12 Settembre 2024

Il mondo delle api

Vogliamo parlarvi di api, insetti straordinari che giocano un ruolo fondamentale negli ecosistemi e sulla nostra esistenza principalmente attraverso la funzione fondamentale dell’impollinazione.
Esistono migliaia di specie di api, ma quella più conosciuta è l’ape domestica (Apis mellifera), famosa per la produzione di miele.

Photo credit: Artur Rydzewski on VisualHunt

Le api salveranno il mondo

Le api sono, come accennato, i principali impollinatori delle piante, trasportando il polline da un fiore all’altro.
Questo processo è cruciale per la riproduzione di molte specie vegetali e, indirettamente, per la produzione alimentare umana, poiché circa un terzo delle colture dipende dall’impollinazione animale.
Negli ultimi anni, le api come sappiamo sono in grave pericolo poiché minacciate da fattori come l’uso di pesticidi, il cambiamento climatico e la perdita di habitat, elementi che portando a una preoccupante diminuzione delle popolazioni, conosciuta come sindrome dello spopolamento degli alveari.
La loro riduzione rappresenta un grave rischio per la biodiversità e la sicurezza alimentare globale.

Photo credit: PiùChéBella on Visualhunt

Tutte le curiosità su questo straordinario insetto

Le api sono animali straordinari e comunicano tra loro attraverso la danza dell’ape, un movimento che indica la posizione delle fonti di cibo.
Dedite come attività esclusiva alla produzione di miele, ogni ape produce in media solo un dodicesimo di cucchiaino di miele nella sua vita.
Sono oltre mille le specie diverse di api e l’Italia fa la sua parte con le selvatiche e le solitarie. Le api sono insetti particolarmente importanti per la biodiversità, poiché sono impollinatori specializzati per molte piante autoctone italiane. Scopriamo le due tipologie di ape italiana.


L’ape nera del Ponente Ligure

Il Ponente ligure è una sottile striscia di territorio compresa tra le spiagge occidentali del mar Ligure e le creste delle Alpi Marittime che segnano il confine con la Francia e il Piemonte, ed è caratterizzata da strette e lunghe valli, spesso inaccessibili e selvagge.
Nei secoli, gli abitanti di queste terre hanno ricavato spazi coltivabili strappandoli alle pendici rocciose e scavando i tipici terrazzamenti detti “fasce” o “maixei”, ancora oggi teatro di un’agricoltura eroica.
In questa zona di confine, in particolare nel territorio della provincia di Imperia, due sottospecie di api, la bionda (Apis mellifera ligustica), endemica della penisola italiana, e la nera (Mellifera Mellifera) proveniente dalla vicina Francia, si incontrano ibridandosi naturalmente da millenni, dando vita a un ecotipo ligure, comunemente chiamata ape nera del Ponente ligure.
L’ape nera del Ponente ligure è molto resistente: si è infatti adattata al particolare microclima e alla flora locale, gestendo le risorse e volando anche in condizioni climatiche avverse. Osservando alcune colonie in grado di sopravvivere nei tronchi di alberi o in anfratti di roccia, alcuni apicoltori delle valli interne hanno deciso di scommettere su quest’ape, allevandola e cercando di preservarla.
Lo stretto contatto con un ambiente totalmente naturale ha spinto verso una rigida selezione degli individui più forti, che oggi riescono più facilmente a contrastare le minacce che il mondo dell’apicoltura deve fronteggiare, tra cui patogeni, specie aliene, inquinamento e cambiamento climatico.
Nonostante la robustezza di questo impollinatore, la consistente introduzione di diverse sottospecie verificatasi a partire dal secondo dopoguerra ne ha causato una significativa erosione genetica, a cui oggi si unisce l’ulteriore minaccia di un insetto invasivo, la vespa velutina o calabrone asiatico, che nutre le proprie larve cacciando le api in volo. La grande voracità e la forte capacità di colonizzare interi areali, costruendo nidi in luoghi difficili da raggiungere, rende la vespa velutina un vero incubo per api e apicoltori.
Le aziende apistiche che preservano l’ape nera del Ponente ligure sono di piccola dimensione: dall’allevamento delle api ricavano miele – in prevalenza millefiori di macchia mediterranea, erica, castagno, propoli e polline. Nella gestione degli alveari è prassi degli apicoltori lasciare alle famiglie di api un quantitativo di miele sufficiente per affrontare il periodo invernale.


L’ape nera sicula

Non è vero che tutte le api sono gialle e nere.
La livrea che normalmente associamo all’ape è in realtà tipica della ape ligustica, l’ape più diffusa in Italia, tanto da essere definita anche ape italiana.
Esistono api scure, grigie o anche nerissime, proprio in Italia, simili morfologicamente alle api nere africane (dalle quali differiscono però per la minore aggressività): le quali nel dna hanno un miotipo genetico africano.
L’ape nera sicula (Apis mellifera siciliana) ha l’adome scurissimo e una peluria giallastra e le ali sono più piccole.
Ha popolato per millenni la Sicilia e poi è stata abbandonata negli anni ’70 quando gli apicoltori siciliani sostituirono i bugni di legno di ferula (le casse a forma di parallelepipedo usate come arnie) e iniziarono a importare api ligustiche dal nord Italia. L’ape sicula rischiò in quegli anni la totale estinzione, evitata grazie agli studi e alle ricerche di un entomologo siciliano,
Pietro Genduso, che la studiò per anni dopo la classificazione avvenuta ad opera di Montagano nel 1911. Genduso trasmise questa passione a uno studente, Carlo Amodeo, tuttora l’unico l’allevatore di api regine siciliane pure iscritto al registro nazionale.
Gli ultimi bugni di api nere sicule furono ritrovati in un baglio di Carini dove un vecchio massaro apicoltore produceva miele con quel sistema antico. I bugni contenevano alcune famiglie di api che Carlo Amodeo, dopo aver deciso di praticare l’apicoltura professionale, conservò in isolamento sulle isole di Vulcano e Filicudi.
È molto docile, tanto che non servono maschere nelle operazioni di smielatura, è molto produttiva – anche a temperature elevate, oltre i 40° quando le altre api si bloccano – e sopporta bene gli sbalzi di temperatura. Caratteristiche molto importanti per la produzioni in aree dal clima molto caldo.
La nera sicula inoltre sviluppa precocemente la covata, tra dicembre e gennaio, evitando quindi il blocco della covata invernale comune alle altre specie, e consuma meno miele delle altre api. Il miele di ape nera sicula non è invece diverso, dal punto di vista organolettico, da quello prodotto con le api di altre razze.
A lanciare l’allarme sul rischio di estinzione della sottospecie siciliana è stato nel 2008 l’apicoltore Carlo Amodeo, ultimo custode di tre linee genetiche. Oggi sono otto gli allevatori che hanno recuperato le regine da Amodeo si avvalgono della sua esperienza per reintrodurre la sottospecie autoctona e produrre miele.

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