La valle dell’Isonzo ha al suo centro un paese il cui nome, se letto in italiano è sinonimo di sconfitta disastrosa. Caporetto è però molto di più e non solo perché si chiama Kobarid ed è in Slovenia. La valle dell’Isonzo ammalia con una natura incredibile, lo scorrere smeraldo del suo fiume e una gastronomia che la pone al top delle mete europee.
Siamo a pochi passi dal confine italiano. Anzi, l’Isonzo Soca (in sloveno)che scende sinuoso dal nord a sud nella sua stretta valle, in Italia ci entra a Gorizia prima di gettarsi nell’Adriatico a pochi passi da Trieste.
La valle dell’Isonzo fra storia, natura e tradizione.
Isonzo prima guerra mondiale. Inevitabile iniziare dalla storia. Cruenta e viva nella memoria collettiva. É quella legata alle tragiche vicende della Prima Guerra Mondiale alle dodici battaglie dell’Isonzo e a quella tragica disfatta italiana che del paese ha preso il nome.
L’Isonzo front fu teatro funesto di scontri e sangue. L’Isonzo e gli echi delle battaglie rimasti nelle anse del fiume. Nelle narrazioni dei nipoti dei combattenti, in qualche fortino e qualche metro di trincea rimasti nei boschi, nel “sentiero della pace” nel museo di Caporetto e nell’Ossario italiano.
L’Isonzo e la sua natura
L’identità di un piccolo territorio racchiuso in una vallata stretta e feconda. Questa è la valle dell’Isonzo col suo “Sentiero smeraldo”. Così viene chiamato quello che dal monte Triglav, dove ha la sua sorgente, scende verso il confine italiano dopo aver attraversato le zone vinicole del Brda (Collio sloveno) e del Vipava.
L’Isonzo in sloveno Soça, con il contorno del suo eccezionale ambiente naturale è amato dai turisti attivi. Meta ideale non a caso per gli amanti del kayak e del rafting. Per i trekkers e gli alpinisti, per gli appassionati del volo libero e i ciclisti.
Al centro della vallata è Kobarid ovvero quella Caporetto che senza quella battaglia di un nebbioso ottobre sarebbe ricordata solo come un’amena cittadina di montagna dove si vive bene.
La Caporetto di oggi
La Caporetto di oggi non è solo il cuore della valle dell’Isonzo, è un pugno o poco più di deliziose casette colorate e ordinate raccolte vicino al fiume. Un paese che merita una visita non solo per il museo dedicato alla Grande Guerra ma per le sue attrattive naturalistiche. Su tutte la straordinaria cascata Kozjak (in sloveno Slap Kozjak) appena fuori dal paese che si trova in un anfiteatro roccioso naturale alla confluenza fra il ruscello omonimo e l’Isonzo. Le cascate sono facilmente raggiungibili dal paese. Subito dopo il ponte di Napoleone si può lasciare l’auto in un parcheggio e proseguire a piedi lungo un sentiero nel bosco che scorre proprio di fianco al fiume smeraldo.
Una meta del gusto
Caporetto si candida a diventare una delle mete del gusto più trend dell’Europa e nel 2021 sarà “destinazione gastronomica d’Europa”..
Non solo perché il filosofo Bartolomeo Platina nel suo trattato sull’alimentazione sana del 1467 cita il cuoco del patriarca di Aquileia e quindi anche della vale dell’Isonzo. E a proposito di mangiar sano seguendo la cultura locale è inevitabile parlare della chef “fenomeno” Ana Ross. Il suo Hisa Franko da solo attrae in questa piccola vallata migliaia di gourmet da tutto il mondo affascinanti dalla sua visione di cucina.
Ana e suo marito Valter sommelier e affinatore di formaggio Tolmic da soli hanno creato un’economia giovane e moderna. Un’economia del gusto che ha fatto sì che oggi da questa vallata non si debba più andar via in cerca di fortuna.
Un’economia che ruota intorno alla valle del’Isonzo e alle eccellenze del gusto dal cuore antico. Il segreto è tutto lì. Nella tradizione tramandata da generazione in generazione.
In quest’ottica si collocano i celebri struccoli di Kobarid di cui ogni massaia ha una ricetta personale e a cui si dedica un festival.
Ogni famiglia ha i suoi struccoli. La storia e la tradizione di questa specialità non sono quindi assolute. Non esiste uno struccolo uguale all’altro.
Ma cosa sono gli štrukelj (questo il nome sloveno) di Kobarid?
Un dolce ripieno “firmato” da ogni massaia con l’impronta del suo dito al centro di cui vi diamo anche la ricetta (LEGGI) . In passato questo dolce era uno spuntino sostanzioso che si offriva d’estate alle maestranze della montagna e dei campi oggi è il re di ogni menù delle trattorie più ruspanti e dei ristoranti più ricercati della valle.
Da non confondersi però con gli strucoli (una sola c) triestini e goriziani piatto salato o dolce di confine dove le tradizione istriane, austriache e italiane si incontrano e confondono.
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