La Val di Chiana e le sue acque. Tutto quello che c’è da sapere

La Val di Chiana e le sue acque. Tutto quello che c’è da sapere

La Val di Chiana è una vallata unica nel suo genere. É una terra artificiale nata grazie alla mano dell’uomo. Lunga circa cento chilometri lungo le provincie di Siena,  Arezzo e Perugia deve il suo nome dal fiume Clanis. Un fiume che oggi di fatto non esiste più ma che in epoca etrusca e romana ha fatto la fortuna di questa zona.

Lago di Chiusi

Arezzo, Cortona e Chiusi: figlie del fiume Clanis

Il Clanis nasceva vicino ad Arezzo in prossimità dell’Arno. A differenza di questo però scorreva verso sud e confluiva nei pressi di Orvieto nel Paglia emissario del Tevere.
Il Clanis avendo una pendenza minima consentiva la navigabilità. Unici “sbalzi” solo nella tratta terminale e infatti nell’epoca di Nerone si costruirono delle chiuse ancora parzialmente visibili.
Tutto ciò favorì lo sviluppo della zona. Non a caso la prosperità di Arezzo, Cortona e Chiusi la si doveva al Clanis e alla sua vallata. Intense erano le lavorazioni agricole presenti grazie ad una rete di fossi perfettamente efficienti realizzate dagli idraulici etruschi. Già all’epoca si produceva e gustava il famoso aglione detto “porro di vigna”.

Lago di Montepulciano al tramonto

L’idea dell’inversione del fiume per salvare Roma

L’idea di creare una terra “artificiale” invertendo la pendenza e quindi il corso del Clanis venne ai Romani. La capitale dell’Impero doveva trovare soluzioni per salvarsi dalle periodiche inondazioni del Tevere. L’idea migliore sembrò proprio quella di invertire il corso del Clanis e scaricare così attraverso la Val di Chiana le piene del Tevere in Arno.

Acquitrini e paludi. Che fare?

Con la decadenza dell’Impero romano e delle lucumonie Arezzo, Cortona e Chiusi, la valle fertile si trasformò dopo l’abbandono. Le coltivazione lasciate a se stesse e con esse la mancata manutenzione dei corsi e dei fossi trasformarono la zona in palude e acquitrini. I boschi presero il sopravvento, le terre furono abbandonate e resistettero a vivere in vallata solo i monaci. Fu a quelli del Monastero di Santa Flora e Lucilla a cui si deve, per salvare i mulini e il loro sostentamento, l’unica opera idraulica. La Chiusa dei Monaci vicino Arezzo fu un opera “tampone” anche se essa stessa fu più volte distrutta dalle piene.
L‘oblio colpì la Val di Chiana fino a quando, in pieno Rinascimento, la cessione di proprietà religiose a casa Medici favorì l’idea della  bonifica.

Chiusa dei monaci

La grande bonifica

La Val di Chiana che conosciamo oggi è una terra fertile considerata il granaio di Toscana. Un granaio nato grazie all’ingegno dell’uomo dato che questa terra è “artificiale” e figlia della grande bonifica. Una bonifica iniziata in epoca medicea e che ha trovato il suo clou in epoca lorenense.
La Val di Chiana, per semplificare, è una valle nata dall’inversione dei corsi d’acqua e delle altimetrie. Cuore di questo sistema idraulico il Fosso Maestro che contro ogni regola naturale porta in Arno le acque dei laghi di Chiusi e Montepulciano. Un andamento “innaturale” da sud a nord realizzato grazie a imponenti e innovative opere idrauliche. Opere che nell’arco di alcuni secoli oltre a ridare vita alla valle l’hanno trasformata in un museo a cielo aperto di tecnica idraulica e bonifica.

Callone di Valiano

Bonifica sì, ma come farla?

Una grande opera è sempre frutto di discussioni e confronti e la bonifica della Val di Chiana non è sfuggita a queste regole non scritte. Dal Seicento in poi si contrapposero due scuole di pensiero su come realizzarla. Da un lato chi era convinto che la soluzione doveva essere bonificare tramite essiccazione della palude, dall’altro chi proponeva la colmata.
Per realizzare l’essiccazione era necessario abbassare la Chiusa dei Medici, procedere allo scavo di un canale maestro con pendenza verso l’Arno. Per realizzare la colmata mediante l’alluvione controllata dei torrenti era invece necessario rialzare la parte centro-meridionale della valle. Operazione necessaria ad acquisire la pendenza necessaria a far poi defluire le acque.
Primo fautore dell’essiccazione, nel 1635, il matematico Andrea Gaci che si presentò al cospetto di Ferdinando II con un progetto completo che fu però ignorato. Il progetto fu ripreso dieci anni dopo dal famoso idraulico Famiano Michelini, ma il Granduca chiese l’opinione al primo matematico di corte: Evangelista Torricelli. Torricelli studiando le carte sostenne che la pendenza del Canale Maestro era scarsa e la sezione dello stesso non sufficiente a convogliare la portata. Troppa l’acqua che doveva defluire dalla vallata. Così Torricelli relazionò al Granduca che era preferibile bonificare con il metodo della colmata e non dell’essiccazione.
Lo scontro fra le due tesi tu appassionante e coinvolse politici ed uomini illustri dell’epoca. Alla fine prevalse Torricelli e nel 1645 si avviarono nella zona sud della valle le prime colmate.

Sentiero della Bonifica

Dai Medici e Torricelli ai Lorena e Fossombroni

Mentre i Medici si estinguevano dopo Gian Gastone e il potere di Firenze passava alla dinastia Lorena si riaccese il dibattito sulla bonifica in Val di Chiana. I due partiti fra favorevoli all’essiccazione e favorevoli alla colmata tornarono a scontrarsi.
Pro essiccazione era Leonardo Ximenes e a favore della colmata Vittorio Fossombroni. Anche in questo caso vinsero i fautori della colmata. Per i Lorena la bonifica della Val di Chiana era opera primaria e per questo nominarono Fossombroni sovrintendente alla bonifica.
Fossombroni dopo aver sottoposto al Granduca Pietro Leopoldo il suo “Memorie idrauliche storiche sopra la Val di Chiana” si mise al lavoro “colmando” l’intera vallata. Un lavoro complesso e coordinato di colmate che durò circa 40 anni come il suo incarico. Non solo. Fossombroni col suo savoir faire riuscì anche a siglare con il confinante Stato della Chiesa un’intesa per mettere nero su bianco l’inversione del bacino idrografico.
Lo stesso che tanti anni prima i Romani volevano “imporre” alla neonata Firenze per affrancarsi dalle piene del Tevere.


Il sentiero della Bonifica: un percorso turistico per chi ama viaggiare lento

Oggi questa maestosa opera d’ingegneria idraulica che ha reso fertile la Val di Chiana si è trasformata anche in un interessante percorso turistico.
Un percorso perfetto per appassionati del viaggio slow, che sia a piedi o soprattutto in bicicletta.
La riscoperta della lentezza non è solo l’ideale per scoprire la Val di Chiana. Viaggiando in bicicletta di fianco ai canali si può fare un viaggio nella storia che va dagli Etruschi ad oggi.
Il sentiero della Bonifica non a caso inizia a Chiusi nel labirinto di Porsenna, il celebre re etrusco di questa lucumonia che osò sfidare e sconfiggere Roma. Il viaggio etrusco passa poi ad Arezzo patria della celebre Chimera in bronzo. Fra le leggende e i misteri che avvolgono questo popolo si scoprono mura e necropoli prima di arrivare a Cortona. Usciti dalla storia si entra nella natura più intonsa continuando a percorrere questo sentiero suddiviso in cinque itinerari fra cui scegliere il preferito o da percorrere a tappe.
L’acqua,  materia prima dominante la si ritrova nei laghi di Chiusi e di Montepulciano autentiche oasi di natura ricchi di flora e fauna censiti dal Cnr come biotipi importanti di grande interesse.
Un consiglio finale. Quando sarete immersi nel percorso ascoltate solo il rumore dei vostri passi o della ruota della vostra bici. Tutt’al più lasciatevi guidare dalla brezza del vento e dal richiamo degli animali.

Ponte a Buriano

Cosa vedere lungo il Sentiero della Bonifica

Oltre ai laghi di Chiusi e Montepulciano con la possibilità di fare birdwatching e un giro in barca sul lago altre le cose da vedere. Scopriamo quali sono le più interessanti.
Tante le opere, soprattutto idrauliche legate alla bonifica, da ammirare. Il Callone di Valiano è una delle opere più interessanti da ammirare della bonifica settecentesca. Si tratta di un imponente opera il cui scopo era regolamentare il flusso delle acque che provenivano dai laghi di Chiusi e Montepulciano.
La Botte allo Strozzo, altra opera maestosa di ingegneria idraulica dello stesso periodo, ci mostra invece sono si regolava l’incrocio fra i due canali.
La colmata di Brolio è invece un classico esempio di come si realizzavano le colmate attraverso il deposito di detriti che servivano per alzare il suolo.
Il sentiero attraversa anche alcuni dei tanti dei frutteti presenti in Valdichiana. Alberi ricchi di susine e prugne si alternano ai nostri lati, ma su tutte soffermatevi ad assaggiare la mela rugginosa. Una specialità del luogo.
Infine da non perdere alle porte di Arezzo il Ponte di Buriano. Sarebbe “solo” un bel ponte antico ad arcate se intorno ad esso non fosse legata la leggenda. Pare infatti che sia il ponte presente nello sfondo della Gioconda.
Una traccia possibile che conferma la leggenda che anche il genio di Vinci abbia operato per togliere dalle paludi la vallata.

Quando e come percorrere il Sentiero della Bonifica

Un bel percorso da farsi a tappe per una full immersion nella natura. Prendetevi solo una bicicletta e una settimana di tempo. Il sentiero che si snoda da Chiusi ad Arezzo misura in lunghezza 62 chilometri. Tutti però pianeggianti e con scarsi dislivelli.
Unica pecca è che il percorso si trova in una zona umida per cui non è consigliabile percorrerlo in estate con le temperature molto alte.
L’ideale sarebbe programmare l’escursione in primavera o in autunno, Ma attenti alle piogge perché in questi casi, specie se copiose, potrebbero esserci alcune zone impraticabili.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come ti salvo la Maremma!How to save the Maremma!

di Simone Focardi – Nella Toscana dei primi del 1700 molti erano i problemi dopo l’estinsione della famiglia Medici che era rimasta senza eredi. La Toscana, venne così assegnata, in un intricato gioco politico ai Lorena, che si ritrovarono così per le mani uno stato in assoluta decadenza… grazie all’inettitudine degli ultimi granduchi di casa Medici.

Il primo Granduca Lorena che prese possesso del nuovo stato, fu Francesco Stefano, sposo dell’Imperatrice d’Austria Maria Teresa, che governò la Toscana attraverso una reggenza. I sudditi toscani dovettero attendere il suo figlio Pietro Leopoldo, per rivedere un inquilino a Palazzo Pitti. Era il 1765.

Ardua fu quindi la situazione che si trovò ad affrontare il giovanissimo Pietro Leopoldo in Toscana. Ma lui da buon austriaco, cresciuto nel rigore non si scoraggio e anzi, si rimboccò le maniche, si mise al fianco un valido gruppo di collaboratori toscani che ben conoscevano i problemi della regione e cominciò a lavorare.

Fra le prime cose che subito capì fosse necessario sistemare per il benessere del suo Granducato, una su tutte era senz’altro la “questione maremmana”.

La provincia agricola più meridionale dello stato che versava in uno stato di autentica rovina e che, come se non bastasse, era infestata dalla mal’aria: Le sue città, alcune un tempo splendide e fiorenti, erano ridotte, specie d’estate, in città fantasma: Sì perché li la gente moriva oppure, era costretta a fuggire per evitare le febbri.

I Lorena presero in mano la situazione. Svolsero vere proprie inchieste sullo stato reale della tragica situazione, si recarono sul campo con esperti di vari settori, si informarono, chiesero agli abitanti come stessero davvero le cose e poi iniziarono ad agire concretamente.

Si doveva risollevare la Maremma! Ma come? Da dove partire? Quali le priorità?

Era più necessario prima permettere la coltivazione e l’abitabilità delle genti o fare opere idrauliche per bonifare l’ambiente? Sicuramente erano necessari anche provvedimenti legislativi ad hoc, che puntualmente arrivarono. I consulti fra esperti si susseguivano freneticamente. Si arrivò alla conclusione che si doveva necessariamente agire simultaneamente in tutte le direzioni. Recuperare l’agricoltura del resto era fondamentale per far ripartire la società perché essa era, per quella provincia, l’unica reale fonte di ricchezza possibile. Il risultato di questo grande fermento messo su dai Lorena ci fu! E fu quello di ridare vita alla Maremma!

Tutt’un insieme di provvedimenti, alcuni di tipo tradizionale, altri invece fortemente innovativi per l’epoca, ma comunque tutti vincenti, riuscirono a ridar vita alla provincia.

Da area depressa ed insalubre e completamente trascurata dai precedenti governi medicei che anzi, l’avevano abbandonata a se stessa con tutti i problemi di spopolamento, di sottoproduzione e di paludismo, la Maremma, divenne una provincia in cui iniziava un lento e faticoso cammino di riavvicinamento al resto dello stato. Il cammino era avviato, il più era stato fatto sia pure con lentezza ma ineluttabile…

Per la Maremma finalmente arrivarono tempi migliori. Furono i Lorena a salvarla anche se molti non lo sanno, furono loro i primi a trasformarla, consegnandola a noi oggi in quello straordinario gioiello che è.

by Simone Focardi – In 1700, after the extinction of the Medici who had no inheritors, many were the problems in Tuscany. In an intricate political game Tuscany was assigned to the Lorraine’s family who inherited a State in absolute decline … thanks to the ineptitude of the last Medici Grand Dukes.

The first Lorraine Grand Duke to take possession of the new State was Francis Stephen, husband of the empress Maria Theresa of Austria, who governed Tuscany through regency.

The Tuscan subjects had to wait his son Peter Leopold to have back a tenant in Palazzo Pitti. It was 1765.

The young Peter Leopold had to face a hard situation in Tuscany. As a good Austrian, grown in the rigour, he didn’t lose heart and, on the contrary, rolled up his sleeves, found a helpful team of Tuscan collaborators who knew well the problems of the region. He started then to work.

Among the first things, he understood immediately it was necessary to work out the “Maremma matter”, for the well-being of his grand dukedom.

The most southern agricultural province was in a state of real ruin and, as it were not enough, was infested by the bad air; local towns, some once beautiful and flourishing, were a sort of ghost towns: people either died or left to avoid the fevers.

The Lorraine’s took matters into their own hands. They carried out inquiries to know concretely the tragic situation; they went over there with experts in several sectors, gathered information, asked the dwellers about the real situation and then started to work actively.

They had to turn around the Maremma! But how? Where to start from? Which priorities?

Was it necessary first to allow people to cultivate and live there, or to carry out water works to drain the area? Certainly an ad hoc legislation was needed and was punctually promulgated. Consultations among experts followed one another frantically. The conclusion was that it was necessary to act in all directions at the same time. Recovering the agriculture was essential to make the society restart again, because in that area it was the only possible resource. This great turmoil set up by the Lorraine gave its result! And it was the new life of Maremma!

This cluster of measures, some traditional and some very innovating for that time, but in any case all successful, managed to make the area revive.

From a depressed and unhealthy area completely neglected by the previous governments of Medici, who leaved it aside with its issues of depopulation, under-production and paludism, the Maremma became a province that slowly and in a laboured way was re-approaching to the rest of the State. The beginning was set, the main thing was done: although slow, it was ineluctable…

Better times came for Maremma. The Lorraine saved it and, although many people don’t know it, they were the first to transform it in the marvellous jewel it is today.