Nov 8, 2024 | Enogastronomia
Cappuccino Day, che si celebra oggi 8 novembre, è una giornata dedicata alla celebrazione del celebre caffè espresso arricchito da latte montato a vapore, una delle bevande più rappresentative dell’Italia.
Quindi, il Cappuccino Day è un’occasione perfetta per celebrare e apprezzare questa bevanda con eventi speciali, post sui social media e, ovviamente, sorseggiando un buon cappuccino!
Il cappuccino stesso ha una storia secolare: si crede che le sue origini risalgano al XVII secolo, quando i frati cappuccini italiani trovarono ispirazione per questa bevanda. Il nome “cappuccino” deriva dal colore della tunica dei frati cappuccini, simile alla tonalità marrone del caffè con il latte.
L’origine del nome
Il termine “cappuccino” deriva dai frati Cappuccini, un ordine monastico fondato nel XVI secolo come riforma dell’Ordine Francescano.
Il caratteristico colore marrone chiaro delle tuniche di questi frati, con il cappuccio che copre la testa, ha ispirato il nome della bevanda. Il riferimento si deve alla tonalità che il caffè assume quando è mescolato con latte, simile a quella del loro saio.
Una delle prime menzioni storiche di questo caffè mescolato con latte o panna risale al XVII secolo a Vienna.
Qui veniva servita una bevanda chiamata “Kapuziner”, che consisteva in caffè mescolato con panna e a volte zucchero e spezie.
Anche in questo caso il nome era un chiaro omaggio all’ordine monastico. Il “Kapuziner” viennese era comunque una versione precoce di ciò che sarebbe poi diventato il cappuccino, mostrando come il concetto di combinare caffè e latte fosse già diffuso nella cultura mitteleuropea ed europea.
L’Evoluzione della Bevanda
Dopo l’origine nei caffè viennesi il cappuccino ha iniziato a prendere forma solo nel Novecento con l’introduzione della macchina da caffè per espresso.
Il cappuccino moderno ha cominciato a prendere forma solo nel XX secolo, quando le macchine per espresso sono state introdotte e perfezionate in Italia. L’invenzione delle prime macchine per caffè espresso da parte di Angelo Moriondo nel 1884, seguita da miglioramenti successivi a cura di Luigi Bezzera e Desiderio Pavoni, rese possibile la preparazione di un caffè più veloce e intenso.
L’introduzione del latte montato a vapore segnò una svolta importante per il cappuccino come lo conosciamo noi oggi. Le macchine per espresso degli anni ’30 e ’40 iniziarono a includere la funzione di vaporizzazione, permettendo di preparare una schiuma densa e cremosa, elemento distintivo del cappuccino contemporaneo che veniva spesso guarnito con panna montata e cioccolato..
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con la diffusione delle moderne macchine per espresso in Italia, il cappuccino divenne sempre più popolare e raffinato, soprattutto dagli anni’ 50 con la crescente diffusione delle macchine per espresso migliorate e capaci di generare una schiuma di latte fine e persistente, il cappuccino acquisì la forma iconica che conosciamo oggi: una tazza di espresso sormontata da latte montato a vapore.
Il cappuccino ha poi guadagnato popolarità mondiale nel corso del XX secolo, soprattutto grazie al boom della cultura del caffè e alla crescita di catene commerciali che lo hanno portato in tutto il mondo, talvolta adattandolo con variazioni locali.
Una tradizione italiana
In Italia, il cappuccino è considerato una bevanda tipicamente mattutina.
Gli italiani tradizionalmente lo consumano a colazione fino alle undici del mattino, spesso accompagnato da un cornetto perché l’espresso fornisce la giusta dose di caffeina, mentre il latte montato a vapore aggiunge una consistenza cremosa e una nota dolce.
Bere un cappuccino dopo quell’ora oppure nel pomeriggio o peggio ancora dopo i pasti è considerato poco comune e talvolta indicativo di abitudini straniere…
Questa abitudine mattutina degli italiani è diventata una tradizione consolidata nel tempo, contribuendo a fare del cappuccino un simbolo della cultura alimentare italiana.
Come si realizza un cappuccino perfetto
La preparazione di un cappuccino autentico prevede la combinazione di una parte di caffè espresso con una parte di latte montato a vapore.
La schiuma deve essere densa, cremosa e uniforme e può essere decorata con le tecniche di latte art. L’equilibrio tra il sapore intenso dell’espresso e la dolcezza del latte è ciò che rende questa bevanda un piacere unico.
Il cappuccino rappresenta l’amore italiano per la perfezione e l’arte del caffè.
La preparazione richiede abilità ed equilibrio per creare la giusta proporzione tra espresso, latte e schiuma di latte. La schiuma deve essere soffice e densa, in modo da poter supportare anche il famoso latte art, ossia i disegni realizzati con la schiuma di latte. Questo dettaglio riflette l’attenzione italiana ai dettagli e all’estetica, anche in cose apparentemente semplici come una bevanda.
La preparazione di un cappuccino perfetto richiede cura e attenzione ai dettagli per bilanciare correttamente espresso, latte e schiuma. Ecco una guida passo-passo per realizzare un cappuccino ideale:
Gli ingredienti sono solo due: caffè espresso (un singolo o doppio espresso di qualità) e latte fresco intero preferibilmente freddo e di buona qualità per una schiuma più densa e cremosa.
Come attrezzatura serve un macchina per espresso con lancia a vapore, brocca per montare il latte in acciaio inossidabile e una tazza da cappuccino, tradizionalmente da 150-180 ml.
Ecco come procedere. Prima cosa da farsi è macinare i chicchi di caffè al momento per ottenere una polvere fine e aromatica.. Compattate il caffè nel portafiltro della macchina per espresso e assicurati che sia livellato. Erogate l’espresso nella tazza, ottenendo un caffè corposo con una crema densa e color nocciola.
Adesso per montare il latte serve versare il latte freddo nella brocca riempiendola fino a circa un terzo. A questo punto posizionate la lancia a vapore appena sotto la superficie del latte e avviate il vapore. Questo inizierà a incorporare aria nel latte per creare la schiuma. Quando il latte inizia a crescere di volume abbassate leggermente la brocca per mantenere la lancia appena sotto la superficie. Dopo aver creato la schiuma iniziale, immergete un po’ di più la lancia per riscaldare il latte e rendere la schiuma densa e setosa. Riscaldate il latte fino a raggiungere una temperatura di circa 60-65°C (la brocca dovrebbe risultare calda al tatto ma non ustionante).
A questo punto date un leggero colpo alla brocca e fate un movimento circolare per eliminare eventuali bolle d’aria e uniformare la schiuma. Versate il latte montato sulla tazza di espresso con un movimento deciso e costante. Iniziate versando al centro e, quando la tazza è quasi piena, avvicinate la brocca per creare una decorazione, come un cuore o una foglia, con la tecnica del latte art.
Tutte le curiosità
Si dice che il frate cappuccino Marco d’Aviano sia stato una delle figure storiche legate alla popolarità del caffè in Europa, anche se le leggende legate al suo ruolo sono più romanzate che documentate.
Il cappuccino è una delle varianti più popolari tra le bevande a base di caffè, ma il suo successo ha portato a numerose interpretazioni, come il cappuccino freddo, le versioni vegane e le personalizzazioni con aromi.
In Italia, bere un cappuccino dopo le 11:00 del mattino è considerato poco ortodosso e spesso indica un turista dato che nel Bel Paese si ritiene che le bevande a base di latte debbano essere consumate solo al mattino, in genere come parte della colazione, per evitare di appesantire la digestione dopo i pasti.
Esistono nel mondo diverse varianti al cappuccino. La più nota è il Kapuziner viennese di cui abbiamo già detto che è una miscela di caffè, panna e spezie. In altre parti del mondo, come negli Stati Uniti, è comune trovare cappuccini con diverse variazioni di latte, tra cui versioni con latte di mandorla, soia o avena. Il “cappuccino freddo” è una variante estiva molto popolare in cui la schiuma di latte viene servita fredda su un espresso ghiacciato.
Una distinzione importante da fare è tra il cappuccino e il latte macchiato.
Mentre il cappuccino ha una parte uguale di espresso, latte e schiuma, il latte macchiato è composto principalmente di latte con solo una piccola quantità di espresso, “macchiato” sulla superficie.
Il cappuccino è anche al centro di numerose competizioni di baristi, dove i più esperti si sfidano per preparare la miglior bevanda sia dal punto di vista del gusto sia per la precisione e la bellezza della latte art. Eventi come il World Barista Championship includono prove di cappuccino tra le loro gare.
Il tipo di latte utilizzato ha un impatto significativo sul gusto e sulla consistenza della schiuma. Il latte intero è da preferirsi per ottenere una schiuma più ricca e densa, mentre il latte scremato tende a creare bolle più grandi e una schiuma meno cremosa. Negli ultimi anni, la crescente popolarità di stili di vita vegani e intolleranze al lattosio ha portato all’uso di latti vegetali per i cappuccini, come quelli di soia, avena e mandorla. Alcuni latti vegetali sono noti per produrre una schiuma di . qualità simile a quella del latte vaccino, ma intendiamoci quelli non sono cappuccini!
Anche la tazza è determinante per ottenere un cappuccino perfetto. Quella tradizionale ha una forma arrotondata e una capacità di circa 150-180 ml. Una forma che aiuta a mantenere la schiuma e permette un’adeguata diffusione della latte art.
La ricetta: gelato al cappuccino
Protagonista anche di tante ricette il cappuccino si trova in molti dolci e nelle biscotteria ma noi, dato che sappiamo che bere cappuccino con moderazione può avere anche benefici per la salute grazie agli antiossidanti presenti nel caffè e al contenuto proteico del latte vi consigliamo una ricetta speciale, quella del gelato al cappuccino, un dessert fresco e cremoso, perfetto per l’estate, semplice e veloce da preparare.
Ingredienti: panna fresca, latte condensato, cappuccino concentrato, zucchero.
Procedimento: Montare la panna fino a ottenere una consistenza soffice. Aggiungere il latte condensato e il cappuccino concentrato (preparato con caffè espresso e latte). Mescolare delicatamente e versare in un contenitore adatto al freezer. Congelare per almeno 4 ore, mescolando ogni ora per mantenere la cremosità.
Nov 5, 2024 | Enogastronomia
Sono ventotto le cuoche professioniste in finale alla IV edizione di “Extra Cuoca – Il talento delle donne per l’olio extra vergine”, il concorso nazionale ideato per valorizzare il talento delle cuoche professioniste promosso dal Comitato di Coordinamento del Premio Ercole Olivario e dall’Associazione Nazionale Donne dell’Olio APS, in partnership con Lady Chef (Dipartimento femminile della FIC – Federazione Italiana Cuochi) e con il programma televisivo Agrisapori.
Le cuoche finaliste
Ecco tutte le cuoche professioniste che si sono guadagnate la finale che si svolgerà a Perugia. In gara sono 28, provenienti da diverse Regioni italiane vediamole nel dettaglio:
Abruzzo
Antonietta d’Orazio, con l’antipasto “Magatello di vitello in maionese tonnata e pomodorini al basilico” per cui ha utilizzato l’olio e.v.o. dell’Azienda Sandro Di Giacomo – DOP Aprutino Pescarese;
Giglate Chanel Ngoma Loussangui con l’antipasto “Salmone con cetriolo compresso, salsa yogurt e polvere di limone” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda Sandro Di Giacomo – DOP Aprutino Pescarese;
Nanda Trabucco con il primo piatto “Trilogia di ceci, bisque e sagne al profumo di mare” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda Sandro Di Giacomo – DOP Aprutino Pescarese.
Basilicata
Carmela Rinaldi, con il primo piatto “Fagottini Homemade” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda agricola La Valle Don Ciccio di Salvatore Rota;
Angela Maria Riccardi, con il primo piatto “Torre del mangia” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda Le Tre Colonne di Salvatore Stallone – Dop Coratina e Ogliarola;
Lazio
Cristina Todaro, con l’antipasto “La mia tartare” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda agricola Cosmo Di Russo – Caieta
Lucia Ciotoli, con l’antipasto “Contrasti a Km 0 (panzanella arrosto con gelato all’olio)” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda agricola Adria Misiti – Le Camminate;
Vittoria Tassoni, con l’antipasto “Baccalà in cbt con crema di asparagi e porro, riduzione di coca cola” per cui ha utilizzato l’olio dell’azienda Cioccolini;
Roberta Granata, con il dolce “Namelaka all’olio verde mare, cioccolato bianco e arancia bionda di Fondi i.g.p.” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda Agricola Cosmo Di Russo – Verde Mare;
Rosa Nutolo, con il primo piatto “Tagliolino al pesto verde mare” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda Agricola Cosmo Di Russo – Verde Mare;
Eleonora Masella, con il secondo piatto “Olio su tela” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda agricola Adria Misiti – Le Camminate;
Molise
Joayda Herrera Cepeda, con l’antipasto “La campagna a tavola” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda Marina Colonna – Molensis;
Andrea Soledad Lopez, con il dolce “Exotic Sunny Oil” per cui ha utilizzato l’olio Evo dell’Azienda Marina Colonna;
Lidia Lutan, con il dolce “Un dolce un po’ salato” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda Marina Colonna – Molensis;
Soccorsa Tomasone, con il primo piatto “Come può uno scoglio” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda Marina Colonna – Molensis;
Ernesta Vassolo, con il secondo piatto “Baccalà Molensis” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda Marina Colonna – Molensis;
Piemonte
Ionela Monteanu, con il dolce “Albero della vita (cheesecake all’olio extravergine d’oliva e pistacchio)” per cui ha utilizzato l’Olio Extra Vergine di oliva dell’Azienda agraria Viola – Colleruita Dop Umbria Colli Assisi – Spoleto;
Rosa Del Gaudo, con il primo piatto “Tagliolini al cacao con tartare di ricciola” per cui ha utilizzato l’olio del Frantoio di Riva del Garda – Uliva Dop Garda Trentino;
Puglia
Eleonora Corvasce, con il primo piatto “Bottoni ai fiori eduli, bouillabaisse e ricciola” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda agricola De Carlo – Terra di Bari Olio Dop;
Margarita Sanchez Castro, con il primo piatto “Gnocchetti di acqua e farina ai gamberi in zuppetta di cozze” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda agricola Di Carlo – Igp Puglia;
Toscana
Francesca Bartoli, con il primo piatto “Il calore dell’autunno” per cui ha utilizzato l’olio dell’Azienda agricola Scovaventi;
Cinzia Cuccu, con il secondo piatto “Quando il mare incontra la terra” .
Valle d’Aosta
Ornella Corsi, con il dolce “Crema al limone con mandorle e polvere di cucunci” per cui ha utilizzato l’olio evo dell’Azienda Armato;
Sandra Lomello, con il secondo piatto “Atmosfere d’autunno” per cui ha utilizzato l’olio evo dell’Azienda Armato;
Umbria
Mariagrazia Di Bello, con il secondo piatto “Calamaro Quinta Luna” per cui ha utilizzato l’olio del Frantoio Gaudenzi – Quinta Luna;
Veneto
Raffaella Volpato, con l’antipasto “Coccodè nell’orto” per cui ha utilizzato l’olio del Frantoio di Riva del Garda – 46° Parallelo biologico;
Gabriella Pizzo, con il secondo piatto “Cappe Sante: brodo di mazzancolle e Crema di peperone giallo e rosso” per cui ha utilizzato l’olio del Frantoio Tini – Tintoretto;
Emanuela Marcon, con il secondo piatto “Filetto di ombrina su gazpacho di barbabietola viola, zucca e olio al prezzemolo” per cui ha utilizzato l’olio del Frantoio di Riva del Garda – 46° Parallelo biologico.
Il regolamento e la finale
Le professioniste della ristorazione, si sono espresse con le loro ricette per le quattro categorie in gara previste dal regolamento 2024: antipasti e altre preparazioni (finger food, contorni, torte salate, tramezzini, cocktail), primi piatti, secondi piatti e dolci, utilizzando gli oli e.v.o. finalisti al concorso nazionale Ercole Olivario 2024, dedicato alle eccellenze olearie italiane, la cui eccellenza è garantita grazie ai rigidi criteri di selezione regionale prima e nazionale dopo e della III edizione de “La Goccia d’Ercole” sezione del concorso Ercole Olivario introdotta per la valorizzazione delle piccole produzioni olearie.
Le finaliste del concorso “Extra Cuoca” 2024, si “sfideranno ai fornelli” il giorno martedì 3 dicembre 2024, presso l’Università dei Sapori di Perugia, preparando in diretta le ricette proposte, in presenza della giuria nazionale – presieduta da Giorgio Donegani, Tecnologo alimentare ed esperto di nutrizione e composta da Alessandra Baruzzi Presidente di Ladychef e giudice internazionale di cucina, Antonietta Mazzeo giornalista enogastronomica e altri due giudici internazionali di cucina – che assaggerà gli elaborati per poi proclamare e premiare le 8 vincitrici della seconda edizione del concorso, la prima e la seconda classificata per ognuna delle 4 categorie in gara ed assegnare eventuali menzioni speciali.
Nov 3, 2024 | Enogastronomia
Il Lambrusco è più di un vino, è una vera e propria leggenda emiliana.
Prodotto fra le province di Reggio Emilia, Parma e Modena è un vino rosso (a volte rosato) frizzante dalla spuma vivace ed evanescente, profumo di viola o fruttato, una gradevole acidità, un carattere fresco e vivace e un moderato contenuto alcolico (non supera solitamente i 10, 11 gradi).
I rami principali del Lambrusco sono sette, disponibili nelle versioni secco, amabile o dolce: il Sorbara, il Grasparossa, il Salamino, il Marani, il Maestri, il Montericco e l’Ancellotta.
Quanto al territorio di produzione, assieme a varietà minori i vitigni del Lambrusco vengono coltivati prevalentemente in Emilia Romagna nelle aree circostanti le province di Reggio Emilia, Parma, Mantova e Modena anche se alcune zona di produzione sconfinano in Lombardia.
Un vino unico legato al suo territorio
La produzione del Lambrusco avviene prevalentemente con due metodi: il metodo Charmat (oppure detto Martinotti) utilizzato per creare la maggior parte dei Lambruschi frizzanti, che prevede la fermentazione secondaria in autoclave permettendo di mantenere la freschezza e i profumi caratteristici. C’è poi il metodo Classico usato meno frequentemente, ma che produce Lambruschi con bollicine più fini e strutturate.
Dopo la raccolta le uve vengono pigiate e fermentate. Il vino viene quindi messo a fermentare una seconda volta per creare la caratteristica effervescenza.
Ma che differenza c’è fra i diversi tipi di Lambrusco: Sorbara, Grasparossa, Salamino e Maestri?
Beh è evidente che presentano caratteristiche uniche che li distinguono in termini di colore, profumi, sapori e struttura. Vediamo nel dettaglio.
Quattro vini per un solo mito
Lambrusco di Sorbara
E’ considerato il più raffinato e delicato ed è noto per la sua elevata acidità e una struttura leggera. Questo lo rende un vino fresco e piacevolmente frizzante. Tendenzialmente di colore rosso rubino chiaro, a volte con riflessi rosati; presenta aromi floreali intensi come la violetta e note di lampone e fragola. Al palato risulta secco, fresco e leggero, con un buon equilibrio tra acidità e tannini moderati. Perfetto con antipasti, salumi, fritti leggeri e piatti di pesce.
Lambrusco Grasparossa
È il Lambrusco più strutturato e tannico, con una maggiore intensità rispetto al Sorbara. La sua robustezza lo rende adatto a piatti più corposi. Di un rosso rubino scuro, a volte con riflessi violacei al naso ha note fruttate di mora, ciliegia scura e un sottofondo speziato. Ha un gusto più pieno e intenso, con una maggiore presenza di tannini e una buona persistenza in bocca. È tipicamente secco, ma si possono trovare versioni amabili. E’ ideale con piatti a base di carne, arrosti, formaggi stagionati e la tradizionale cucina emiliana, come i tortellini o lo zampone.
Lambrusco Salamino
Chiamato così per la forma del grappolo, simile a un salame, questo Lambrusco è noto per essere una via di mezzo tra Sorbara e Grasparossa in termini di corpo e intensità. Il colore è rosso rubino vivace, con una spuma persistente e una tonalità violacea. Al naso è fruttato con sentori di ciliegia, prugna e leggeri accenni floreali. In bocca ha una buona struttura e una dolcezza bilanciata. L’acidità è moderata, e il gusto è generalmente armonico, con una piacevole morbidezza. Si sposa bene con i salumi e le preparazioni emiliane, come tigelle e gnocco fritto. Le versioni dolci possono essere servite con dolci secchi.
Lambrusco Maestri
È questa una varietà versatile spesso utilizzata anche in blend con altri vitigni per arricchire i vini. Ha un carattere forte e un buon corpo. Dal colore rosso intenso e scuro, con sfumature violacee e una spuma abbondante al naso ha aromi ricchi di frutti di bosco, ciliegia nera e spesso note di spezie. Al palato, il Maestri offre un gusto pieno e rotondo, con tannini decisi e una piacevole effervescenza. È più corposo rispetto al Sorbara, ma meno tannico del Grasparossa. Ottimo con piatti di carne rossa, stufati e formaggi più saporiti.
Un legame indissolubile col territorio
Questo vino come accennato anche in introduzione ha un legame profondo con l’Emilia-Romagna, terra di tradizioni culinarie famose in tutto il mondo ed è spesso associato a piatti regionali come salumi, formaggi stagionati (in particolare il Parmigiano Reggiano), pasta ripiena (come i tortellini e i cappelletti) e piatti di carne.
La sua acidità e le sue bollicine lo rendono perfetto per sgrassare la bocca e bilanciare la ricchezza dei cibi emiliani.
Inoltre, la cultura del Lambrusco è legata alle tradizioni contadine e alla convivialità tipica della regione, dove il vino è visto come una bevanda quotidiana e accessibile, da condividere con la famiglia e gli amici.
Tutte le curiosità
Il Lambrusco ha origini antichissime che risalgono ai tempi degli Etruschi e dei Romani. Testimonianze storiche indicano che il vino prodotto con queste uve era già apprezzato nell’antichità.
Negli anni ’70 e ’80 è stato uno dei vini italiani più esportati al mondo, in particolare negli Stati Uniti, dove veniva apprezzato per la sua dolcezza e la facilità di beva.
Per molti anni ha sofferto una reputazione di vino semplice e di bassa qualità, soprattutto per via delle versioni commerciali dolci prodotte in grandi quantità per l’export; ma negli ultimi decenni tuttavia i produttori hanno lavorato per migliorare la qualità e restituire al Lambrusco la dignità di un vino eccellente, capace di sorprendere anche i palati più esigenti.
Le diverse tipologie dimostrano la versatilità di questo vino, che può spaziare da versioni fresche e leggere a varianti più strutturate e complesse.
Anche se tipicamente accostato ai piatti della tradizione emiliana, il Lambrusco si abbina bene a una varietà di cibi, dai fritti ai piatti asiatici speziati, grazie alla sua acidità e alla frizzantezza che puliscono il palato.
Diverse versioni di Lambrusco hanno ottenuto le denominazioni di origine controllata (Doc) e controllata e garantita (Docg), come il Lambrusco di Sorbara Doc e il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Doc, a testimonianza della qualità e dell’importanza di queste varietà.
Infine un cenno alla spuma che nell’immaginario comune fa il Lambrusco. Per conoscere il segreto della sua formazione dobbiamo però fare un passo indietro e analizzare il processo di vinificazione tradizionale, detto di rifermentazione primaverile.
Anzitutto, nel Lambrusco la spuma nasce spontaneamente. Un tempo i cantinieri si avvalevano della forte escursione termica invernale che interrompeva la fermentazione per farla riprendere nella primavera successiva, quando il vino era ormai imbottigliato: si otteneva così la rifermentazione in bottiglia. L’anidride carbonica rimaneva infatti sciolta nel vino e, una volta stappata la bottiglia, compariva la spuma.
Nov 2, 2024 | Enogastronomia
Cosa c’è di più romantico di una passeggiata al lago in autunno?
Quando le sue sponde si incendiano con le tinte calde del foliage e nell’aria frizzante senti solo il cinguettio degli uccelli e il fruscio delle foglie secche che si stendono come un tappeto colorato di giallo, rosso e arancio. Paesaggi meravigliosi, per momenti da ricordare.
In Trentino ci sono quasi 300 laghi, ma ne abbiamo scelti 5, facili da raggiungere, che in autunno diventano la destinazione ideale per una fuga romantica.
1 – Lago di Toblino
Quando, la mattina, il Castello di Toblino emerge come un sogno dalle nebbie del lago, si comprende perché secondo la leggenda qui ci vivessero le fate, rispettate e onorate dagli abitanti del luogo. A loro era dedicato perfino un piccolo tempio, come ricorda una lapide posta nel portico del castello.
Il lago di Toblino, nella Valle dei Laghi, è la meta romantica per antonomasia. Fra aromi di olive e rosmarino, lo specchio d’acqua è particolarmente incantevole: la barriera dei monti e l´influsso mite del lago di Garda favoriscono una vegetazione mediterranea. Il lago, bordato da un canneto, è il rifugio di uccelli migratori e molte specie ittiche. Il paesaggio è rilassante e adatto a passeggiate, e pedalate nel verde.
Su uno sperone di roccia a picco sull’acqua si trova Castel Toblino, magnifica rocca cinquecentesca, al centro di tante leggende. Per ammirare da una magnifica prospettiva lago e castello si può prendere la passerella di legno che costeggia le sponde.
Il lago di Toblino è un’area sottoposta a tutela ambientale e non è balneabile o navigabile. Esistono delle deroghe di legge ma riguardano solo motivi di ricerca e studio (con apposito permesso).
2 – Lago di Levico
Il Lago di Levico sorge a pochi minuti da Levico Terme. Circondato da piccole spiagge, prati ombreggiati e canneti, le sue acque hanno ricevuto il riconoscimento di Bandiera Blu, così come la spiaggia e la gestione ecosostenibile da parte del Comune di Levico Terme. Qui si trova una vera oasi di quiete con due stabilimenti balneari e un’ampia spiaggia libera e attrezzata.
Le possibilità sono molte, durante tutto l’anno. D’inverno è d’obbligo una visita ai meravigliosi mercatini di Natale allestiti nel Parco degli Asburgo di Levico Terme, oltre agli sport praticabili sulla neve.
D’estate si può scegliere tra canoa, nuoto, vela, windsurf, stand-up paddle e kayak, oppure noleggiare le barche elettriche all’Hotel Du Lac. Ci si può dedicare alla pesca, oppure camminare sulle numerose passeggiate sulle sponde del lago. Consigliamo specie nel periodo del foliage la Strada dei Pescatori, che aggira tutto il lago (8,5 km), su un sentiero naturalistico. Gli amanti delle due ruote potranno invece percorrere la ciclabile della Valsugana.
3 – Lago di Tovel
Ancora oggi, nonostante non accada più, il lago di Tovel è ricordato per il fenomeno unico al mondo dell’arrossamento.
Fino alla metà degli anni ’60, in estate, una certa alga affiorava in superficie e lo specchio d’acqua appariva di un rosso acceso.
Per spiegare questo fatto straordinario, nacquero misteriose storie e leggende, come quella della regina Tresenga.
Oggi il lago di Tovel è uno dei gioielli naturalistici del Parco Naturale Adamello Brenta. Visitarlo significa godere appieno del contatto con la natura.
Per il giro del lago occorre circa un’ora e mezza, ma sono molti i percorsi nei dintorni. La strada di accesso al lago è normalmente chiusa nel periodo invernale (novembre – marzo).
4 – Lago di Tenno
Ci troviamo a nord del Lago di Garda, precisamente a 14 km da Riva del Garda. Siamo a 570 metri sul livello del mare e vicino allo splendido lago di Tenno, si trova anche il borgo medievale di Canale di Tenno, uno dei borghi più belli d’Italia.
Per prima cosa, vi consigliamo una visita al borgo medievale di Canale di Tenno. Qui potete visitare la Casa degli Artisti, dedicata a Giacomo Vittone, pittore adottivo di Canale, e partecipare a Rustico Medioevo, festival di arti varie che riporta in scena alcuni momenti di vita medievale del borgo, e che si tiene le prime due settimane di agosto.
Dopo le visite culturali, è il momento del relax: chi viene al Lago di Tenno, infatti, cerca proprio questo. Una gita al lago è l’occasione per immergersi nelle sue acque d’estate, oppure nel periodo de foiage per regalandosi un momento di profondo contatto con la natura.
Infine, dall’unico emissario del lago si forma la Cascata del Varone e il parco Grotta Cascata Varone è una delle attrazioni più suggestive di questa zona: qui potrete seguire un percorso tra ponti, scale, sentieri e tunnel scavati nella montagna.
5 – Lago di Garda
Il più grande e più famoso d’Italia che si trova tra Trentino, Lombardia e Veneto. Un lago che ricopre una superficie di 370 km quadrati totali per 350 metri di profondità.
A nord si restringe a imbuto, a sud si allarga; la sua sponda trentina, a nord, si trova in provincia di Trento e vi si affacciano i comuni di Nago -Torbole, Riva del Garda e Arco.
Grazie al clima mediterraneo del lago che solo su questa sponda si coniuga perfettamente con quello alpino, la zona trentina è per molti la più bella e suggestiva di questo grande specchio d’acqua, grazie anche all’evidente contrasto paesaggistico tra i monti e la vegetazione. Siamo, infatti, già circondati da montagne alte oltre 2.000 metri, ma, in riva al lago fioriscono ulivi e limoni.
Chi sogna di trascorrere qui una vacanza può scegliere tra numerose opportunità. Tra gli sport praticabili i più diffusi sono senza dubbio la vela, il windsurf, la mountain bike, l’arrampicata sportiva, la canoa e le immersioni subacquee, grazie ai tanti circoli sportivi presenti, che organizzano corsi ed eventi sportivi internazionali.
Gli amanti della vela e del windsurf fanno affidamento sull’Ora, il vento che soffia ogni giorno con grande regolarità, mentre chi preferisce il brivido e la vertigine dell’arrampicata trova spettacolari falesie sospese a picco sull’acqua, vere e proprie palestre naturali di roccia. Le spiagge bianche sono invece il regno del relax, per chi dal lago si aspetta giornate di riposo, sole e quiete.
Chi non vuole per forza oziare né fare sport, può prendere il traghetto a Riva del Garda o a Torbole per fare un’escursione sull’acqua, comodamente seduto ad osservare il paesaggio meraviglioso d’autunno e le altre zone del lago.
Ott 25, 2024 | Enogastronomia
Con 247,9 milioni di fatturato e 10 milioni di bottiglie (+11,5%), l’Italia nel 2022 è stato il 5° mercato globale per le prestigiose bollicine francesi.
Ma è tutto il mondo ad apprezzare sempre di più l’iconico vino d’oltralpe, che ha saputo far innamorare intere generazioni e riprendersi brillantemente dopo lo stop della pandemia.
Boom champagne
Le previsioni per il futuro sono decisamente positive con il business che, secondo le stime di GlobeNewswire, toccherà quota 12,5 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni.
“Da sempre è protagonista dei momenti più gioiosi delle nostre vite, un simbolo di riuscita e condivisione, emblema di soddisfazione e contentezza privata, sigillo del tempo sociale più meritevole ed eccitante – A confermarlo sono i numeri che hanno accompagnato di pari passo l’euforico trend di vendita dello Champagne e la crescita di Anthology, che nell’ultimo anno ha registrato un aumento a tripla cifra nel fatturato, contando un +205,4% nelle vendite.” spiega Stefano Ceccarel, Head of Sales di Anthology by Mavolo..
Champagne day
Dalla Francia all’Italia, fino agli USA e non solo, il 25 ottobre si celebra lo Champagne Day.
La ricorrenza, lanciata nel 2009 dal wine expert californiano Chris Oggenfuss, è stata poi riconosciuta e promossa dal Comité Champagne, l’interprofessione con sede a Epernay che riunisce oltre 16mila Vigneron della celeberrima regione vitivinicola transalpina.
Per tutti gli appassionati, il quarto venerdì di ottobre è il momento tanto atteso per celebrare le bollicine più famose del mondo.
La storia dello Champagne è un’epopea di oltre 300 anni, che affonda le sue radici nel Medioevo francese, quando, nei pressi della piccola cittadina di Reims, si inizia a produrre un vino raffinato ed esclusivo, riservato alle celebrazioni religiose e ai banchetti delle famiglie nobili.
Attraverso i secoli, da Napoleone a Marylin Monroe, dalla Regina Elisabetta fino a Brad Pitt, in tantissimi lo hanno amato, e altrettanti continuano a farlo.
Dopotutto, che festa sarebbe senza un calice di ottimo spumante?
Sì, perché da che mondo è mondo, lo Champagne è il grande vino dei festeggiamenti.
Cantiina. Foto Visualhunt.com
Il 10% di chi beve bollicine al mondo beve champagne
Lo Champagne si conferma anche dunque quest’anno re delle icone francesi, dal forte respiro internazionale.
Secondo gli ultimi dati forniti dal Comité Champagne, le bollicine più amate del mondo rappresentano oggi il 10% del consumo mondiale di vini spumanti in volume e il 21% in valore.
Con oltre 300 milioni di bottiglie raccolte, la vendemmia 2023 lascia ben sperare che si possa tornare a un trend che risponda con sempre più efficacia alle richieste degli appassionati.
L’obiettivo è quello di tenere sotto controllo i prezzi, cavalcando l’onda di un paio di annate estremamente positive: il 2021, stagione di riaperture post-Covid di bar e ristoranti e il 2022, quando lo Champagne, con oltre 325 milioni di unità commerciate, ha registrato le più alte vendite degli ultimi 15 anni.
I volumi dello Champagne promettono così di passare dai 253,5 milioni di litri del 2023 ai 311,1 milioni di litri entro il 2028. Il fatturato dello Champagne ha raggiunto un valore globale di circa 7,3 miliardi di dollari nel 2022 e si prevede che voli, secondo le stime di GlobeNewswire, a quota 12,5 miliardi nel 2032. Anche l’Italia ama lo Champagne. Il Belpaese è infatti il 5° mercato al mondo per la spumeggiante eccellenza d’oltralpe, con oltre 10 milioni di bottiglie vendute lo scorso anno e un business da 247,9 milioni di euro, posizionandosi davanti a Germania e Australia, con una crescita del 19% rispetto al 2021 secondo quanto riportato dal Comité Champagne. Già, perché gli italiani si confermano grandi conoscitori delle bollicine francesi: dalle bottiglie più classiche a quelle più esclusive, nel 2023 è stata registrata una crescita del 25% in fatturato e del 16% in quantità di bottiglie commerciate.
Cantina-Meteyer
Viva le bollicine, ma quante sono?
Nello champagne ci sono in media circa 49 milioni di bollicine per bottiglia!
Questo numero varia leggermente in base alla temperatura, alla qualità del vino, al bicchiere e alla pressione all’interno della bottiglia.
Ma perchè si formano? La fermentazione dello champagne avviene in bottiglia secondo il méthode champenoise, o metodo classico, che consiste nel far rifermentare il vino con l’aggiunta di lieviti e zucchero. Durante questa seconda fermentazione, i lieviti producono anidride carbonica, responsabile delle bollicine.
La pressione all’interno di una bottiglia di champagne è generalmente intorno alle 5-6 atmosfere (equivalente a circa tre volte quella di uno pneumatico per auto), permettendo la formazione e la persistenza delle bollicine.
Ma come devono essere le bollicine ideali?
Fini e numerose: le bollicine piccole e persistenti sono considerate un segno di qualità superiore. Continue: devono formare un “filo” continuo, risalendo dalla base del bicchiere. Delicate: non devono esplodere rapidamente, ma risalire con grazia, aggiungendo una texture cremosa al sorso.
La tradizione del sabrage
La pratica di sciabolare le bottiglie di champagne, o sabrage, ha origini leggendarie e una storia affascinante. Questo spettacolare metodo di apertura che prevede di usare una sciabola per stappare la bottiglia con un colpo netto, viene spesso associato a celebrazioni e vittorie.
La tradizione viene fatta risalire all’epoca napoleonica, ovvero agli inizi del XIX secolo. Secondo la leggenda, furono proprio i soldati dell’esercito di Napoleone Bonaparte a rendere popolare questa pratica.
Dopo una battaglia vinta i soldati francesi celebravano stappando le bottiglie di champagne con le sciabole, l’arma simbolo della cavalleria.
Si narra che Napoleone avesse dichiarato: “Nella vittoria meritiamo lo champagne, nella sconfitta ne abbiamo bisogno”.
La verità è che la pratica è nata perché montati a cavallo e spesso senza avere con loro un apribottiglie i soldati fecero di necessità virtù e scoprirono che con un colpo di sciabola ben assestato potevano stappare le bottiglie rapidamente e in modo spettacolare.
Molti ufficiali dell’esercito che provenivano dall’aristocrazia francese usavano il sabrage anche come segno di eleganza e potenza, soprattutto durante ricevimenti e banchetti.
Oggi il sabrage rimane un mito ed è utilizzato soprattutto durante eventi e celebrazioni prestigiose, come matrimoni, compleanni e feste di lusso per fare spettacolo.
Sciabolare lo champagne è diventato anche una forma d’arte dato che richiede pratica e precisione: l’obiettivo è colpire il collo della bottiglia esattamente sul punto di giunzione tra vetro e tappo, staccando il collo senza frantumare la bottiglia.
Ma come si fa il sabrage? Una bottiglia di champagne ha una pressione interna di circa 5-6 atmosfere, quasi tre volte quella di uno pneumatico! Ed è questa pressione che permette al collo della bottiglia di staccarsi in modo netto, grazie alla tensione interna che spinge il vetro verso l’esterno.
La sciabola scorre lungo il corpo della bottiglia verso il collo, colpendo la piccola cresta sotto il tappo, punto in cui la bottiglia è più debole. Il colpo netto fa sì che la forza della sciabola e la pressione interna spezzino il collo in un punto preciso. La pressione spinge fuori immediatamente qualsiasi scheggia, rendendo il contenuto della bottiglia sicuro da bere.
Tra i professionisti del sabrage, alcuni utilizzano non solo sciabole, ma anche oggetti curiosi come coltelli da cucina, bicchieri, anelli, o persino telefoni cellulari, trasformando il sabrage in una sfida di creatività.
Le 5 migliori cantine di champagne
Ecco infine le migliori 5 cantine dove brindare in occasione dello Champagne Day secondo gli esperti di Anthology by Mavolo.
Maison Météyer , Trelou-Sur-Marne
L’azienda ha conservato dopo ben sei generazioni i valori di autenticità appassionata dei viticoltori indipendenti, specializzandosi nella coltivazione delle tre varietà di uva della Champagne, Pinot Meunier, Pinot Noir e Chardonnay, delle quali è possibile organizzare delle degustazioni esperienziali ad hoc. Il cavallo di battaglia della cantina è il Météyer Expression Noir, un Pinot Nero adatto ad ogni occasione: aperitivo, antipasti, carni bianche, piatti gourmet.
Cantina-Diligent
Maison Saint Réol, Ambonnay
Erede ideale delle grandi famiglie dello Champagne, di cui perpetuano con estro, sapienza ed esperienza l’inclinazione all’eccellenza. La volontà feroce di perseguire la qualità più alta e la benedizione di poterlo fare con le uve dei migliori terroir della Champagne fanno dell’ampia e ricca gamma di Saint-Réol un magnifico racconto di scoperte e incontri decisamente deliziosi.
La famiglia presenta, come compagno perfetto di questo Champagne Day, un bicchiere di Saint-Réol Brut, che deriva dall’assemblaggio di due vitigni chiave di questa regione vitivinicola, il Pinot Noir e Chardonnay, entrambi provenienti dalle montagne de Reims. Il vino ideale per gli aperitivi più esclusivi.
Maison Diligent, Buxeuil
È nel sud della regione dello Champagne, nel cuore della Côte des Bar, che si trovano i vigneti della famiglia Diligent, per l’80% di Pinot Noir, per il 17% di Chardonnay e per il 3% di Pinot Blanc.
I viticoltori della maison perpetuano il lavoro delle molte generazioni che li hanno preceduti e si impegnano a tramandare tutte le loro conoscenze ai loro figli.
Continuità e miglioramento restano il loro proposito quotidiano e il loro obiettivo per il futuro. L’eccellenza di famiglia è l’André Diligent Véhémence Brut, che al naso sprigiona aromi di frutta matura, mentre all’assaggio si presenta fruttato e fresco con intense note agrumate.
Cantina-Jeeper
Maison Jeeper, Faverolles et Coëmy
Jeeper è un nome piuttosto insolito per uno champagne e sebbene Armand Goutorbe lo abbia scelto per distinguersi dai numerosi viticoltori della regione con il suo stesso cognome, jeeper resta insolito e unico. La scelta è un omaggio alla Jeep Willys abbandonata da quelle parti dall’esercito degli Stati Uniti alla fine della guerra e dimostratasi utilissima per risalire i vigneti.
Le cantine di Champagne Jeeper sono vicino a Reims, nel nord-ovest della Regione dello Champagne, e agli appassionati è offerta l’opportunità di scoprire i segreti del metodo di produzione dello Champagne, visitando i vigneti e scoprendo i segreti della coltura delle viti.
Una bottiglia di Jeeper Cuvée Grand Assemblage o di Cuvée Grand Rosé è la proposta della cantina per questo giorno di festa. Si tratta di vini fruttati, corposi ed equilibrati, ideali per l’aperitivo.
Maison Loriot Pagel, Festigny
I Loriot sono una delle famiglie storiche di Festigny. Le generazioni si sono infatti susseguite tra questi vigneti, tramandandosi grappoli e sapere, fino ai giorni nostri.
Gli champagne di Jean-Philippe sono rotondi e pieni di gusto, caratterizzati da un Pinot Meunier, espressione più tipica del terroir di Festigny, lavorato in maniera magistrale.
La cantina apre al pubblico solo in via ufficiale, con un tour organizzato da un operatore del settore. Non può mancare per il brindisi un calice di Loriot Pagel Spécial Club Vintage 2015.
Questo champagne millesimato, creato in esclusiva per il Club Trésors de Champagne, è una rapsodia della freschezza dolce e fruttata del Meunier, la firma del vitigno del vigneto di Festigny.
Lo Spécial Club deve essere degustato con piatti raffinati e delicati, come il salmone marinato nel succo di pompelmo o il filetto di maiale dolcemente speziato.
Ott 22, 2024 | Enogastronomia
Da sempre ricco di fascino e costellato di storie avvincenti, curiosità e aneddoti da scoprire, il mondo del vino non smette di stupire e sperimentare.
Ci sono vignaioli e wine maker che amano osare, avventurandosi alla scoperta di nuove frontiere nella ricerca di quel quid che gli permetta di creare vini con un carattere ancora più intrigante e unico.
Perché allora non testare luoghi singolari e insoliti dove affinare e far invecchiare il vino?
Tralasciando l’esperienza inarrivabile e al momento non ancora bissata di Petrus 2000, invecchiato 14 mesi in orbita presso la Stazione Spaziale Internazionale, ecco cinque vini che “lo fanno strano, l’affinamento” selezionati per voi.
In mare, nelle acque del delta del Po
Laddove il Po termina il suo corso sfociando nel mare Adriatico, Stella Maris Brut Blanc de Noir di Mariotti, azienda di Argenta (Ferrara), riposa tre mesi.
Questo Blanc de Noir, che nasce nella sabbia, dopo un anno di affinamento in bottiglia a contatto con i lieviti si “tuffa” in mare, dove le bottiglie rimangono immerse all’interno di un cestello chiamato “Ostriga”, brevettato da un’azienda locale per l’allevamento delle ostriche.
Grazie alle correnti e a un’incessante fluttuazione, i lieviti si muovono continuamente all’interno della bottiglia, assicurando un contatto completo con il vino, regalandogli una personalità unica. Al ripescaggio delle bottiglie segue il dégorgement e il successivo imbottigliamento.
Ottenuto vinificando in purezza i grappoli delle viti a piede franco di Fortana, l’uva delle sabbie per eccellenza, Stella Maris Brut Blanc de Noir di Mariotti si contraddistingue per il suo colore oro e le sue bollicine fini e persistenti, un bouquet aromatico intenso ed elegante con note fruttate di bacca e marasca, fiori di acacia e un lieve tocco agrumato.
Fresco e sapido in bocca è avvolgente e morbido al palato, con una buona acidità e sul finale presenta una nota aromatica che ricorda la buccia di arancia. Ideale con antipasti di mare, pesce alla griglia e frittura di pesce.
Prezzo al pubblico: 50 euro
In millenarie cave di pietra nel Monferrato
Nel cuore del Monferrato, le antiche cave sotterranee di pietra da cantone del Castello di Uviglie, con la loro superficie di 10mila mq raccontano la storia di un fondale marino antico 17 milioni di anni, originato dall’antico mare del Piemonte.
Scavate nel corso di oltre 1.200 anni, le cave della cantina Castello di Uviglie, grazie a un progetto di rivalutazione compiuto dalla famiglia Bonzano, sono oggi dedicate all’affinamento del Metodo Classico.
In questi luoghi sotterranei, il processo di rifermentazione in bottiglia de Le Cave Extra Brut millesimato avviene molto lentamente, affinando sui lieviti per 44 mesi.
Realizzato con uve Pinot Nero e Chardonnay, è una bollicina effervescente ed elegante, brillante alla vista e con sentori fruttati e di crosta di pane e note minerali al palato.
Fresco e cremoso, si sposa con crostacei in salsa bernese, primi piatti di verdure, pesce arrosto, carni bianche e formaggi saporiti.
Prezzo al pubblico: 26 euro
Nelle miniere piemontesi
Nei cunicoli scavati dall’uomo nella Valle Germanasca per estrarre la rara e pregiata varietà di talco piemontese “Bianco delle Alpi”, a 1 km di profondità affinano per almeno 36 mesi le bottiglie di Eli Pas Dosè, il Metodo Classico di L’Autin, cantina di Barge (Cuneo), al confine tra le province di Torino e Cuneo.
Una a una, le bottiglie vengono trasportate a mano nelle miniere situate a 1260 metri sul livello del mare, nelle gallerie dove la temperatura è costante a 10 °C e l’umidità è al 90% e dove il vino riposa nel cuore della montagna tra silenzio e buio plasmando il suo carattere.
Il blend di uve Bianver, vitigno nobile piemontese, Pinot Nero e Chardonnay al naso sprigiona sentori di lievito, crosta di pane e con profumi fruttati, mentre al palato è fresco e con una buona acidità, che lo rendono perfetto come aperitivo e a tutto pasto con piatti a base di pesce e crostacei.
Prezzo al pubblico: 25 euro
A 30 metri di profondità in un pozzo
In provincia di Asti, la Cascina Carlòt produce ogni anno in poche bottiglie Mario e il Pozzo, un Moscato Bianco di Canelli in purezza che esprime a pieno la personalità del titolare Carlo Mo e la sua passione per la natura e per una viticoltura sostenibile.
Un vino brioso, avvolgente e accattivante che segue rigorosamente la fermentazione in bottiglia, tecnica usata in Piemonte dal dopoguerra e anche da Mario Mo, nonno di Carlo. «Dovevo però trovare un ambiente con poca luce, che avesse temperatura costante durante tutto l’arco dell’anno, possibilmente non sopra i 15 gradi: un vecchio pozzo di famiglia destò la mia attenzione.
La notevole profondità, circa trenta metri, garantiva un’acqua dalla temperatura di poco inferiore, un ambiente completamente riparato dalla luce e soprattutto la contropressione che andava a contrastare quella sviluppata dai lieviti indigeni presenti nel vino.
Dovetti attendere 24 mesi per valutare il risultato di questo lavoro, era il 2012. Le bottiglie si presentarono con flora indigena inattiva, portata in punta per illimpidirle e ritapparle con il tappo a fungo. Nasceva così il mio primo Moscato “metodo classico”» racconta Carlo Mo.
Un vino unico, dalla spuma fitta e cremosa che al naso è intenso e delicato, con ricordi di fiori di acacia, glicine, pesca e albicocca, mentre il palato viene avvolto da note fini e cremose. Perfetto per un brindisi speciale e con dolci, torte alla crema e pasticceria secca.
Prezzo al pubblico: 46 euro
Ad alta quota sul Monte Bianco
Un’interpretazione estrema delle uve Prié Blanc che vengono vinificate in purezza oltre i 2.000 metri di quota sul Monte Bianco, grazie alla collaborazione con la Società delle Guide Alpine di Courmayeur: Cuvée des Guides di Cave Mont Blanc è un Metodo Classico dalle caratteristiche uniche e rare determinate dalla pressione atmosferica dell’alta quota e dalle temperature costanti mantenute durante i due anni di affinamento a 2.173 metri.
Dal 2015 il processo di spumantizzazione e dégorgement avviene all’interno della cantina creata presso il Pavillon du Mont Fréty, la stazione intermedia della funivia Sky Way Monte Bianco.
Tutto ciò influenza la straordinaria qualità del perlage di questo Metodo Classico che spicca per la sua armonia e complessità, tra profumi floreali e lievi sentori di scorza di agrume, buona sapidità, mineralità e freschezza al palato. Da sorseggiare come aperitivo con salumi, fritture di pesce e finger food gourmet, o ancora con antipasti di pesce al vapore, spaghetti alle vongole, ostriche e pesce alla griglia.
Prezzo al pubblico: 80 euro