di Nadia Fondelli – Un grande fiorentino, o meglio un italiano come è scritto sulla sua tomba nel cimitero monumentale delle Porte Sante di San Miniato al Monte. Questo è stato Giovanni Spadolini.
Tanti sono infatti gli appellattivi con cui potremmo definire questo grande fiorentino: giornalista, politico e storico.
Era nato a Firenze nel 1925 da una buona famiglia di cultura artistica ed umanista. Ha respirato aria buona a Pian dei Giullari fra gli enormi scaffali di libri, soprattutto d’arte, conservati dal padre Giulio, buon pittore macchiaiolo.
Quasi naturale quindi che, ben presto, si appassionasse ai libri e al giornalismo collaborando con testate quali Il Corriere della Sera, Il Messaggero e Il Resto del Carlino di cui divenne direttore a soli 29 anni.
Fu un bravissimo divulgatore al punto che, l’Università di Firenze, creò addirittura per lui la cattedra di storia contemporanea alla Cesare Alfieri.
Fu poi presidente del consiglio d’amministrazione alla Bocconi di Milano, creatore della Fondazione Nuova Antologia e presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Storici fondato da Benedetto Croce.
Per i più è celebre soprattutto per la sua lunga e fulgida carriera politica che l’ha visto diventare senatore del partito repubblicano italiano dal 1972 e poi Ministro dei beni culturali, della cultura, della difesa, della pubblica istruzione, Primo Ministro (il primo non democristiano), Presidente del Senato e Presidente della Repubblica ad interim e Senatore a vita.
Nonostante la brillante carriera giornalistica, accademica e politica non ha dimenticato mai la sua Firenze, anzi.
Appena libero da impegni istituzionali si rifugiava sempre nella sua Pian dei Giullari ed era ospite fisso nella storica trattoria da Omero dove, in sua compagnia è stata seduta a quei tavoli la storia mondiale di un ventennio.
La già grande biblioteca del padre è diventata con lui una biblioteca fondamentale per Firenze, la Fondazione Nuova Antologia è diventata uno dei cardini culturali d’Italia e la sua casa di Pian dei Giullari una grande casa museo preziosa per la città.
Un italiano, un grande fiorentino che ci ha lasciato troppo presto, venti anni fa. Un grande fiorentino che ha portato la sua città come vanto nel mondo.
Un amore spassionato che si legge fra le righe del suo libro postumo “La mia Firenze” dove struggentemente ripercorre la sua vita fra odori, colori e sapori dimenticati della Firenze che fu.
Un italiano, un grande fiorentino forse troppo dimenticato.
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