6 Febbraio 2016

Addio all’uomo che ha cambiato il vino

[:it]Giacomo-Tachis-01-kuTE-U10709151053dMC-1024x576@LaStampa.itla redazione – Da questo sabato il mondo del vino non sarà più lo stesso. Giacomo Tachis si è spento dopo una lunga malattia nella sua casa e fra i preziosi volumi del suo bue ritiro toscano.
Piemontese di nascita ma toscano d’adozione il “mescolavini” come amava definirsi è uomo a cui tutta l’enologia moderna deve qualcosa.

Il re degli enologi aveva 82 anni e a lui si devono creature preziose quali i supertuscan Tignanello, Solaia, Sassicaia, e i sardi Terre Brune e Turriga.

“Tutto il mondo del vino si inchini” scrivono dal Gambero Rosso in un tweet che parla della scomparsa di “un protagonista assoluto, artefice tecnico del Rinascimento enologico tricolore“.

Storico direttore delle Cantine Antinori per 32 anni, ha saputo condurre, come ha ricordato il marchese Piero Antinori nel libro “Tignanello  “una storia toscana”, scelte audaci ed innovative: per quel vino ora sulle tavole dei grandi del mondo la prima volta venne superato il disciplinare della zona (il Chianti Classico), si utilizzò la fermentazione malolattica e si passò all’invecchiamento in barriques, anziché in botti.

Nel 2014 gli fu conferita la medaglia d’oro con il simbolo del Pegaso, massima onorificenza della Regione Toscana, consegnata alla figlia Ilaria perché già impossibilitato a muoversi.
In quella circostanza Antinori disse: “riconoscimento meritatissimo, e lo dico a nome di tutti i colleghi toscani e da italiano, perché tutti noi dobbiamo essere molto, ma molto grati a Tachis per la sua opera”.

Grati anche per la carica d’ottimismo che l’enologo riconosciuto come il fautore del Rinascimento italiano dava al settore. Tachis amava ripetere:
“Il vino non conoscerà mai crisi perché la gente lo beve e lo berrà sempre”.
Tra le sue grandi lezioni, saper armonizzare la visione tecnica con il sentimento incredibilmente poetico del vino, che definiva – citando Galileo – come “composto di umore e di luce”.

 [:en]Giacomo-Tachis-01-kuTE-U10709151053dMC-1024x576@LaStampa.itla redazione – Da questo sabato il mondo del vino non sarà più lo stesso. Giacomo Tachis si è spento dopo una lunga malattia nella sua casa e fra i preziosi volumi del suo bue ritiro toscano.
Piemontese di nascita ma toscano d’adozione il “mescolavini” come amava definirsi è uomo a cui tutta l’enologia moderna deve qualcosa.

Il re degli enologi aveva 82 anni e a lui si devono creature preziose quali i supertuscan Tignanello, Solaia, Sassicaia, e i sardi Terre Brune e Turriga.

“Tutto il mondo del vino si inchini” scrivono dal Gambero Rosso in un tweet che parla della scomparsa di “un protagonista assoluto, artefice tecnico del Rinascimento enologico tricolore“.

Storico direttore delle Cantine Antinori per 32 anni, ha saputo condurre, come ha ricordato il marchese Piero Antinori nel libro “Tignanello  “una storia toscana”, scelte audaci ed innovative: per quel vino ora sulle tavole dei grandi del mondo la prima volta venne superato il disciplinare della zona (il Chianti Classico), si utilizzò la fermentazione malolattica e si passò all’invecchiamento in barriques, anziché in botti.

Nel 2014 gli fu conferita la medaglia d’oro con il simbolo del Pegaso, massima onorificenza della Regione Toscana, consegnata alla figlia Ilaria perché già impossibilitato a muoversi.
In quella circostanza Antinori disse: “riconoscimento meritatissimo, e lo dico a nome di tutti i colleghi toscani e da italiano, perché tutti noi dobbiamo essere molto, ma molto grati a Tachis per la sua opera”.

Grati anche per la carica d’ottimismo che l’enologo riconosciuto come il fautore del Rinascimento italiano dava al settore. Tachis amava ripetere:
“Il vino non conoscerà mai crisi perché la gente lo beve e lo berrà sempre”.
Tra le sue grandi lezioni, saper armonizzare la visione tecnica con il sentimento incredibilmente poetico del vino, che definiva – citando Galileo – come “composto di umore e di luce”.

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