Nov 3, 2024 | Enogastronomia
Il Lambrusco è più di un vino, è una vera e propria leggenda emiliana.
Prodotto fra le province di Reggio Emilia, Parma e Modena è un vino rosso (a volte rosato) frizzante dalla spuma vivace ed evanescente, profumo di viola o fruttato, una gradevole acidità, un carattere fresco e vivace e un moderato contenuto alcolico (non supera solitamente i 10, 11 gradi).
I rami principali del Lambrusco sono sette, disponibili nelle versioni secco, amabile o dolce: il Sorbara, il Grasparossa, il Salamino, il Marani, il Maestri, il Montericco e l’Ancellotta.
Quanto al territorio di produzione, assieme a varietà minori i vitigni del Lambrusco vengono coltivati prevalentemente in Emilia Romagna nelle aree circostanti le province di Reggio Emilia, Parma, Mantova e Modena anche se alcune zona di produzione sconfinano in Lombardia.

Un vino unico legato al suo territorio
La produzione del Lambrusco avviene prevalentemente con due metodi: il metodo Charmat (oppure detto Martinotti) utilizzato per creare la maggior parte dei Lambruschi frizzanti, che prevede la fermentazione secondaria in autoclave permettendo di mantenere la freschezza e i profumi caratteristici. C’è poi il metodo Classico usato meno frequentemente, ma che produce Lambruschi con bollicine più fini e strutturate.
Dopo la raccolta le uve vengono pigiate e fermentate. Il vino viene quindi messo a fermentare una seconda volta per creare la caratteristica effervescenza.
Ma che differenza c’è fra i diversi tipi di Lambrusco: Sorbara, Grasparossa, Salamino e Maestri?
Beh è evidente che presentano caratteristiche uniche che li distinguono in termini di colore, profumi, sapori e struttura. Vediamo nel dettaglio.

Quattro vini per un solo mito
Lambrusco di Sorbara
E’ considerato il più raffinato e delicato ed è noto per la sua elevata acidità e una struttura leggera. Questo lo rende un vino fresco e piacevolmente frizzante. Tendenzialmente di colore rosso rubino chiaro, a volte con riflessi rosati; presenta aromi floreali intensi come la violetta e note di lampone e fragola. Al palato risulta secco, fresco e leggero, con un buon equilibrio tra acidità e tannini moderati. Perfetto con antipasti, salumi, fritti leggeri e piatti di pesce.
Lambrusco Grasparossa
È il Lambrusco più strutturato e tannico, con una maggiore intensità rispetto al Sorbara. La sua robustezza lo rende adatto a piatti più corposi. Di un rosso rubino scuro, a volte con riflessi violacei al naso ha note fruttate di mora, ciliegia scura e un sottofondo speziato. Ha un gusto più pieno e intenso, con una maggiore presenza di tannini e una buona persistenza in bocca. È tipicamente secco, ma si possono trovare versioni amabili. E’ ideale con piatti a base di carne, arrosti, formaggi stagionati e la tradizionale cucina emiliana, come i tortellini o lo zampone.
Lambrusco Salamino
Chiamato così per la forma del grappolo, simile a un salame, questo Lambrusco è noto per essere una via di mezzo tra Sorbara e Grasparossa in termini di corpo e intensità. Il colore è rosso rubino vivace, con una spuma persistente e una tonalità violacea. Al naso è fruttato con sentori di ciliegia, prugna e leggeri accenni floreali. In bocca ha una buona struttura e una dolcezza bilanciata. L’acidità è moderata, e il gusto è generalmente armonico, con una piacevole morbidezza. Si sposa bene con i salumi e le preparazioni emiliane, come tigelle e gnocco fritto. Le versioni dolci possono essere servite con dolci secchi.
Lambrusco Maestri
È questa una varietà versatile spesso utilizzata anche in blend con altri vitigni per arricchire i vini. Ha un carattere forte e un buon corpo. Dal colore rosso intenso e scuro, con sfumature violacee e una spuma abbondante al naso ha aromi ricchi di frutti di bosco, ciliegia nera e spesso note di spezie. Al palato, il Maestri offre un gusto pieno e rotondo, con tannini decisi e una piacevole effervescenza. È più corposo rispetto al Sorbara, ma meno tannico del Grasparossa. Ottimo con piatti di carne rossa, stufati e formaggi più saporiti.

Un legame indissolubile col territorio
Questo vino come accennato anche in introduzione ha un legame profondo con l’Emilia-Romagna, terra di tradizioni culinarie famose in tutto il mondo ed è spesso associato a piatti regionali come salumi, formaggi stagionati (in particolare il Parmigiano Reggiano), pasta ripiena (come i tortellini e i cappelletti) e piatti di carne.
La sua acidità e le sue bollicine lo rendono perfetto per sgrassare la bocca e bilanciare la ricchezza dei cibi emiliani.
Inoltre, la cultura del Lambrusco è legata alle tradizioni contadine e alla convivialità tipica della regione, dove il vino è visto come una bevanda quotidiana e accessibile, da condividere con la famiglia e gli amici.

Tutte le curiosità
Il Lambrusco ha origini antichissime che risalgono ai tempi degli Etruschi e dei Romani. Testimonianze storiche indicano che il vino prodotto con queste uve era già apprezzato nell’antichità.
Negli anni ’70 e ’80 è stato uno dei vini italiani più esportati al mondo, in particolare negli Stati Uniti, dove veniva apprezzato per la sua dolcezza e la facilità di beva.
Per molti anni ha sofferto una reputazione di vino semplice e di bassa qualità, soprattutto per via delle versioni commerciali dolci prodotte in grandi quantità per l’export; ma negli ultimi decenni tuttavia i produttori hanno lavorato per migliorare la qualità e restituire al Lambrusco la dignità di un vino eccellente, capace di sorprendere anche i palati più esigenti.
Le diverse tipologie dimostrano la versatilità di questo vino, che può spaziare da versioni fresche e leggere a varianti più strutturate e complesse.
Anche se tipicamente accostato ai piatti della tradizione emiliana, il Lambrusco si abbina bene a una varietà di cibi, dai fritti ai piatti asiatici speziati, grazie alla sua acidità e alla frizzantezza che puliscono il palato.
Diverse versioni di Lambrusco hanno ottenuto le denominazioni di origine controllata (Doc) e controllata e garantita (Docg), come il Lambrusco di Sorbara Doc e il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Doc, a testimonianza della qualità e dell’importanza di queste varietà.
Infine un cenno alla spuma che nell’immaginario comune fa il Lambrusco. Per conoscere il segreto della sua formazione dobbiamo però fare un passo indietro e analizzare il processo di vinificazione tradizionale, detto di rifermentazione primaverile.
Anzitutto, nel Lambrusco la spuma nasce spontaneamente. Un tempo i cantinieri si avvalevano della forte escursione termica invernale che interrompeva la fermentazione per farla riprendere nella primavera successiva, quando il vino era ormai imbottigliato: si otteneva così la rifermentazione in bottiglia. L’anidride carbonica rimaneva infatti sciolta nel vino e, una volta stappata la bottiglia, compariva la spuma.
Nov 7, 2023 | Enogastronomia, Territori
Nel panorama vinicolo italiano un posto d’onore, anche se alcuni storcono la bocca, spetta al Lambrusco vino frizzante, allegro e generoso come la terra da cui proviene l’Emilia.
Uno dei vini italiani più famosi (ed esportati) al mondo è in realtà un crogiolo di vitigni e colori racchiusi in un solo nome: lambrusco.
Sono ben dodici i vitigni a bacca nera autoctoni dell’Emilia Romagna da cui deriva questo apprezzato nettare frizzantino.

La storia del Lambrusco: da Virgilio al Conte Dandolo
Il Lambrusco è stato decantato da poeti e scrittori classici come Virgilio e Catone che hanno raccontato del “Labrusca vitis”, un vitigno selvatico che cresceva ai margini delle campagne.
Persino Plinio il Vecchio, nel suo trattato più famoso, descriveva l’area padana come particolarmente vocata alla vite, soprattutto lungo la via Emilia.
È dal Rinascimento in poi però che le testimonianze sul Lambrusco si fanno sempre più presenti, fino ad arrivare all’Ottocento, quando avviene la svolta grazie all’innovazione tecnica per la conservazione di questo vino frizzante pubblicate a Modena dal Conte Vincenzo Dandolo che indica come produrre e imbottigliare correttamente i vini spumosi, al fine di commercializzarlo senza alterazioni. Nascono così nel Novecento diverse attività consortili, fino ad arrivare a oggi,

Le tipologie e le zone di produzione
Prima di parlarvi dell’ottimo Lambrusco protagonista della nostra degustazione è necessario brevemente raccontare che le tipologie di vino frizzante Lambrusco si producono nelle province dell’Emilia Romagna e soprattutto nelle province di Modena, Reggio Emilia e Parma.
È in queste zone che si concentrano le DOC emiliane del Lambrusco, cioè:
Lambrusco di Sorbara DOC:
Dà vita a un vino dai sentori di viola e frutti rossi, apprezzato in tutto il mondo per la sua beva elegante. Il colore può variare da rosato a rosso rubino chiaro
Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC
Lambrusco dal colore rosso rubino intenso dai riflessi esuberanti violacei e un profumo che richiama non solo l’uva appena pigiata, ma anche la mora, l’amarena e la viola.
La zona di produzione comprende i comuni in provincia di Modena e parte della provincia emiliana, si differenzia dalle altre tipologie per il corpo e i tannini più pronunciati.
Colli di Scandiano e di Canossa DOC
Nasce sulle colline reggiane, grazie al cui terreno e clima ottiene grande finezza.
Lambrusco Salamino di Santa Croce DOC
Colore rubino intenso e sentori di lampone, ciliegia e mora. È un vino dalla struttura media che piace a tutti, prodotto nei comuni in provincia di Modena.
Modena DOC
Dal rosato al rubino, passando per il porpora, racchiude in sé il carattere del territorio.
Reggiano DOC
Il suo disciplinare prevede che possano essere utilizzate diverse varietà appartenenti alla grande famiglia dei Lambruschi. Secco ma piacevolmente fruttat oè un vino molto pulito dal grande equilibrio tra acidità e tannini.

Casali, una storia lunga più di 100 anni
La storia di Casali Viticultori, la più antica realtà vitivinicola reggiana, ha inizio nel 1900 quando Giuseppe Casali decise di trasformare la sua produzione famigliare in una vera e propria attività.
La prima cantina, collocata a ridosso dell’antica Rocca dei Boiardo di Scandiano, con il crescente successo dei vini sul mercato e il necessario aumento della produzione, divenne troppo piccola e così la sede si trasferì negli anni ’80 nell’attuale sede a Pratissolo di Scandiano.
Oggi Casali Viticoltori rappresenta un punto di riferimento del comprensorio reggiano e alla fine del 2014 è entrata a far parte del Gruppo Emilia Wine che con più di 700 soci coltiva un vigneto di circa 1870 ettari tra il fiume Po, la Via Emilia e l’Appennino Reggiano.
Nel corso degli anni l’attenzione alla cultura del territorio si è unita, in modo quasi naturale, al rispetto dell’ambiente. Una sensibilità da sempre presente in Casali Viticultori e che l’ha portata a produrre energia pulita e a definire protocolli di coltivazione integrata delle uve che puntano al rispetto per l’uomo e per l’ambiente.
L’obiettivo è quello di fornire concrete garanzie di sicurezza lungo tutte le fasi della filiera, all’interno di un’ottica di completa trasparenza.
L’esperienza storica, la conoscenza del territorio e la cultura del vigneto sono alla base del prezioso patrimonio aziendale tramandato di padre in figlio che permette di proporre vini dalle caratteristiche uniche.
A Pratissolo di Scandiano la moderna cantina ospita al suo interno le autoclavi per la produzione del Lambrusco, vini fermi caratteristici del territorio, nati dall’unione di varietà locali con uve internazionali, e custodisce le bottiglie di spumante Ca’ Besina, il primo Metodo Classico dell’Emilia-Romagna prodotto a monovitigno Spergola, che riposano sui lieviti per almeno 48 mesi nel silenzio e buio della cantina interrata.
Ogni anno la produzione annua si attesta su circa 1,5 milioni di bottiglie, commercializzate in Italia e in più di 30 Paesi nel mondo.
Preservare il patrimonio autoctono locale grazie ad una produzione rispettosa delle caratteristiche dei vitigni e del terroir che li ospita è da sempre uno dei punti fermi di Casali Viticultori. Oltre alla tutela della grande famiglia delle varietà che vanno a comporre l’articolato universo dei lambruschi – Marani, Salamino, Montericco, Grasparossa, Montericco, Ancelotta – uno dei tratti distintivi di Casali Viticultori è certamente la custodia e tutela della Spergola.
Le origini di questa uva autoctona risalgono al XV secolo quando venne citata da Bianca Cappello, Granduchessa di Toscana. Si tratta di un vitigno diffuso solo nella fascia collinare e pedecollinare da Scandiano a Quattro Castella, che nel corso della storia ha ricevuto diverse denominazioni. Per i suoi acini medio-piccoli e la buccia pruinosa di colore verde-giallo, la Spergola è stata a lungo confusa con il Sauvignon Blanc, ma studi più approfonditi dal punto di vista morfologico e genetico hanno poi dimostrato la sua unicità assicurandone l’iscrizione al Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite.

Lambrusco e picio all’aglione
La nostra degustazione
Abbiamo deciso in redazione di approcciarci al Pian di Bosso dopo aver lasciato alle nostre spalle una lunga estate quasi novembrina.
Una scelta precisa perché, pur essendo questo un fantastico vino quattro stagioni volevamo esaltarne al meglio le note nella sua interezza e non influenzati dalla sua piacevole freschezza.
E’ stato un piacevole incontro a quattro: fra me, Nadia Fondelli Donna del Vino e giornalista esperta di enogastronomia da quasi 30 anni, Barbata Tedde, preziosa collaboratrice della nostra testata, sommelier Ais, Donna del Vino e conduttrice di corsi vinicoli molto intriganti e Francesco Catarzi oste di lunga, consolidata fama ed esperienza oggi patron dell’Osteria del Pratellino a Firenze.
Il nostro Pian del Bosso reggiano secco lo abbiamo esaltato per contrasto ovvero abbinandolo a un toscanissimo picio all’aglione in bianco e un’arista rifatta.
Il suo rosso rubino intenso con sfumature violacee che richiamano nei colori la squadra della nostra città Firenze ci ha esaltato, ma più del colore poté l’inteso bouquet olfattivo di rosa, viola mammola e le note intense di prugna e lampone.
In bocca è davvero sgarzullino, intrigante, fresco e quasi irriverente.
Fresco e giovane ma allo stesso tempo anche elegante e vellutato con quella dose di mineralità che ne richiama il desiderio di beva che ha una buona persistenza.
Mai un ortodosso avrebbe pensato a una tale abbinamento ma siccome io, Barbara e Francesco siamo degli avventurieri ne abbiamo abilmente esaltato le doti anche per contrasto.
E chi l’ha detto che un Lambrusco sta bene solo con un buon Parmigiano Reggiano con un aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia, con i salumi artigianali della valley italiana più pregiata?
Osare premia e con il Pian di Bosso è stato così!
Giu 15, 2023 | Enogastronomia, Territori
1973-2023: 50 anni di storia. Pra di Bosso, linea iconica della selezione Casali Viticultori, festeggia proprio quest’anno il cinquantesimo anniversario della sua storia, avuta inizio con il Lambrusco Secco negli anni Settanta insieme alla produzione del primo Metodo Classico dell’Emilia-Romagna. Non c’è nessuna azienda nel territorio emiliano che possa vantare di aver messo in bottiglia 50 anni fa una linea che è tutt’ora sul mercato.
50 anni di successo per il rosso frizzante
“Il nome Pra di Bosso ricorda la capacità di questo vino di tracciare confini. La pianta del bosso veniva infatti utilizzata per segnare la fine di un vigneto e l’inizio di un altro. Così si comporta il Pra di Bosso ancora oggi, restando il termine di paragone unico e ineguagliabile per la produzione del classico Lambrusco Reggiano”spiega il Presidente di Casali Viticultori Davide Frascari, nonché presidente del Gruppo Emilia Wine e dell’Enoteca Regionale.

Partner ideale per la nuova cucina italiana
“Il potenziale di questo vino è enorme: dobbiamo pensarlo come una new sparkling experience.
Il Lambrusco è un vino a basso contenuto d’alcol, frizzante, con un’ottima acidità, il partner perfetto per la moderna cucina italiana. Per avvicinare questo tipo di cucina occorre un vino altrettanto pulito, fresco che può accontentare il palato ed il Lambrusco fa perfettamente al caso. Oggi è finalmente il momento ideale per farne conoscere tutte le sue potenzialità”.

La selezione storica
Un vino storico che ancora oggi è unico. Nato dalla selezione dei migliori vigneti di collina, il “Pra di Bosso Storico” è il coronamento di una storia di unicità, affonda le radici nella nostra tradizione, racconta le nostre origini e le esalta in un sorso ambizioso che punta all’eccellenza.
Questo vale anche per l’etichetta, versione più austera ed elegante di quella originale, pensata per essere perfetta protagonista sulle tavole dei migliori ristoranti. Non a caso, Pra di Bosso Storico è presente nella carta vini di stellati Michelin, che rappresentano l’eccellenza gastronomica emiliana.
uvaggio

La storia della famiglia Casali
La storia di Casali Viticultori ha inizio nel 1900 quando Giuseppe Casali decise di trasformare la sua produzione famigliare in una vera e propria attività. La prima cantina, collocata a ridosso dell’antica Rocca dei Boiardo di Scandiano, con il crescente successo dei vini sul mercato e il necessario aumento della produzione, divenne troppo piccola e così si trasferì negli anni ’80 nell’attuale sede a Pratissolo di Scandiano.
Durante gli scavi per la costruzione della nuova cantina, venne ritrovata una lastra datata tra il 50 a.C. e il 50 d.C. riportante l’incisione “Ca’ Bezina”, nome di un’importante famiglia patrizia. Proprio da questa incisione fu scelto il nome assegnato alle prime bottiglie di Metodo Classico dell’Emilia-Romagna messe in commercio, perfezionato successivamente in “Ca’ Besina”.
Oggi Casali Viticoltori continua a rappresentare un punto di riferimento della produzione vitivinicola del comprensorio reggiano e alla fine del 2014 è entrata a far parte del Gruppo Emilia Wine, cooperativa nata dall’unione di tre storiche cantine del territorio con più di 700 soci e 1870 ettari tra il fiume PO, la via Emilia e l’Appennino Emiliano.