Set 16, 2024 | Territori
Sono cruciali per la difesa del patrimonio culturale e paesaggistico italiano, ma rappresentano anche uno strumento di sviluppo in ambito turistico sostenibile.
Da nord a sud, sentieri e tratturi puntellano il paesaggio italiano: sono i percorsi lungo i quali, stagione dopo stagione, gli animali e i pastori si spostano, in primavera per raggiungere i pascoli e in autunno per far ritorno verso le stalle.
La transumanza rappresenta una tradizione e una forma di cultura antichissima, ma non solo: è una pratica attuale, che molti pastori in tutta la penisola continuano a svolgere.
La cura delle vie della transumanza, che oggi in parte versano in stato di abbandono, non può più attendere: per questo motivo a Cheese, dove è stato presentato il manifesto Salviamo i prati stabili, i pascoli e i pastori, si accende la luce sull’importanza della loro salvaguardia.

Una necessità per l’allevamento, un’opportunità per l’economia
«La transumanza è legata al sistema dell’alpeggio» spiega Carlo Mazzoleni, dello Storico Ribelle, Presidio Slow Food e formaggio simbolo di resistenza nelle sulle Prealpi Orobie. Alla fine della primavera, i pastori lasciano le stalle del fondovalle, a circa duecento metri di quota, per portare gli animali in quote anche superiori ai duemila metri. La transumanza può durare da due o tre giorni fino a una settimana ed è importante per diversi motivi: «Le tappe a media quota, ad altitudini dove protagonista è il bosco, sono fondamentali per conservare i prati ed evitare che vengano inghiottiti dalla vegetazione, ma anche per gli animali che hanno necessità di adattarsi al cambio di alimentazione rispetto alla stalla» aggiunge Mazzoleni.

La transumanza, orizzontale o verticale
La transumanza può essere verticale od orizzontale: la prima, diffusa perlopiù al nord, prevede lo spostamento di greggi e mandrie nei territori montani; la seconda, maggiormente caratteristica delle zone mediterranee, consiste nella migrazione del bestiame nelle regioni pianeggianti. Le difficoltà, però, sono uguali per tutti: «Tanti sentieri sono stati abbandonati e muoversi sull’asfalto è pericoloso – aggiunge Mazzoleni –. In alcuni casi è anche vietato: capita, alle volte, che giungano lamentele e diffide per via della sporcizia e delle deiezioni degli animali lungo le strade. Ci si lamenta che si perdono le tradizioni, ma poi si protesta per queste ragioni. Credo che la transumanza possa, invece, essere vista come ricchezza e risorsa, vivendola con orgoglio e senso di appartenenza al territorio».
Seicento chilometri più a sud, ad Anversa dei Abruzzi nell’aquilano, vive Viola Marcelli, agronoma esperta in zootecnia e proprietaria dell’agriturismo La porta dei parchi. Ogni estate porta le sue pecore fino a duemila metri di quota: «La gioia della transumanza consiste nel sapere di fare un percorso positivo sia per gli animali sia per l’ambiente, perché in questo modo si dà la possibilità ai prati di rigenerarsi». Le difficoltà, invece, «sono legate alla scarsa manutenzione dei sentieri e degli alpeggi nei quali i pastori trascorrono l’estate. Sono quarant’anni che facciamo la transumanza, ma nonostante questo non abbiamo mai avuto un punto di contatto, un riconoscimento da parte delle istituzioni».
Oltre alle sue pecore, alla transumanza prendono parte anche i turisti interessati a vivere un’esperienza unica: «La prima volta è stata nel 2000 – ricorda – con un gruppo di ospiti tedeschi in agriturismo. Ci chiesero se fosse possibile fare un pezzo di strada con noi e gli animali: notando l’interesse delle persone nel riscoprire questa pratica, abbiamo capito che la cosa giusta da fare era renderla accessibile».

Un bene diventato patrimonio Unesco
L’11 dicembre 2019 le vie della transumanza hanno ottenuto il riconoscimento da parte dell’Unesco: «Un ottimo punto di partenza per diffondere alle nuove generazioni un’attività della tradizione – dice Nicola di Niro, direttore dell’agenzia di sviluppo Asvir Moligal –. La transumanza è un’esperienza inimmaginabile, perché unisce i territori, i borghi e costituisce una rete molto estesa di strade viarie».
Proprio della valorizzazione della tradizione della transumanza, tra le altre cose, si sta occupando il Geoportale della Cultura Alimentare (GeCA), con il progetto dedicato alla regione Basilicata, promosso dall’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale (Icpi) e finanziato dal Pon (Programma Operativo Nazionale) Cultura e Sviluppo, di cui Slow Food è partner. «All’interno dell’Icpi – spiega il direttore Leandro Ventura – è attivo un laboratorio permanente sul paesaggio per documentare e studiare le trasformazioni connesse alle attività legate a patrimoni come la pastorizia, le pratiche agricole e l’architettura rurale». Da questo punto di vista, il territorio lucano ha una lunghissima tradizione legata alla pratica della transumanza: un rituale dal quale nascono prodotti alimentari straordinari, ricchi di biodiversità, come caciocavalli e scamorze.

Transumanza: da nord a sud
In Italia è possibile seguire la transumanza in Val d’Aosta dove le greggi di pecore e mucche sono in movimento verso le aree di più bassa quota; in Toscana nelle zone del Casentino e della Maremma; in Sardegna dove le greggi di pecore vengono spesso spostate tra le zone di montagna e le pianure costiere ma soprattutto per vivere la transumanza vale la pena spostarsi in Abruzzo che è decisamente la regione italiana con la più llunga tradizione di transumanza.
Qui è una pratica tradizionale che si “celebra” da secoli. Uno dei percorsi di transumanza più noti è il “Tratturo Magno” o “Tratturo L’Aquila-Foggia”, che è uno dei più lunghi d’Europa. Trattasi di un meraviglioso percorso storico che attraversa tutto l’Abruzzo, collegando la città di L’Aquila con la Puglia settentrionale.
Set 8, 2023 | Enogastronomia
Possiamo ancora affermare che quello del casaro è un mestiere antico?
Sì, ma stando alle esperienze delle scuole avviate in Italia, non lo è del tutto.
«La figura del pastore, o del casaro, oggi non è più vista in maniera tradizionale. I giovani che si avvicinano a questo mestiere hanno bisogno di formazione, di affiancare alle conoscenze tecnico-scientifiche e all’applicazione delle innovazioni, il savoir faire artigianale dei prodotti caseari del loro territorio, il sapere legato alla gestione dei pascoli» racconta Salvatore Claps, Direttore del Crea Za – Centro di ricerca Zootecnia ed Acquacoltura di Bella, in Basilicata, che parteciperà alla conferenza Cosa vuoi fare da grande? Il pastore! in programma a Cheese, la manifestazione internazionale dedicata ai formaggi a latte crudo organizzata da Città di Bra e Slow Food, dal 15 al 18 settembre.
Da grande voglio fare il casaro
Claps nel 2022, in collaborazione con Maria Assunta D’Oronzio del Crea Pb – Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia, ha organizzato la prima edizione del corso per tecnici nelle produzioni lattiero-casearie tradizionali sostenibili.
Una vera e propria scuola del casaro, cui fanno eco i vari corsi di pastorizia che stanno nascendo in diverse regioni italiane. «Nei caseifici c’è un’elevata richiesta di manodopera specializzata, di persone competenti che conoscono l’intero processo e sono in grado di intervenire nei punti critici, come la promozione di questi prodotti in un mercato sempre più competitivo e globale».
E così, come dimostra la grande partecipazione a Cheese di espositori da tutte le regioni italiane, e non solo, la narrazione del prodotto tradizionale non è più un aspetto folkloristico, ma un’esigenza per le aree interne, cosiddette marginali, a cui giovani appassionati possono dare un’idea di futuro. «Al corso hanno potuto partecipare 15 studenti: si tratta di ragazzi under 40, non sempre figli di agricoltori o allevatori, spesso laureati. Per metà sono donne, e ci sono anche cinque allevatori di razza podolica, tutti transumanti. Saranno presenti a Cheese, un’occasione unica per loro per raccontarsi e confrontarsi con il panorama lattiero-caseario internazionale. Nel frattempo noi stiamo lavorando alla seconda edizione della scuola del casaro, per rispondere alle richieste dei tanti giovani che non hanno potuto partecipare al corso appena terminato».
I giovani a Cheese sono presenti, con i loro caci e le loro storie, in molte occasioni previste dal programma e nel grande Mercato italiano e internazionale. Conosciamone qui alcuni, in attesa di incontrarli a Bra dal 15 al 18 settembre.

Davide Nicoli
Il malgaro d’alta quota dell’altopiano di Asiago
Davide Nicoli, produttore del Presidio Slow Food dell’Asiago stravecchio, è uno dei più giovani malgari dell’Altopiano di Asiago, dove si è specializzato in allevamento di razza rendena, le vacche tradizionali di queste montagne.
Oggi gestisce la Malga Serona, nel comune di Caltrano, a circa 1260 metri di altitudine, e da giugno a settembre produce un formaggio dal gusto unico, frutto delle fioriture e delle erbe tipiche stagionali. A Cheese racconta la vita in malga tra magia e difficoltà nella Conferenza Prati e pascoli: perché scompaiono e perché salvarli, venerdì 15 settembre alle 15.

I formaggi dell’Azienda Agricola Nicoletta, situata a Settimo Vittone, in Piemonte.
Alice torna a casa
Altra storia di alpeggio è quella che vede protagonista Alice dell’Azienda Agricola Nicoletta, situata a Settimo Vittone, in Piemonte.
L’azienda nasce agli inizi del Novecento con pochi capi di bestiame e poche forme consumate principalmente in casa, per poi continuare a crescere di generazione in generazione.
Alice, ex studentessa dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, tornata a lavorare nell’azienda di famiglia, ha saputo valorizzare l’attività apportando delle migliorie per rinnovare l’azienda impiegando gli strumenti più idonei alla produzione.
Alcune fasi del ciclo produttivo infatti sono realizzate ancora a mano, altre solo con appositi macchinari, a beneficio della qualità del prodotto finale.
A Cheese potete conoscerla nel grande Mercato dei formaggi o negli eventi organizzati dall’Università di Scienze Gastronomiche, tra colazioni speciali e abbinamenti curiosi.

Viola Marcelli
La civiltà della transumanza
Viola Marcelli, referente della Comunità Slow Food dell’Aquilano per l’allevamento transumante, è il punto di congiunzione tra la parte istituzionale e il progetto di innovazione della Cooperativa ASCA, fondata nel 1977 ad Anversa degli Abruzzi come azienda agricola da Nunzio Marcelli e da Manuela Cozzi, agronoma specializzata in zootecnia sull’alimentazione degli ovini.
L’obiettivo era quello di recuperare un concetto tradizionale di allevamento, vale a dire estensivo, biologico, con razze rustiche locali, a triplice attitudine.
A partire dal 1987, la Cooperativa è tra le prime in Abruzzo a diversificare l’attività e aprire le porte dell’agriturismo, un’ancora di salvezza per le aziende agricole abruzzesi, soprattutto in un’economia marginale come quella zootecnica e dell’agricoltura montana.
Oggi Viola è la proprietaria dell’agriturismo Porta dei Parchi, dove si alternano differenti attività, dalla pastorizia di tipo tradizionale alla pratica della transumanza, e a Cheese racconta la sua esperienza nella conferenza Settembre, andiamo. è tempo di migrare. La civiltà della transumanza, in collaborazione con l’Istituto culturale per il patrimonio alimentare, partner culturale di Cheese, domenica 17 settembre alle 15.
Non solo pastori, malgari e casari…
Cuoche, agricoltori, apicoltrici e viticoltori: Cheese è la festa di tutto il mondo Slow Food! Un’occasione di confronto e scambio per i giovani che stanno portando avanti la filosofia del buono, pulito e giusto in cucina, nei campi e tra le vigne.
Li troviamo come relatori nelle Conferenze ospitate dalla Casa delle Biodiversità, come Miguel Acebes, membro della rete Slow Grains e cofondatore di Tularù, azienda agricola organico rigenerativa avviata con Alessandra, la sua compagna, a Ponzano Cittaducale (Ri), tra le valli dei fiumi Salto e Velino. Ma anche nei Laboratori del Gusto, in cui debuttano Manila Bruno, classe 1999, dell’azienda agrituristica Vignola (Pz), che presenta due piatti tipici dell’Appennino lucano, e il giovanissimo Ernesto Salizzoni, al quarto anno dell’istituto alberghiero di Trento, che duetta con Luigi Montibeller, educatore e cuoco dell’Alleanza Slow Food.
Negli Appuntamenti a Tavola si distingue Greta Gemmi, cuoca del ristorante Al Resù a Lozio in Valle Camonica, nel bresciano. Membro dell’Alleanza Slow Food dei cuochi, Gemma è stata premiata, a 24 anni, come miglior giovane nella guida Osterie d’Italia 2023 di Slow Food Editore.

Anat e Daniel Kornmehl
Tra le giovani promesse presenti nelle degustazioni degli alunni dell’Università di Scienze Gastronomiche diamo il benvenuto ad Anat e Daniel Kornmehl, coppia di agronomi che nel 1997 ha deciso di stabilirsi nel deserto del Negev, in Israele, per avviare una fattoria con allevamento di capre, caseificio e annesso piccolo ristorante, e Michael Opalenski di Masseria Cattiva, realtà pugliese che punta su fermentazioni spontanee, coltivazione biologica e sperimentazione.
Grande ritorno invece per Nicola del Vecchio e Michela Bunino della molisana Società agricola Alba, che presentano alcuni formaggi affinati con erbe e fiori provenienti dalle aziende di due loro ex compagni di studi, Erika Coletto dell’Azienda Agricola Antea e Nicola Robecchi, fondatore di Wilden.Herbals.
Ott 14, 2012 | Città del Tufo | Colline Metallifere, Da non perdere, Grosseto
di Nadia Fondelli – È un mestiere epico avvolto in un alone di magia che ancora sopravvive in Toscana.
È il Buttero simbolo della Maremma. Per conoscere meglio questa figura, la sua storia e il suo lavoro, abbiamo incontrato Stefano Senserini, direttore tecnico dell’Associazione Butteri d’Alta Maremma, noto come “Sensibile”, perché ogni buttero che si rispetti ha un suo soprannome…
Chi è stato nella tradizione e chi è oggi il buttero?
Il mandriano, colui che era preposto alla sorveglianza, alla cura, alla doma e all’addestramento dei grandi branchi di vacche e cavalli allevati allo stato brado.
Purtroppo le opere di bonifica, degli anni Trenta e Quaranta del Novecento, e la riforma agraria, degli anni Cinquanta, che ha segnato il passaggio dal latifondo alla mezzadria, hanno quasi fatto sparire la figura del buttero.
L’allevamento brado è quasi scomparso e con se si è portato via usi e costumi che hanno da sempre caratterizzato questa terra. I pochi butteri esistenti oggi si trovano in aziende statali o regionali che mantengono questo tipo di allevamento, più per tradizione che per tornaconto economico.
Essere butteri oggi è quindi più una passione che un lavoro?
Oggi è per pochissimi un lavoro e per molti solo un atto d’amore per questa terra meravigliosa e per i nostri nonni per i quali essere buttero era un onore, era elevarsi dalla massa e anche se era pur sempre un lavoro umile era ambito e ammirato.
La passione di chi oggi veste questi panni è quindi quella di mantenere vive queste tradizioni, di evitare che vadano dimenticate e perse per sempre.
Buttero e Maremma binomio imprescindibile?
Sicuramente sì. Buttero e Maremma sono legati a doppio filo; sicuramente senza la Maremma non sarebbe esistito il buttero, ma è anche vero che nel corso dei secoli il buttero è diventato il simbolo di questa terra divenendo quasi un personaggio dall’alone eroico e rappresentando la Maremma in giro per il mondo.
Ci spiega una volta per tutte la differenza fra il cowboy e il buttero?
In senso stretto, non c’è molta differenza tra il buttero e il cowboy, come non ce n’è con il Gaucho argentino. Sono tutte persone che svolgono il medesimo lavoro. La sola grande differenza è che il buttero ha origini antichissime, dato che esisteva molto prima che Cristoforo Colombo scoprisse l’America e quindi quello che a noi da più fastidio è sentir dire che noi siamo i cowboy italiani. Semmai è il contrario, sono loro a essere i butteri americani!
Qual era il lavoro del Buttero?
Semplificando possiamo dire che la sua vita non era semplice; lavorava ogni giorno a cavallo a contatto con gli animali con qualunque tempo, controllando oltre 500 capi di vacche e tori maremmani bradi e 120 cavalli!
La sua giornata iniziava quando ancora era buio e sceglieva uno dei 3 o 4 cavalli che aveva a disposizione, in virtù delle mansioni da svolgere nella giornata.
A maggio, nella seconda quindicina, quando gli animali hanno perso il pelo invernale, veniva effettuata “la merca”, cioè la marchiatura a fuoco dei capi di bestiame, una vera e propria cerimonia che richiamava gente alla fattoria, segnava l’entrata ufficiale dei vitelli e dei puledri giovani nella mandria e costituiva per il buttero l’occasione di dimostrare la sua abilità.
Con fatica e incitamenti, e l’aiuto di lunghi bastoni, le mandrie venivano guidate verso un recinto e da qui ogni animale veniva separato dal gruppo (sbrancato) e indirizzato verso il tondino (recinto circolare) per la marchiatura, dove, dopo esser stato immobilizzato, tre uomini “lo marchiavano” col fuoco: uno per l’anno di nascita, uno per il numero progressivo dell’animale (impressi ai lati della groppa) e infine con il simbolo dell’allevamento (visibile sulla coscia).
Va considerato che il vitello maremmano a un anno è già sviluppato, agile e forte per la vita libera che ha condotto e dentro il tondino è estremamente nervoso per essere stato separato dal gruppo e per la vicinanza degli uomini.
Atterrarlo e impastoiarlo è una lotta pericolosa e infatti da qui il detto: “Chi va alla merca e non è mercato, alla merca non c’è stato”, cioè chi va a fare la marchiatura e non si fa nemmeno un graffio vuol dire che alla marchiatura non c’è stato…
La Transumanza è ancora viva in questa parte d’Italia? La racconti…
È la forma più antica utilizzata per spostare il bestiame da un pascolo esaurito a uno migliore.
Esistevano due tipi di transumanza: quello delle greggi di pecore, che d’autunno scendevano per svernare in Maremma, un immenso fiume di lana che calava verso il mare dall’Appennino tosco-emiliano e da quello alle spalle di Arezzo.
Poi c’era la transumanza dei cavalli, detta “estatura” che come dice la parola avveniva in estate per sfuggire alla malaria.
La nostra associazione ogni anno rievoca la transumanza, spostando un branco di cavalli bradi lungo un percorso che attraversa, nel volgere di due giorni, il meraviglioso paesaggio della Maremma Toscana.
È quindi possibile fare la transumanza con voi?
Certo, chiunque possieda un cavallo potrà vivere un’esperienza fantastica, e troverà la sera pasti caldi della cucina tipica maremmana, musica, balli e una allegra compagnia per poter rivivere antiche atmosfere.
La vostra associazione vuole far conoscere il mestiere e le attività del buttero. Quali gli appuntamenti da non perdere….
Durante l’anno svolgiamo spettacoli nelle più importanti fiere equestri italiane e in feste in tutta Italia.
Gli spettacoli equestri sono il nostro fiore all’occhiello con cui cerchiamo di far conoscere le qualità del cavallo maremmano, e consistono in esibizioni di antichi giochi tipici della Maremma, come il “Gioco della Rosa” e lo spettacolare “Carosello”, una coreografia di figure eseguite al trotto e al galoppo in un susseguirsi di cavalli e cavalieri che formano un tutt’uno con la musica che li accompagna in cerchi, pettini, diagonali mozzafiato.
Qui si vede l’abilità del buttero, ma anche le qualità del cavallo Maremmano che si fida ciecamente del suo cavaliere e lo asseconda anche nella più pericolosa delle figure.
Durante il periodo estivo inoltre, nelle nostre strutture del Puntone di Scarlino, abbiamo appuntamenti fissi in notturna (agosto) nei quali oltre a presentare i numeri sopradescritti diamo anche dimostrazione di quello che era il lavoro del buttero, conducendo una mandria di vacche maremmane nel recinto e facendo vedere come si spostano e si dividono i vitelli durante la merca.
A fine settembre organizziamo la Transumanza delle Colline Metallifere, che quest’anno ha celebrato la sua XVIII edizione, e parteciperanno, con i propri cavalli, cavalieri da tutta Italia aiutandoci a spostare un branco di puledri bradi; e, infine, un’altra attività di cui andiamo fieri è quella di gestire insieme alle Bandite di Scarlino l’allevamento allo stato brado di una mandria di vacche Maremmane nel Padule di Scarlino.
Info: www.butteri-altamaremma.com – email: info@butteri-altamaremma.com
di Nadia Fondelli – Shrouded by an aura of magic, it is an epic trade that still survives in Tuscany. The “Buttero” is the symbol of Maremma. To learn more about this figure, its history and its trade, we met with Stefano Senserini, technical manager of the Associazione Butteri d’Alta Maremma (association of Butteri of the Upper Maremma), also known as “Sensitive”, because every “buttero Online Pokies” worthy of the title has a nickname.
Who was the “buttero” traditionally and who is he today?
The “buttero” is the herdsman, the person who was traditionally in charge of watching over, looking after, taming and breaking large herds of cows and horses bred in the wild.
Sadly, the land reclamation works carried out in the 1930s and ‘40s, and the agrarian reform of the 1950s, which marked the transition from the large landed estates to sharecropping, almost caused the extinction of the “buttero”.
Wild breeding has almost disappeared, eradicating in its wake customs and traditions that have always distinguished this land. The few remaining “butteri” can be found in state or regional companies, which preserve this type of breeding more for traditional reasons than economic interests.
So, being a “buttero” today is therefore more of a passion than a job?
Today, very few “butteri” consider their craft a profession. For the majority, it is an act of love towards this wonderful land and our grandparents, for whom being a “buttero” was an honour, a means to rise above the masses and a much coveted and admired profession, albeit a humble one.
Today, those who carry on this trade, are motivated by the desire to keep these traditions alive, to save them from being forgotten and lost forever.
So, the words “buttero” and Maremma are inseparable?
Yes, without a doubt. “Buttero” and Maremma are two closely related concepts; the “buttero” would never have existed without the Maremma region, but it is also true that, over the centuries, the “buttero” has become the symbol of this land, virtually taking on an air of heroism and representing Maremma around the world.
Can you explain, once and for all, the differences between the cowboy and the “buttero”?
Strictly speaking, there are few differences between the two, just as the “buttero” does not differ much from the Argentinian Gaucho. They all do the same job.
The only major difference is that the “buttero” dates much further back, given that the figure existed way before Christopher Columbus’s discovery of America, so what annoys us the most is that we are called the Italian cowboys. It’s the exact opposite: cowboys are the American “butteri”!
What did the Buttero’s duties involve?
To put it simply, the life of the “buttero” was not an easy one; his duties involved watching over more than 500 wild Maremma cows and bulls and 120 horses every day, sitting atop a horse come rain or shine.
His working day started when it was still dark and he chose one of the 3 or 4 horses available, according to the tasks to be performed during the day. In May, during the second half of the month, when the animals shed their winter coats, the “merca”, that is, the branding of the cattle heads, was carried out.
This was a veritable ceremony, which attracted people to the farm, signalled the official entry of the young calves and foals into the herd and offered the “buttero” the opportunity to display his skills.
With much effort and spurring, and with the aid of long sticks, the herds were guided towards an enclosure and from here each animal was separated from the group (cut out) and directed towards the tondino (circular fence) to be branded. After being immobilized here, the animal was branded by three different men: one branded the year of birth, another the animal’s serial number (marked at either side of the rump) and a third the farm’s symbol (visible on the thigh).
One must bear in mind that a one year-old Maremma calf is already fully developed, possesses strength and agility owing to the free life it has led, and, inside the tondino, is extremely nervous because it has been separated from the group and is surrounded by people.
The struggle to floor and fetter the calf is an dangerous one, hence the saying: “Chi va alla merca e non è mercato, alla merca non c’è stato”, that is, he who takes part in the branding and comes out of it without a single scratch didn’t perform it in the first place…
Does transhumance still exist in this part of Italy? Can you explain what it means?
It is the oldest method used to move the cattle from a depleted grazing land to a fresh pasture. There were two types of transhumance: one was the transhumance of sheep flocks, which descended in the autumn to winter in Maremma; an endless sea of wool marching towards the sea from the Tuscan-Emilian Apennines and the Apennines north of Arezzo.
The second was the transhumance of horses, known as estatura, which, as the word suggests in Italian, took place during the summer season to avoid malaria. Every year our association recreates the experience of transhumance, moving a herd of wild horses along a course that cuts across the glorious landscape of the Tuscan Maremma over a two-day period.
Can people take part in the transhumance experience with you?
Of course. Anyone who owns a horse will be able to enjoy an extraordinary experience, with hot and typical, local dishes in the evenings, as well as music, dances, all in the company of cheerful people recreating ancient atmospheres.
Your association aims to spread the word about the trade and duties of the “buttero”. Which events should we not miss out on?
During the year we organise equestrian shows at leading Italian equestrian fairs and at shows all around the country.
The equestrian shows are the feather in our cap: they are an opportunity for us to display the Maremma horses’ qualities and consist of ancient games, typical of the region, such as the “Game of the Rose” and the spectacular “Carousel”, a choreography of trotting and galloping movements, where horses and horsemen follow one another forming a whole with the music accompanying them as they perform breathtaking circles, serpentines and diagonals.
It is during such performances that the skills of the “buttero” and the Maremma horses are displayed to their fullest, the horse trusting its rider so blindingly as to tackle even the most dangerous of movements.
Furthermore, during the summer season, in our Puntone di Scarlino complex, we hold set evening events (on August), featuring, in addition to the aforementioned performances, a demonstration of the “buttero’s” duties: the buttero leads a herd of Maremma cows into an enclosure and shows the public how the calves are arranged and separated during the branding phase.
From end September onwards, we organise the Colline Metallifere Transhumance, this year are celebrateed 18th year.
The event will attract riders and their horses from all over Italy and they will help us move a herd of wild foals. Last but not least, we are also proud to be co-managing, with the Bandite di Scarlino, the wild breeding of a herd of Maremma cows in the Padule di Scarlino area.
For further information contact: www.butteri-altamaremma.com – e-mail: info@butteri-altamaremma.com