Lo zafferano di San GimignanoThe saffron of San Gimignano

Lo zafferano o croco è stato la fortuna di San Gimignano perché grazie alla sua commercializzazione la cittadina è diventata famosa al punto che che con esso si sono costruite anche le famose torri.

Questa piccola piantina di provenienza orientale si diffuse grazie alla via Francigena e gli scambi furono così intensi che ben presto la Toscana divenne un mercato internazionalmente.

Benché diffuso anche in altre zone d’Italia lo zafferano di San Gimignano è considerato uno dei migliori al mondo ed è definito oro giallo per i suoi costi, ma basti solo dire che, per mille metri quadrati di zafferano occorrono 25.000 bulbi da cui si ricava circa un chilogrammo di prodotto essiccato!

Lo si usa in cucina come pregiata spezia anche se in antichità veniva utilizzato anche come colorante di tuniche o come magico sedativo.
Lo zafferano purissimo di San Gimignano è coltivato ancora oggi con metodi naturali che escludono l’uso di prodotti chimici in ogni fase di lavorazione. La sua coltura, abbandonata per secoli, è stata reintrodotta grazie all’associazione “Il Croco” con il cui marchio s identifica. E’  un prodotto di altissima qualità come attestato  dall’assegnazione del marchio Dop (denominazione d’origine protetta) e Igt (indicazione geografica protetta).

Troverete lo zafferano confezionato in varie grammature, ma da provare sono anche i mieli ed altri prodotti da scoprire…

Cavalcare all’islandese vicino a San GimignanoCavalcare all’islandese vicino a San Gimignano

A due passi da San Gimignano è possibile vivere un’esperienza unica; fare una passeggiata equestre, cavalcando all’islandese.
Un’idea insolita per la Toscana quella della Fattoria Voltrona al cui interno vivono, in gruppo, dodici cavalli islandesi destinati a escursioni all’aperto per cavalieri esperti e principianti.

Si chiamano Pila, Tindra, Askja, Gimli, Geysir, Artilli, Brenna, Blesi, Hneta, Twystin, Djaukni e Sörtli i dodici esemplari dell’allevamento, la cui razza viene definita, da un punto di vista tecnico, a 5 marce. Oltre a passo, trotto e galoppo i cavalli islandesi si muovono, infatti con altre due andature: tölt e l’ambio veloce.

Il tölt è un’andatura a quattro tempi particolarmente sciolta senza scosse, che rende possibile una posizione più stabile per il cavaliere. L’ambio, al contrario, è un passo elastico e veloce, con sequenza laterale in due tempi, nel quale si spostano contemporaneamente le due gambe di un stesso lato del corpo e l’animale raggiunge la velocità da corsa.
Moltissimi gli itinerari proposti per difficoltà e durata, che si snodano nelle strade bianche del Chianti e della Valdelsa tra viali di cipressi, oliveti, vigneti e boschi.

Una guida specializzata seguirà i cavalieri lungo tutta la passeggiata, accompagnando il percorso con spiegazioni e curiosità relative ai luoghi toccati dalle escursioni. 

CastelvecchioCastelvecchio

Un castello la cui storia s’intreccia, inevitabilmente, con quella della potente San Gimignano a cui apparteneva. Castelvecchio era del contado la punta più avanzata verso Volterra ed era difesa da possenti mura di cinta intervallate da torri.

Con la costruzione di Castelsangimignano, Castelvecchio perse la sua funzione strategica e così, a poco a poco, il castello venne abbandonato e la zona si inselvatichì a punto che, solo in tempi recenti sta ritornando, pian piano alla luce con le sue antiche strutture grazie a un gruppo di appassionati.

Oggi restano per gran parte, ruderi di mura, di torri e i ruderi dell’antica chiesa di San Frediano, ma lo straordinario incantesimo che evoca questo luogo, strappato alla macchia circostante è unico.

Una visita doverosa per curiosi della storia e delle leggende, se non altro per “risentire” la cupa atmosfera in cui si svolse la storia del feroce guerriero che per conquistare il castello, non esitò a servirsi della figlia del conte feudatario, la quale, coinvolta nell’insidioso progetto, fece entrare il giovane assediante nella stanza della torre, lo aiutò a strappare dal braccio del padre addormentato il bracciale a forma di serpente che garantiva, secondo la leggenda, a chi lo avesse posseduto l’invincibilità: ma un fulmine, improvvisamente piombò sulla torre, la distrusse e pose termine alla tragica vicenda di passione e tradimento.

Il lamento di questa fanciulla, dannata per l’eternità echeggia a Castelvecchio nelle notti senza luna; forse crediamo che sia il sibilare del vento che si muove fra le solitarie rovine, ma vale senz’altro la pena di andare a verificare di persona, magari di giorno.