[:it]Negli ultimi dieci anni i fatturati nazionali delle produzioni agroalimentari che coniugano qualità e territorio (marchi Dop e Igp) sono cresciuti del 70%, l’export, addirittura del 143%.
E la Toscana ha fatto la sua parte con le sue 89 indicazioni geografiche su 818 (31 del comparto cibo, 58 legate al vino).
Sono questi alcuni dei dati più significativi emersi nel corso del workshop dedicato a “Indicazioni geografiche e sviluppo del territorio”, promosso dalla rete rurale di Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), con la collaborazione della Regione Toscana.
Un appuntamento, quello che si è svolto a Palazzo Strozzi Sacrati, che ha permesso da una parte una analisi su tutto il percorso delle indicazioni geografiche che, avviato da tempo, sta dando risultati importanti, e dall’altra un confronto a tutto campo tra istituzioni, tecnici, esperti, presidenti di Consorzi. Obiettivo: accompagnare e sostenere lo sviluppo conquistando nuove fette di mercato e connettendo in misura sempre maggiore i marchi con i gli enti pubblici e le collettività che vi operano.
“La sfida delle indicazioni geografiche è esattamente la nostra: cioè quella di tenere insieme la qualità dei prodotti e dei processi, certificata da un disciplinare di produzione con la storia, la cultura, la tradizione del territorio che lo esprime” ha evidenziato l’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi.
“I marchi Dop e Igp – ha proseguito – sono un traino importante per tutta l’economia locale che può fruirne direttamente, con i produttori locali, o investendo in attività connesse al turismo o ai servizi. La giornata di oggi è quindi estremamente utile per dare indicazioni preziose e aumentare anche l’efficacia delle politiche pubbliche orientate verso il settore. I dati che ci sono stati mostrati sono incoraggianti: questa scelta va quindi sostenuta e rafforzata. Il tutto tenendo sullo sfondo, ma ben presente, anche una preoccupazione, legata alle prime indicazioni che ci vengono da Bruxelles sulla Pac post 2020. I tagli ipotizzati (intorno al 17%) potrebbero incidere pesantemente sulle politiche regionali future anche in quest’ambito. E’ necessario che tutti gli attori coinvolti si facciano sentire per modificare questa impostazione”.
Dop e Igp: i dati nazionale e regionali
In Italia le Dop (Denominazione di orgine protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta) sono 818: di queste 295 riguardano l’area “cibo” mentre la maggioranza (523) è dei marchi connessi al vino. Negli ultimi dieci anni queste indicazioni geografiche sono aumentate del 40% (erano 584 nel 2007).
Notevole anche il giro di affari: il fatturato di Dop e Igp è stimato da Ismea in 14,8 miliardi di euro così distribuiti: 6,6 per l’area cibo e 8,2 per quella vino. Numeri che hanno permesso di allargare il peso complessivo del fatturato di queste produzioni su quello generale: ora è pari all’11%. Una cifra che si raddoppia (22%) se si prende in considerazione il solo export: è oltre frontiera che vengono destinate quote molto significative delle produzioni provenienti da indicazioni geografiche: 8,4 miliardi sui 14,8 complessivi (3,4 per i marchi “Food”, 5 per quelli “Wine”).
La Toscana è molto ben rappresentata: 31 sono le Dop e Igp del comparto cibo (16 Dop e 15 Igp) , 58 di quello vino. Dentro ci sono tanti sapori e profumi di Toscana: salumi e farine, formaggi e castagne, carni e vari tipi di olio, ma anche cantuccini e panforti.
Il significato di Dop e Igp
La differenza fra prodotti Dop (Denominazione origine protetta) e prodotti Igp (Indicazione geografica protetta) sta nel fatto che, nel caso dei prodotti Dop tutto ciò che concerne l’elaborazione e la commercializzazione del prodotto ha origine nel territorio dichiarato; mentre nel caso del prodotto Igp il territorio dichiarato conferisce al prodotto, attraverso alcune fasi o componenti della elaborazione, le sue caratteristiche peculiari, ma non tutti i fattori che concorrono all’ottenimento del prodotto provengono dal territorio dichiarato. Entrambe le etichette consentono ai consumatori di conoscere con esattezza le origini e le caratteristiche dei beni che intendono acquistare. Sono una garanzia non solo per il cliente finale, ma anche per il produttore che può tutelare il suo lavoro dalle imitazioni.[:en]Negli ultimi dieci anni i fatturati nazionali delle produzioni agroalimentari che coniugano qualità e territorio (marchi Dop e Igp) sono cresciuti del 70%, l’export, addirittura del 143%.
E la Toscana ha fatto la sua parte con le sue 89 indicazioni geografiche su 818 (31 del comparto cibo, 58 legate al vino).
Sono questi alcuni dei dati più significativi emersi nel corso del workshop dedicato a “Indicazioni geografiche e sviluppo del territorio”, promosso dalla rete rurale di Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), con la collaborazione della Regione Toscana.
Un appuntamento, quello che si è svolto a Palazzo Strozzi Sacrati, che ha permesso da una parte una analisi su tutto il percorso delle indicazioni geografiche che, avviato da tempo, sta dando risultati importanti, e dall’altra un confronto a tutto campo tra istituzioni, tecnici, esperti, presidenti di Consorzi. Obiettivo: accompagnare e sostenere lo sviluppo conquistando nuove fette di mercato e connettendo in misura sempre maggiore i marchi con i gli enti pubblici e le collettività che vi operano.
“La sfida delle indicazioni geografiche è esattamente la nostra: cioè quella di tenere insieme la qualità dei prodotti e dei processi, certificata da un disciplinare di produzione con la storia, la cultura, la tradizione del territorio che lo esprime” ha evidenziato l’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi.
“I marchi Dop e Igp – ha proseguito – sono un traino importante per tutta l’economia locale che può fruirne direttamente, con i produttori locali, o investendo in attività connesse al turismo o ai servizi. La giornata di oggi è quindi estremamente utile per dare indicazioni preziose e aumentare anche l’efficacia delle politiche pubbliche orientate verso il settore. I dati che ci sono stati mostrati sono incoraggianti: questa scelta va quindi sostenuta e rafforzata. Il tutto tenendo sullo sfondo, ma ben presente, anche una preoccupazione, legata alle prime indicazioni che ci vengono da Bruxelles sulla Pac post 2020. I tagli ipotizzati (intorno al 17%) potrebbero incidere pesantemente sulle politiche regionali future anche in quest’ambito. E’ necessario che tutti gli attori coinvolti si facciano sentire per modificare questa impostazione”.
Dop e Igp: i dati nazionale e regionali
In Italia le Dop (Denominazione di orgine protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta) sono 818: di queste 295 riguardano l’area “cibo” mentre la maggioranza (523) è dei marchi connessi al vino. Negli ultimi dieci anni queste indicazioni geografiche sono aumentate del 40% (erano 584 nel 2007).
Notevole anche il giro di affari: il fatturato di Dop e Igp è stimato da Ismea in 14,8 miliardi di euro così distribuiti: 6,6 per l’area cibo e 8,2 per quella vino. Numeri che hanno permesso di allargare il peso complessivo del fatturato di queste produzioni su quello generale: ora è pari all’11%. Una cifra che si raddoppia (22%) se si prende in considerazione il solo export: è oltre frontiera che vengono destinate quote molto significative delle produzioni provenienti da indicazioni geografiche: 8,4 miliardi sui 14,8 complessivi (3,4 per i marchi “Food”, 5 per quelli “Wine”).
La Toscana è molto ben rappresentata: 31 sono le Dop e Igp del comparto cibo (16 Dop e 15 Igp) , 58 di quello vino. Dentro ci sono tanti sapori e profumi di Toscana: salumi e farine, formaggi e castagne, carni e vari tipi di olio, ma anche cantuccini e panforti.
Il significato di Dop e Igp
La differenza fra prodotti Dop (Denominazione origine protetta) e prodotti Igp (Indicazione geografica protetta) sta nel fatto che, nel caso dei prodotti Dop tutto ciò che concerne l’elaborazione e la commercializzazione del prodotto ha origine nel territorio dichiarato; mentre nel caso del prodotto Igp il territorio dichiarato conferisce al prodotto, attraverso alcune fasi o componenti della elaborazione, le sue caratteristiche peculiari, ma non tutti i fattori che concorrono all’ottenimento del prodotto provengono dal territorio dichiarato. Entrambe le etichette consentono ai consumatori di conoscere con esattezza le origini e le caratteristiche dei beni che intendono acquistare. Sono una garanzia non solo per il cliente finale, ma anche per il produttore che può tutelare il suo lavoro dalle imitazioni.[:]
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