Nel panorama vinicolo italiano un posto d’onore, anche se alcuni storcono la bocca, spetta al Lambrusco vino frizzante, allegro e generoso come la terra da cui proviene l’Emilia.
Uno dei vini italiani più famosi (ed esportati) al mondo è in realtà un crogiolo di vitigni e colori racchiusi in un solo nome: lambrusco.
Sono ben dodici i vitigni a bacca nera autoctoni dell’Emilia Romagna da cui deriva questo apprezzato nettare frizzantino.
La storia del Lambrusco: da Virgilio al Conte Dandolo
Il Lambrusco è stato decantato da poeti e scrittori classici come Virgilio e Catone che hanno raccontato del “Labrusca vitis”, un vitigno selvatico che cresceva ai margini delle campagne.
Persino Plinio il Vecchio, nel suo trattato più famoso, descriveva l’area padana come particolarmente vocata alla vite, soprattutto lungo la via Emilia.
È dal Rinascimento in poi però che le testimonianze sul Lambrusco si fanno sempre più presenti, fino ad arrivare all’Ottocento, quando avviene la svolta grazie all’innovazione tecnica per la conservazione di questo vino frizzante pubblicate a Modena dal Conte Vincenzo Dandolo che indica come produrre e imbottigliare correttamente i vini spumosi, al fine di commercializzarlo senza alterazioni. Nascono così nel Novecento diverse attività consortili, fino ad arrivare a oggi,
Le tipologie e le zone di produzione
Prima di parlarvi dell’ottimo Lambrusco protagonista della nostra degustazione è necessario brevemente raccontare che le tipologie di vino frizzante Lambrusco si producono nelle province dell’Emilia Romagna e soprattutto nelle province di Modena, Reggio Emilia e Parma.
È in queste zone che si concentrano le DOC emiliane del Lambrusco, cioè:
Lambrusco di Sorbara DOC:
Dà vita a un vino dai sentori di viola e frutti rossi, apprezzato in tutto il mondo per la sua beva elegante. Il colore può variare da rosato a rosso rubino chiaro
Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC
Lambrusco dal colore rosso rubino intenso dai riflessi esuberanti violacei e un profumo che richiama non solo l’uva appena pigiata, ma anche la mora, l’amarena e la viola.
La zona di produzione comprende i comuni in provincia di Modena e parte della provincia emiliana, si differenzia dalle altre tipologie per il corpo e i tannini più pronunciati.
Colli di Scandiano e di Canossa DOC
Nasce sulle colline reggiane, grazie al cui terreno e clima ottiene grande finezza.
Lambrusco Salamino di Santa Croce DOC
Colore rubino intenso e sentori di lampone, ciliegia e mora. È un vino dalla struttura media che piace a tutti, prodotto nei comuni in provincia di Modena.
Modena DOC
Dal rosato al rubino, passando per il porpora, racchiude in sé il carattere del territorio.
Reggiano DOC
Il suo disciplinare prevede che possano essere utilizzate diverse varietà appartenenti alla grande famiglia dei Lambruschi. Secco ma piacevolmente fruttat oè un vino molto pulito dal grande equilibrio tra acidità e tannini.
Casali, una storia lunga più di 100 anni
La storia di Casali Viticultori, la più antica realtà vitivinicola reggiana, ha inizio nel 1900 quando Giuseppe Casali decise di trasformare la sua produzione famigliare in una vera e propria attività.
La prima cantina, collocata a ridosso dell’antica Rocca dei Boiardo di Scandiano, con il crescente successo dei vini sul mercato e il necessario aumento della produzione, divenne troppo piccola e così la sede si trasferì negli anni ’80 nell’attuale sede a Pratissolo di Scandiano.
Oggi Casali Viticoltori rappresenta un punto di riferimento del comprensorio reggiano e alla fine del 2014 è entrata a far parte del Gruppo Emilia Wine che con più di 700 soci coltiva un vigneto di circa 1870 ettari tra il fiume Po, la Via Emilia e l’Appennino Reggiano.
Nel corso degli anni l’attenzione alla cultura del territorio si è unita, in modo quasi naturale, al rispetto dell’ambiente. Una sensibilità da sempre presente in Casali Viticultori e che l’ha portata a produrre energia pulita e a definire protocolli di coltivazione integrata delle uve che puntano al rispetto per l’uomo e per l’ambiente.
L’obiettivo è quello di fornire concrete garanzie di sicurezza lungo tutte le fasi della filiera, all’interno di un’ottica di completa trasparenza.
L’esperienza storica, la conoscenza del territorio e la cultura del vigneto sono alla base del prezioso patrimonio aziendale tramandato di padre in figlio che permette di proporre vini dalle caratteristiche uniche.
A Pratissolo di Scandiano la moderna cantina ospita al suo interno le autoclavi per la produzione del Lambrusco, vini fermi caratteristici del territorio, nati dall’unione di varietà locali con uve internazionali, e custodisce le bottiglie di spumante Ca’ Besina, il primo Metodo Classico dell’Emilia-Romagna prodotto a monovitigno Spergola, che riposano sui lieviti per almeno 48 mesi nel silenzio e buio della cantina interrata.
Ogni anno la produzione annua si attesta su circa 1,5 milioni di bottiglie, commercializzate in Italia e in più di 30 Paesi nel mondo.
Preservare il patrimonio autoctono locale grazie ad una produzione rispettosa delle caratteristiche dei vitigni e del terroir che li ospita è da sempre uno dei punti fermi di Casali Viticultori. Oltre alla tutela della grande famiglia delle varietà che vanno a comporre l’articolato universo dei lambruschi – Marani, Salamino, Montericco, Grasparossa, Montericco, Ancelotta – uno dei tratti distintivi di Casali Viticultori è certamente la custodia e tutela della Spergola.
Le origini di questa uva autoctona risalgono al XV secolo quando venne citata da Bianca Cappello, Granduchessa di Toscana. Si tratta di un vitigno diffuso solo nella fascia collinare e pedecollinare da Scandiano a Quattro Castella, che nel corso della storia ha ricevuto diverse denominazioni. Per i suoi acini medio-piccoli e la buccia pruinosa di colore verde-giallo, la Spergola è stata a lungo confusa con il Sauvignon Blanc, ma studi più approfonditi dal punto di vista morfologico e genetico hanno poi dimostrato la sua unicità assicurandone l’iscrizione al Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite.
La nostra degustazione
Abbiamo deciso in redazione di approcciarci al Pian di Bosso dopo aver lasciato alle nostre spalle una lunga estate quasi novembrina.
Una scelta precisa perché, pur essendo questo un fantastico vino quattro stagioni volevamo esaltarne al meglio le note nella sua interezza e non influenzati dalla sua piacevole freschezza.
E’ stato un piacevole incontro a quattro: fra me, Nadia Fondelli Donna del Vino e giornalista esperta di enogastronomia da quasi 30 anni, Barbata Tedde, preziosa collaboratrice della nostra testata, sommelier Ais, Donna del Vino e conduttrice di corsi vinicoli molto intriganti e Francesco Catarzi oste di lunga, consolidata fama ed esperienza oggi patron dell’Osteria del Pratellino a Firenze.
Il nostro Pian del Bosso reggiano secco lo abbiamo esaltato per contrasto ovvero abbinandolo a un toscanissimo picio all’aglione in bianco e un’arista rifatta.
Il suo rosso rubino intenso con sfumature violacee che richiamano nei colori la squadra della nostra città Firenze ci ha esaltato, ma più del colore poté l’inteso bouquet olfattivo di rosa, viola mammola e le note intense di prugna e lampone.
In bocca è davvero sgarzullino, intrigante, fresco e quasi irriverente.
Fresco e giovane ma allo stesso tempo anche elegante e vellutato con quella dose di mineralità che ne richiama il desiderio di beva che ha una buona persistenza.
Mai un ortodosso avrebbe pensato a una tale abbinamento ma siccome io, Barbara e Francesco siamo degli avventurieri ne abbiamo abilmente esaltato le doti anche per contrasto.
E chi l’ha detto che un Lambrusco sta bene solo con un buon Parmigiano Reggiano con un aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia, con i salumi artigianali della valley italiana più pregiata?
Osare premia e con il Pian di Bosso è stato così!
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