Michele Leo e l’azzardo di pizza e Brunello
[:it]Nella settimana che precede le grandi Anteprime vinicole di Toscana, a Firenze la pizza d’autore azzarda l’accoppiata col Brunello di Montalcino.
Un’idea a metà strada fra il gioco e la follia quella venuta a Michele Leo (3 spicchi Gambero Rosso) che abbina delle sue pizze, create per l’occasione, coi vini 2015 dell’azienda di Montalcino del Poggiolo.
La sfida era difficile ma Leo si è tuffato dentro all’idea “pizza e Brunello”con l’incoscienza del suo sorriso sornione e la determinazione di chi sa il fatto suo avendo tante medaglie appuntate sul forno.
Il risultato? Altalenante nel risultato ma vincente nell’idea.
Si possono sposare le pizze gourmet oggi così amate con i grani classici dell’enologia italiana? E’ possibile andare oltre al binomio pizza e birra?
Due sì. E non lo diciamo da oggi, aggiungiamo.
Nel caso della serata proposta alla pizzeria Duje si partiva bene ad esplorare questo azzardo.
Da una parte Leo e la sua pizza “stellata” dall’altra un Brunello con punteggi altissimi della critica americana.
La platea di addetti ai lavori vedeva ai tavoli un vasto schieramento di umanità differente.
Da una parte giornalisti e critici abituati da anni a menar mascelle e papille gustative fra vini, piatti gourmet e giurie tecniche; dall’altra un esercito (molto nutrito) di influencer – parola peraltro da usare con cautela in tempi di Coronavirus – Instagramers e Bloggers che click dopo click e selfie dopo selfie rompono il ghiaccio della prima proposta d’entrée (pizza fritta con lampredotto e salsa verde accompagnato da una spumantizzazione di Brunello) con un rumorosissimo e inopportuno cin cin.
La prima proposta pizza proposta è frutto dell’amore e della passione per la tradizione partenopea. Una perfetta margherita impreziosita dal deciso ragù napoletano, “che cuoce da ieri mattina a poche ore fa” tiene a puntualizzare il pizzaiolo. Una pizza e un ragù che ti portano dritti sotto il Vesuvio. Che sa di casa e plaid della nonna.
Il boccone deve essere piccolo e la mascella lavorare a ritmo lento. Doveroso gustare ogni singolo angolo di bontà di questa pizza perfettamente accompagnata al Brunello di Montalcino 2015. Un vino che fa sentire la sua personalità senza aggredire e che trova un equilibrio inizialmente instabile ma poi quasi perfetto con questa pizza.
La sfida di Duje prosegue con un’inedita e azzardata pizza al Brunello di Montalcino accompagnata dal “Terra Rossa” 2015 del Poggiolo.
Michele Leo in questo caso è andato su un terreno a lui evidentemente meno congeniale: la toscanità.
La pizza con cavolo nero, fior di latte, salsiccia e salsa di patata con riduzione del celebre Sangiovese di Montalcino non era proprio azzeccata.
Tutte le giustificazioni del caso sono ammesse ci mancherebbe altro; ma la toscanità non è nelle sue corde come la napolatinità. Il cuore batte forte a Fuorigrotta e dintorni e si sente.
La salsiccia (tagliata troppo spessa) di un nome da spender bene come quello di Luca Menoni non “esce”, il cavolo nero è eccessivamente amaro e pungente e il tapping di salsa di patata con riduzione di Brunello oltre ad essere non bello esteticamente non è azzeccato in bocca laddove la patata avvina del tutto il Brunello.
Da rivedere ma complimenti al coraggio.
L’esperimento è andato. Nel bene e nel male e come in ogni debutto c’è sempre qualche nota da sistemare e qualche battuta da registrare.
L’applauso nelle prime però ci sta tutto.[:en]Nella settimana che precede le grandi Anteprime vinicole di Toscana, a Firenze la pizza d’autore azzarda l’accoppiata col Brunello di Montalcino.
Un’idea a metà strada fra il gioco e la follia quella venuta a Michele Leo (3 spicchi Gambero Rosso) che abbina delle sue pizze, create per l’occasione e l’abbinamento ai vini 2015 dell’azienda di Montalcino del Poggiolo.
La sfida era davvero difficile e Leo si è tuffato dentro all’idea “pizza e Brunello”con l’incoscienza del suo sorriso sornione e la determinazione di chi sa il fatto suo avendo tante medaglie appuntate sul forno.
Il risultato? Altalenante nel risultato ma vincente nell’idea.
Si possono sposare le pizze gourmet oggi così amatecon i grani classici dell’enologia italiana? E’ possibile andare oltre al binomio pizza e birra?
Due sì. E non lo diciamo da oggi, aggiungiamo.
Nel caso della serata proposta alla pizzeria Duje si partiva bene ad esplorare questo azzardo. Da una parte Leo e la sua pizza “stellata” dall’altra un Brunello con punteggi altissimi della critica americana.
La platea di addetti ai lavori vedeva ai tavoli un vasto schieramento di umanità differente. Da una parte i giornalisti e critici abituati da anni a menar papille gustative fra vini e piatti gourmet; dall’altra un esercito nutrito di “nuovi esperti” che si rispondono al nome di influencer – parola da usare con cautela in tempi di Coronavirus – e instagramers che click dopo click e selfie dopo selfie rompono il ghiaccio della prima proposta d’entrée (pizza fritta con lampredotto e salsa verde accompagnato da una spumantizzazione di Brunello) con un rumorosissimo e (ovviamente) non opportuno cin cin.
La prima proposta è frutto dell’amore e della passione per la tradizione. Trattasi di una perfetta margherita impreziosita dal deciso ragù napoletano, “che cuoce da ieri mattina a poche ore fa” tiene a puntualizzare il pizzaiolo che sa di casa e plaid della nonna. Il boccone deve essere piccolo e la mascella a ritmo lento per far gustare ogni singolo angolo di bontà di questa pizza perfettamente accompagnata al Brunello di Montalcino 2015 che fa sentire la sua personalità senza aggredire e trovando un equilibrio inizialmente instabile ma poi quasi perfetto con la pizza.
La sfida di Duje prosegue con un’inedita e azzardata pizza al Brunello di Montalcino accompagnata dal “Terra Rossa” 2015 del Poggiolo.
Michele Leo in questo caso è andato su un terreno a lui evidentemente poco congeniale: la toscanità.
La pizza con cavolo nero, fior di latte, salsiccia e salsa di patata con riduzione del celebre Sangiovese di Montalcino non era proprio azzeccata.
Tutte le giustificazioni del caso sono ammesse. La toscanità non è nelle sue corde come la napolatinità e ci mancherebbe. Il cuore batte forte all’ombra del Vesuvio e si sente.
La salsiccia (troppo grossa e troppo spessa) di un nome da spender bene come quello di Luca Menoni non “esce”, il cavolo nero è troppo amaro e pungente e il tapping di salsa di patata con riduzione di Brunello oltre ad essere non bello esteticamente non è azzeccato in bocca. Da rivedere ma complimenti al coraggio.
L’esperimento è andato. Nel bene e nel male e come in ogni debutto c’è sempre qualche nota da sistemare e qualche battuta da registrare.[:]