Bergamo a tavola non è solo polenta ma è soprattutto Casoncelli alla bergamasca. Volete scoprire con noi il tutto il bello e il buono della vera cucina bergamasca? Casoncello e Bergamo sono un binomio perfetto. Una storia lunga 630 anni!
Simbolo di Bergamo da oltre 600 anni!
Al superficiale cultore della gastronomia da tubo catodico dire Bergamo e dintorni è dire polenta. Niente di più falso.
Quando si è iniziato a mangiar polenta, dopo il 1492 e la scoperta dell’America con conseguente sbarco in Europa del mais già da secoli dalle parti di Bergamo si mangiavano i casoncelli. Piatto simbolo della città orobica da oltre 630 anni.
Questa pasta comparve per la prima volta in un manoscritto vergato dal notaio Castello Castelli il 13 maggio 1386. Qui si narra di una gran festa che si tenne a Bergamo Alta quel giorno per oltre duemila convenuti. Fra musica, danze e cibarie si offrì anche taglieri ricolmi di casoncelli.
Casoncelli: antenati del raviolo
Scopriamo insieme questa pasta fresca che ho testato a Lallio, piccolo paesotto di eleganti villette bifamiliari e altrettanti centri commerciali stretta fra Orio al Serio e Dalmine a 35 km, da Milano.
La pasta ripiena, conosciuta soprattutto se si chiama tortellino o raviolo, ha nel casoncello, il suo più antico rappresentante tutto da scoprire, soprattutto in bocca.
Infinite le variabili dei Casoncelli alla bergamasca. Ogni casa e ogni massaia ha la sua personalissima versione. Nella versione standard è fatta per il ripieno da pane, grana padano, carne di manzo e suino, prezzemolo, uvetta, scorza di limone e amaretti mentre per l’impasto da sola farina, sale e acqua e condimento burro, salvia e pancetta.
Non solo casoncelli. Ecco il tagliere alla bergamasca
Prima del casoncello ho però approcciato i sapori della cucina bergamasca con un bel tagliere aromatico delle tante variabili di formaggi che la zona offre.
Del resto già nel 1200 i Visconti di Milano chiedevano che venissero portati sulle loro tavole formaggi delle valli bergamasche.Oggi ben otto sono quelli che hanno ottenuto la Dop: dal Branzi al Formai de mut della Val Brembana al celebre Taleggio dell’omonima valle per finire con lo Strachitunt quasi del tutto dimenticato e che un solo montanaro continuava a produrre in piccole quantità prima di essere riscoperto.
L’agrodolce che conquista
Ma torniamo al casoncello che ho degustato in un locale senza infamia e senza lode nell’aspetto. Un po’ freddino ma il gusto c’era.
Profumato, aromatico e con quel contrasto che conquista fra la pancetta del condimento e gli amaretti del ripieno che un po’ rimanda ai sapori dolci forti di montagna. In bocca per rimanere alle paste fresche fuori dal classico e ricche di contrasti mi ha riportato alla foresta del Tarvisiano e ai fantastici cjalsons.
Il casoncello c’è e conquista per far scoprire Bergamo e le sue valli a tavola. Ecco se volete provarli, la ricetta originale.
0 commenti