Nasce il primo metodo classico della Valle Isarco

Nasce il primo metodo classico della Valle Isarco

Valorizzare e dare visibilità ai vitigni autoctoni della Valle Isarco: nasce con questo obiettivo l’ultima novità di Cantina Valle Isarco, la più giovane realtà cooperativa vinicola dell’Alto Adige, da sempre votata alla valorizzazione dei vitigni a bacca bianca Kerner e Sylvaner: si chiama Aristos Zero Pas Dosé, Metodo Classico 100% Sylvaner.
Se il Kerner – nato nel 1929 dall’incrocio tra Schiava Grossa e Riesling e che deve il suo nome al poeta tedesco Justinus Kerner, genio romantico e visionario – oggi è molto noto al pubblico dei wine lover e coltivato con grande successo non solo in Germania, in Austria e in Svizzera, ma anche in Alto Adige, dove dà vita a bianchi profumati, eleganti e di grande qualità, il Sylvaner invece non ha ancora raggiunto questa notorietà seppur sia il vitigno più antico presente nella valle.  


Ed è proprio per valorizzare il Sylvaner che Cantina Valle Isarco ha deciso di proporre, accanto alle tre versioni ferme e secche di questa varietà, declinate nelle linee Classica, Aristos e Sabiona, anche una versione spumantizzata con Metodo Classico.
«La Valle Isarco è un territorio di vini fermi – spiega il direttore generale della cantina, Armin Gratl – ma il Sylvaner, che per noi è una varietà molto importante, che fuori dall’Alto Adige è ancora poco conosciuta. Il lavoro di comunicazione che stiamo facendo da qualche anno sicuramente ne sta aumentando la notorietà, ma volevamo fare qualcosa di più. Così, abbiamo pensato di creare una quarta etichetta dedicata al nostro Sylvanerche accontentasse il trend mainstream delle bollicine e anche la nostra forza vendite. Una chance interessante, ovviamente solo se il risultato fosse stato di alta qualità». 


Per questo la nascita di Aristos 0 nasce dopo una sperimentazione iniziata nel 2018: «Sarebbe stato facile fare un Metodo Classico utilizzando come uve lo Chardonnay, ma noi puntavamo con questo progetto a valorizzare e dare visibilità ai nostri vitigni autoctoni. Il Sylvaner è perfetto per la spumantizzazione, a differenza del Kerner. Abbiamo selezionato la vigna, il momento della vendemmia ideale per fare un base spumante e capito tutto il percorso da fare per spumantizzare al meglio. Abbiamo scelto la versione non dosata perché volevamo mettere in bottiglia tutta l’espressività di questo vitigno, senza “alterazioni” del dosaggio».   

Il risultato è un Pas Dosé che affina per 36 mesi sui lieviti, contraddistinto da rotondità e dolcezza del frutto, dotato di grande freschezza e sapidità. Giallo paglierino chiaro con riflessi dorati, il perlage è finissimo e persistente con profumi intensi di fiori bianchi freschi, pietra focaia e brioche.  Approccio cremoso e minerale al palato, con una lunghezza elegante e vibrante.  

L’annata di debutto di Aristos 0 Pas Dosé è relativa alla vendemmia 2019, la tiratura è di 800 bottiglie. «Per le annate 2020 e 2021 abbiamo prodotto 1800 bottiglie, per la 2022 la produzione è aumentata a quota 3500 bottiglie e il nostro obiettivo è di raggiungere le 5mila unità per ogni annata», conclude Gratl.  

 

A Fossanova di Priverno i vini delle Abbazie

A Fossanova di Priverno i vini delle Abbazie

L’Italia del vino ha mille sfaccettature. Dai grandi brand di fama mondiale e milioni di bottiglie esportate in tutti e cinque i continenti; ai piccoli artigiani della cantina. C’è ne davvero per tutti i gusti nel paese anche come biodiversità fra i tanti autoctoni e gli internazionali lavorati in purezza e in sapienti blend.
Di sicuro un fascino assoluto lo hanno i vini che nascono alle ombre dei monasteri e delle abbazie (leggi qui) che a contarli, anche nel nostro paese, non sono pochi.

Foto di Luca Pennacchioni per unsplash

Un evento enoico unico

Nello straordinario borgo di  Fossanova di Priverno ai piedi dell’omonima abbazia in provincia di Latina, in un antico borgo medievale dove è rimasta inalterata l’atmosfera cistercense del XII secolo il 2, 3, e 4 giugno si svolgerà “Vini d’Abbazia” un evento che mette in rete i produttori che valorizzano vigneti di origine monastica la cui storia e qualità riflettono il lavoro, l’abilità e lo spirito dei monaci, dal Medioevo ai giorni nostri.
Banchi d’assaggio, di vino e di prodotti Slow Food, master class e dibattiti culturali vi accompagneranno in un viaggio senza tempo, nella lentezza che si deve alla produzione di vini di pregio e nella sapienza delle antiche abbazie italiane e francesi.
Un luogo ideale, incastonato nel territorio straordinario della provincia di Latina, per una manifestazione unica nel suo genere che collega i vini ad Abbazie, monasteri e territori e ospiti vini scelti delle abbazie francesi della Rete Nazionale Francese dei Vini d’Abbazia.


Un’austera abbazia gotica per un evento moderno

L’Abbazia di Fossanova, costruita tra il 1163 e il 1208 e divenuta monumento nazionale nel 1874 è un esempio del primo stile gotico italiano, dagli interni spogli come l’austero memento mori dei monaci cistercensi vuole.
Consacrata nel 1208  aveva un ruolo preminente nella zona, testimoniato da un’architettura nuda, un magnifico rosone, oltre a un tiburio e capitelli finemente scolpiti e ben conservati. L’abbazia è circondata da un borgo arricchito dai resti di una villa romana del I secolo a.C.
Il complesso dell’abbazia di Fossanova è costituito dal chiostro, fulcro del complesso, dalla chiesa di Santa Maria, dalla Sala Capitolare, dal refettorio, dalla cucina e dai dormitori dei conversi.
Oltre ai sovrastanti dormitori dei monaci, completano la struttura la casa dei pellegrini, il cimitero e l’infermeria.
Proprio nel cuore dell’abbazia, negli ambienti del chiostro, refettorio e sala capitolare si svolgerà la tre giorni di Vini d’Abbazia.


Cosa troverete ai banchi d’assaggio

Ecco l’elenco dei vini che troverete in assaggio dal nord al sud tutti i vini monastici in degustazione

Abbazia del Goleto – Feudi Di San Gregorio
• Abbazia Di Valvisciolo
• Abbazia Di Busco
• Azienda Agricola Arnaldo Caprai
• Abbazia Di Muri Gries
• Abbazia Di Novacella
• Abbazia Di Praglia
• Abbazia Di Rosazzo – Felluga
• Badia a Passignano – Antinori
• Monache Trappiste Di Vitorchiano
• Monastero Di Bose
• Monastero Di Sabiona – Valle Isarco
• Monastero Dei Frati Bianchi
• Abbazia Di Crapolla
• Monastero di Santo Stefano Belbo – Beppe Marino
• Convento della Santissima Annunciata – Bellavista
• Abbazia di Monte Oliveto Maggiore
• Monastero di Camaldoli
• Vallepicciola Pievasciata
• Les Vins d’Abbayes – Associazione di Abbazie francesi
• Abbazia Cistercense di Casamari

Le 10 cose da fare a Slow Fish 2023

Le 10 cose da fare a Slow Fish 2023

Il viaggio Coast to Coast sta per cominciare: mancano solo pochi giorni all’undicesima edizione di Slow Fish, la manifestazione biennale che dall’1 al 4 giugno approda al Porto Antico di Genova.
Organizzata da Slow Food e Regione Liguria, con il patrocinio del Comune di Genova, del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste e del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Slow Fish 2023 torna ad animare il cuore marinaro della città con un ricco programma dedicato al tema delle interconnessioni, tra ambienti acquatici, ecosistemi costieri e terraferma.
Oltre 30 incontri tra conferenze, forum e approfondimenti, più di 70 degustazioni e Laboratori del Gusto, 11 cene tematiche e 35 eventi diffusi in tutta la città. A Slow Fish appassionati e curiosi di tutte le età hanno l’occasione di trascorrere quattro giorni all’insegna del cibo – e del vivere – buono, pulito e giusto.
Tra una lezione di cucina, una tappa alle Cucine di strada e un aperitivo vista mare: ecco alcune delle esperienze da segnare in agenda.


1 – Partecipare a una delle cene sotto le stelle 

Che siano chef stellati o cuochi di osterie, nelle cene di Slow Fish rivestono tutti un ruolo speciale: ambasciatori della storia e della tradizione gastronomica di un territorio.
Affiancati dallo staff del Bistrot Rollipop, nel centro storico della città, ospitiamo Pasquale Palamaro del Ristorante Indaco di Ischia, Peppe Guida dell’Antica Osteria di Nonna Rosa e Gennaro d’Ignazio della Trattoria La Vecchia Marina di Roseto degli Abruzzi. Nel  QBA Craft Beer Food and Beershop, in zona Brignole, tre appuntamenti ci permettono di abbinare birre artigianali e preparazioni che traggono ispirazione da ricette esotiche, mentre nel centro storico di Genova, Quelli dell’Acciughetta accolgono Daniele Provezza, di Dispensa Franciacorta e membro dell’Alleanza Slow Food dei Cuochi, in una serata che unisce sapori di mare e di lago.


2 – Esplorare il mondo delle specie aliene

Le specie aliene sono piante esotiche e animali che, introdotti accidentalmente o deliberatamente in luoghi al di fuori del proprio habitat naturale, si sono diffusi in ambienti lontani dal loro, occupando nicchie ecologiche di altre specie. A Slow Fish le conosciamo da due punti di vista: nelle attività di educazione, per scoprire come salvaguardare il gambero di fiume italiano dalla loro invasione, tra giochi ed escursioni, e nei Laboratori del Gusto, per capire come trasformare questo problema ambientale in una risorsa per le comunità e per la tutela dell’ecosistema Adriatico e Mediterraneo. Lo dimostrano progetti innovativi come la start-up delle Mariscardoras e i loro prodotti a base di granchio blu, o le originali preparazioni dell’osteria Dispensa Franciacorta che vedono protagonista il pesce siluro.


3 – Degustare produzioni tipiche regionali provenienti da tutta Italia e dall’estero

Pesci, conserve, sali, spezie e oli extravergini. E poi ancora erbe officinali e aromatiche, frutta, ortaggi e conserve.
Affacciato sul Porto Antico, il Mercato di Slow Fish 2023 espone il meglio dei prodotti della pesca e dell’agricoltura costiera e rappresenta un’occasione per incontrare produttori straordinari provenienti dall’Italia e dal mondo, assaggiare e acquistare i loro prodotti e imparare a conoscerne le caratteristiche e la storia.
Da non perdere il debutto della Sardegna a Slow Fish, tutto da scoprire, mentre il pubblico del Porto Antico apprezzerà anche questa volta i molti spunti offerti dal programma di incontri e degustazioni della Puglia. E poi ancora Calabria, Campania, Lazio, Toscana…


4 – Assaggiare le specialità di food truck, cucina e di strada e birrifici artigianali e le etichette dell’enoteca

Tra un incontro e un giro al Mercato, non mancano le occasioni per conoscere le proposte dello street food all’italiana, i tanti “ristoranti viaggianti” che approdano a Genova e i birrifici artigianali che a Slow Fish animano il Porto Antico e Piazza Caricamento.
Il Pastificio Novella, che da Sori offre pasta fresca e salse partendo da prodotti legati alla tradizione gastronomica locale, i padroni di casa Zena Zuena, con un’ampia offerta di focacce e farinate, ma anche gli amici marchigiani di Scottadito, che propongono olive ascolane e pesce fritto.
Una menzione speciale merita l’Enoteca, che in questa edizione torna in Piazza delle Feste con oltre 300 etichette da tutta Italia, da abbinare alle creative tapas di mare della Trattoria dell’Acciughetta. 


5 – Incontrare le comunità dei pescatori che custodiscono i nostri mari

Dalle cooperative del Mar Ligure a quelle delle coste marchigiane e toscane, dalle tecniche di pesca artigianali presenti in Sicilia fino ai pescatori del Lago Trasimeno e D’Iseo.
Tutti i giorni alle 17, nell’Arena di Slow Fish diamo la parola ai custodi del mare che continuano a svolgere questo mestiere tra rarefazione delle specie, mutamenti ambientali, difficoltà nel far valere i propri diritti e vedere riconosciuta la diversità delle loro tecniche artigianali.


6 – Scoprire nuovi abbinamenti con le lezioni di In cucina con Slow Food

Valorizzare la bottarga d’acqua dolce, creare piatti speciali che uniscono sapori di mare e terra e reinterpretare, a tema mare, piatti della tradizione come la genovese: sono solo alcune proposte degli appuntamenti di In cucina con Slow Food.
A Slow Fish le lezioni di cucina che affiancano l’esperienza, i valori e la conoscenza dei cuochi dell’Alleanza Slow Food vedono protagonisti tre evergreen degli eventi della Chiocciola: la pasta di gragnano Igp del Pastificio Di Martino, le birre artigianali di QBA – Quality Beer Academy e l’Acqua San Bernardo. 


7 – Rivoluzionare il modo di fare Aperitivo

Tutti i giorni, dalle 19 alle 20, la Slow Fish Arena si trasforma nella casa degli Aperitivi quotidiani, incontri che valorizzano tre preziosi elementi frutto del profondo legame tra mare e terra: i vini della Slow Wine Coalition, gli oli della Guida agli Extravergini e il pane della rete Slow Grains.
Quattro appuntamenti in cui scoprire ambienti naturali e storie agricole uniche, tra vitigni eroici liguri, come il Presidio Slow food dello Sciacchetrà, vini costieri dei trabocchi abruzzesi e oli toscani dalla Versilia in Toscana, etichette della laguna veneta abbinate all’olio di Capri, e gli accostamenti tra i calici delle vigne urbane dei Campi Flegrei e gli gli oli degli oliveti di Voltri.


8 – Venire in Casa Slow Food

Come in tutti gli eventi della Chiocciola, la Casa Slow Food accoglie socie e soci, chi vuole entrare a far parte della rete per la prima volta o rinnovare la propria adesione, ma anche ospiti speciali, come la green influencer Silvia Moroni, che il 1 giugno presenta il suo nuovo libro Parla Sostenibile.
In occasione di Slow Fish, socie e soci Slow Food riceveranno anche alcune sorprese in più: un welcome tasting di benvenuto, sconti per i Laboratori del Gusto e per le pubblicazioni di Slow Food Editore e vantaggi anche per alcune iniziative in città, come un ingresso ridotto per la visita al Galata Museo del Mare e al sottomarino Nazario Sauro. 


9 – Parlare di turismo, mercati e politiche del cibo

In Area Mandraccio, lo spazio incontri di Slow Fish offre spunti di riflessione su differenti temi.
Ragioniamo sull’idea di un turismo lento e propenso a cogliere l’identità dei territori, proponendo alcuni esempi tra le destinazioni del progetto Slow Food Travel, tra Carso e Sardegna; approfondiamo le politiche del cibo e della pesca sostenibile, conoscendo il lavoro di organizzazioni e progetti importanti legati alla lotta contro gli sprechi alimentari e alle buone pratiche innovative, come la onlus Worldrise, e infine ci interroghiamo sul ruolo che i mercati possono svolgere nella tutela del mare e delle specie ittiche a rischio di estinzione, ascoltando le testimonianze di chi sta gettando le basi per modelli più giusti e consapevoli. 


10 – Visitare la città di Genova, tra mostre, botteghe storiche e inediti itinerari

Non solo Slow Fish!
Nei giorni dell’evento Genova mette a disposizione un ricco programma di eventi: il Paganini Film Festival, nei luoghi legati alla vita del celebre violinista, l’esperienza immersiva dedicata a Van Gogh a Palazzo Ducale, mostre artistiche che permettono di conoscere la storia della città, come quella realizzata dall’Associazione Amici di Palazzo della Meridiana sulla vita a Genova ai tempi della Repubblica, ma anche il percorso espositivo Lo davamo per scontato, che attraverso lo sguardo di dieci artisti internazionali under 35 vuole far luce sulla necessità di lottare per i diritti alla persona.

 

“Garda Doc a bordo”: 4 appuntamenti per degustare i vini del Garda Doc in navigazione sul lago

“Garda Doc a bordo”: 4 appuntamenti per degustare i vini del Garda Doc in navigazione sul lago

Il Consorzio Garda Doc porterà a bordo della Motonave Zanardelli i vini della denominazione. Il primo giugno, infatti, si inaugura Garda Doc a Bordo, un evento dal format esclusivo che offrirà al pubblico la possibilità di scoprire i vini dell’areale gardesano a bordo della Motonave Zanardelli.

Il Garda da degustare in navigazione sul Garda

Garda Doc a Bordo si presenta come una rassegna di quattro serate con cadenza settimanale, i giovedì del mese di giugno, rivolte al pubblico degli enoappassionati, che potranno approfondire la conoscenza dei vini della denominazione, che riunisce una grande molteplicità di tipologie, dai varietali alle bollicine.
“Il Lago di Garda, è il denominatore comune di tutto l’areale gardesano e punto di interconnessione fra le
tre province sulle quali si estende la denominazione: Mantova, Brescia e Verona.


“Non poteva che essere
questo il luogo dove organizzare l’evento che rappresentasse a pieno la nostra denominazione e i valori del Consorzio” dichiara Paolo Fiorini, Presidente del Consorzio Garda Doc “Le serate si svolgeranno a bordo della Motonave Zanardelli, e i protagonisti indiscussi saranno i vini dei produttori del Consorzio, in mescita a bordo della nave durante durante la navigazione sulle acque del nostro iconico lago.”
La rassegna di appuntamenti di Garda Doc a Bordo è stata realizzata in collaborazione con Hostaria,
associazione culturale di organizzazione e promozione di eventi legati al mondo dell’enogastronomia.
“Insieme al Consorzio abbiamo voluto creare in modo sartoriale un’esperienza unica, modellata sui valori
del Consorzio e su ciò che esso rappresenta nel territorio gardesano” dichiara Alessandro Medici,
Presidente di Hostaria “Il format di queste serate è pensato per far vivere un’esperienza firmata Garda Doc
a 360°.


Ecco come saranno le serate

Il programma delle cocktail dinner, infatti, non solo prevede la degustazione dei vini dei produttori
del Consorzio ma anche l’abbinamento con piatti della cucina tipica gardesana, musica dal vivo, il tutto
durante la navigazione nelle acque del Lago di Garda, immersi in un’ambientazione davvero suggestiva”.
Oltre alle quattro serata aperte al pubblico, 1|15|22|29 giugno, ci sarà una serata istituzionale, durante la
quale, tra gli ospiti d’onore sarà presente una delegazione di trenta giornalisti di stampa nazionale ed
internazionale ospiti del Consorzio, che nei giorni successivi visiteranno l’areale gardesano per toccare con mano ed esperire in modo diretto l’incommensurabile patrimonio enologico di questo territorio,
conosciuto e rinomato in tutto il mondo per la sua peculiare bellezza.

L’evento Garda Doc a Bordo è sostenuto dal Consorzio nella sua totalità e l’entrata sarà libera previa

prenotazione fino ad esaurimento posti.

Torchiato di Fregona, un patrimonio che non è andato perduto grazie a 7 piccoli produttori

Torchiato di Fregona, un patrimonio che non è andato perduto grazie a 7 piccoli produttori

Si è parlato di territorio, di produzioni vinicole, di tutela del paesaggio, dell’arte del saper fare ereditata come tradizione. Ma anche di turismo, e di quanto una Denominazione ben gestita possa diventare un importante driver economico per il territorio.


La salvezza a pochi passi dall’estinzione

Sette piccoli vignaioli 10 anni fa, associandosi in forma di cooperativa, hanno salvato il Torchiato dal rischio di estinzione unendo le proprie forze per presentarsi sotto un’unica etichetta: “Piera Dolza Torchiato di Fregona”.
Così facendo stanno tentando di superare le criticità dell’essere troppo piccoli per affrontare le esigenze del mercato.
Piera Dolza in dialetto veneto significa pietra dolce, perché facile da lavorare. Veniva estratta dalle vicine Grotte del Caglieron e impiegata nei secoli scorsi per gli stipiti delle porte di case e palazzi della vicina Vittorio Veneto e di Venezia.
Con questa pietra si era anche modellato il basamento atto a sostenere lo storico torchio posizionato nella piazza del paese dove tutti potevano recarsi per la torchiatura delle uve, cerimonia che a memoria d’uomo cadeva nella settimana di Pasqua, come avviene ancora oggi. 


Una rigorosissima selezione per il Piera Dolza 10 anni

Piera Dolza 10 anni è un risultato importante, un piccolo miracolo reso possibile solo dall’impegno coeso dei nostri vignaioli – spiega Alessandro Salatin, presidente della piccola cooperativa -.  Duemilacinquecento bottiglie da 375 ml frutto della vendemmia 2013 che non è detto riusciremo a produrre ogni anno. Ancora non abbiamo stabilito a quale prezzo verrà posta in vendita questa riserva speciale di 10 anni perché è difficile trasmettere il grande valore contenuto in ogni bottiglia”.
Il Torchiato di Fregona segue rigidissime regole di produzione.
Le rese massime consentite in vigna arrivano a 100 q per ettaro ma non tutto ciò che viene vendemmiato va bene per l’appassimento.
Solo le uve migliori superano la severissima selezione. Talvolta ne resta solo il 30% o addirittura il 20%. Di questo, dopo 2 o 3 cicli di torchiatura, ne rimane appena il 20% pronto per il lungo affinamento. Ed è l’unico vino il cui disciplinare impone venga realizzato con l’impiego di tre vitigni autoctoni: il principale è il Glera, lo stesso vitigno base del Prosecco, poi la Boschera e il Verdiso in percentuali ben definite.
“In aggiunta – osserva Salatin – come cooperativa ci siamo autoimposti regole ancora più stringenti relative alla sostenibilità ambientale. Questo vino quindi è veramente prezioso”. 


Breve storia di un mito

Tra storia e leggenda, il Torchiato di Fregona nasce in un non meglio precisato anno del 1600 quando,
a primavera, un contadino recupera i grappoli di un’annata sfavorevole dimenticati in un granaio. Gli
acini, avvizziti ma sanissimi, lo tentano. Decide di provarne la vinificazione torchiando con vigore le
uve e ottenendo alla fine del processo un vino bianco passito intenso, ricco di aromi e dolce al palato.
La piacevole scoperta spinge nel tempo altri contadini della zona a fare altrettanto. Nei piccoli poderi
diffusi in zona, coltivati principalmente da mezzadri a servizio dei latifondisti, ogni anno si cominciò a
nascondere parte dell’uva nei granai per destinarla alla produzione di questo irresistibile nettare.
Presto se ne scoprono anche insospettate qualità tanto da essere impiegato come ricostituente, come
rimedio per la tosse e altre malattie da raffreddamento, come tonico per donne incinte e perfino per i
bambini ai quali ne veniva riservato un cucchiaino nelle occasioni speciali.
Il successo di questo vino crebbe rapidamente fino a diventare un vino iconico, rappresentativo dello
stesso paese di Fregona, orgoglioso di avergli dato i natali.


La torchiatura in piazza nella settimana santa

Dopo aver trascorso tutto l’inverno prestando a turno scrupolose cure alle uve, le famiglie si davano
appuntamento per la pigiatura a primavera nella piccola piazza del paese dove era stato allestito un
torchio per uso comune, innalzato su una lastra di pietra. Qui ciascuno provvedeva a torchiare i propri
grappoli. Una festa paesana storicamente celebrata la settimana santa, prima di Pasqua, che vive
ancora oggi all’insegna di valori universali come la condivisione, la socialità e la convivialità. Una
tradizione ancorata fortemente negli abitanti del luogo, ora capace di attirare turisti da ogni dove per
celebrare un vino prezioso riservato alle occasioni speciali come l’arrivo di un ospite importante, una
nascita, un matrimonio.


I 7 eroi della rinascita

Nel tempo le piccole aziende che producevano modestissime quantità di vino destinate al consumo
familiare, prendono nuova forma in un consorzio e condividono un’immagine coordinata per proporsi
sul mercato come Torchiato di Fregona. Le iniziali tredici aziende che danno origine alla DOC,
successivamente si trasformano in cooperativa fino a configurarsi nell’Associazione degli attuali 7
produttori della DOCG nata per decreto nel 2011.
Il grande balzo avviene nel 2012 con l’inaugurazione del Centro di Appassimento, struttura congeniale
per ubicazione e per capacità produttiva, capace di soddisfare le esigenze dei sette produttori e di
garantire un prodotto con unica etichetta.
Grazie anche all’aiuto della Regione Veneto, della Provincia di Treviso e del Comune di Fregona, che
hanno investito nella salvaguardia di questo prodotto straordinario, i sette vignaioli si sono associati in
forma di cooperativa e, unendo le proprie forze, sono riusciti a produrre una maggior quantità di Piera
Dolza, in un ambiente più controllato e regolamentato.
Una produzione media di circa 15.000 bottiglie l’anno, 20 mila nelle annate migliori. Nonostante oggi
esistano le condizioni per aumentare questi numeri, i sette vignaioli assicurano che il Torchiato non
diventerà mai industriale e manterrà sempre i criteri di qualità garantiti da una lunga tradizione e
dalla cura manuale.


L’unico passito italiano fatto con tre autoctoni

La produzione del Torchiato di Fregona Piera Dolza segue una procedura antichissima.
Nel severissimo Disciplinare di Produzione, l’insieme di norme alle quali i produttori devono
obbligatoriamente attenersi, non sono previsti interventi chimici esterni, tutto avviene
sfruttando le stagioni, il particolare microclima della zona di Fregona e l’esperienza del
produttore.
Questo vino, è l’unico passito italiano realizzato con tre vitigni autoctoni: il disciplinare

impone debba contenere un minimo di: 30% di Glera (lo stesso vitigno base del Prosecco) 25% di
Boschera e 20% di Verdiso; varietà che ciascun produttore deve provvedere a coltivare da sé
all’interno del suo podere nelle quantità necessarie.
Dopo la vendemmia vengono conferite solo le uve migliori, selezionate rigorosamente a mano, e
riposte in cassettine di circa cinque chili. Una volta portate ad appassire riposano in fruttaia per circa
sei mesi. La Boschera, per le sue caratteristiche, viene adagiata nei graticci, mentre le altre stanno
nelle cassettine (invertite almeno una volta portando quelle più in alto in basso e viceversa). È solo
durante i primi 10-15 giorni che vengono azionate delle ventole per aiutare il processo di asciugatura
dell’umidità contenuta nell’uva. Poi essa viene lasciata riposare a temperatura e areazione controllata
fino al livello ottimale di appassimento, sfruttando le peculiarità del microclima come si fa da secoli.
Dopo circa sei mesi avviene la diraspatura che anticipa di poco la torchiatura delle uve. Per estrarre il
massimo degli aromi gli acini vengono sottoposti al torchio almeno un paio di volte, più spesso una
terza.
La resa massima dei vigneti dedicati alla produzione del Torchiato è di 100 quintali/ettaro ma alla
fine del processo, se tutto va bene resta un 20% della produzione.
Il mosto fermenta un mese, un mese e mezzo, a temperatura controllata, poi viene messo a maturare
per il 50% in acciaio e la restante metà in barrique esauste da vini bianchi.
Il disciplinare prevede un affinamento di un anno e mezzo, ma il vino viene lasciato solitamente
riposare due o tre anni invertendo le due masse, trasferendo il vino dalle barrique all’acciaio e
dall’acciaio alle barrique.
Infine viene assemblato e imbottigliato, per affinare ulteriormente in bottiglia, almeno cinque / sei
mesi prima di essere immesso nel mercato.
Per garantirgli l’altissimo standard qualitativo che lo connota, stante una vendemmia non all’altezza,
nel 2014 i sette soci hanno deciso di non vinificare il Torchiato.


Un terroir carsico

Il territorio in cui è prodotto il Piera Dolza è caratterizzato dal microclima del Bosco del Cansiglio,
una gola senza barriere, né naturali né artificiali, che presenta una media di due/tre gradi in meno
della vicina Vittorio Veneto. La conformazione carsica dell’Altipiano del Cansiglio risulta ideale per i
vigneti poiché la ventilazione presente anche nelle giornate estive più calde, favorisce la produzione di
uve sane.
Il sottosuolo è prevalentemente composto da limo e argilla con vigneti caratterizzati dalle piccole
dimensioni, a volte anche di soli venti o trenta filari.
La sostenibilità ambientale. In aggiunta alle severissime regole dettate dal disciplinare, la
cooperativa si è autoimposta un regolamento ancora più stringente. Esso vieta ogni tipo di diserbante,
favorisce lo sfalcio a interfilari, e prevede che il lavoro avvenga principalmente in forma manuale, sia
in vigna che in cantina.
Tutta la filiera viene gestita internamente, anche negli aspetti commerciali e di promozione e
marketing sia tradizionali che digitali, i quali non vengono finalizzati alla mera vendita, quanto a
meglio far conoscere questa realtà, unica nel suo genere.
Il nome Piera Dolza richiama la storia del paese nella cui piazza è ancora presente l’antico torchio
poggiato su una pietra estratta dalle vicine Grotte del Caglieron. Una pietra arenaria facile da
lavorare con la quale si realizzavano gli stipiti delle porte dei palazzi signorili della zona, ma anche
delle sontuose dimore di Venezia. Un legame con il territorio e con la tradizione che è stato ripreso nel
nome e nel logo dove appare appunto il torchio sulla pietra.
Oltre al Piera Dolza, la cooperativa dal 2015 produce la Boschera in purezza un vino che nonostante
la sorprendente acidità -tanto da meritarsi la definizione di ‘brivido verde’- possiede grande equilibrio
e indiscussa eleganza. Con le vinacce derivate dalla lavorazione del Torchiato viene prodotta, da una
vicina distilleria, anche una grappa.
Nel piccolo spaccio allestito all’interno del Centro Appassimento, trovano spazio anche alcune
preparazioni dolciarie come il “Torchiatone” una focaccia dolce, naturalmente al Torchiato; e il
formaggio “imbriago” una specialità casearia prodotta dalla vicina latteria Agricansiglio, affinata –
neanche a dirlo- sulle vinacce del Torchiato.

La cucina delle erbe spontanee di Antonia Klugmann per Wwf

La cucina delle erbe spontanee di Antonia Klugmann per Wwf