La Calabria è una terra ricca di storia, cultura e tradizioni millenarie. Tra le sue perle più affascinanti vi è la Calabria Greca, un’area che conserva ancora oggi l’eredità della Magna Grecia.
Incastonata tra le montagne dell’Aspromonte e il Mar Ionio, questa regione è un vero tesoro per i viaggiatori curiosi in cerca di autenticità.

I borghi della Calabria greca
La Calabria Greca è costellata da piccoli borghi dove il tempo sembra essersi fermato. Alcuni dei più suggestivi sono: Bova considerata la capitale della Calabria greca. Un borgo medievale che conserva tradizioni, lingua e architettura dell’antica cultura greca; Gallicianò uno dei pochi villaggi in cui il greco-calabro è ancora parlato quotidianamente, immerso in un paesaggio mozzafiato; Roghudi Vecchio borgo fantasma abbandonato negli anni ’70, avvolto in un’aura di mistero e leggenda; Condofuri dove sono alcune delle più autentiche espressioni della cultura grecanica, come le danze tradizionali e l’artigianato locale e Pentedattilo borgo dal fascino unico, arroccato su una montagna che ricorda una mano con cinque dita.

Gallicianò
Gallicianò, dove si parla il greco-calabro
Uno degli aspetti più affascinanti della Calabria Greca è la lingua.
A Gallicanò situato su uno dei costoni rocciosi che degradano verso la fiumara dell’Aspromonte a oltre 600 metri d’altitudine è un piccolo borgo grecofono oggi frazione del comune di Condofuri dove si palra ancora il greco-calabro, un dialetto di origine ellenica che rappresenta un patrimonio linguistico unico in Italia. Una lingua che è tramandata oralmente che sopravvive grazie all’impegno di associazioni e abitanti del luogo.
Una lingua sopravvissuta grazie all’isolamento di questo borgo aspromontano che fino a tempi piuttosto recenti era raggiungibile esclusivamente a piedi camminando per ore lungo i sentieri che si snodavano tra i selvaggi crinali risalendo la fiumara, le storiche mulattiere che attraversavano le campagne o dalle vie che scendevano da Monte Scafi, la cui sommità, con i suoi 1138 metri sul livello del mare si pone a protezione dell’abitato definito l’acropoli della area greca aspromontana.
Qui, come negli altri centri dell’intera isola ellenofona, le condizioni di isolamento e la tardiva “contaminazione” con il mondo esterno, hanno permesso la sopravvivenza di un patrimonio materiale e, soprattutto, immateriale di inestimabile valore.
Cultura e sincretismi affondano le radici nella Magna Grecia e sono stati tramandati di generazione in generazione fino ai giorni nostri attraverso segni, parole, musica.
Gallicianò è uno scrigno. La grecità di questi luoghi la si respira nelle iscrizione in greko che danno il benvenuto a ogni visitatore, nell’accoglienza dei suoi abitanti, nell’ascoltare il suono di questa meravigliosa e antica lingua, oggi riconosciuta come minoranza linguistica.
Sulla piazza principale del paese, Platia Alimos, si affaccia la chiesa di San Giovanni, santo patrono di Gallicianò la cui festa si celebra il 29 agosto, mentre nella parte alta del paese sorge la suggestiva chiesa ortodossa dedicata alla Madonna di Grecia (Panaghia tis Elladas) con le sue icone di ispirazione bizantina e gli ornamenti caratteristici della tradizione greco-ortodossa. Imperdibile una visita al piccolo museo etnografico dedicato ad Anzel Bogasàri-Merianoù, filologa greca giunta a Gallicianò negli anni ’60 per approfondire gli studi sui borghi grecanici della Vallata dell’Amendolea, alla fontana dell’amore (Cannalo Tis Agapi) e al piccolo teatro dedicato a Bartolomeno I, patriarca di Costantinopoli, da cui ammirare dall’alto il borgo e un magnifico paesaggio sull’intera bovesìa.
Un luogo fermo nel tempo Gallicianò con i suoi quaranta abitanti uniti in un grappolo di case sulle rocce dove fra gli stretti vicoli si sente parlare in grecanico e anche le vie del paese sono scritte sia in italiano che in greco di Calabria.

Condofuri
Condofuri e la tarantella grecanica
Tarantella, lingua grecanica e bergamotto. Sono questi i tre elementi che fanno di Condofuri uno dei centri più caratteristici della Calabria Greca.
Condofùri (“Condochùri”) dall’originario Koundouroi è citato per la prima volta in un documento catastale bizantino della metà dell’XI secolo. Il nome del centro, derivante dal greco significherebbe “paese basso” o “vicino al paese”, in riferimento a Bova o a Gallicianò.
Secondo la tradizione Condofuri sarebbe stata fondata dagli abitanti di Gallicianò e a conferma di questa tesi, una relazione di Monsignor Morabito, vescovo del luogo, risalente al 1754, narra che la chiesa di Condofuri non aveva un parroco perché, essendo una “non antica colonia” di Gallicianò, il villaggio ne era alle dipendenze anche per la cura delle questioni spirituali. Appollaiato a 300 metri dal mare, il piccolo comune vanta una entroterra praticamente intatto, dominato dall’imponete fiumara Amendolea: l’antica autostrada verso l’Aspromonte, ancora oggi percorribile a piedi fino alle suggestive cascate Maesano.
Nel borgo, abitato ancora da pochi anziani, era maestosa, la grande chiesa di San Domenico, ricca di importanti sculture lignee databili dal Sei al Novecento. Il centro di Condofuri è davvero caratteristico, con case e strade disposte a gradinate che alternano terrazze a balconi ricchi di fiori.
Da vedere la Parrocchiale, di antica fondazione, che conserva al suo interno numerose opere di artisti locali, il castello di Amendolea, visibile già dalla strada provinciale, che conserva i muraglioni merlati e i resti di un torrione e che secondo la leggenda era unito da una galleria segreta alla frazione di San Carlo di Condofuri.
Oggi l’asse di Condofùri è orientato soprattutto sulla marina (Condofùri Marina) con le sue spiagge che si popolano d’estate di una buona presenza di turisti dato che l’area grecanica è la meta ideale per chi ama il mare e la montagna. Entrambi infatti sono raggiungibili con pochi chilometri.
Condofuri è la patria della tarantella grecanica il cui fulcro sta nel tamburello, protagonista assoluto, non solo strumento di accompagnamento. Questa danza tradizionale fa parte del patrimonio grecanico e offre uno spettacolo le cui radici affondano nell’antichità.
Fra le altre tradizioni della Calabria Greca, fortemente legate alla religione e alla cultura contadina sono la pasqua ortodossa celebrata con antichi riti di origine bizantina, il paleariza festival evento che celebra la cultura grecanica con musiche, danze e incontro culturali e i canti polifonici di antiche melodie tramandate da generazioni e tipiche delle comunità grecaniche.

Bova. Foto Enzo Galluccio
Bova, la capitale della Calabria greca
Bova è il centro dell’ellenofonia, non a caso si parla di Bovesìa per indicare l’Area Grecanica. Abitata ininterrottamente dal Neolitico, la rocca di Bova fu probabilmente una fortezza magno greca posta sul confine delle poleis di Reggio e Locri.
Grazie alla sua posizione strategica, il sito fu molto verosimilmente scelto come rifugio dagli abitanti della costa, dopo che alla fine del VI sec. d.C. orde barbariche, probabilmente longobarde, incendiarono la statioromana di Scyle, identificata in contrada
Il borgo oggi ospita il Museo della Lingua Grecanica dedicato a Gerhard Rohlfs, noto linguista tedesco che rese nota al mondo intero le antiche origini di questo idioma.
Bova è uno dei pochi paesi nel quale ancora permangono antichissimi usi e costumi. L’artigianato ha radici davvero lontane e qui una delle sue massime espressioni è la tessitura popolare. Lana, lino, cotone e ginestra fornivano alle tessitrici gli elementi ricavati in maniera naturale, che poi venivano lavorati con il telaio a mano per produrre tessuti che, cuciti a gruppi di tre, formavano le coperte vutane. I disegni più comuni risalgono proprio all’epoca bizantina: il “mattunarico”, il “telizio”, la “greca”, il “greco”, le “muddare”.
L’altro versante artigianale storico del luogo è quello della lavorazione del legno. Originariamente gli oggetti in legno finemente intarsiati erano frutto del lavoro dei pastori: telai, stampi per dolci (plumia), cucchiai (mistre) e soprattutto le musulupare, stampi per l’antico formaggio aspromontano “musulupu”.
La gastronomia della Calabria Greca
La cucina della Calabria Greca è un mix di sapori mediterranei e influenze greche. Caratterizzata dagli elementi della tradizione agro-pastorale ha alla sua base latte di capra, pomodoro, olio di oliva, che costituiscono gli ingredienti di prelibatezze come i maccarruni cu sucu da crapa, i cordeddi al sugo, i tagghiarini con i ceci, i ricchi di previti con il pomodoro, la carne di capra alla vutana. Molto ricercati da queste parti i salumi (salsiccia, capocollo, soppressata), i formaggi, tra cui le ricotte e i musulupi (un formaggio fresco che si consuma nel periodo pasquale) e i dolci della festività, come i pretali della tradizione natalizia, le ‘nghute della tradizione pasquale, le scaddateddi, ciambelle con il buco e semi di cumino. Da gustare anche la lestopitta, una frittella di farina e acqua, fritta nell’olio da mangiare calda molto diffusa nella comunità grecanica.
La Calabria Greca è un luogo che incanta con la sua storia, le sue tradizioni e la sua autenticità. Per i viaggiatori curiosi in cerca di esperienze uniche, questo angolo nascosto d’Italia offre un viaggio nel tempo e nella cultura, tra borghi arroccati, sapori antichi e un patrimonio linguistico raro. Un’esperienza da vivere almeno una volta nella vita.
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