L’Oltremé 2021 ottiene i Tre Bicchieri del Gambero Rosso

L’Oltremé 2021 ottiene i Tre Bicchieri del Gambero Rosso

L’azienda vitivinicola brindisina Tenute Rubino celebra un prestigioso successo, confermando il suo status d’eccellenza nel panorama enologico pugliese.
Ancora una volta, l’Oltremé Doc Brindisiannata 2021, si è aggiudicato il massimo riconoscimento, ottenendo il prestigioso Tre Bicchieri dalla guida “Vini d’Italia” 2024 del Gambero Rosso.

Vista di Jaddico

Il settebello dell’autoctono “salvato”

Questo straordinario risultato, ottenuto per la settima volta nella sua storia, sottolinea la costante dedizione e l’impeccabile lavoro di Tenute Rubino nella produzione di vini artigianali, di ottima fattura e qualità. L’Oltremé, un rosso di straordinaria personalità e raffinata complessità gustativa, è uno dei gioielli del Progetto Susumaniello.
“Festeggiare il settimo Tre Bicchieri dell’Oltremé è un traguardo straordinario per l’intera squadra di Tenute Rubino”, afferma con orgoglio Romina Leopardi, responsabile marketing e comunicazione dell’azienda. Questo prestigioso riconoscimento conferma il valore del lavoro ultraventennale con le varietà autoctone dell’area di Brindisi, svolto in sinergia con il nostro agronomo Piernicola Tondo e l’enologo Luca Petrelli in particolare con il Susumaniello, la cui rinascita è stata guidata dalla nostra famiglia”.
Il Susumaniello, una varietà viticola nota per la sua ricchezza di colore e tannini, ha trovato il suo habitat “perfetto” nella tenuta di Jaddico, grazie a un microclima favorevole e terreni sabbiosi e profondi. La maturazione dei grappoli dona complessità ma anche freschezza del frutto e acidità, risultando un vino innovativo e dalla natura mediterranea. L’Oltremé si distingue ulteriormente per il suo affinamento esclusivamente in acciaio, un elemento chiave della sua identità.
Sin dal 1999, infatti, Tenute Rubino – grazie alla visione imprenditoriale di Tommaso e Luigi Rubino – ha condotto un complesso lavoro di studio ed analisi delle peculiarità dell’areale brindisino, orientato ad esplorare le potenzialità produttive di alcune varietà, fino a quel momento rimaste nell’ombra. Tra queste, proprio il Susumaniello – abitualmente coltivato insieme ai filari di Negroamaro e Malvasia Nera – ha dimostrato più di tutte grande resilienza e adattabilità, spingendo la famiglia Rubino ad investire fortemente, determinandone oggi la sua definitiva “Rinascita”.

vite ad alberello

Vitigno e terroir coppia vincente

Un vitigno noto in passato per la ricchezza di materia colorante e la sua dotazione tannica, ma che a Jaddico, lungo la dorsale Adriatica, ha trovato una sua specifica dimensione, grazie ad un percorso produttivo costruito sull’interazione tra vitigno e terroir, caratterizzato da costante ventilazione, terreni sabbiosi e importanti escursioni termiche tra il giorno e la notte. Oggi si preferisce effettuare una raccolta leggermente anticipata, per esaltare la croccantezza del frutto e una buona acidità di partenza. Una coerenza che viene mantenuta anche con l’uso esclusivo dell’acciaio per l’affinamento, tutti elementi che hanno nell’Oltremé una spiccata componente identitaria.
La vendemmia 2021 è cominciata in leggero anticipo rispetto all’epoca vendemmiale, tra la prima e seconda decade di settembre, per concludersi entro la prima decade di ottobre con le uve a bacca nera che hanno dimostrato un quadro di grande rilievo, soprattutto per il rapporto tra zuccheri ed acidità.  L’andamento climatico favorevole ha consentito di ridurre al minimo il numero di trattamenti fitosanitari, normalmente eseguiti durante il periodo compreso tra aprile e luglio. Sia per le uve bianche che per le uve rosse, soprattutto nella tenuta di Jaddico e in quella di Uggio, gli acini sono risultati leggermente più piccoli rispetto alla media e con un rapporto buccia/polpa più in equilibrio. Le maturazioni, soprattutto nelle uve a bacca rossa, hanno leggermente risentito dei picchi di caldo intervenuti tra la seconda e terza decade di agosto.
Il Tre Bicchieri del Gambero Rosso assegnato all’Oltremé rappresenta il coronamento di un percorso ultraventennale che, in Puglia, ci ha visto protagonisti del recupero e valorizzazione del Susumaniello – sottolinea Luigi Rubino, titolare di Tenute Rubino -. Abbiamo scelto di credere fino in fondo su questa nostra varietà per le notevoli potenzialità enologiche ma soprattutto per la sua ecletticità produttiva, espressa al meglio attraverso le sue quattro declinazioni in bottiglia. Il Torre Testa Rosso ne evidenzia la pregevole longevità, il Torre Testa Rosato la piacevolezza, il Sumarè il brio, l’Oltremé, infine, l’innovazione”.
Un’etichetta dagli incantevoli richiami fruttati, elegante, il vino del cuore di Luigi Rubino: una romantica dedica d’amore a sua moglie Romina che lo affianca con competenza e passione nel lavoro in azienda. Un’intesa straordinaria che, andando oltre la somma delle singole componenti, ha dato vita a una sinergia perfetta.

Luigi e Romina fra i filari

Una storia di famiglia

Quella di Tenute Rubino è una storia di famiglia che nasce dall’amore per Brindisi e dalla sua riscoperta. Il risultato di un progetto cominciato negli anni ’80 del secolo scorso, nato da un’idea del suo capostipite, Tommaso Rubino, strenuo sostenitore delle potenzialità viticole ed enologiche pugliesi.
Ha creato un’importante base produttiva divisa in cinque tenute con l’obiettivo di esprimere al meglio la tradizione vitivinicola locale, attraverso un progetto di salvaguardia e valorizzazione di alcuni vitigni autoctoni quali il Primitivo, il Negroamaro e, soprattutto, il Susumaniello, varietà quasi scomparsa.
Nel 1999 il figlio Luigi, insieme alla moglie Romina Leopardi, crea il marchio Tenute Rubino, con sede a Brindisi. Oggi vanta una moderna cantina di vinificazione e affinamento ed è una realtà riconosciuta con oltre il 70% del fatturato realizzato sui mercati esteri, diventando un simbolo del rinascimento del vino di qualità della Puglia.

Lambrusco: il Pra di Bosso storico conquista la Cina e vince il premio “Great 100 terroir italian wine 2023”

Lambrusco: il Pra di Bosso storico conquista la Cina e vince il premio “Great 100 terroir italian wine 2023”

L’iconico vino di Casali Viticultori ha ricevuto grande apprezzamento in Cina rinnovando il momento d’oro segnato dai 50 anni della linea
Il Pra di Bosso Storico si è aggiudicato il prestigioso premio “Great 100 Terroir Italian Wine 2023” durante il Gala Dinner dell’evento Great 100 Terroir Wineries and Wines of Italy, che si è tenuto presso il St.Regis Hotel di Shanghai lo scorso luglio.

Il ritorno in Cina delle eccellenze italiane

L’evento, co-organizzato da Terroir Sense Wine Review del wine writer Ian D’Agata, insieme a Shanghai United Media Group (la principale società che supervisiona i tre maggiori media statali a Shanghai) e TasteSpirit (la più grande azienda cinese di media e formazione sul vino), è stato l’occasione per riportare in Cina post-pandemia una compagine numerosa di sessantadue aziende del Made in Italy.
L’evento è stato frequentato da visitatori provenienti da tutta la Cina, anche se chiaramente la maggior parte del pubblico era composta da sommelier, importatori e professionisti del trade e della ristorazione con sede a Shanghai.


I gioielli di famiglia Casali in mostra

L’azienda emiliana ha portato all’evento una selezione di vini – Pra di bosso amabile, Pra di Bosso Storico, 1900 Malbo Gentile, 1900 Malvasia Dolce, Cantastorie Spergola dolce, Cantastorie Lambrusco rosso dolce – dove il Lambrusco ha ricoperto un ruolo molto importante.
Grande apprezzamento da parte degli operatori del settore nei confronti del Pra di Bosso Storico, che è stato protagonista di una Masterclass oltre che vincitore del prestigioso premio.


Lambrusco: compagno ideale della moderna cucina italiana

“Questo riconoscimento dà ancora più lustro al felice anno che la nostra linea Pra di Bosso sta vivendo, grazie anche alla risonanza che hanno portato i festeggiamenti per l’anniversario dei 50 anni (1973-2023)” dice Davide Frascari, Presidente di Casali Viticultori e del gruppo Emilia Wine.

La storia di questa linea iconica della selezione Casali Viticultori ha avuto inizio con il Lambrusco Secco negli anni Settanta insieme alla produzione del primo Metodo Classico dell’Emilia-Romagna. Non c’è nessuna azienda nel territorio emiliano che possa vantare di aver messo in bottiglia 50 anni fa una linea che è tutt’ora sul mercato.

“Il potenziale di questo vino è enorme: dobbiamo pensarlo come una new sparkling experience. Il Lambrusco è un vino a basso contenuto d’alcol, frizzante, con un’ottima acidità, il partner perfetto per la moderna cucina italiana. Per avvicinare questo tipo di cucina occorre un vino altrettanto pulito, fresco che può accontentare il palato ed il Lambrusco fa perfettamente al caso. Oggi è finalmente il momento ideale per farne conoscere tutte le sue potenzialità” conclude Davide Frascari

Rosso Conero, dove il vino guarda il mare

Rosso Conero, dove il vino guarda il mare

Parlare di Marche e non parlare di vino è impossibile e altrettanto lo è non parlare di uno dei suoi vini più rappresentativi: il Rosso Conero.
Un vino che nasce respirando il salmastro di un mare bellissimo affacciato sugli scogli della bellissima riviera del Conero, terra dove nascono i rarissimi muscioli.


Dall’anconetanum al montepulciano

Il Rosso è una Doc nata nel 1967 e che abbraccia produzioni della provincia di Ancona, ma che dal 2004 si è voluto “restringere” facendo della Riserva una Docg, ovvero una produzione di qualità superiore ottenuta da uve allevate sui crinali del monte Conero.
In questa terra speciale un vitigno prepotente come il Montepulciano trova una delle sue migliori espressioni in una terra da sempre vocata alla viticoltura dato che le tracce degli Etruschi e dei Piceni sono ben visibili anche in ritrovamenti archeologici e la conferma è che i romani qui godevano di un vino corposo detto anconetanum.


L’assaggio a casa di un protagonista della denominazione: Silvano Strogolo

Durante il nostro tour nel Conero abbiamo fatto visita a una delle aziende più storiche del territorio. Una piccola azienda di Camerano (Ancona) che fa capo a Silvano Strologo, seconda generazione di viticoltore di un’azienda familiare nata negli anni Sessanta del Novecento grazie al padre Sante Giulio che acquistò appositamente i migliori terreni “per fare vigna” e che è stato uno dei padri fondatori del Consorzio per la tutela del vino Rosso Conero doc.
Oggi l’azienda è cresciuta e ai  4 ettari di montepulciano si sono aggiunti vigneti di Incrocio Bruni 54, malvasia e trebbiano.


La prova d’assaggio

Il Rosso Conero dell’azienda si propone in due varianti: il Julius primo figlio dell’azienda e il Traiano.
Il colore rosso rubino con riflessi purpurei e profumi intesi e complessi per lo più floreali sono quelli caratteristici della denominazione. Sontuoso il Conero Docg Riserva Decebalo vendemmiato in tre passaggi nella seconda decade di ottobre, passato in barrique francesi e invecchiato in bottiglia per 12 mesi.
Frutti e fiori intensi con piacevoli note di liquirizia, cannella e pepe e una chiusura dolce di vaniglia. I tannini sono dolci e il finale lungo per raccontare al meglio il carattere enoico di quest’angolo di paradiso marchigiano.
Info; Via Osimana 89 60021 Camerano (Ancona). Tel./Fax: +39071731104+39071732359
E-mail: s.strologo@vinorossoconero.com – www.vinorossoconero.com

Oltre 100 “Donne del Vino” festeggiano in Piemonte il 35 anni dell’associazione

Oltre 100 “Donne del Vino” festeggiano in Piemonte il 35 anni dell’associazione

Erano oltre 100 le Donne del Vino di tutta Italia che hanno raccolto l’invito a scoprire le meraviglie dell’Altro Piemonte per la loro Convention nazionale.
Cinque giorni a scoprire le colline del Gavi, del Timorasso e del Moscato, per poi puntare verso Nord tra le vigne del Nebbiolo di Ghemme, Gattinara e Boca.
Produttrici, ristoratrici, enotecarie, sommelier e giornaliste sono arrivate da tutta Italia per partecipare a questo appuntamento annuale organizzato dall’Associazione di enologia al femminile più grande del mondo (ad oggi 1070 associate) che promuove la cultura del vino e il ruolo delle donne nella filiera produttiva vitivinicola.


Le Donne del Vino e la loro influenza nel mondo enologico

Nata nel 1988, l’Associazione Le Donne del Vino festeggia i 35 anni di attività. È guidata dalla presidente irpina Daniela Mastroberardino affiancata dalla vice vicaria alessandrina Francesca Poggio, produttrice di Gavi. In Piemonte c’è una delegazione molto affiatata con più di cento associate guidate da Ivana Brignolo Miroglio.
Sono pochi i dati raccolti sulle donne e il vino in Italia, ma è possibile affermare con certezza che l’incremento del numero e del ruolo delle donne, nel comparto enologico, abbia un effetto molto positivo. In generale, in Italia, le donne guidano il 28% delle imprese agricole con vigneto e cantina. Un rilevamento più recente ci fornisce un’indicazione dettagliata della presenza femminile nelle imprese italiane del vino: le donne sono l’80% degli addetti al marketing e alla comunicazione, il 51% di chi si occupa di commerciale e il 76% di chi riceve gli enoturisti. In vigna e in cantina la loro presenza si riduce al14%. La SAU, Superficie Agricola Utilizzabile, a conduzione femminile è solo il 21% del totale ma produce il 28% del PIL agricolo (Censis 2018). Il Forte di Gavi ha ospitato un momento di riflessione e confronto su sostenibilità, vitigni autoctoni, nuove sfide. Moderate dalla giornalista Lara Loreti, hanno portato il loro contributo Antonella Bosso, responsabile del Centro di ricerca viticoltura ed enologia di Asti, Silvia Guidoni, professoressa associata al Disafa – Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino, Stevie Kim, managing director di Vinitaly International, e Giusi Mainardi giornalista, storica del vino e docente di Storia della Vite e del Vino. Daniela Mastroberardino ha presentato i risultati di un sondaggio interno alle Donne del Vino sui cambiamenti climatici e la loro influenza sulla viticoltura. Hanno risposto 109 produttrici. Vediamo nel dettaglio i risultati.


Cambiamento climatico: i risultati del sondaggio

Le produttrici intervistate dichiarano che i loro vigneti prevalentemente non presentano impianti irrigui di soccorso (51.4%). Chi ha nei propri vigneti impianti irrigui di soccorso (circa 48%) ha dichiarato di utilizzare come fonti di irrigue quelle provenienti da pozzi (42.31%) e dai consorzi di bonifica (32.69%). La maggior parte delle socie ha espresso un parere positivo all’applicazione di acque di recupero per l’irrigazione (86.1%). Il cambiamento climatico si sta manifestando attraverso l’arrivo di piogge violente ed improvvise con grandinate anomale (19.38%), aumento dei periodi di siccità (16.70%) e con un aumento delle temperature medie autunno-invernali (12.78%). Le conseguenze dei cambiamenti climatici influiscono sulla viticoltura principalmente con un sfasamento tra le fasi della maturazione tecnologica e della maturazione fenolica/aromatica (13.20%), ovvero sull’anticipo dell’epoca di maturazione dei grappoli (12.58%). Altri importanti fenomeni riscontrati sono l’anticipo delle fasi fenologiche della pianta (10.72%), diminuzione delle rese/ettaro (9.90%) e maggiore incidenza di parassiti e fitopatie (9.07%). Per contrastare i cambiamenti climatici in viticoltura, si ricorre alla riduzione della sfogliatura per schermare con la vegetazione i grappoli (88.37%); alla defogliazione all’invaiatura per ritardare la maturazione tecnologica (83.72%) e all’intensificazione della potatura invernale (81.48%). Il cambiamento climatico complessivamente è dannoso per la viticoltura per il 63.60%.  Le richieste alle istituzioni sono: sostegni economici concreti per migliorare l’efficienza delle reti idriche consortili e di creare nuove reti per una distribuzione capillare e per incentivare la ricerca e lo sviluppo. Consentire una formazione specializzata per gli operatori del settore (imprenditori agricoli e operai) in modo da far comprendere le esigenze del risparmio idrico e dare gli strumenti per avere una gestione efficiente. Promuovere l’installazione di nuovi impianti irrigui ad alta efficienza, come gli impianti di subirrigazione e impianti a bassa portata, per ridurre le perdite per evapotraspirazione e irrigare in base alle reali esigenze del vigneto. Favorire le consulenze agronomiche specializzate: un suggerimento potrebbe essere quello di coinvolgere le università per creare delle connessioni e incentivare le “consulenze junior” di studenti come suggerito dalla FAO. Promuovere l’installazione di sistemi di monitoraggio avanzati come capannine meteorologiche. Migliorare l’efficienza degli invasi artificiali per la raccolta delle acque piovane. Maggiore celerità nella gestione delle problematiche rilevate dalle aziende vitivinicole e snellimento del processo burocratico. Maggiori controlli sulle pratiche irrigue e sui disciplinari di produzione (soprattutto per le aree in cui non è consentita l’irrigazione di soccorso).


La festa per i loro 35 anni

L’Associazione di enologia al femminile più grande del mondo che quest’anno festeggia i 35 anni di attività. Nata nel 1988, conta oggi 1070 associate tra produttrici, ristoratrici, enotecarie, sommelier e giornaliste. Le Donne del Vino sono in tutte le regioni italiane coordinate in delegazioni.
L’associazione è senza scopi di lucro e promuove la cultura del vino e il ruolo delle donne nella filiera produttiva del vino.
Nel 2019 hanno costituito un network internazionale con 10 associazioni simili in altre parti del mondo. Durante la IIª Convention mondiale delle Donne del Vino ospitata al Simei Milano a novembre 2022, hanno siglato un patto internazionale di collaborazione con le rappresentati di Amuva – Argentina, The Fabulous Ladies’ Wine Society-Australia, 11 Frauen und ihre Weine – Austria, Chile, Wow- Croazia, Femmes de Vin – Francia, Baia’s Wine – Georgia, Vinissima – Germania, Women in Wine – Nuova Zelanda, Las Damas del Pisco – Perù. Le Donne del Vino italiane promuovono indagini sul gender gap nelle cantine e sull’uso del vetro leggero.
La collaborazione con università e strutture formative ha permesso un forte incremento dell’attività didattica in favore delle socie specialmente nei settori del marketing e della comunicazione.


Dall’anno scolastico 2021-2022 è partita la sperimentazione del progetto D-Vino per introdurre l’insegnamento del vino negli istituti turistici e alberghieri direttamente organizzato dalle Donne del Vino. Le socie stanno realizzando il primo ricettario italiano che parte dal vino o dai vitigni autoctoni per descrivere i piatti della tradizione locale. Le azioni in favore della salvaguardia dell’identità locale e del patrimonio storico del vigneto italiano comprendono anche le degustazioni sui vini da “vitigni reliquia” e da “vigneti antichi”. Le Donne del Vino promuovono il turismo del vino en plein air con il progetto Camper Friendly. Contrastano la violenza sulle donne con raccolte di fondi, convegni e azioni di sensibilizzazione. Maggiori notizie sono nel sito e nel blog www.ledonnedelvino.com oltre che nel mensile D-News inserto del Corriere Vinicolo.

Le donne e il vino: dati e curiosità

In Italia, le donne guidano il 28% delle imprese agricole con vigneto e/o cantina, il 24,8% delle imprese commerciali al dettaglio di vino e il 12,5% di quelle all’ingrosso. Dirigono il 12,3% delle cantine industriali e nel complesso il 26,5% delle 73.700 aziende italiane del vino (2017 CRIBIS Società del gruppo Crif specializzata nel business information).
Un rilevamento più recente (2022 Nomisma Wine Monitor Viaggio nell’Italia del vino) ci fornisce un’indicazione più dettagliata della presenza femminile nelle imprese italiane del vino: in vigna e in cantina la loro presenza è del 14%, dato che corrisponde anche alle iscritte donne di Assoenologi. Il gentil sesso cresce di numeri e di ruolo via via che il vino si avvicina al consumatore: sono l’80% degli addetti al marketing e alla comunicazione, il 51% di chi si occupa di commerciale e il 76% di chi riceve gli enoturisti.
La SAU, Superficie Agricola Utilizzabile, a conduzione femminile è solo il 21% del totale ma produce il 28% del PIL agricolo (Censis 2018).
La superficie media delle imprese agricole dirette da donne era di 11 ettari nel 2018.
Anche nell’impegno ambientale già nel 2016 il vigneto bio o in conversione delle donne era il 27,4% a fronte di un dato italiano dell’11,8%.

Secondo Divinea (2021) il 66% delle esperienze in cantina sono prenotate da donne. Dato confermato da un altro fortissimo portale di enoturismo Winedering (2022) secondo il quale le donne convertono il contatto in prenotazione il 14% in più degli uomini e sono il 53% dei visitatori delle cantine.
Il turismo del vino italiano è rosa anche per le persone che accolgono i visitatori in cantina: il 28% delle imprese enoiche aperte al pubblico ha solo personale femminile, il 27% una prevalenza femminile e solo il 6,1% ha uno staff tutto maschile alla wine hospitality.
Le donne sono più attente degli uomini al packaging del vino. Le bottiglie devono presentarsi bene. Mentre gli uomini preferiscono colori come nero, grigio e blu, le donne amano il viola, il rosso e in genere le tinte pastello.
I Paesi dove il mercato del vino è maggiormente in mano alle donne sono Giappone, India e in generale l’Asia.
Una curiosità: secondo un’indagine del Professor Gabriele Micozzi della Luiss di Roma e il Live Spin Off Università Politecnica delle Marche, l’uomo astemio appare alle donne noioso e poco interessante rispetto a quello bevitore a cui si collega a un profilo colto, interessante e divertente.

Le Donne del Vino promuovono vetro leggero. I produttori che già lo fanno ma non lo dicono

Le Donne del Vino promuovono vetro leggero. I produttori che già lo fanno ma non lo dicono

“Vetro leggero e nuove sfide” è stato il tema del convegno promosso da Le Donne del Vino della Toscana svoltosi lo scorso 8 giugno presso i locali della Vetreria Etrusca a Montelupo Fiorentino.
Il tema del packaging per il
vino è argomento ormai discusso da anni, quell’idea della bottiglia di vetro più leggera che molti già adottano al fine di ridurre emissioni di CO2 per la sua produzione. Ma repetita iuvant!

Vetreria Etrusca, la storia del contenitore di vetro

Vetro leggero come uovo di colombo per un’enologia sostenibile?

Più pesante più importante, questa la percezione sul consumatore che si trova di fronte ad un packaging del vino che solo da vuoto può pesare anche fino ad 1,2 kg. Insomma, sebbene il vetro sia un materiale eterno e riciclabile all’infinito, è bene fare chiarezza. Il vetro sì, è riciclabile ma per
il suo riutilizzo occorrono specifiche lavorazioni.
E a tal proposito sono stati diversi gli interventi durante il simposio, egregiamente moderati dalla giornalista Raffaella Galamini.
Sono
intervenute l’Assessore alle Politiche Sociali e alle Pari Opportunità Stefania Fontanelli, la Vice Presidente della Regione Toscana ed Assessora all’Agroalimentare Stefania Saccardi, la Dottoressa Marta Galli direttore dell’Osservatorio sulla sostenibilità nei settori del vino e turismo del vino dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Donatella Cinelli Colombini produttrice e Delegata delle Donne del Vino Toscana e Paola Rastelli, vice delegata regionale, Andrea Bartolozzi proprietario insieme alla famiglia di Vetreria Etrusca.
Ogni produttrice presente,
inoltre, ha espresso parere favorevole all’uso del vetro leggero, ma qualcuna con qualche perplessità “dall’Asia mi hanno ordinato una ingente quantità di vino ma rigorosamente in bottiglie pesanti… cosa gli dico?”

Donatella Cinelli Colobini

In Toscana la vetreria storica che si proietta nel futuro

Miglior location non poteva essere scelta: Vetreria Etrusca opera nel settore dal 1920 e ad oggi gode di uno stabilimento dotato di tecnologie avanzate sostenibili, un abbattimento del 40% delle emissioni di Nox –monossido di azoto, sostanza altamente inquinante prodotta dalla combustione industriale – per la produzione del vetro.
Vetreria Etrusca
utilizza fino all’85% di rottame di vetro nella produzione dei suoi contenitori riducendo le emissioni di CO2 del 20% e di materie prime del 58%, calcolando che per produrre 1 kg di vetro fuso occorre normalmente 1,1 kg di materie prime.
Oggi Vetreria Etrusca per produrre 1 kg di vetro
riesce ad utilizzare solo 0,275 kg di materie prime. Sono dati importanti, soprattutto per chi del vetro ne fa un uso indispensabile per il proprio
prodotto.
Il tema saliente ha visto un parterre di produttrici tutte favorevoli a produrre il vino con bottiglie più leggere, non più bottiglie dai 400 gr. in su, bensì leggere, leggerissime.
Ma quanto potrà incidere questa scelta
sul consumatore finale?
I paesi come la Svezia ed il Canada sono i clienti
più sensibili, tutti propensi al vetro leggero, scegliendo il vino in base a questa prerogativa. Una bottiglia sotto i 15 Euro deve avere il packaging
sostebile, altrimenti niente ordini. “c’è la convinzione che il vetro leggero danneggi la qualità del vino, soprattutto quello da invecchiamento; è una fake news che va rimossa perché le cantine hanno voglia di essere sostenibili ed il mercato deve aiutarle” -sostiene Donatella Cinelli Colombini. Ed ancora la dott.ssa Marta Galli afferma che – “a volte ci sono dei falsi miti che hanno i consumatori che spingono le aziende a farlo ma a non dirlo per paura di uno svantaggio competitivo”-.


Quale sarà la risposta dei mercati?

L’Asia si sta avvicinando all’idea, sebbene abbia da sempre preferito lo slogan più pesante la bottiglia migliore è il vino al suo interno.
Luoghi
comuni che dovranno essere abbattuti prima o poi, avvicinandosi all’idea che è necessaria una maggiore consapevolezza per evitare un Pianeta alla deriva, una emergenza che sempre più si fa sentire, una sensibilizzazione che deve trovare in ognuno la presa di coscienza di iniziare a rispettare l’ambiente in ogni singolo momento della giornata.
Ma come sono fatte le bottiglie in vetro leggero? Le bottiglie prodotte saranno standardizzate, ovvero con un’unica forma ed un ugual colore verde scuro. Contro ogni credenza il vetro trasparente è più costoso perché la lavorazione è più complessa, mentre il vetro di colore verde richiede meno impegno energetico.

Vetro leggero già realtà. Ecco come combattere falsi miti e pregiudizi.

Vero è che sarà l’etichetta a farne la differenza, ma spesso i sensi sovrastano il buon senso: quanti pensano che dentro una bottiglia dalla forma più originale ci sia un prodotto di maggiore qualità?
Ed in quanti
penseranno che la bottiglia è leggera perché il produttore vuole risparmiare? Diciamocela tutta, il packaging ha un suo valore, non foss’altro per l’aspetto estetico e tattile, ed è così che in molti produttori scelgono un vestito diverso per una comunicazione immediata e colpente.

Ma sono già molte le Aziende produttrici che lo fanno e non lo dicono –
l’uso del vetro leggero, s’intende – , proprio per evitare che il preconcetto possa avere ripercussioni nel mercato.
Educare, comunicare e soprattutto togliere obsolete credenze, sarà un compito che ogni addetto ai lavori – istituzioni, giornalisti, sommelier, addetti alla comunicazione ed al marketing, produttori – dovrà mettersi all’anima di fare seriamente.
Come ogni cambiamento esige una comunicazione, una paziente campagna divulgativa al fine di far capire che bottiglia pesante non significa vino di qualità.
Si pone anche il problema del riuso, a quali costi può portare per il produttore e a come poter calibrare le imbottigliatrici delle aziende senza dover sottoporsi ad ulteriori costi.
Tutto ancora in fase di lavorazione ma
da considerare seriamente.
Sarebbe utile inoltre segnalare sulle etichette il vetro usato ed il suo peso in ogni bottiglia di vino, al fine di informare correttamente il consumatore. E quindi, produrre vino biologico è bello ma ancor più bello se si usa una bottiglia più leggera, una coerenza che dovrebbe essere adottata da ogni produttore sostenibile.