19 Aprile 2024

Nova Gorica e Gorizia: capitali europee della cultura 2025

Il 2024 in Slovenia sarà un anno ricco di cultura che accompagnerà il Paese a ospitare GO!2025, ovvero le celebrazioni dedicate a Nova Gorica e Gorizia, insieme Capitale Europea della Cultura 2025.
Ma è anche il ventennale dall’ingresso della Slovenia all’interno dell’UE: si è aperta, in quell’occasione, una nuova stagione per il Paese, segnata dall’abbattimento delle frontiere con il resto d’Europa e dalla voglia di raccontarsi al continente.

O Borderless! Nova Gorica e Gorizia, Capitali Europee della Cultura 2025

Cominciano già nel 2024 le celebrazioni per GO!2025, l’anno in cui Nova Gorica condividerà con Gorizia il titolo di Capitale Europea della Cultura.
Due città simbolo o, meglio, una sola città, l’unica in Europa ad essere attraversata da un confine tra due Stati.
Un confine che, per troppi anni, ha significato frattura, una separazione immortalata nelle foto in bianco e nero del filo spinato di piazzale Transalpina, e che, invece, oggi diventa sempre più una mano tesa, un luogo di incontro tra due popoli e il simbolo, per tutto il resto del mondo, di come la pace e la condivisione siano un percorso non solo possibile, ma addirittura necessario.

Vista di Nova Gorica

Nova Gorica, la città “nuova”

Nova Gorica, poco più di 13.000 abitanti tra le fertili colline della riva sinistra del fiume Isonzo, è considerata la più giovane città della Slovenia in virtù dei suoi “soli” 70 anni di vita, audace e futurista nell’architettura quanto verde e consapevole nei confronti del ricco patrimonio enogastronomico della valle del Vipacco, che accomuna entrambi i lati del confine.
Tra i simboli della città, è immancabile una visita al ponte di Salcano, il più grande ponte ferroviario sospeso in pietra del mondo.
Oltre alla funzione originaria di lasciar transitare i treni sopra l’Isonzo, il ponte di Salcano diventa in estate anche l’unico luogo in Slovenia dove è possibile praticare il bungee-jumping: adrenalina pura!

Il ponte di Salcano


Due città, una capitale europea: un fatto unico

È partito il conto alla rovescia per il 2025, quando Nova Gorica, la città più giovane della Slovenia, e la vicina Gorizia, una combinazione unica di due città tra loro intrecciate, brilleranno nei cieli europei e mondiali come Capitale europea della cultura. E con loro la Slovenia, con la sua sontuosa cultura, l’arte di livello mondiale, la creatività frizzante e il patrimonio unico.
Unitevi a noi per scoprire ciò che unisce queste città suggestive e le storie sconfinate che si intrecciano tra loro e nella più ampia regione.
Il fatto che una delle Capitali europee della cultura sia composta da due città è un fatto unico. Ma questa è, infatti, la storia straordinaria delle due città goriziane.
Nova Gorica è la città più giovane della Slovenia, strettamente intrecciata storicamente e nella vita quotidiana con Gorizia, sul lato italiano del confine.
E proprio lì, a partire dalla Seconda guerra mondiale, si è sviluppata una città dall’identità giovane, in un paesaggio lambito dalle fertili colline, dai frutteti e dai vigneti delle valli di Brda e di Vipava, dove l’Isonzo color smeraldo sgorga dal seno delle Alpi, e dove il misterioso Carso e il mare sono a portata di sguardo.
La storia, le storie, i personaggi, i risultati passati, presenti e futuri della creatività, dell’integrazione e dell’arte delle due Gorizie saranno presentati quest’anno, e soprattutto il prossimo anno, alla Slovenia, all’Italia, all’Europa e al mondo attraverso una visione e il programma GO!2025 = BORDERLESS.
Da una parte Nova Gorica, costruita da zero all’indomani della Seconda guerra mondiale, una volta tracciato il confine divisivo tra Italia e Slovenia.
Dall’altra Gorizia, centro culturale, amministrativo ed economico con una storia molto più antica. GO! Borderless incarna l’obiettivo di far risuonare all’unisono il patrimonio di una città modernista con l’eredità di una città millenaria. L’obiettivo di superare i loro confini, in un percorso di riconciliazione.
Per realizzarlo, il primo passo è stato sviluppare una strategia transfrontaliera innovativa, uno spiccato senso di coesione e uno sforzo comune di comunicazione. Tra due Paesi, due città e molte persone. GO! 2025 supera le barriere fisiche e culturali tra le nostre società, a dimostrazione che una governance transfrontaliera impatta positivamente sulla crescita delle periferie europee, tasselli irrinunciabili nel mosaico dell’Unione.


La storia del goriziano

Dai Conti di Gorizia al governo degli Asburgo, passando per la parentesi napoleonica, l’annessione all’Italia dopo la Prima guerra mondiale e la spartizione tra Italia e Jugoslavia – poi Slovenia – con i Trattati di Parigi.
Il Goriziano, e con lui Nova Gorica e Gorizia, ha vissuto sulla propria pelle gli stravolgimenti storici e geopolitici dell’Europa. Un territorio diviso tra due Paesi, ma unito nello spirito e negli intenti: creare la prima Capitale europea della cultura transfrontaliera.
Tutto ha inizio con i patriarchi di Aquileia e i Conti di Gorizia nell’XI secolo. È sotto il loro controllo politico e amministravo che il Goriziano acquisisce per la prima volta l’unità, comprendendo il Collio e il Carso e l’area abbracciata da quattro fiumi: l’Isonzo e i suoi confluenti Vipacco, Iudrio e Idria.
Poi, nel XV secolo, il testimone passa nelle mani della casa d’Asburgo: l’ultimo conte, Leonardo, muore senza discendenti lasciando in eredità la contea a Massimiliano I d’Asburgo. Entra allora in gioco anche la Repubblica di Venezia, desiderosa di far valere i propri diritti feudali e di successione ai conti di Gorizia. Nel 1508 i veneziani dichiarano guerra agli Asburgo, con un esito disastroso: la sconfitta veneta nella Battaglia di Agnadello del 1509 conferma il governo asburgico della regione, destinato a durare per altri quattro secoli, eccetto che per la breve parentesi napoleonica.
Parentesi che, più precisamente, ha inizio nel 1809 con l’annessione del Goriziano alle Province Illiriche, fino al 1813 e alla caduta di Napoleone. Da qui, i confini vengono ridefiniti per restare poi invariati fino alla fine della Prima guerra mondiale.
Infatti, nel 1918 l’Italia occupa l’intera area, che con il Trattato di Rapallo (1920) diventa ufficialmente parte del Regno d’Italia. Così la Provincia di Gorizia viene prima soppressa, con l’annessione dei suoi territori alla Provincia del Friuli nel 1923, e in seguito ristabilita nel 1927.
Ma è con la Seconda guerra mondiale che il Goriziano subisce i cambiamenti più influenti. Dopo la grande guerra, viene prima occupato dall’esercito di liberazione e poi diviso in due zone tramite gli Accordi di Belgrado e Duino del 1945: la zona A amministrata dalle forze armate anglo-americane, e la zona B, amministrata dalla Jugoslavia.
Il Goriziano diventa così oggetto di una intensa contesa dal punto di vista politico e diplomatico, cui pone rimedio il Trattato di Pace di Parigi del 1947: gran parte del territorio è assegnato alla Jugoslavia e la restante parte, compresa Gorizia, all’Italia.
Il nuovo confine – che nei primi anni è pressoché invalicabile – corre ai lati della città di Gorizia dividendola dal suo entroterra, così come corre ai margini del territorio jugoslavo privandolo del suo centro nevralgico. Con Gorizia dall’altro lato del confine, nel 1948 comincia la costruzione di una nuova città, Nova Gorica.
Nel 1949 Italia e Jugoslavia firmano l’Accordo di Udine, che regola e facilita il traffico nell’area transfrontaliera.
Nel 1975 un altro trattato, di Osimo, rende definitive le frontiere terrestri e marittime tra i due Stati, con accordi sulla loro collaborazione economica che migliora le condizioni di vita della popolazione al confine.
Poi, nel 1990, inizia l’ennesimo stravolgimento geopolitico in Europa: la disgregazione della Jugoslavia, che cerca di reprimere il tentativo sloveno di creare uno stato indipendente.
Dopo una guerra durata dieci giorni e i successivi negoziati del 1991, la Slovenia dichiara ufficialmente la propria indipendenza.
Nel 2004 ottiene il riconoscimento della comunità internazionale diventando membro UE e nel 2007 entra a far parte dello spazio Schengen.
L’area transfrontaliera rappresenta da sempre un luogo importante e strategico per entrambi gli Stati, oltre che uno strumento di sviluppo sotto tanti punti di vista: cultura, economia, commercio, trasporti.
Dai comuni limitrofi divisi dal confine, quindi, cresce il bisogno di stabilire nuove forme di collaborazione, di coesione e di scambio. Un bisogno che diventa realtà nel 2010 con l’istituzione del Gruppo europeo di cooperazione territoriale, GECT GO.
Il resto è storia, e ci conduce esattamente qui: alla prima Capitale europea della cultura transfrontaliera, con Nova Gorica e Gorizia alla guida di un territorio unito nello spirito e negli intenti.

Piazza Transalpina con i resti del muro

Il “muro di Gorizia” una ferita rimarginata

Il muro di Gorizia anche se meno celebre era un po’ come quello di Berlino in quanto separava l’abitato goriziano rimasto italiano, dai quartieri periferici e dalla stazione ferroviaria della ferrovia Transalpina, che furono annessi al termine della Seconda guerra mondiale alla Jugoslavia.
Il muro di Gorizia, in sloveno Goriški zid, era una recinzione costituita da una base in calcestruzzo larga 50 centimetri sormontato da una ringhiera di un metro e mezzo, costruita nel 1947 e collocata lungo il confine italo-jugoslavo passante all’interno della città di Gorizia.
Nel 2004, a seguito dell’ingresso della Slovenia nell’Unione europea, ne è stata smantellata la porzione che divideva in due piazza della Transalpina.
La città di Nova Gorica come detto sorse successivamente alla separazione, allo scopo di ridare un baricentro amministrativo all’area territoriale circostante annessa alla Jugoslavia, in quanto veniva a mancare il ruolo naturale che era stato svolto dalla città di Gorizia, rimasta in territorio italiano. Simbolicamente si contrapponevano i progressi del mondo socialista a quello capitalista e la piazza della Transalpina divenne uno dei simboli della separazione politico-ideologica tra l’Europa occidentale e quella orientale durante gli anni della Guerra fredda.
Nella seconda metà degli anni quaranta e negli anni cinquanta del Novecento, il muro rappresentò un valico clandestino per molti cittadini jugoslavi e dei paesi del patto di Varsavia.
Negli anni ci furono molti momenti di alta tensione, come ad esempio nell’ottobre e novembre del 1953 quando col protrarsi della questione triestina e di fronte al timore che Tito sfruttasse un comizio indetto a Okroglica, a pochi chilometri dal confine goriziano a cui avrebbero partecipato 250 000 ex partigiani titini per annettersi militarmente la zona B del TLT, il primo ministro italiano Pella temendo un invasione inviò l’esercito italiano al confine.
La piazza della Transalpina simbolo di una ferita della storia prende il suo nome dalla linea ferroviaria di cui fa parte la stazione.
Questo tratto venne inaugurato dall’arciduca Francesco Ferdinando nel 1906 e collega Trieste con Jesenice per poi addentrarsi nell’Europa centrale.
Oggi l’intera piazza è stata ristrutturata in modo da formare un unico spazio pubblico dove è permessa la libera circolazione dei pedoni.
Al posto della parte centrale del muro, c’è un mosaico circolare e il confine di stato. Rimossa la barriera fisica del muro, è ora indicato da una linea di mattonelle di pietra sulla pavimentazione.
Fino al 22 dicembre 2007 la libera circolazione era possibile solo all’interno della piazza ma poi con l’ingresso della Slovenia nell’area di sicurezza definita dagli accordi di Schengen, il confine è stato eliminato del tutto. Fino a quella data infatti, per accedere legalmente al territorio sloveno o a quello italiano, era necessario esibire i documenti ai valichi di frontiera, dove erano presenti e attivi i presidi della pubblica sicurezza italiana e della polizia slovena.
Una nota curiosa: nel maggio 2020, durante la pandemia di Covid-19, nel quadro delle misure per rallentare la diffusione del contagio, la piazza della Transalpina è stata nuovamente divisa da una rete metallica in corrispondenza del confine italo-sloveno, per impedire il passaggio di frontiera: questo ha ricordato a molti cittadini di Gorizia e Nova Gorica brutti di quando, tra il 1947 e il 2004 i due paesi erano divisi da una recinzione.
Oggi nella memoria dei goriziani uno dei simboli più evidenti della Guerra fredda è la Stella Rossa collocata sul frontone del palazzo della stazione, accompagnata dalla scritta in sloveno “Mi gradimo socializem” (“Noi costruiamo il socialismo”).
A seguito dell’indipendenza slovena (1991), venne dapprima addobbata come una stella cometa in occasione del Natale e, successivamente, rimossa. Oggi è conservata all’interno della stazione.


20 anni in Europa per la Slovenia

1° maggio 2004: la data scolpita nella pietra del monumento eretto proprio sul confine tra Nova Gorica e Gorizia, che ha segnato non solo per le due città ma per l’intero paese un punto di svolta. La Slovenia faceva, insieme ad altri nove Stati, ingresso nell’Unione Europea, novità che ha significato per il Paese, posto proprio nel cuore dell’Europa, tra le pianure pannoniche e il Carso, tra le Alpi e il Mediterraneo, mitteleuropeo e slavo, la possibilità di crescere e aprirsi a nuovi scambi culturali.
Proprio l’area del confine italo-sloveno sarà il centro nevralgico degli eventi che accompagneranno le due città al 2025, con la nascita del nuovo distretto ECOC, che prenderà vita proprio nel tratto di un chilometro tra le due ex dogane.
10 milioni di euro di investimenti per riqualificare l’area in un’ottica green, per un intervento che interesserà anche la stessa aera del piazzale Transalpina, che dall’altro lato del confine chiamano, per l’appunto, Trg Evrope (piazza Europa).

 

 

 

 

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