7 Marzo 2024

Torino, viaggio nel cuore del podere sabaudo. I 6 luoghi da visitare

Tra il XVI e il XVIII secolo la dinastia sabauda volle circondarsi di un sistema di residenze progettate e realizzate dai più importanti architetti dell’epoca: teatro della vita di corte e testimonianza dell’autorità acquisita, luoghi di svago e palazzi di piacere lungo i fiumi, sulla collina e nelle campagne diedero origine a quella che veniva chiamata la “Corona delle Delizie”.
Il centro di Torino è stato, per secoli, nucleo del potere politico sabaudo e cuore di Casa Savoia.
Palazzo Reale, simbolo della magnificenza e del fasto della dinastia, è il fulcro della Zona di Comando e delle Collezioni Reali, ora riunite nei Musei Reali.
L’area di Piazza Castello, delimitata da Palazzo Chiablese, è dominata dalla monumentale facciata juvarriana di Palazzo Madama, trionfo del barocco, che dialoga con la cupola di San Lorenzo e con il poco distante Palazzo Carignano.
A pochi passi dal centro di Torino, Villa della Regina, attorniata da vigne ed eleganti giardini, e il Castello del Valentino, lungo le rive del fiume Po, furono dimore predilette di duchesse, principesse e regine.


I musei reali di Torino

I Musei Reali di Torino propongono un affascinante itinerario di storia, arte e natura, riunendo in un unico complesso museale il Palazzo Reale con l’Armeria e la Cappella della Sindone, la Galleria Sabauda, il Museo di Antichità con la Galleria Archeologica e il Teatro Romano, i Giardini Reali, la Biblioteca Reale e le Sale Chiablese, poste su Piazzetta Reale e destinate alle esposizioni temporanee.
Una città nella città che conferma la centralità di Torino e del suo patrimonio artistico, architettonico e storico in ambito internazionale: oltre 3 chilometri di straordinario percorso di visita per rivivere la Storia, dal primo insediamento romano all’Unità d’Italia.
I Musei Reali, situati nel cuore della cosiddetta Zona di comando, custodiscono le molte storie della città di Torino e della dinastia Savoia.
È uno dei sistemi museali più importanti d’Italia, le cui collezioni spaziano dalla preistoria al Novecento, conservando più di 50.000 manufatti archeologici, 200.000 volumi e 8.000 dipinti e disegni.
Il centro dei Musei Reali è costituito dal Palazzo Reale, la cui costruzione fu avviata nel 1584 per volontà del duca Carlo Emanuele I. È qui che si incontrano i principali protagonisti del rinnovamento artistico e culturale di Torino: sovrani, architetti, pittori e scultori che hanno contribuito a modellare il volto moderno della città. Ben dodici generazioni di sovrani hanno abitato nei sontuosi ambienti del palazzo, trascorrendo le giornate al ritmo del cerimoniale di corte.
I celebri architetti Filippo Juvarra, Benedetto Alfieri e Pelagio Palagi, chiamati per aggiornare il gusto decorativo della reggia, nel corso dei secoli hanno reso Palazzo Reale una residenza ricca di fascino, unica nel suo genere. Nelle volte dipinte, intagliate e dorate trovano spazio le favole antiche, celebrative del potere di Casa Savoia realizzate dai pittori di corte Jan Miel, Daniel Seiter e Claudio Francesco Beaumont. Dal 1861, Palazzo Reale ha assunto il ruolo di prima reggia dell’Italia unita.
L’amore per le arti di Casa Savoia è testimoniato dall’ambizioso progetto di riorganizzazione delle collezioni promosso dal re Carlo Alberto. Nel 1831 fu fondata la Biblioteca Reale, che custodisce antichi manoscritti, codici miniati, incisioni e disegni, tra i quali spicca una preziosa raccolta di autografi di Leonardo da Vinci.
Nel 1832 venne istituita la Regia Pinacoteca, oggi Galleria Sabauda, in cui si possono ammirare opere di artisti italiani tra i quali Duccio, Beato Angelico, Botticelli, Mantegna, Bronzino, Veronese e Tiepolo, e stranieri come Memling, van Eyck, Rubens, van Dyck e Rembrandt.
Nel Museo di Antichità sono conservati i manufatti archeologici acquistati a partire dalla fine del Cinquecento dai duchi Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele I, oltre a reperti provenienti dagli scavi di 
Augusta Taurinorum e dal territorio piemontese.
Aperta al pubblico nel 1837, l’Armeria Reale espone una vasta collezione di armi e armature dei Savoia e il Medagliere raccoglie più di 60.000 medaglie, sigilli e monete.
Completano il complesso museale i Giardini Reali, che si sviluppano su 7 ettari. Recentemente restaurati e liberamente accessibili al pubblico, sono la meta ideale per concedersi una pausa al centro della città.
Le Sale Chiablese, ospitate al piano terreno dell’omonimo Palazzo, sono destinate alle esposizioni temporanee, con particolare riferimento alla fotografia contemporanea e alle produzioni che i Musei Reali dedicano al loro vasto patrimonio, antico e moderno.

Palazzo Madama

“Palazzo Madama è come una sintesi di pietra di tutto il passato torinese, dai tempi delle origini, dall’epoca romana, ai giorni del nostro Risorgimento”. Le parole di Guido Gozzano (da La casa dei secoli del 1914) echeggiano i duemila anni di storia di un edificio unico al mondo: nel I secolo porta decumana di Augusta Taurinorum; nel XIII secolo castello medioevale; nel Settecento capolavoro del barocco europeo; nell’Ottocento osservatorio astronomico e poi il luogo ove “[…] dal MDCCCXLVIII al MDCCCLXVI il Senato del Regno Subalpino prima, italiano poi, riaffermò e svolse lo Statuto Albertino, intrepidamente sostenne i diritti della Patria, suscitò tre guerre contro lo straniero oppressore, auspicò agli ardimenti della Crimea, volle preparò sancì l’unità nazionale, costituì il Regno d’Italia, proclamò Roma capitale” come recita il grande cartiglio, a lettere d’oro incise su fondo nero, della Sala del piano nobile di un Palazzo Madama che, più di ogni altra residenza sabauda, incarna il potere femminile.
Deve infatti il suo nome alle due Madame Reali che nel Seicento lo scelsero come loro dimora ufficiale, segnando il passaggio da castello a residenza. Cristina di Francia, prima Madama Reale, vi si trasferì dal 1638, durante la reggenza per conto del figlio Carlo Emanuele II di Savoia, all’epoca minorenne. Per adeguare l’edificio alla vita di corte, Cristina incaricò l’architetto Amedeo di Castellamonte di coprire l’antico cortile medievale per realizzare, al piano nobile, un ambiente di rappresentanza e una grande sala per le feste e i ricevimenti.
Anche la seconda Madama Reale, Giovanna Battista di Savoia Nemours, abitò il palazzo dopo la morte del marito (1675), il duca Carlo Emanuele II. Per volontà della reggente le sale vennero riccamente decorate con preziosi stucchi dorati modellati da Pietro Somasso e spettacolari affreschi celebrativi delle virtù realizzati da Domenico Guidobono. La trasformazione più sorprendente fu affidata all’architetto Filippo Juvarra che, tra il 1718 e il 1721, progettò la facciata e lo straordinario scalone a due rampe all’ingresso.
Con il trasferimento della capitale d’Italia a Firenze, dal 1884 Palazzo Madama è interessato dagli interventi di studio e restauro coordinati dall’architetto Alfredo d’Andrade, accompagnati da una campagna di scavi e ricognizioni capaci di ricostruirne la complessa e millenaria storia. Strumentale al principio di una nuova fase: dal 1934 Palazzo Madama accoglie le collezioni del Museo Civico d’Arte Antica in un percorso ora articolato su quattro piani di visita, svolgendo un itinerario attraverso il tempo e la Storia: il Lapidario Medievale nel piano fossato, il Gotico e il Rinascimento al pian terreno, le Arti del Barocco al primo piano e l’eccezionale raccolta di Arti Decorative al secondo piano. Nel 2011 ai piedi delle due torri è stato inaugurato il giardino medievale, un’oasi di pace e tranquillità nel pieno centro di Torino.


Palazzo Carignano

A due passi dalla centralissima Piazza Castello, è possibile visitare una delle più importanti dimore barocche europee: si tratta di Palazzo Carignano, un vero e proprio scrigno di tesori artistici, memoria sabauda e del Risorgimento Italiano.
La sua storia inizia nel 1679 quando, a seguito della morte del duca Carlo Emanuele II, nell’incertezza per la sua successione, il cugino Emanuele Filiberto Savoia-Carignano decise di costruire un edificio che rappresentasse la grandezza della stirpe, quasi a proporre un’alternativa alla magnificenza di Palazzo Reale. Fu quindi chiamato l’architetto Guarino Guarini che disegnò un progetto che avrebbe plasmato per sempre l’immagine del barocco piemontese.
Fulcro del palazzo, che in origine aveva una pianta a C aperta verso i giardini e le scuderie, in corrispondenza dell’attuale piazza Carlo Alberto, è il monumentale atrio ovale, dal quale si articola il percorso cerimoniale nelle due maniche laterali. Intorno all’atrio si sviluppano due spettacolari scaloni simmetrici che conducono ad un salone ellittico un tempo coperto con una scenografica doppia volta.
Lo sviluppo curvilineo delle architetture interne si ripercuote sull’andamento ondulato della facciata, riprendendo come modello il progetto di Gian Lorenzo Bernini per il Louvre a Parigi. Dall’ultimo decennio del Seicento, gli appartamenti divennero spunto internazionale per la decorazione d’interni. Fu affidata al milanese Stefano Maria Legnani la pittura delle volte, affrescate con mitologie che celebravano la figura del principe; Pietro Antonio Garoe e Pietro Somasso provvidero alle decorazioni in stucco, anticipando le forme del rococò francese; Giovanni Luigi Bosso rivestì di intagli e specchi le sale della manica meridionale, che da allora furono chiamate ‘dorate’.
Come ricordano due targhe commemorative, a Palazzo Carignano nacquero Carlo Alberto e suo figlio Vittorio Emanuele II. Con l’ascesa al trono del primo (1831) e il suo conseguente trasferimento in Palazzo Reale, si aprì un nuovo capitolo per la storia del palazzo.
Ceduto al Demanio e svuotato degli arredi, trasferiti a Palazzo Reale, al Castello di Racconigi e a Pollenzo, nel 1848 divenne sede del Parlamento Subalpino, allestito nell’antico salone ellittico.
Quando, con l’Unità d’Italia, quella sede risultò troppo piccola, si decise di raddoppiare l’edificio che andò a svilupparsi nell’attuale forma quadrangolare, con una nuova facciata rivolta verso piazza Carlo Alberto. In attesa del termine dei lavori, fu costruita un’aula parlamentare provvisoria, collocata nel cortile centrale: lì Vittorio Emanuele II il 17 marzo 1861 promulgò l’atto normativo che sancì la nascita del Regno d’Italia.
Nel 1865 la capitale fu trasferita a Firenze e l’aula parlamentare prevista dall’ampliamento ottocentesco non venne mai utilizzata. Da quel momento, il palazzo divenne sede di diverse istituzioni culturali: mentre il piano terreno ospita gli eleganti Appartamenti dei Principi di Carignano, dal 1938 nelle sale del piano nobile è allestito il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano.


Palazzo Chiablese

Nel cuore di Torino, un edificio apparentemente austero e senza decorazioni nasconde un tripudio di scintillii dorati, arredi e stoffe colorate: è Palazzo Chiablese, uno tra i più rilevanti esempi del rococò europeo.
Costruito a partire dal Cinquecento e originariamente di proprietà della marchesa Beatrice Langosco di Stroppiana, tra Sei e Settecento la dimora fu abitata dai figli cadetti dei Savoia: nel 1642 fu concessa al cardinale Maurizio in occasione delle sue nozze con la nipote Ludovica, ma di questa fase decorativa restano poche tracce.
L’aspetto odierno è il frutto delle risistemazioni volute dal re di Sardegna Carlo Emanuele III per l’amatissimo figlio ultimogenito Benedetto Maurizio. Il suo titolo era duca del Chiablese e questo nome identificò il palazzo nei secoli a seguire.
Dal 1753, il primo architetto di corte Benedetto Alfieri ampliò la residenza seicentesca sino ad occupare tutto l’isolato; progettò la nuova facciata verso il Duomo, rimasta però incompiuta, in mattoni a vista, e creò una comoda galleria di collegamento con il Palazzo Reale. Al suo interno, gli ambienti furono distribuiti con una grande attenzione alla funzionalità e decorati da una nutrita équipe di maestranze che rivestirono le pareti con boiseries intagliate e movimentarono le volte con stucchi dalle forme rococò. Sopra alle porte furono posizionati i dipinti dei più raffinati pittori presenti in quegli anni a Torino e, per gli arredi, fu coinvolto il re degli ebanisti, il celebre Pietro Piffetti.

Durante l’occupazione francese, il palazzo divenne dimora del principe Camillo Borghese e di sua moglie Paolina Bonaparte. Successivamente vi abitò re Carlo Felice, che lo preferì al Palazzo Reale.
Un ultimo rinnovamento decorativo fu approntato per il matrimonio tra Ferdinando, secondogenito di re Carlo Alberto, e Elisabetta di Sassonia (1850).
L’anno seguente, la dimora diede i natali alla prima regina d’Italia, Margherita di Savoia, che proprio in quelle stanze trascorse la sua giovinezza.
Nel 1943, i bombardamenti sulla città causarono ingenti danni al palazzo: andò completamente distrutto un prezioso salotto settecentesco e furono danneggiati diversi ambienti, come l’Alcova, restaurata nel 2020. Una parte della residenza è oggi sede della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino mentre, al piano terra, Palazzo Chiablese ospita le mostre temporanee dei Musei Reali.


Castello del Valentino

Adagiato su una sponda del fiume Po, nel cuore del polmone verde di Torino, il Castello del Valentino deriva il suo nome da Vallantinum, termine che indicava la morfologia del terreno circostante, contraddistinto da una piccola valle.
Le sue vicende sono legate al trasferimento della capitale del ducato di Savoia da Chambery a Torino nel 1563. Appena un anno dopo, il duca Emanuele Filiberto acquistò il sito allo scopo di estendere strategicamente il proprio controllo anche ai dintorni della città.
È però nel corso del Seicento che la residenza conobbe il suo massimo splendore. Nel 1619, in occasione del matrimonio tra Vittorio Amedeo I e Cristina di Francia, il duca Carlo Emanuele I la donò alla giovane sposa che nell’arco di circa vent’anni la trasformò secondo il gusto francese. La progettazione venne affidata agli architetti Carlo e Amedeo di Castellamonte che intervennero sulla volumetria della facciata verso il Po, direttamente raggiungibile dal fiume e di quella posta verso l’attuale chiesa di San Salvario, in corrispondenza di un grande viale alberato, oggi corso Marconi.
Alla magnificenza dell’architettura corrisponde la meraviglia degli interni. Raffinati soggetti vennero affrescati da Isidoro Bianchi e dalla sua bottega dapprima sulle volte delle stanze rivolte verso sud a partire dal 1633, entro ricche cornici in stucco dorato. Nel salone d’onore, invece, la pittura dei Bianchi celebrava esplicitamente lo stretto rapporto tra la corte di Torino e quella di Francia. Dal 1645 anche le sale verso nord vennero decorate con stucchi e affreschi, eseguiti da Giovanni Paolo e Giovanni Antonio Recchi e da un’abile équipe di stuccatori luganesi (Alessandro Casella, Bernardino Quadri, Elia Castelli e Giovanni Luca Corbellino).
Dopo i fasti promossi da Cristina di Francia, nel Settecento gli interventi furono piuttosto limitati poiché il palazzo non venne più utilizzato come residenza dalla corte. Nel 1729 Vittorio Amedeo II trasformò uno dei due giardini laterali in Orto botanico, con lo scopo di studiare e coltivare una grande varietà di piante.
Alla metà dell’Ottocento risalgono le ultime trasformazioni realizzate su progetto di Domenico Ferri e Luigi Tonta, che modificarono in parte l’originale assetto castellamontiano.
Nel 1861 il castello divenne sede della Regia Scuola di Applicazione per gli Ingegneri di Torino (fondata nel 1859), da cui nacque nel 1906 il Politecnico di Torino. Ancora oggi la scuola di Architettura occupa l’antica residenza.


Villa della Regina

Adagiata sulla collina torinese e affacciata sul centro della città, Villa della Regina è un vero e proprio fondale scenografico di Torino, circondata da suggestivi giardini all’italiana con giochi d’acqua, grotte e aree agricole nuovamente produttive.
La sua denominazione deriva dalla destinazione prettamente femminile: questa residenza fu appannaggio delle consorti sabaude, che plasmarono il luogo infondendogli il loro raffinato gusto. Nata intorno al 1615 come vigna, cioè residenza collinare, del cardinale Maurizio di Savoia, la proprietà passò quindi alla sua giovane nipote, la principessa Ludovica Cristina, sposata nel 1642 dopo aver lasciato la porpora cardinalizia. Da quel momento e fino a metà Ottocento divenne residenza prediletta di principesse, duchesse e regine di casa Savoia.

Con il passaggio ad Anna Maria d’Orléans, consorte di Vittorio Amedeo II, presero l’avvio importanti lavori di rimaneggiamento dell’edificio: nel 1713 la coppia acquisì il titolo regio, la residenza assunse la denominazione di Vigna della Regina e fu radicalmente trasformata secondo i progetti del nuovo architetto di corte Filippo Juvarra. Nelle sale del piano nobile, distribuite in un appartamento per la regina e uno per il re, vennero realizzate eleganti volte a stucco bianco impreziosite dalle tele del pittore Claudio Francesco Beaumont.
Dagli anni Trenta del Settecento i progetti juvarriani per Villa della Regina furono portati avanti dal suo allievo, Giovanni Pietro Baroni di Tavigliano. A questa fase si deve la realizzazione del grande salone d’accesso alla Villa, affrescato dai pittori Giuseppe Dallamano, Giambattista Crosato e Corrado Giaquinto. Negli stessi anni i quattro gabinetti (salottini) collocati nei torrioni angolari, vennero decorati e arredati con oggetti alla China secondo il gusto per l’Oriente in voga presso le corti europee settecentesche.
A partire dal 1865 la villa cessò di essere residenza di corte e divenne sede dell’Istituto Nazionale delle Figlie dei Militari. Gli spazi vennero utilizzati come aule per le lezioni del collegio, sale di ricevimento per le personalità in visita, camere da letto per la direttrice e il corpo docente. Alcuni degli arredi originari furono trasportati da casa Savoia a Roma, per arredare le sale del palazzo del Quirinale: i pannelli che ornavano uno dei gabinetti alla China, la biblioteca realizzata dal celebre ebanista Pietro Piffetti per Carlo Emanuele III, le tele di Corrado Giaquinto con il ciclo delle storie di Enea.
Ulteriori impoverimenti, in particolare all’Appartamento della Regina, furono causati in momenti successivi dai bombardamenti degli anni 1942-1943 e dal furto avvenuto nel 1979, successivamente all’abolizione dell’Istituto Nazionale delle Figlie dei Militari nel 1975.
Il percorso di rinascita di Villa della Regina, intrapreso dal 1994 grazie alla Soprintendenza e ad enti e istituzioni pubbliche e private, è stato reso possibile da un pionieristico cantiere di restauro e di studio. Nel 2008 l’attesa riapertura al pubblico è stata festeggiata con la prima nuova vendemmia ottenuta dalle uve del vigneto reimpiantato sul versante della collina.
A contorno del Palazzo Reale, tra ‘600 e ‘700, si sviluppò un complesso sistema di edifici per ospitare il governo e i suoi uffici (Regie Segreterie, Archivio di Stato, Regia Zecca) e le strutture per il funzionamento della corte (Teatro Regio, Accademia Reale e Cavallerizza). Oggi, il Teatro Regio, ricostruito in forme moderne, prosegue la sua attività di teatro d’opera, mentre la Cavallerizza Reale sarà la cornice per la creazione di un nuovo Polo Culturale inserito nel centro storico della città.

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