Comune, Slow Food
Alla ricerca del tesoro (quasi) perduto: la cipolla di Bagno
Arriva da Bagno, frazione della città dell’Aquila, il nuovo Presidio dedicato alla cipolla, il secondo nella regione dopo la cugina bianca piatta di Fara Filiorum Petri, nel Chietino.
Leggermente schiacciata, dalla buccia dorata e la polpa compatta e bianca, quasi trasparente, la cipolla di Bagno ha un sapore dolcissimo tanto che un tempo veniva data ai bimbi come merenda, cotta sotto la brace, aperta e spolverata di zucchero.
«La cipolla è da sempre una specialità rinomata nella zona: gli anziani produttori erano gelosi dei semi, li custodivano come un tesoro e li scambiavano solo tra di loro» ricorda la produttrice Anna Ciccozzi.
Anna racconta che ancora oggi il legame con il bulbo è molto forte. I coltivatori continuano a irrorare la cipolla solo con l’acqua dei due laghi locali San Raniero e San Giovanni «perché è più pulita», e nessuno permette ad altre varietà di cipolla coltivate in zona di andare in fioritura, per scongiurare il rischio di ibridazione.
Da diverso tempo, è Anna a seminare la cipolla di Bagno sui suoi terreni per poi distribuire mazzetti di bulbilli ai quattro coltivatori aderenti al Presidio e a chi ne fa richiesta.
«Con il passare degli anni, insieme ai contadini più anziani stava scomparendo anche il prodotto. Oggi è importante tramandarlo con tutto il suo bagaglio di usi e memorie, perché sia ricchezza e opportunità per le nuove generazioni», conclude la coltivatrice.
Tra gli obiettivi dei due gruppi di produttori, c’è anche quello di valorizzare i trasformati.
Per la cipolla si pensa a creme che consentano di ovviare alla deperibilità del prodotto, più veloce rispetto ai bulbi convenzionali; per la pastinaca sono già stati sperimentati i patè ottenuti dai fittoni, per ridurre al minimo lo spreco.
A L’Aquila il lancio ufficiale con degustazione guidata
«Da sempre Slow Food pone la difesa della biodiversità al centro dei suoi progetti con l’obiettivo di tutelare la straordinaria ricchezza del nostro Pianeta, ma dal 1999 l’Associazione ha dato vita a uno degli strumenti più significativi: i Presìdi Slow Food», afferma Silvia De Paulis, referente dei Presìdi Slow Food dell’Aquilano.
«Abbiamo raccolto la voce di due Comunità, quella di Bagno e quella di Capitignano, che con tenacia, amore e tanto sacrificio, hanno conservato due diverse varietà orticole strettamente legate al loro territorio e alle loro tradizioni, la cipolla di Bagno e la pastinaca di Capitignano. Li abbiamo incontrati, ascoltati e abbiamo compreso che era la strada giusta da percorrere insieme, con il sostegno concreto del Gal Gran Sasso Velino, da sempre vicino a noi per progetti di valorizzazione e tutela delle produzioni di piccola scala. Saremo al loro fianco per difendere e tutelare i loro sforzi, anche nella speranza che nuove generazioni di agricoltori siano disposte a impegnarsi con loro per un’agricoltura più pulita e sostenibile, capace di generare un giusto reddito a chi voglia intraprendere questa strada».
Il debutto dei due nuovi Presìdi è in programma venerdì 17 novembre al palazzo dell’Emiciclo dell’Aquila, nell’ambito dell’apertura di Cibaq – Cibi della tradizione aquilana, la manifestazione dedicata a celebrare e promuovere la biodiversità dei Presìdi della provincia. Nella mattinata la presentazione ufficiale, nel pomeriggio un laboratorio di degustazione a cura di Slow Food Abruzzo in collaborazione con l’Istituto Alberghiero “L. da Vinci” dell’Aquila.
Nov 8, 2023 | Enogastronomia, Territori
Un giro d’Italia da nord a sud e ritorno al sapor di tartufo. Quattro mete diverse fra loro per storia e cultura ma quattro mete per assaporarlo, conoscerne tutti segreti, stanarlo con il cane e imparare a cucinarlo.
In autunno e in inverno le tavole si inebriano del profumo del tartufo che dai boschi diventa il re di piatti deliziosi proviamo a conoscerlo meglio.

Umbria: alla scoperta del nero fra dicembre e gennaio
In Umbria l’inverno è il momento ideale per degustare il pregiato tartufo nero umbro che si raccoglie proprio tra dicembre e gennaio.
Un’ esperienza da scoprire in un percorso lento tra natura, storia e arte.
Vengono organizzate speciali cacce al tartufo con il cavatore e il suo fidato cane nei dintorni di Gubbio, Norcia e Città di Castello.

Molise: il bianco e il nero di Castel del Giudice
Castel del Giudice (Isernia) in Molise, circondato dai boschi dell’Appennino molisano-abruzzese noto per la produzione delle mele , è il luogo in cui il tartufo diventa emozione.
Un rituale affascinante: partire insieme al tartufaio Antonio e la cagnolina Kelly, imbattibile con il suo fiuto sopraffino, per una giornata nell’azienda agricola Le Tartufaie e un tour alla scoperta delle varianti nere e bianco del prezioso tubero, l’ambiente in cui nasce e si sviluppa, la cavatura e tante curiosità sul diamante della terra.

In Alta Valle Isarco
in Alta Valle Isarco, tornano dal 17 novembre al 7 dicembre 2023 le Settimane del Tartufo, con gli esclusivi piatti firmati dallo chef 2 Stelle Michelin Peter Girtler.
Menu esclusivo a base di 5 specialità al tartufo nell’antica Gasthofstube.
Piemonte: la capitale del tartufo
Il Piemonte è rinomato per il tartufo bianco, in particolare nella zona delle Langhe e del Monferrato. Puoi partecipare a tour di caccia al tartufo con esperti locali e i loro cani addestrati. Alcuni luoghi noti per i tour di tartufo nel Piemonte includono Alba e Asti.
Se l’evento più famoso è ovviamente, la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba giunta ormai alla sua 93esima edizione che ha il suo clou nel Mercato Mondiale del tartufo, non mancano eventi diffusi specie nel territorio del Monferrato e dell’alessandrino dove si contano oltre dieci eventi dedicati.

Toscana; da San Miniato, a San Giovanni d’Asso e Volterra
La Toscana è un’altra regione famosa per i tartufi, in particolare il tartufo nero. Città come San Miniato e Volterra offrono tour di tartufo, che spesso includono la caccia al tartufo e degustazioni di piatti a base di tartufo.
San Miniato, a metà strada fra Firenze e Pisa che ospita la Fiera del Tartufo è una delle capitali nazionali. Leggenda narra che i tartufi più belli venduti alla fiera mondiale di Alba siano in realtà di San Miniato…
Ma torniamo nel borgo per darvi appuntamento nei fine settimana 11-12 / 18-19 / 25-26 novembre 2023 quando il centro città ospiterà laboratori, banchi di degustazione e vendita del pregiato prodotto.

Marche: non solo Acqualagna
Le Marche sono un’altra regione italiana rinomata per il tartufo nero. Acqualagna è una delle città più famose per il tartufo nelle Marche e offre tour e festival del tartufo.
Se la fiera nazionale di Acqualagna quest’anno per colpa del caldo e la mancanza del fungo ipogeo è stata un po’ sottotono altre sono le occasioni per la scoperta del tartufo marchigiano.
Un’ottimameta è senz’altro la regione del Montefeltro e più nell specifico il borgo di Montefabbri provincia di Pesaro Urbino. Un paese che sembra essersi cristallizzato al 1400 dove funghi e tartufi sono di casa.

Abruzzo: neri, prelibato e poco noto
L’Abruzzo è famoso per il tartufo nero prelibato. Puoi partecipare a tour di tartufo a Rocca Calascio e nelle aree circostanti.
L’evento simbolo del tartufo d’Abruzzo è però la Fiera Internazionale dei tartufi d’Abruzzo che si terrà dall’1 al 3 dicembre 2023 all’Aquila, presso il Parco del Castello Cinquecentesco.
Puglia: il pregiato nero di Fasano
Anche la Puglia produce tartufi prelibati, in particolare il tartufo nero. Puoi trovare tour di tartufo nella città di Fasano e nelle aree circostanti.