Il Lambrusco è più di un vino, è una vera e propria leggenda emiliana.
Prodotto fra le province di Reggio Emilia, Parma e Modena è un vino rosso (a volte rosato) frizzante dalla spuma vivace ed evanescente, profumo di viola o fruttato, una gradevole acidità, un carattere fresco e vivace e un moderato contenuto alcolico (non supera solitamente i 10, 11 gradi).
I rami principali del Lambrusco sono sette, disponibili nelle versioni secco, amabile o dolce: il Sorbara, il Grasparossa, il Salamino, il Marani, il Maestri, il Montericco e l’Ancellotta.
Quanto al territorio di produzione, assieme a varietà minori i vitigni del Lambrusco vengono coltivati prevalentemente in Emilia Romagna nelle aree circostanti le province di Reggio Emilia, Parma, Mantova e Modena anche se alcune zona di produzione sconfinano in Lombardia.
Un vino unico legato al suo territorio
La produzione del Lambrusco avviene prevalentemente con due metodi: il metodo Charmat (oppure detto Martinotti) utilizzato per creare la maggior parte dei Lambruschi frizzanti, che prevede la fermentazione secondaria in autoclave permettendo di mantenere la freschezza e i profumi caratteristici. C’è poi il metodo Classico usato meno frequentemente, ma che produce Lambruschi con bollicine più fini e strutturate.
Dopo la raccolta le uve vengono pigiate e fermentate. Il vino viene quindi messo a fermentare una seconda volta per creare la caratteristica effervescenza.
Ma che differenza c’è fra i diversi tipi di Lambrusco: Sorbara, Grasparossa, Salamino e Maestri?
Beh è evidente che presentano caratteristiche uniche che li distinguono in termini di colore, profumi, sapori e struttura. Vediamo nel dettaglio.
Quattro vini per un solo mito
Lambrusco di Sorbara
E’ considerato il più raffinato e delicato ed è noto per la sua elevata acidità e una struttura leggera. Questo lo rende un vino fresco e piacevolmente frizzante. Tendenzialmente di colore rosso rubino chiaro, a volte con riflessi rosati; presenta aromi floreali intensi come la violetta e note di lampone e fragola. Al palato risulta secco, fresco e leggero, con un buon equilibrio tra acidità e tannini moderati. Perfetto con antipasti, salumi, fritti leggeri e piatti di pesce.
Lambrusco Grasparossa
È il Lambrusco più strutturato e tannico, con una maggiore intensità rispetto al Sorbara. La sua robustezza lo rende adatto a piatti più corposi. Di un rosso rubino scuro, a volte con riflessi violacei al naso ha note fruttate di mora, ciliegia scura e un sottofondo speziato. Ha un gusto più pieno e intenso, con una maggiore presenza di tannini e una buona persistenza in bocca. È tipicamente secco, ma si possono trovare versioni amabili. E’ ideale con piatti a base di carne, arrosti, formaggi stagionati e la tradizionale cucina emiliana, come i tortellini o lo zampone.
Lambrusco Salamino
Chiamato così per la forma del grappolo, simile a un salame, questo Lambrusco è noto per essere una via di mezzo tra Sorbara e Grasparossa in termini di corpo e intensità. Il colore è rosso rubino vivace, con una spuma persistente e una tonalità violacea. Al naso è fruttato con sentori di ciliegia, prugna e leggeri accenni floreali. In bocca ha una buona struttura e una dolcezza bilanciata. L’acidità è moderata, e il gusto è generalmente armonico, con una piacevole morbidezza. Si sposa bene con i salumi e le preparazioni emiliane, come tigelle e gnocco fritto. Le versioni dolci possono essere servite con dolci secchi.
Lambrusco Maestri
È questa una varietà versatile spesso utilizzata anche in blend con altri vitigni per arricchire i vini. Ha un carattere forte e un buon corpo. Dal colore rosso intenso e scuro, con sfumature violacee e una spuma abbondante al naso ha aromi ricchi di frutti di bosco, ciliegia nera e spesso note di spezie. Al palato, il Maestri offre un gusto pieno e rotondo, con tannini decisi e una piacevole effervescenza. È più corposo rispetto al Sorbara, ma meno tannico del Grasparossa. Ottimo con piatti di carne rossa, stufati e formaggi più saporiti.
Un legame indissolubile col territorio
Questo vino come accennato anche in introduzione ha un legame profondo con l’Emilia-Romagna, terra di tradizioni culinarie famose in tutto il mondo ed è spesso associato a piatti regionali come salumi, formaggi stagionati (in particolare il Parmigiano Reggiano), pasta ripiena (come i tortellini e i cappelletti) e piatti di carne.
La sua acidità e le sue bollicine lo rendono perfetto per sgrassare la bocca e bilanciare la ricchezza dei cibi emiliani.
Inoltre, la cultura del Lambrusco è legata alle tradizioni contadine e alla convivialità tipica della regione, dove il vino è visto come una bevanda quotidiana e accessibile, da condividere con la famiglia e gli amici.
Tutte le curiosità
Il Lambrusco ha origini antichissime che risalgono ai tempi degli Etruschi e dei Romani. Testimonianze storiche indicano che il vino prodotto con queste uve era già apprezzato nell’antichità.
Negli anni ’70 e ’80 è stato uno dei vini italiani più esportati al mondo, in particolare negli Stati Uniti, dove veniva apprezzato per la sua dolcezza e la facilità di beva.
Per molti anni ha sofferto una reputazione di vino semplice e di bassa qualità, soprattutto per via delle versioni commerciali dolci prodotte in grandi quantità per l’export; ma negli ultimi decenni tuttavia i produttori hanno lavorato per migliorare la qualità e restituire al Lambrusco la dignità di un vino eccellente, capace di sorprendere anche i palati più esigenti.
Le diverse tipologie dimostrano la versatilità di questo vino, che può spaziare da versioni fresche e leggere a varianti più strutturate e complesse.
Anche se tipicamente accostato ai piatti della tradizione emiliana, il Lambrusco si abbina bene a una varietà di cibi, dai fritti ai piatti asiatici speziati, grazie alla sua acidità e alla frizzantezza che puliscono il palato.
Diverse versioni di Lambrusco hanno ottenuto le denominazioni di origine controllata (Doc) e controllata e garantita (Docg), come il Lambrusco di Sorbara Doc e il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Doc, a testimonianza della qualità e dell’importanza di queste varietà.
Infine un cenno alla spuma che nell’immaginario comune fa il Lambrusco. Per conoscere il segreto della sua formazione dobbiamo però fare un passo indietro e analizzare il processo di vinificazione tradizionale, detto di rifermentazione primaverile.
Anzitutto, nel Lambrusco la spuma nasce spontaneamente. Un tempo i cantinieri si avvalevano della forte escursione termica invernale che interrompeva la fermentazione per farla riprendere nella primavera successiva, quando il vino era ormai imbottigliato: si otteneva così la rifermentazione in bottiglia. L’anidride carbonica rimaneva infatti sciolta nel vino e, una volta stappata la bottiglia, compariva la spuma.
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