Ago 26, 2024 | Enogastronomia
di Barbara Tedde – La pizza, nel panorama enogastronomico fiorentino, è ormai uno dei piatti più discussi, ma da
Bellagrò, l’ultimo nato dall’idea di Pasquale Caprarella e Graziano Monogrammi, propone un’ampia scelta con prodotti di qualità che ne fanno la differenza.
Nata nel maggio scorso la pizzeria si trova nei pressi di Piazza Gavinana, una location con giardino e dagli interni in stile essenziale e moderno realizzato con tutti materiali naturali. In cucina i prodotti che vengono usati sono biologici e bioattivi – ovvero prodotti con proprietà salutistiche -, le farine sono biologiche del Mulino le Pietre (Val di Cornia), i salumi del salumificio Renieri – tutti toscani e di cinta senese – , le verdure dell’Orto Bioattivo di Andrea Battiata di Firenze, i formaggi del caseificio Busti di Fauglia e di Amozzaré del Caseificio Artigianale di Firenze. Inutile dire che gli impasti sono tutti prodotti con lievito madre, presentati in varie versioni: la classica, la pizza al padellino e la bisccroccantina.
La pizza
Che sia semplice o ricercata, gli impasti sono assolutamente leggeri e digeribili. Dalla classica al padellino alla biscroccantina c’è solo da scegliere, sebbene sia consigliabile divertirsi ordinando almeno due versioni delle sopradette.
Gli ingredienti di primissima qualità, attraverso le mani di Gabriele Monogrammi, fanno una differenza sostanziale; dalle verdura alla mozzarella, al tonno alle acciughe i sapori restano immortali nella memoria.
Da provare anche le versioni con la carne, come la biscroccantina con porchetta di cinta senese DOP e senape, ma anche il Mofficino con tartare di manzo, carciofi, scaglie di pecorino toscano e maionese alle nocciole.
Il cuore
Bellagrò segue un progetto sociale di tutto rispetto, il team del locale, oltre ad essere composto da pluriennali professionisti, ha assunto ragazzi senza titolo di studio dopo un corso di formazione attraverso un progetto formativo di GOTOJOB – finanziato dalla Fondazione CRF e dall’USSM del Comune di Firenze. Un progetto che ha offerto ai giovani NEET – ovvero coloro che non studiano e non lavorano – la possibilità di formarsi professionalmente nel settore enogastronomico.
I risultati sono stati sorprendenti ed i giovani hanno acquisito competenze per essere assunti e lavorare da Bellagrà.
Rock’n roll
L’ambiente in stile newyorkese con soffitti alti ed un impatto visivo pulito ed essenziale, offre una carta cocktail molto interessante. Oltre ai vini, rigorosamente bio, l’idea di abbinare i cocktail alle varie pietanze è un’esperienza molto divertente. Dietro il banco per la miscelazione Fabio Borselli, bar manager di lunga esperienza, saprà consigliare il cocktail più adatto alle vostre scelte culinarie.
Oltre le pizze una bella scelta di antipasti a base di carne e di pesce e dessert cremosi senza zuccheri aggiunti, possono avere quel tocco rock abbinandoci un delizioso drink, anche in versione no alcol.
Giu 18, 2024 | Enogastronomia
E’ la pizza il piatto italiano più ordinato nel mondo, ambasciatore della cucina e della cultura gastronomica del nostro Paese. Anche se qualcuno la chiede con topping di marshmallow e cioccolato e ai ristoratori tocca cercare di redimere i peccatori.
Le curiosità emergono dalla survey lanciata da I Love Italian Food, che ha coinvolto oltre 5800 chef, pizzaioli e ristoratori italiani in quasi tutti i continenti, dall’Europa agli Stati Uniti, fino all’Asia e l’Australia.
Pizza? C’è chi la ama con il topping di marshmallow!
Partendo dall’assunto che esistono 100mila ambasciatori del Made in Italy enogastronomico fuori dall’Italia, I Love Italian Food ha attivato una vasta rete di contatti internazionali per conoscere i piatti più apprezzati fuori dal nostro Paese. E le richieste più stravaganti giunte dai commensali. Risultato: la pizza straccia i competitor, come era immaginabile.
La classifica riserva qualche sorpresa: al secondo posto la Carbonara, sempre più apprezzata da Oriente a Occidente; seguono le tagliatelle al ragù / alla Bolognese, amate in modo trasversale ma in particolare dagli expat. Appena sotto il podio uno dei piatti della domenica italiana: le lasagne. Al quinto posto l’unico dessert entrato in classifica: il tiramisù.
In Usa c’è anche la pizza per dimagrire
“Oltre alla versione classica, proponiamo anche il Babamosud, una variante senza caffè, con il babà al posto dei savoiardi”, dichiara Pasquale Cozzolino, ristoratore e chef celebre nel Nord e nel Sud America.
Nel suo ristorante newyorkese, Ribalta, ha cucinato per stelle del cinema, calciatori milionari e personaggi tv.
Chef dell’ex sindaco di New York di origini italiane Bill De Blasio, Cozzolino ha riscosso un successo internazionale con il libro “Pizza Diet”, con il quale ha dimostrato come perdere peso grazie a una dieta a base di pizza.
“Le più richieste restano i grandi classici: Margherita e Marinara”, afferma Cozzolino. “Tuttavia abbiamo notato un crescente interesse per le farciture più creative, come salsiccia piccante o burrata”. Fino ad arrivare alle pretese più insolite, come la pizza con i marshmallow. “Di fronte a richieste come queste cerco di assecondare i clienti, ma ne approfitto anche per educarli sulla cucina italiana, raccontando storie e curiosità sui piatti autentici”, aggiunge lo chef.
Gli altri piatti più amati
Sulla stessa linea Enzo Oliveri, celebrity chef e presidente dell’Associazione Cuochi Italiani in UK. “Dipende dal cliente, se sai che è una battaglia persa lasci perdere, altrimenti cerchi di educarli al gusto”, dichiara. Ad esempio a non mettere il parmigiano sul pesce.
C’è poi chi esagera, come racconta Massimo Mori, chef patron di Armani Restaurant (1 stella Michelin) e del ristorante Mori Venice Bar, una vera leggenda della ristorazione italiana a Parigi: “E’ capitato che un cliente abbia ordinato linguine alle vongole con tartufo e tanto parmigiano”.
“Siamo molto tradizionalisti – afferma Peppe Errichiello, tra i pizzaioli più famosi in Giappone, proprietario di tre pizzerie pluripremiate – se ci fanno delle richieste particolari al 99% non le accettiamo. Anzi, se qualche cliente si fa portare olio piccante e vedo che lo versa su una pizza oppure su un piatto che a me non piace vado dal cliente e gli dico che sta rovinando il gusto di un piatto che ha richiesto impegno. Se mai il cliente mi guarda storto gli dico che non sta valorizzando il lavoro mio e di 40 dipendenti”.
Nella particolare classifica di I Love Italian Food figurano anche spaghetti o linguine alle vongole: arrivano al nono posto, dopo risotto, ravioli e parmigiana. Chiude la top ten la pasta al pesto alla genovese.
Pastasciutta amore mio
Per quanto riguarda il formato di pasta, vincono spaghetti e paccheri. Dal Paese del Sol Levante Peppe Errichello conferma la tendenza globale: “il formato più apprezzato sono le Linguine allo scoglio”. Ma anche tanti gnocchi. “Quelli che facciamo noi – sottolinea – sono una ricetta di mia nonna Gina: acqua e farina senza aggiungere patate, uova e sale, semplicemente solo acqua e farina”.
“Ma la pasta fresca – aggiunge Cozzolino – come i tonnarelli fatti in casa, è particolarmente apprezzata. Comunichiamo il valore della pasta home made attraverso menu dettagliati e interagendo direttamente con i clienti, spiegando l’origine degli ingredienti e il processo di preparazione”. Uno su tutti: il pomodoro del piennolo, che guarnisce lo spaghetto più richiesto a New York. A Parigi, invece, chef Mori propone tagliolini con triplo uovo e farina doppio zero. “Facciamo capire che questo tipo di pasta è più proteica, tiene meglio la cottura ed è più saporita. Anche l’origine delle uova conta: sono di cascina, allevate a terra”.
Nella scelta di un ristorante e di un piatto, infatti, è sempre più dirimente la conoscenza dell’intera filiera. Un aspetto sul quale I Love Italian Food lavora da anni al fianco di produttori e ristoratori. “La nostra ricerca rivela non solo le preferenze globali per i piatti italiani, ma anche le sfide affrontate dai ristoratori nel mantenere l’autenticità delle nostre ricette”, commenta Alessandro Schiatti, Presidente di I Love Italian Food. “I ristoratori e gli chef sono veri ‘guerrieri’ della cucina italiana all’estero, impegnati quotidianamente nella difesa e nella promozione della nostra cultura enogastronomica. Ogni richiesta stravagante rappresenta una nuova sfida per mantenere viva la vera cucina italiana, e noi siamo qui a sostenerli in questa missione cruciale.”
I Love Italian Food è un network internazionale e un’Associazione no profit, con la mission di promuovere e difendere la vera cultura enogastronomica italiana nel mondo. Nata in Italia nel 2013, nel cuore della Food Valley, dall’incontro tra una community online creata da Marco Bonini e l’idea di Alessandro Schiatti di costruirci attorno una struttura in grado di amplificarne le potenzialità. Oggi I Love Italian Food è una società e una comunità internazionale da 3 miliardi di contatti social, ha realizzato oltre 100 eventi internazionali e ottenuto più di un miliardo di visualizzazioni video. Due i cardini fondamentali: Formazione e Narrazione. Grazie a un network di oltre 20mila professionisti internazionali, I Love Italian Food connette prodotti e produttori italiani con gli ambasciatori della cucina italiana in tutto il mondo.
Feb 8, 2020 | Enogastronomia, Firenze
[:it]Nella settimana che precede le grandi Anteprime vinicole di Toscana, a Firenze la pizza d’autore azzarda l’accoppiata col Brunello di Montalcino.
Un’idea a metà strada fra il gioco e la follia quella venuta a Michele Leo (3 spicchi Gambero Rosso) che abbina delle sue pizze, create per l’occasione, coi vini 2015 dell’azienda di Montalcino del Poggiolo.
La sfida era difficile ma Leo si è tuffato dentro all’idea “pizza e Brunello”con l’incoscienza del suo sorriso sornione e la determinazione di chi sa il fatto suo avendo tante medaglie appuntate sul forno.
Il risultato? Altalenante nel risultato ma vincente nell’idea.
Si possono sposare le pizze gourmet oggi così amate con i grani classici dell’enologia italiana? E’ possibile andare oltre al binomio pizza e birra?
Due sì. E non lo diciamo da oggi, aggiungiamo.
Nel caso della serata proposta alla pizzeria Duje si partiva bene ad esplorare questo azzardo.
Da una parte Leo e la sua pizza “stellata” dall’altra un Brunello con punteggi altissimi della critica americana.
La platea di addetti ai lavori vedeva ai tavoli un vasto schieramento di umanità differente.
Da una parte giornalisti e critici abituati da anni a menar mascelle e papille gustative fra vini, piatti gourmet e giurie tecniche; dall’altra un esercito (molto nutrito) di influencer – parola peraltro da usare con cautela in tempi di Coronavirus – Instagramers e Bloggers che click dopo click e selfie dopo selfie rompono il ghiaccio della prima proposta d’entrée (pizza fritta con lampredotto e salsa verde accompagnato da una spumantizzazione di Brunello) con un rumorosissimo e inopportuno cin cin.
La prima proposta pizza proposta è frutto dell’amore e della passione per la tradizione partenopea. Una perfetta margherita impreziosita dal deciso ragù napoletano, “che cuoce da ieri mattina a poche ore fa” tiene a puntualizzare il pizzaiolo. Una pizza e un ragù che ti portano dritti sotto il Vesuvio. Che sa di casa e plaid della nonna.
Il boccone deve essere piccolo e la mascella lavorare a ritmo lento. Doveroso gustare ogni singolo angolo di bontà di questa pizza perfettamente accompagnata al Brunello di Montalcino 2015. Un vino che fa sentire la sua personalità senza aggredire e che trova un equilibrio inizialmente instabile ma poi quasi perfetto con questa pizza.
La sfida di Duje prosegue con un’inedita e azzardata pizza al Brunello di Montalcino accompagnata dal “Terra Rossa” 2015 del Poggiolo.
Michele Leo in questo caso è andato su un terreno a lui evidentemente meno congeniale: la toscanità.
La pizza con cavolo nero, fior di latte, salsiccia e salsa di patata con riduzione del celebre Sangiovese di Montalcino non era proprio azzeccata.
Tutte le giustificazioni del caso sono ammesse ci mancherebbe altro; ma la toscanità non è nelle sue corde come la napolatinità. Il cuore batte forte a Fuorigrotta e dintorni e si sente.
La salsiccia (tagliata troppo spessa) di un nome da spender bene come quello di Luca Menoni non “esce”, il cavolo nero è eccessivamente amaro e pungente e il tapping di salsa di patata con riduzione di Brunello oltre ad essere non bello esteticamente non è azzeccato in bocca laddove la patata avvina del tutto il Brunello.
Da rivedere ma complimenti al coraggio.
L’esperimento è andato. Nel bene e nel male e come in ogni debutto c’è sempre qualche nota da sistemare e qualche battuta da registrare.
L’applauso nelle prime però ci sta tutto.[:en]Nella settimana che precede le grandi Anteprime vinicole di Toscana, a Firenze la pizza d’autore azzarda l’accoppiata col Brunello di Montalcino.
Un’idea a metà strada fra il gioco e la follia quella venuta a Michele Leo (3 spicchi Gambero Rosso) che abbina delle sue pizze, create per l’occasione e l’abbinamento ai vini 2015 dell’azienda di Montalcino del Poggiolo.
La sfida era davvero difficile e Leo si è tuffato dentro all’idea “pizza e Brunello”con l’incoscienza del suo sorriso sornione e la determinazione di chi sa il fatto suo avendo tante medaglie appuntate sul forno.
Il risultato? Altalenante nel risultato ma vincente nell’idea.
Si possono sposare le pizze gourmet oggi così amatecon i grani classici dell’enologia italiana? E’ possibile andare oltre al binomio pizza e birra?
Due sì. E non lo diciamo da oggi, aggiungiamo.
Nel caso della serata proposta alla pizzeria Duje si partiva bene ad esplorare questo azzardo. Da una parte Leo e la sua pizza “stellata” dall’altra un Brunello con punteggi altissimi della critica americana.
La platea di addetti ai lavori vedeva ai tavoli un vasto schieramento di umanità differente. Da una parte i giornalisti e critici abituati da anni a menar papille gustative fra vini e piatti gourmet; dall’altra un esercito nutrito di “nuovi esperti” che si rispondono al nome di influencer – parola da usare con cautela in tempi di Coronavirus – e instagramers che click dopo click e selfie dopo selfie rompono il ghiaccio della prima proposta d’entrée (pizza fritta con lampredotto e salsa verde accompagnato da una spumantizzazione di Brunello) con un rumorosissimo e (ovviamente) non opportuno cin cin.
La prima proposta è frutto dell’amore e della passione per la tradizione. Trattasi di una perfetta margherita impreziosita dal deciso ragù napoletano, “che cuoce da ieri mattina a poche ore fa” tiene a puntualizzare il pizzaiolo che sa di casa e plaid della nonna. Il boccone deve essere piccolo e la mascella a ritmo lento per far gustare ogni singolo angolo di bontà di questa pizza perfettamente accompagnata al Brunello di Montalcino 2015 che fa sentire la sua personalità senza aggredire e trovando un equilibrio inizialmente instabile ma poi quasi perfetto con la pizza.
La sfida di Duje prosegue con un’inedita e azzardata pizza al Brunello di Montalcino accompagnata dal “Terra Rossa” 2015 del Poggiolo.
Michele Leo in questo caso è andato su un terreno a lui evidentemente poco congeniale: la toscanità.
La pizza con cavolo nero, fior di latte, salsiccia e salsa di patata con riduzione del celebre Sangiovese di Montalcino non era proprio azzeccata.
Tutte le giustificazioni del caso sono ammesse. La toscanità non è nelle sue corde come la napolatinità e ci mancherebbe. Il cuore batte forte all’ombra del Vesuvio e si sente.
La salsiccia (troppo grossa e troppo spessa) di un nome da spender bene come quello di Luca Menoni non “esce”, il cavolo nero è troppo amaro e pungente e il tapping di salsa di patata con riduzione di Brunello oltre ad essere non bello esteticamente non è azzeccato in bocca. Da rivedere ma complimenti al coraggio.
L’esperimento è andato. Nel bene e nel male e come in ogni debutto c’è sempre qualche nota da sistemare e qualche battuta da registrare.[:]