“Caseifici aperti”: apre le sue porte lo storico caseificio dei Barbi
Un’occasione speciale per conoscere Montalcino, patria del Brunello lo offre “caseifici aperti” permettendo a tutti di entrare in un pezzo di storia ilcinese.
Fra i caseifici che apriranno le loro porte in questo fine settimana c’è il Caseificio dei Barbi parte della storica Fattoria Dei Barbi.
Visitando l’iconico caseificio di Montalcino
Il Caseificio dei Bardi di Montalcino aderisce a Caseifici aperti OpenDay il fine settimana di apertura di Caseifici artigianali e agricoli e apre le porte al pubblico il 23 e 24 settembre con visite guidate con partenza alle 10:30 e alle 16:00 e a seguire degustazione.
Obbligatoria la prenotazione a caseificio@fattoriadeibarbi.it oppure info@fattoriadeibarbi.it o chiamando 0577 841236 – 0577 841111 – m. (+39) 348 3815014 (anche whatsapp).
I partecipanti avranno la possibilità di visitare il Caseificio, di vivere un viaggio lungo il processo di produzione dei formaggi e di vedere i magazzini di stagionatura dove le forme riposano e vengono curate quotidianamente in attesa di raggiungere la giusta maturazione. Alla fine del tour una degustazione dove scoprire le differenze tra le diverse stagionature e poter anche acquistare i prodotti.
Le visite guidate saranno organizzate per massimo 15-20 persone per volta. Il ticket di ingresso è di 20 euro a persona comprensive di degustazione. Le visite sono condotte in lingua italiana e in inglese.
Le mani calde di Rosa: curava e faceva il cacio
La storia del Caseificio dei Barbi non è mai stata scritta ma, considerando che è la più antica attività di produzione di formaggi ancora esistente a Montalcino, magari vale la pena di dedicargli qualche riga.
L’attuale Fattoria dei Barbi si origina da un acquisto fatto nel 1794 o 1795, nei registri di famiglia troviamo entrambe le date. All’inizio c’erano tre poderi: Podernuovo di sopra, Podernuovo di sotto e Podernuovo bianco che insieme formavano i Podernuovi, più il Podernovaccio in cima alla collina.
A metà ‘800 tra questi due gruppi di edifici sarà costruito il Poggio, e si acquisterà dai Clementi la Fattoria dei Barbi, il Fiore e il Molin del Fiore che secoli prima erano state dei Colombini. Ed è al Molin del Fiore che si deve l’inizio del Caseificio dei Barbi perché lì viveva Rosa, una donna particolare.
Dicevano avesse le “mani calde”, e con quelle e con le erbe curava la gente e faceva il formaggio. Ottimo, peraltro.
Poi arrivò Bruscone, e suo malgrado finì sui giornali perché una storia intricata tra lei, il marito, il bandito Baicche e Bruscone finì a fucilate. Il bandito venne ucciso, Bruscone ne ebbe la Grazia Regia e iniziò una lunga carriera di mito locale e Rosa continuò a curare e a fare cacio. Il Cacio dei Barbi.
Era ottimo e creò una piccola fama locale, così Giovanni Colombini negli anni ‘20 pensò di attrezzare un vero caseificio e di venderlo con etichetta.
Da pasto dei poveri all’innamoramenti di Fellini
Da sempre a Montalcino si faceva qualche forma di formaggio, ma molto diverso da quello attuale. Erano forme basse e larghe, con un diametro di 15 o 20 cm e alte non più di cinque o sei, nere di fondi d’olio misto a cenere di legna e salatissime. Era cibo da miseria, tutta buccia e fatto per essere così duro che un boccone restava in bocca a lungo.
A volte nell’impasto c’era pepe nero non tritato, quello avanzato dopo aver fatto il maiale. Il cacio di Rosa era tutt’altra cosa, era cibo da Signori e Giovanni Colombini lo mise in vendita con la sua bella etichetta nella appena restaurata Fortezza di Montalcino a fine anni ‘30.
Era un pecorino fresco o secco simile all’attuale, forme a scalzo da un chilo e mezzo poco salate, con tutta la fragranza e il sapore del latte delle pecore che hanno mangiato le nostre erbe.
Fu un successo, che proseguì negli anni fino allo spostamento del piccolo caseificio dai Barbi alla sede attuale dei Podernovi. A Rosa succedette la nipote, ancora di nome Rosa e ancora con le mani calde ideali per fare il cacio, e negli anni ‘60 iniziarono gli estimatori famosi.
Piero Jahier, lo scrittore fondatore de “La Voce”, passava le estati ospite di Giovanni Colombini e ne voleva sempre al ritorno a Firenze così come Federico Fellini, che convinse i Colombini a farne forme giganti da cinque chili affinate per diciotto mesi che erano un’autentica delizia amata anche da Sergio Zavoli e da tanti altri.
Soro e Sardo: pastori sardi che salvarono il pecorino di Montalcino
In quegli anni l’esodo dalle campagne portò alla fine dell’allevamento toscano, ma una numerosa comunità sarda portò le sue pecore e permise la sopravvivenza della tradizione del cacio.
La presenza di due straordinari marescialli isolani nella tenenza di Montalcino, Soro e Spada, favorì l’amalgama delle due comunità che ha mantenuta vitale la campagna anche là dove non c’è vigna o oliveto: senza quel matrimonio, chissà se la Val d’Orcia dalle dolci colline pettinate che tutti amano esisterebbe ancora.
Negli anni ‘70 il Caseificio dei Barbi creò il cacio ubriaco, un pecorino stagionato in immersione nel sangiovese di Montalcino, e si iniziò ad usare il tartufo delle Crete. Furono fatti alcuni curiosi esperimenti, tipo il cacio affinato negli ziri da olio, quello nella paglia e quello con il caglio di Presura, il carciofo della Val d’Orcia che era usato nel Medioevo.
L’oggi è una tradizione eccellenza pluripremiata
Oggi il Caseificio dei Barbi continua la sua tradizione di formaggi di solo latte di pecora e a crosta edibile grazie alla mano esperta dei giovani maestri casari sardi Salvatore Soddu e Angela Zizi e ne produce secondo un’attenta ricerca delle ricette della tradizione (per esempio i caci rifermentati nello ziro senese erano introvabili da anni sul mercato) o creandone di proprie, partendo dalle materie prime locali e mantenendo in tutti i passaggi produttivi – fatti esclusivamente a mano – i metodi di lavorazione tramandati dai casari locali.
Specializzato nei piccoli pecorini affinati monodose da 330 g, ne propone quattrodici varietà diverse.
A novembre 2022 il Caseificio dei Barbi con il suo cacio all’aglione – distinguendosi tra 4.434 prodotti di 42 paesi e 900 aziende di tutto il mondo – è stato nominato tra i vincitori dei World Cheese Awards, l’evento più prestigioso a livello internazionale dedicato esclusivamente al formaggio. Ad Aprile 2023 inoltre il Pecorino Semistagionato è risultato tra i 100 migliori formaggi d’Italia all’Italian Cheese Award 2023.
Per Stefano Cinelli Colombini, sempre eccellente padrone di casa sarà anche l’occasione per festeggiare con i presenti le ultime due nuove medaglie vinte al Mondial du Fromage 2023 (Oro per il Cacio alla Presura Eccellenze di Montalcino e Bronzo per il Cacio al Miele di Castagno e Pollino.
Su richiesta sarà possibile anche una visita guidata alla Cantina della storica della Fattoria Dei Barbi e al Museo del Brunello.