La Catalogna in 5 tappe: dal mare alla montagna

La Catalogna in 5 tappe: dal mare alla montagna

Mar i muntanya (mare e montagna) ma anche città, fiume e vulcani: un viaggio nei paesaggi della gastronomia catalana, tra le più ricche del mondo.
Prima in Europa a ricevere il prestigioso riconoscimento grazie all’incredibile qualità, sostenibilità, tradizione e innovazione in campo gastronomico, per tutto il 2025 la Catalogna sarà Regió Mundial de la Gastronomia (Regione Mondiale della Gastronomia).
Aspettando un anno ricco di eventi, spunti e curiosità, per i gourmand provenienti da ogni angolo del globo, ecco qui apparecchiato un giro della Catalunya in cinque tappe – dal mare alla montagna, dalla città al fiume fino alla terra vulcanica – per scoprire e assaggiare alcune delle eccellenze culinarie della più “foodie” delle regioni spagnole.

I Pirenei

1 – Mare e monti fra i Pirenei

La montagna mette fame Si sa. Soprattutto se passeggiando lungo il fiume Garonna a Les, in Val d’Aran, si scopre che ci sono realtà come Caviar Nacarii, un’attività (con un elegante shop di degustazione e vendita nel centro storico di Vielha) che alleva gli storioni per ricavare un ottimo caviale da abbinare a un calice di Cava, lo spumante spagnolo per antonomasia.
Ma i Pirenei sono soprattutto carne, l’ingrediente che spunta un po’ ovunque nelle ricette tipiche della montagna, come la botifarra amb mongetes, la salsiccia abbinata ai fagioli (meglio se delle Dop Santa Pau e Mongeta del Ganxet) o il fricandó, il piatto tradizionale a base di vitello, rigorosamente della razza Igp transfrontaliera chiamata Rosée des Pyrénées Catalanes, e di funghi primaverili selvatici conosciuti localmente come moixernons.
Che dire infine del trinxat? Quando in alta quota il meteo della Catalunya comincia a raffreddarsi, questa delizia, fatta di cavolo, patate, pancetta affumicata e aglio, è un toccasana per corpo e spirito.

La Garroxta

2 – Invito a cena sul vulcano

Un patto tra la terra di La Garroxta, l’area vulcanica più grande e meglio conservata della penisola iberica, i suoi prodotti autoctoni, chi li coltiva e chi li cucina. Questo è il gruppo Cuina Volcànica, nato nel 1994 per valorizzare gli ingredienti che provengono dal fertile suolo della regione catalana.
Sono 8 i ristoratori, sparsi tra le cittadine di Olot, Sant Esteve d’en Bas e Sant Feliu de Pallerols, che hanno accettato la sfida di reinterpretare in modo creativo le ricette tradizionali a base di agnello, manzo, pomodoro di Montserrat, ricotta di capra, piumoc (salsiccia secca di maiale), patate della Vall d’en Bas, ravanelli neri, formaggio di pecora, farro, funghi selvatici, fagioli di Santa Pau e degli altri “tesori” gastronomici locali.
Se i circa coni 40 vulcanici del Parc Natural de la Zona Volcànica de la Garrotxa sono inattivi da secoli non si può certo dire lo stesso dei fornelli del Restaurant La Deu di Olot: oggi la famiglia Reixach è arrivata alla quinta generazione!

Il mercato del pesce

3 – Nel mare del gusto

Uhm, i gamberi di Palamós! Questo paese della Costa Brava è il principale porto di gamberi rossi di tutto il Mediterraneo.
Ogni giorno dalle 16.30 alle 19.30 al mercato ittico Llotja si acquistano freschi, pescati nel tratto di mare che va dal capo Begur alla foce del fiume Ridaura, dai pescatori della Confraria de Pescadors de Palamós oppure si gustano nei ristoranti locali, semplicemente a crudo o scottati due minuti alla griglia con un filo d’Oli de l’Empordà Dop.
Mare sì ma anche con un “pizzico” di montagna.
La cucina catalana, infatti, si distingue per il suo tipico mix (amato anche dagli chef stellati) “mar i muntanya”: così è per la classica paella, qui preparata sia con la carne sia con il pesce, e per alcune varianti del suquet de peix, la densa zuppa di pesce di scoglio tipica della tradizione marinara catalana che può contemplare l’aggiunta, ad esempio, di salsiccia o di lumache. Il suquet più mediterraneo?
Quello di Tossa de Mar, con cipolle e salsa allioli (aglio e olio).

Parc Natural del Delta de l’Ebre

4 – Acquolina in bocca lungo il fiume

Bastano poche parole: Dop Arròs del Delta de l’Ebre. Il riso abbonda nel Parc Natural del Delta de l’Ebre dove da sempre viene coltivato e raccolto con metodi artigianali e sostenibili, ad esempio, da Molí de Rafelet, storici arrossers fin dal 1910, per poi essere cucinato asciutto o in brodo.
L’altra protagonista indiscussa della cucina tipica della più grande zona umida della Catalunya è senz’altro l’anatra.
Dal 1996, alla Granja Luisiana si allevano i polli e le anatre del Delta dell’Ebro all’aperto e senza trattamenti antibiotici producendo una carne di primissima qualità che impreziosisce molti piatti locali.
Ancora le alici, le anguille, le cozze e le ostriche nate dall’incontro tra fiume e mare, i gamberi, le vongole, le canocchie, i cannolicchi e persino il prezioso tonno rosso: il Delta de l’Ebre dà ovunque i suoi “frutti”. E anche qualche verdura, come i cavolfiori e gli squisiti carciofi che accompagnano la famosa baldana d’arròs, il calorico sanguinaccio di riso tradizionale.

Casa Alfonso, cuore della tradizione catalana

5 – Due pasti in città

Meta gourmand, attuale sede della coppa velica più importante del mondo di richiamo internazionale con un numero record di ben 28 ristoranti stellati Michelin di cui 4 tre stelle, 3 due stelle e 21 una stella, contemporaneamente Barcellona continua a mantenere vivace la tradizione delle sue vecchie taverne.
Ci vuole fiuto per scovarle ma una volta provate non le si lascia più!
Due pasti in città? Per rivivere l’atmosfera del tipico quartiere marinaro di Barcellona, la Barceloneta, non c’è niente di meglio degli abbinamenti tapas e cava (lo spumante spagnolo) di Can Paixano, fondato nel 1969.
Se invece si è in cerca di un indirizzo famigliare per eccellenza, la quarta e la quinta generazione di Casa Alfonso, il locale che ha aperto le sue porte in zona Plaça de Catalunya nel 1934 (prima come salumeria e drogheria per la vendita di prodotti iberici e poi come ristorante), è pronto ad assecondare ogni sfizio, dalle svariate tipologie di croquetas (crocchette fritte), flautas e bocadillos (panini farciti), sopitas (zuppe), tapas e tante insalate.
Info www.canpaixano.com | www.casaalfonso.com

7 buoni motivi per passare la Settimana Santa in Catalogna

7 buoni motivi per passare la Settimana Santa in Catalogna

Per restare fedeli al detto “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi” non c’è modo migliore che stupire i propri compagni di viaggio con una vacanza in Catalogna.
Meno noti (e affollati) degli eventi della Semana Santa spagnola, gli appuntamenti della Setmana Santa catalana regalano grandi emozioni e sorprese a chiunque voglia seguirli, più o meno religiosamente. Dalle celebrazioni sacre proclamate “festa patrimonial d’interès nacional” alle usanze tipiche del periodo pasquale, tra scheletri ballerini e torte di uova di cioccolato, il successo è assicurato.


Cantare le Caramelles

Cantare le Caramelles Il nome può trarre in inganno perché il termine Caramelles non ha nulla a che fare con gli zuccheri più amati dai bambini.
Sono i canti popolari tipici della Catalogna cantati dai Caramellaires (i gruppi di cantori vestiti in abiti tipici), nati come pagani per festeggiare l’inizio della primavera e in seguito, con il cristianesimo, per celebrare la resurrezione di Gesù.
Chi si trova il Sabato Santo o il giorno di Pasqua ad esempio a Santa Eulàlia de Riuprimer, un borgo in mezzo ai boschi e i pascoli dell’entroterra catalano tra le città di Girona e Barcellona, li incontrerà intorno a mezzogiorno sotto i balconi delle case o nelle fattorie sparse per la campagna nei dintorni a intonare le Caramelles, accompagnati da musiche e balli in cambio di uova, dolci o botifarres (salsicce).
Altri gruppi di Caramellaires in Catalogna si trovano, già a partire dal XVI secolo, anche a Sant Julià de Vilatorta e Súria, in provincia di Barcellona.


La Mona de Pasqua

Uno dei momenti più attesi dai bambini in Catalogna per Pasqua è quello di scartare la Mona de Pasqua.
Con un rituale che risale probabilmente al XV secolo, il padrino regala un dolce fatto di pan di Spagna (o pan brioche) ricoperto di tante uova di cioccolato quanti sono gli anni del figlioccio, fino a un massimo di dodici, l’età della Prima Comunione.
Originariamente le uova erano sode ma con l’arrivo del cacao dall’America e poi il nascere della sana “competizione” tra i pasticceri catalani (come il maestro Lluís Santapau negli anni ’30), la Mona de Pasqua ha avuto un’evoluzione al passo coi tempi.
Oggi la decorazione non ha limiti, dalle piume d’oca colorate alle sculture di cioccolato con i personaggi dei cartoni animati. D’altronde a Pasqua si festeggia la fine della Quaresima e quindi della dieta! Un’occasione ghiotta per assaggiare anche i tipici bunyols de Quaresma, i doughnuts catalani.

L’uovo che balla. Foto Xavier Caballe -Flickr

Balla con l’uovo

Salvador Dalì ci ha abituati a vedere l’uovo fuori dal piatto, ad esempio nella casa di Port Lligat e nel museo di Figueres, ma c’è anche un’altra occasione per (s)covarlo fuori contesto.
Dal Corpus Domini, il 30 maggio e fino al 2 giugno, a Barcellona si può assistere al tradizionale Ou com Balla, letteralmente l’uovo che “balla”, tenuto in equilibrio dal getto d’acqua che zampilla dalle fontane di nove diversi luoghi della città: dai chiostri delle chiese ai giardini e i cortili pubblici.
Tra i più storici ci sono la fontana nel chiostro della Catedral de la Santa Creu i Santa Eulàlia, la cattedrale di Barcellona dove, tra il XV e il XVII secolo, ha avuto probabilmente inizio quest’usanza legata alla fertilità, e la fontana del patio della Casa de l’Ardiaca, la sede dell’Archivio Storico della città nel Barri Gòtic.
Il segreto dell’uovo ballerino? È svuotato all’interno e il buchino viene poi chiuso con la cera.


La Passiò de Vilalba dels Arcs

Sedersi accanto ai dodici apostoli durante l’Ultima Cena, seguire passo a passo la Croce fino al monte Golgota e camminare tra i mercati e gli artigiani di Gerusalemme.
A Vilalba dels Arcs, un paese con meno di mille abitanti nella comarca di Terra Alta, la Passió è un evento che coinvolge tutta la comunità.
Si parte da Plaça Sant Antoni, giovedì 28 marzo alle ore 21.30 o nella replica diurna di sabato 30 alle ore 17, quando gli abitanti e i visitatori si mescolano agli attori mettendo in scena con vivido realismo la Passione di Gesù.
Le strade medievali sono illuminate dalla luce delle torce, si cantano e si ballano musiche antiche, il pane, il vino e l’olio prodotti con tecniche ancestrali evocano sapori autentici e i costumi di scena suggeriscono che, in quest’angolo di Catalogna, per la Settimana Santa le lancette dell’orologio tornano indietro di duemila anni. Una passione da condividere.


La danza della morte

Cinque scheletri (due adulti e tre bambini) danzano insieme con passi cadenzati dal ritmo del tamburo sullo sfondo di oggetti che simbolizzano la morte: una falce, un piattino con della cenere, una bandiera nera con il teschio e le iscrizioni “Nemini Parco” e “Lo Temps Es Breu”, torce a olio e un orologio senza le lancette.
Non è il Día de los Muertos in Messico ma il Giovedi Santo (nel 2024 cadrà il 28 marzo) a Verges, un paesino a soltanto un quarto d’ora di distanza dal mare della Costa Brava dove ogni anno durante la sentita Passiò de Verges si ripete la Dansa de la mort.
Come eredità delle danze macabre medievali diffuse in Spagna e nel resto dell’Europa, in modo particolare all’epoca della peste (oggi quasi tutte scomparse), questa antica tradizione si era persa, è stata ripresa e come documentato nel 1666 sicuramente era già in uso da prima del XVII secolo. È uno spettacolo unico, a tratti funereo. Il consiglio? Astenersi impressionabili.


Via Crucis nei boschi dei Pirenei

Se c’è un giorno dell’anno in cui darsi appuntamento a Sant Hilari Sacalm, il paesino detto “delle cento sorgenti” nel cuore dei Pirenei catalani, è il Venerdì Santo.
Negli altri 364 ci si avventura nei suoi boschi a piedi o in bicicletta ma il prossimo venerdì 29 marzo, dalle ore 19, c’è da scommettere che nessuno si allontanerà dal centro storico per partecipare alla manifestazione più sentita della Settimana Santa.
La Via Crucis Vivent, qui in programma da ben tre secoli, culmina nella spettacolare rappresentazione del Calvario che attira partecipanti da tutta la Catalogna e non solo.
Nel buio di Sant Hilari Sacalm, la scenografia ha una grande potenza teatrale. Grazie all’uso sapiente di luci e musica, dalla processione dei Misteri con le storiche e pesantissime effigi sacre sollevate a mano dai portatori, alle undici tappe con l’attesa Crocifissione, l’evento è particolarmente coinvolgente. Una tradizione tramandata dai genitori ai figli.


Il venerdì di Tarragona

Per cinque secoli a Tarragona l’effetto wow è assicurato nella Processó del Sant Enterrament, l’evento clou della ricca Setmana Santa in programma ogni anno nella città della Costa Daurada, fin dal 1550.
Questa processione inizia e finisce dalla chiesa di Natzaret, in Plaça del Rei: il rombo dei tamburi degli Armats (soldati romani) scandisce l’incedere delle migliaia di partecipanti all’annuale rito religioso.
Essere lì, nella Part Alta di Tarragona, il centro storico già affascinante di per sé, la sera del Venerdì Santo (quest’anno il 29 marzo) è un’esperienza indimenticabile e per certi versi ipnotica che vale il viaggio in Catalogna. Da mettere in agenda.