Nov 21, 2024 | Enogastronomia
Premessa prima di leggere l’articolo. Quello che leggerete è ipercalorico per cui attenzione…
Questo itinerario, infatti, vi porterà infatti, in un fine settimana alla scoperta delle magie che piacentini, parmigiani e reggiani riescono a creare con la pasta fresca, con il burro, con a ricotta e con il Parmigiano Reggiano.
Da ovest a est o da est verso ovest lungo la via Emilia non importa. Le province di Piacenza, Parma e Reggio Emilia si susseguono e non è importante il punto di partenza.
Quello che davvero conta è tuffarsi a capofitto in questo regno dove le ricette tradizionali affondano le radici nella cucina popolare antica e conquistano cuori e palati a distanza di centinaia di anni.
Piacenza e i suoi tortelli con la coda
Partendo da Piacenza, il primo inevitabile incontro è con i tortelli con la coda.
La loro origine risale addirittura al 1351, quando le cuoche del castello di Vigolzone crearono dei fagottini di pasta ripiena in onore di un ospite molto illustre: Francesco Petrarca.
Il nome è un richiamo alla forma di questa pasta ripiena, che avvolge il ripieno di ricotta, spinaci (o erbette) e formaggio grattugiato a imitazione di una caramella o, a ben guardare, di una treccia. Il sugo è a scelta: di base vengono serviti con burro fuso, grana grattugiato e salvia con, a parte, una ciotolina da cui attingere a piacere sugo ai funghi. Che dire? Entrambe le varianti sono molto raccomandate.
Consiglio extra: gli anvein (anolini) piacentini che si distinguono da altre paste ripiene similari per l’ingrediente fondamentale del ripieno, ovvero lo stracotto di manzo alla piacentina, e per la cottura in “brodo di terza”.
Data la sua prelibatezza è assolutamente adatto a tutte le stagioni, anche se è il piatto natalizio per eccellenza, quindi imperdibile nel caso l’itinerario sia programmato per dicembre per assaporare al meglio la tradizionale magia del Natale.
A Parma con i suoi anolini
Imboccando la via Emilia tanto cara a Gianni Celati, direzione Parma, la seconda tappa del Tortello Tour prevede la conoscenza con un piatto che è diventato uno dei simboli più amati del territorio: gli anolini, chiamati anche cappelletti (questione lessicale piuttosto spinosa, a dire la verità).
Serviti con brodo bollente, la forma è quella di un piccolo sole, con i bordi frastagliati o lisci, mentre il ripieno può essere di due tipi: quello di tradizione “povera”, fatto di Parmigiano Reggiano e pangrattato scottato nel brodo, e quello di tradizione “ricca”, a cui viene aggiunto anche lo stracotto di carne.
Nati come piatto popolare di cui si ha traccia già nel XV secolo, gli anolini hanno conquistato lo status di piatto tipico della tradizione della città di Parma al punto da essere incluso da Pellegrino Artusi nel più importante ricettario italiano della fine del XIX secolo.
Consiglio extra: sappiate che i tortelli che troverete nel parmense, sempre di forma rettangolare, hanno varie personalità per quanto il ripieno.
Dai più famosi alle erbette conditi foghè in tal buter e sughè col formaj (affogati nel burro e asciugati con il formaggio) a quelli di zucca, tipici nel periodo autunnale o a quelli con le patate, tipici dell’Appennino, dove si condiscono con un sugo di funghi (TOP se fungo di Borgotaro IGP) o con il tartufo. In alta Val d’Enza potrete addirittura gustarli con un particolare ripieno di patate e erbette.
La verde Reggio Emilia
Stomaco permettendo, ma sappiamo che state prendendo questo tour molto seriamente, l’ultima tappa prevede una degustazione di tortelli verdi di Reggio Emilia, di forma quadrata.
Gli ingredienti variano a seconda delle tradizioni familiari e locali, e, mentre la pasta fresca è simile a quella delle vicine Piacenza e Parma, il ripieno ricorda quello dei tortelli con la coda ma, oltre agli spinaci e alla ricotta, vengono aggiunti bietole, lardo, aglio, prezzemolo, noce moscata e l’immancabile Parmigiano Reggiano.
La preparazione reggiana prevede il condimento con burro e Parmigiano Reggiano stravecchio e la tradizione prevede che i tortelli verdi vengano preparati per la cena della vigilia di Natale e a Parma, per la Notte di San Giovanni, il 24 giugno. Ma ovviamente voi potete mangiarli quando volete!
Consiglio extra: i reggiani vanno molto fieri anche della ricetta dei cappelletti, che varia leggermente a seconda della famiglia e della località (montagna, Bassa reggiana e capoluogo), così come le dimensioni che tendono ad aumentare scendendo verso la Bassa.
Appetitoso e irresistibile, secondo una leggenda – che trae origine dalla “Secchia Rapita” – il cuoco “imitando di Venere il bellico, l’arte di fare il tortellino apprese”.
Diverse sono le varianti di ricette di anolini in brodo di terza che caratterizzano le varie zone della provincia di Piacenza..
Ingredienti
Per la pasta
400 g di farina
2 uova
acqua
Per il ripieno
250 g di carne di manzo
2 spicchi di aglio
50 g di burro
150 g di pane grattugiato
300 g di grana grattugiato
2 uova
Una carota
Mezza costa di sedano
Una cipolla
Noce moscata
Mezzo bicchiere di vino rosso
500 ml di brodo di carne
Per il brodo in terza
500 g di manzo
1 cappone o 1 gallina interi
200 g di polpa di maiale maiale
1 carota
Una costa di sedano
Una cipolla
Sale
Procedimento
Preparare lo stracotto che servirà per il ripieno, quindi creare dei fori nel pezzo di carne di manzo e inserire dei pezzetti di aglio.
Rosolarla nel burro, quando la superficie sarà leggermente brunita aggiungere una cipolla, mezzo gambo di sedano, sale, pepe, una carota, vino rosso e il brodo.
Cuocere molto lentamente a fuoco basso, chiusa con il coperchio per cinque e più ore finché il liquido sarà assorbito quasi completamente.
Togliere lo stracotto dalla pentola e recuperare il fondo di cottura.
Tritare la carne con una mezzaluna e tostare il pangrattato in padella con due mestoli di fondo di cottura conservato.
Versare il pangrattato in una ciotola, aggiungere due mestoli di fondo di cottura, lo stracotto tritato, le uova, il grana grattugiato e un pizzico di noce moscata fino ad ottenere un impasto omogeneo. Tenere da parte.
Preparare il brodo in terza versando tutti gl’ ingredienti all’interno di una pentola molto capiente. Coprire con l’acqua e cuocere a fuoco medio per quattro ore.
Preparare la pasta all’uovo seguendo la modalità classica, quindi ottenere un panettone liscio ed omogeneo. Lasciar riposare per mezz’ora avvolto con della pellicola alimentare. Stendere la pasta ottenendo una sfoglia non troppo sottile, disporre dei mucchietti di ripieno lasciando 5/6 centimetri di spazio tra l’uno e l’altro. Ripiegare con il lembo di sfoglia e confezionare gli anolini utilizzando l’apposito strumento. Avranno la forma di una piccola mezzaluna.
Cuocere gli anolini nel brodo in terza, scolarli non appena verranno a galla e servirli con il brodo.
Cappelletti reggiani
Ingredienti:
per il ripieno:
2 piccole cipolle
150 g di burro
costata di manzo o altro tipo di carne di manzo purché saporita
70 g di prosciutto misto
60 g di filetto o polpa di maiale
90 g di vitello o tacchino o pollo, fegatelli e rigaglie
1 spicchio d’aglio a piacere
noce moscata
pane grattugiato q.b.
Parmigiano Reggiano
Preparazione:
In un tegame fate sciogliere il burro con cipolla, sale e pepe.
Tagliate a pezzi la carne e versate nel burro, fate cuocere lentamente con coperchio. Quando i pezzi saranno mollemente cotti, ma non rinsecchiti, tritate finemente il tutto. Unite un uovo intero, il pane grattugiato, e tre manciate di Parmigiano Reggiano, che è componente di primaria importanza, perciò dovrà essere molto saporito e profumato. Da ricordare: Il pane grattugiato con un pizzico di noce moscata dovrà essere, in precedenza, tostato con il condimento della carne. Le varianti al pesto sono l’aggiunta di una salsiccia o di una fetta di mortadella macinate. Ancora la sostituzione del burro con il midollo di bue e l’aggiunta di chiodi di garofano. Preparate la sfoglia come per i tortelli di zucca e confezionate i cappelletti che devono essere in brodo (brodo da cappelletti!).
Nov 3, 2024 | Enogastronomia
Il Lambrusco è più di un vino, è una vera e propria leggenda emiliana.
Prodotto fra le province di Reggio Emilia, Parma e Modena è un vino rosso (a volte rosato) frizzante dalla spuma vivace ed evanescente, profumo di viola o fruttato, una gradevole acidità, un carattere fresco e vivace e un moderato contenuto alcolico (non supera solitamente i 10, 11 gradi).
I rami principali del Lambrusco sono sette, disponibili nelle versioni secco, amabile o dolce: il Sorbara, il Grasparossa, il Salamino, il Marani, il Maestri, il Montericco e l’Ancellotta.
Quanto al territorio di produzione, assieme a varietà minori i vitigni del Lambrusco vengono coltivati prevalentemente in Emilia Romagna nelle aree circostanti le province di Reggio Emilia, Parma, Mantova e Modena anche se alcune zona di produzione sconfinano in Lombardia.
Un vino unico legato al suo territorio
La produzione del Lambrusco avviene prevalentemente con due metodi: il metodo Charmat (oppure detto Martinotti) utilizzato per creare la maggior parte dei Lambruschi frizzanti, che prevede la fermentazione secondaria in autoclave permettendo di mantenere la freschezza e i profumi caratteristici. C’è poi il metodo Classico usato meno frequentemente, ma che produce Lambruschi con bollicine più fini e strutturate.
Dopo la raccolta le uve vengono pigiate e fermentate. Il vino viene quindi messo a fermentare una seconda volta per creare la caratteristica effervescenza.
Ma che differenza c’è fra i diversi tipi di Lambrusco: Sorbara, Grasparossa, Salamino e Maestri?
Beh è evidente che presentano caratteristiche uniche che li distinguono in termini di colore, profumi, sapori e struttura. Vediamo nel dettaglio.
Quattro vini per un solo mito
Lambrusco di Sorbara
E’ considerato il più raffinato e delicato ed è noto per la sua elevata acidità e una struttura leggera. Questo lo rende un vino fresco e piacevolmente frizzante. Tendenzialmente di colore rosso rubino chiaro, a volte con riflessi rosati; presenta aromi floreali intensi come la violetta e note di lampone e fragola. Al palato risulta secco, fresco e leggero, con un buon equilibrio tra acidità e tannini moderati. Perfetto con antipasti, salumi, fritti leggeri e piatti di pesce.
Lambrusco Grasparossa
È il Lambrusco più strutturato e tannico, con una maggiore intensità rispetto al Sorbara. La sua robustezza lo rende adatto a piatti più corposi. Di un rosso rubino scuro, a volte con riflessi violacei al naso ha note fruttate di mora, ciliegia scura e un sottofondo speziato. Ha un gusto più pieno e intenso, con una maggiore presenza di tannini e una buona persistenza in bocca. È tipicamente secco, ma si possono trovare versioni amabili. E’ ideale con piatti a base di carne, arrosti, formaggi stagionati e la tradizionale cucina emiliana, come i tortellini o lo zampone.
Lambrusco Salamino
Chiamato così per la forma del grappolo, simile a un salame, questo Lambrusco è noto per essere una via di mezzo tra Sorbara e Grasparossa in termini di corpo e intensità. Il colore è rosso rubino vivace, con una spuma persistente e una tonalità violacea. Al naso è fruttato con sentori di ciliegia, prugna e leggeri accenni floreali. In bocca ha una buona struttura e una dolcezza bilanciata. L’acidità è moderata, e il gusto è generalmente armonico, con una piacevole morbidezza. Si sposa bene con i salumi e le preparazioni emiliane, come tigelle e gnocco fritto. Le versioni dolci possono essere servite con dolci secchi.
Lambrusco Maestri
È questa una varietà versatile spesso utilizzata anche in blend con altri vitigni per arricchire i vini. Ha un carattere forte e un buon corpo. Dal colore rosso intenso e scuro, con sfumature violacee e una spuma abbondante al naso ha aromi ricchi di frutti di bosco, ciliegia nera e spesso note di spezie. Al palato, il Maestri offre un gusto pieno e rotondo, con tannini decisi e una piacevole effervescenza. È più corposo rispetto al Sorbara, ma meno tannico del Grasparossa. Ottimo con piatti di carne rossa, stufati e formaggi più saporiti.
Un legame indissolubile col territorio
Questo vino come accennato anche in introduzione ha un legame profondo con l’Emilia-Romagna, terra di tradizioni culinarie famose in tutto il mondo ed è spesso associato a piatti regionali come salumi, formaggi stagionati (in particolare il Parmigiano Reggiano), pasta ripiena (come i tortellini e i cappelletti) e piatti di carne.
La sua acidità e le sue bollicine lo rendono perfetto per sgrassare la bocca e bilanciare la ricchezza dei cibi emiliani.
Inoltre, la cultura del Lambrusco è legata alle tradizioni contadine e alla convivialità tipica della regione, dove il vino è visto come una bevanda quotidiana e accessibile, da condividere con la famiglia e gli amici.
Tutte le curiosità
Il Lambrusco ha origini antichissime che risalgono ai tempi degli Etruschi e dei Romani. Testimonianze storiche indicano che il vino prodotto con queste uve era già apprezzato nell’antichità.
Negli anni ’70 e ’80 è stato uno dei vini italiani più esportati al mondo, in particolare negli Stati Uniti, dove veniva apprezzato per la sua dolcezza e la facilità di beva.
Per molti anni ha sofferto una reputazione di vino semplice e di bassa qualità, soprattutto per via delle versioni commerciali dolci prodotte in grandi quantità per l’export; ma negli ultimi decenni tuttavia i produttori hanno lavorato per migliorare la qualità e restituire al Lambrusco la dignità di un vino eccellente, capace di sorprendere anche i palati più esigenti.
Le diverse tipologie dimostrano la versatilità di questo vino, che può spaziare da versioni fresche e leggere a varianti più strutturate e complesse.
Anche se tipicamente accostato ai piatti della tradizione emiliana, il Lambrusco si abbina bene a una varietà di cibi, dai fritti ai piatti asiatici speziati, grazie alla sua acidità e alla frizzantezza che puliscono il palato.
Diverse versioni di Lambrusco hanno ottenuto le denominazioni di origine controllata (Doc) e controllata e garantita (Docg), come il Lambrusco di Sorbara Doc e il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Doc, a testimonianza della qualità e dell’importanza di queste varietà.
Infine un cenno alla spuma che nell’immaginario comune fa il Lambrusco. Per conoscere il segreto della sua formazione dobbiamo però fare un passo indietro e analizzare il processo di vinificazione tradizionale, detto di rifermentazione primaverile.
Anzitutto, nel Lambrusco la spuma nasce spontaneamente. Un tempo i cantinieri si avvalevano della forte escursione termica invernale che interrompeva la fermentazione per farla riprendere nella primavera successiva, quando il vino era ormai imbottigliato: si otteneva così la rifermentazione in bottiglia. L’anidride carbonica rimaneva infatti sciolta nel vino e, una volta stappata la bottiglia, compariva la spuma.
Lug 27, 2023 | Territori
72 località rurali per 14 regioni potranno fregiarsi, nell’ottava edizione, del riconoscimento Spighe Verdi 2023, rispetto alle 63 dello scorso anno: 12 sono i nuovi ingressi, 3 i Comuni non confermati.
Spighe Verdi è un programma nazionale della Fee – Foundation for Environmental Education, (l’organizzazione che rilascia nel mondo il riconoscimento Bandiera Blu per le località costiere) che premia i Comuni rurali che gestiscono il territorio in modo virtuoso.
PortoTolle – Photo credit Luigi Prearo on VisualHunt.com
Gli indicatori che assegnano le “spighe”
Per individuarli, Fee Italia ha definito con Confagricoltura un set di indicatori che comprendono tutti i settori della cultura, dell’ambiente, del terroir e della promozione..
Tra gli indicatori per assegnare le Spighe Verdi ci sono: la partecipazione pubblica; l’educazione allo sviluppo sostenibile; il corretto uso del suolo; la presenza di produzioni agricole tipiche, la sostenibilità e l’innovazione in agricoltura; la qualità dell’offerta turistica; l’esistenza e il grado di funzionalità degli impianti di depurazione; la gestione dei rifiuti con particolare riguardo alla raccolta differenziata; la valorizzazione delle aree naturalistiche eventualmente presenti sul territorio e del paesaggio; la cura dell’arredo urbano; l’accessibilità per tutti senza limitazioni.
Fiesole, Photo credit Bruco Luna
Il Piemonte ottiene il maggior numero di “spighe”, ben 12
Matelica
Il Piemonte sempre più lanciato nella promozione turistica (leggi qui) fa da pigliatutto con ben 12 località che si sono viste assegnare le spighe verdi 2023 che vanno ad Alba, Bra, Canelli, Centallo, Castiglione Falletto, Cherasco, Gamalero, Guarene, Monforte d’Alba, Pralormo, Santo Stefano Belbo e Volpedo.
Alle sue spalle segue la Toscana che ottiene 9 riconoscimenti (Bibbona, Castellina in Chianti, Castiglione della Pescaia, Castagneto Carducci, Fiesole, Greve in Chianti, Grosseto, Massa Marittima, Orbetello) seguono con 8 località le Marche con Esanatoglia, Grottammare, Matelica, Mondolfo, Montecassiano, Montelupone, Numana, Sirolo e la Calabria con Belcastro, Crosia, Miglierina, Montegiordano, Roseto Capo Spulico, Santa Maria del Cedro, Sellia, Trebisacce.
Gaeta, Photo credit Stefano Avoli
La Puglia ottiene 7 comuni Spighe Verdi (Andria, Bisceglie, Castellaneta, Carovigno, Maruggio, Ostuni, Troia).così come l’Umbria che vede premiate Acquasparta, Deruta, Montecastrilli, Montefalco, Norcia, Scheggino, Todi.
La Campania ottiene 6 riconoscimenti con Agropoli, Ascea, Capaccio-Paestum, Foiano di Val Fortore, Massa Lubrense, Positano. Sono 5 invece le località del Lazio premiate: Canale Monterano, Gaeta, Pontinia, Rivodutri, Sabaudia.
Veneto (Montagnana e Porto Tolle), Liguria (Lavagna e Sanremo), Abruzzo (Gioia dei Marsi e Tortoreto) e Lombardia (Ome e Sant’Alessio con Vialone).vantano 2 località ciascuna.
Infine uno è il comune in Emilia-Romagna ovvero Parma ed entra per la prima volta in graduatoria la Basilicata con il comune di Nova Siri.
Nov 25, 2022 | il Fuori Toscana
Proseguono con grande successo di pubblico le attività del progetto di destinazione turistica “Emilia Wine Experience”, che sarà ancora protagonista degli eventi in programma per il prossimo fine settimana (26 e 27 novembre) nel territorio emiliano.
Si parte da Roccabianca (Parma) dove da sabato 26 novembre si svolgerà l’ultima tappa del November Porc, l’evento nato nel 2002 per promuovere i due prodotti d’eccellenza del territorio, culatello e strolghino, ma non solo.
In questa occasione domenica 27 novembre alle ore 12, presso l’Arena del Sole di Piazza
Giuseppe Garibaldi, una masterclass dal titolo “Il re dei salumi e il suo vassallo incontrano le
bollicine granducali”.
Il Culatello, re dei salumi per eccellenza, con il suo elegante bouquet di profumi incontrerà la Cicciolata, “le villain du village”, ricca di sapori forti e sinonimo della festa del paese.
A questa inusuale coppia si uniranno, nella cornice della piazza, le bollicine della Fortana, vitigno delle nebbie, e le eleganti bollicine della Malvasia dei Colli di Parma.
La Strada del Prosciutto e dei Vini dei Colli di Parma e il Consorzio Tutela Vini Colli di Parma le accompagneranno nel racconto. Il tutto con la magistrale conduzione di Alberto Spisini, Maestro Onas e Sommelier Ais.
«Questo appuntamento rappresenta uno degli eventi che il progetto Emilia Wine Experience sta
organizzando per promuovere la promozione e la cultura del territorio – spiega Elisabetta Virtuani, presidente della Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini, capofila dell’iniziativa – in questi stessi giorni avremo ospiti giornalisti da tutta Italia che avranno l’occasione di conoscere, quindi raccontare, le aree della cosiddetta “Bassa Piacentina”».
Durante il weekend la stampa seguirà la Strada del Po e dei Sapori della Bassa Piacentina per scoprire il paesaggio rivierasco insieme alla cucina tipica del grande fiume fatta di grande attenzione alle materie prime e identità territoriale, che ben si abbina ai vini dei Colli Piacentini. Farà seguito quindi la Strada del Culatello, meta ideale per assaporare la quiete degli
spazi aperti e dei paesaggi rurali incantati immersi nella nebbia. Il tutto alla scoperta di un territorio descritto e vissuto da Giovannino Guareschi e che ha visto nascere e crescere il Maestro Giuseppe Verdi, per poi scoprire il Re dei salumi, il Culatello di Zibello abbinato alle bollicine di Emilia.
Sempre domenica 27 novembre, questa volta a Vigoleno (Piacenza) ultima tappa de “L’Artusi d’autunno in Appennino”. A partire dalle 15 la visita guidata al Castello e a seguire i momenti musicali, i laboratori di cucina e la degustazione della rivisitazione della ricetta artusiana n.61, “zuppa di lenticchie con pancetta piacentina DOP croccante”, che sarà abbinata al Gutturnio Riserva dei Colli Piacentini.
“L’Artusi d’autunno in Appenino” è una manifestazione organizzata dalla Strada del Fungo Porcino di Borgotaro, dal Consorzio di tutela del fungo porcino IGP, dalla Cooperativa Granducato, in collaborazione e con il sostegno del Gal del Ducato di Parma e Piacenza. E con l’aiuto essenziale della Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini e del Comune di Vernasca.
Emilia Wine Experience è un progetto di costruzione di un brand territoriale distintivo che parte dalle eccellenze enologiche di Emilia per la creazione di un forte connubio territorio-vino-turismo come leva competitiva per la valorizzazione dei territori lungo le 5 Strade Vini e Sapori di Emilia delle province di Piacenza, Parma e Reggio Emilia. Un modello di sviluppo locale che unisce prodotti di qualità e territori di qualità. In pochi mesi di lavoro sono state organizzate decine di masterclass ed eventi mirati promuovere le eccellenze del territorio attraverso la parola di esperti ed opinion leader.
Tra le varie azioni anche numerosi press tour ed eventi pensati per la stampa italiana e non solo volti alla conoscenza diretta di persone e prodotti.