[:it]Una settimana intera per scoprire un pezzo di Perù.
Una settimana che, non a caso, arriva poco dopo l’ormai internazionale Firenze Cocktail Week che ha portato nella città del conte Negroni i big della mixology mondiale.
La
Pisco Week ha invece puntato il faro su questo prodotto poco conosciuto alle nostre
latitudini ma che sugli altipiani delle Ande viene considerato qualcosa che sfiora il sacro.
Da associata de le donne del vino avevo già familiarizzato con questo distillato peruviano e i suoi produttori in occasione di un tour in Italia fatto da Le Damas del Pisco e attraverso loro ho scoperto un mondo di passione e amore per la propria terra e il proprio prodotto; “non un vino – puntualizzavano – ma più simile alla vostra grappa. Un bicchiere non per tutti, ma speciale, adatto ai preti.”
Una definizione che con semplicità e schiettezza ha spiegato cosa sia il Pisco per i peruviani.
La settimana dedicata, s
voltasi dal 17 al 27 maggio, ha coinvolto
23 locali. Il meglio che la mixology offra oggi nel panorama fiorentino
ma non solo.
Il Pisco oggi, sulla spinta della grande gastronomia peruviana (unico paese al mondo a piazzare 3 suoi chef nel top 50 del pianeta) sta conquistando un pubblico sempre più ampio di appassionati e l’ufficio commerciale del Perù in Italia dopo il successo della prima edizione milanese non si è fatto sfuggire l’occasione di sbarcare nella capitale del Rinascimento.
Distillato dal cuore antico con una storia che affonda le radici ai tempi dei Conquistadores – condivisa e divisa coi vicini cileni – é il frutto dell’incontro della cultura locale con quella spagnola che introdusse la coltivazione della vite fra gli altipiani.
Oggi è
un prodotto in forte crescita la cui
denominazione è riconosciuta anche in Europa che sta diventando nei cocktail una valida alternativa al gin e al rum.
È in effetti la Pisco Week secondo la direttrice dell’ufficio commerciale del Perù in Italia è occasione unica per consacrare il Pisco come ingrediente da cocktail.
I migliori bar del mondo – prosegue – usano da tempo il nostro distillato facendolo protagonista di bevute di successo e sbarcare a Firenze per noi è stata un occasione unica”.
I locali protagonisti sono stati: Atrium Bar del Four Seasons Hotel, Bitter Bar, Caffe Gilli, Ditta Artigianale, Divina Terrazza dell’Hotel Cavour, Eataly, El Gallito, El Inca, Filippo Mud, Grand Hotel Minerva, Harry’s Bar, Inferno, Joshua Tree Pub, La Menagere, La Vaka Loka, Locale Firenze, Mad, Mistura, Pint of View, Rasputin, Santa Rosa Bistrot, Sesto, The Fusion Bar.
Non è stato solo il mitico
Pisco Sour da provare ma anche altri cocktail dai nomi più o meno accattivanti come
Machu Pichu Collins ispirato alla mitica città o il
Piña Emoliente ispirato alla bevanda tradizionale curativa.
Ma la fantasia dei bartender non ha avuto limiti anche se troppo spesso, almeno nel nostro speciale Pisco tour in cui eravamo accompagnati dalla gentilissima Olga attraversando Firenze al tramonto, l’ananas più o meno al naturale è stato protagonista quasi più del Pisco.
A noi è rimasto il piacere di vedere (finalmente) la meritocrazia nella scelta. Non solo locali trendy, modaioli o fighetti, ma anche excursus fuori dal quadrilatero della città rinascimento-fake per esplorare le periferie, quelle dove davvero vanno i fiorentini e i locali tradizionali e innovativi peruviani della città.
Meno convinti dai cocktail assaggiati dove l’interpretazione era facile e banalotta con la sensazione forte che molto ci sia ancora da fare per far conoscere bene il prodotto nel vecchio continente.
Noi su tutti scegliamo, anche per l’accompagnamento culinario il Pisco Viola del miglior ristorante peruviano di Firenze.
La proposta di Pablo di El Inca ci è parsa la più azzeccata. Il suo Pisco viola che ha fatto battere il cuore dei tifosi della città è realizzato con una delle oltre 800 varietà di mais del Perù lavorato e macerato come solo un andino vero col viso scolpito dagli oltre 2000 metri di altitudine della sua città natale poteva dare conoscendone ogni segreto.
Pisco e mais una perfetta interpretazione del Perù più vero e autentico, non una ruffianata modaiola come invece ahimè da tanti è stata interpretata la settimana.
Il consiglio che diamo è di ripetere l’iniziativa facendolo dive tare un appuntamento fisso in citta, magari aggiungendo anche un po’ di giusta divulgazione e conoscenza del prodotto che ci pare essere stata carente al di là delle mode di un prodotto che “tira”.
Nadia Fondelli
[:en]Una settimana intera per scoprire un pezzo di Perù.
Una settimana che, non a caso, arriva poco dopo l’ormai internazionale Firenze Cocktail Week che ha portato nella città del conte Negroni i big della mixology mondiale.
La
Pisco Week ha invece puntato il faro su questo prodotto poco conosciuto alle nostre
latitudini ma che sugli altipiani delle Ande viene considerato qualcosa che sfiora il sacro.
Da associata de le donne del vino avevo già familiarizzato con questo distillato peruviano e i suoi produttori in occasione di un tour in Italia fatto da Le Damas del Pisco e attraverso loro ho scoperto un mondo di passione e amore per la propria terra e il proprio prodotto; “non un vino – puntualizzavano – ma più simile alla vostra grappa. Un bicchiere non per tutti, ma speciale, adatto ai preti.”
Una definizione che con semplicità e schiettezza ha spiegato cosa sia il Pisco per i peruviani.
La settimana dedicata, s
voltasi dal 17 al 27 maggio, ha coinvolto
23 locali. Il meglio che la mixology offra oggi nel panorama fiorentino
ma non solo.
Il Pisco oggi, sulla spinta della grande gastronomia peruviana (unico paese al mondo a piazzare 3 suoi chef nel top 50 del pianeta) sta conquistando un pubblico sempre più ampio di appassionati e l’ufficio commerciale del Perù in Italia dopo il successo della prima edizione milanese non si è fatto sfuggire l’occasione di sbarcare nella capitale del Rinascimento.
Distillato dal cuore antico con una storia che affonda le radici ai tempi dei Conquistadores – condivisa e divisa coi vicini cileni – é il frutto dell’incontro della cultura locale con quella spagnola che introdusse la coltivazione della vite fra gli altipiani.
Oggi è
un prodotto in forte crescita la cui
denominazione è riconosciuta anche in Europa che sta diventando nei cocktail una valida alternativa al gin e al rum.
È in effetti la Pisco Week secondo la direttrice dell’ufficio commerciale del Perù in Italia è occasione unica per consacrare il Pisco come ingrediente da cocktail.
I migliori bar del mondo – prosegue – usano da tempo il nostro distillato facendolo protagonista di bevute di successo e sbarcare a Firenze per noi è stata un occasione unica”.
I locali protagonisti sono stati: Atrium Bar del Four Seasons Hotel, Bitter Bar, Caffe Gilli, Ditta Artigianale, Divina Terrazza dell’Hotel Cavour, Eataly, El Gallito, El Inca, Filippo Mud, Grand Hotel Minerva, Harry’s Bar, Inferno, Joshua Tree Pub, La Menagere, La Vaka Loka, Locale Firenze, Mad, Mistura, Pint of View, Rasputin, Santa Rosa Bistrot, Sesto, The Fusion Bar.
Non
è stato solo il mitico
Pisco Sour da provare ma anche altri cocktail dai nomi più o meno accattivanti come
Machu Pichu Collins ispirato alla mitica città o il
Piña Emoliente ispirato alla bevanda tradizionale curativa.
Ma la fantasia dei bartender non ha avuto limiti anche se troppo spesso, almeno nel nostro speciale Pisco tour in cui eravamo accompagnati dalla gentilissima Olga attraversando Firenze al tramonto, l’ananas più o meno al naturale è stato protagonista quasi più del Pisco.
A noi è rimasto il piacere di vedere (finalmente) la meritocrazia nella scelta. Non solo locali trendy, modaioli o fighetti, ma anche excursus fuori dal quadrilatero della città rinascimento-fake per esplorare le periferie, quelle dove davvero vanno i fiorentini e i locali tradizionali e innovativi peruviani della città.
Meno convinti dai cocktail assaggiati dove l’interpretazione era facile e banalotta con la sensazione forte che molto ci sia ancora da fare per far conoscere bene il prodotto nel vecchio continente.
Noi su tutti scegliamo, anche per l’accompagnamento culinario il Pisco Viola del miglior ristorante peruviano di Firenze.
La proposta di Pablo di El Inca ci è parsa la più azzeccata. Il suo Pisco viola che ha fatto battere il cuore dei tifosi della città è realizzato con una delle oltre 800 varietà di mais del Perù lavorato e macerato come solo un andino vero col viso scolpito dagli oltre 2000 metri di altitudine della sua città natale poteva dare conoscendone ogni segreto.
Pisco e mais una perfetta interpretazione del Perù più vero e autentico, non una ruffianata modaiola come invece ahimè da tanti è stata interpretata la settimana.
Il consiglio che diamo è di ripetere l’iniziativa facendolo dive tare un appuntamento fisso in citta, magari aggiungendo anche un po’ di giusta divulgazione e conoscenza del prodotto che ci pare essere stata carente al di là delle mode di un prodotto che “tira”.
Nadia Fondelli
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