3 Maggio 2024

Le Regie villeggiature sabaude

Dalla metà del Settecento la famiglia reale trascorreva la villeggiatura nelle residenze lontane da Torino.
Furono acquistate, a questo scopo, i castelli di Govone, famoso per il giardino settecentesco e la sua collezione di rose, e di Agliè, il cui salone da ballo affrescato e la successione di ambienti d’epoca perfettamente conservati rendono l’edificio un trionfo di eleganza e splendore.
Nell’Ottocento la famiglia Savoia amava frequentare il Castello di Racconigi con il suo straordinario parco romantico, la Tenuta di Pollenzo, attuale sede dell’Università di Scienze Gastronomiche, e il Castello di Valcasotto trasformato da monastero certosino in residenza di caccia. Dalla metà del Settecento la famiglia reale trascorreva la villeggiatura nelle residenze lontane da Torino.
Furono acquistate, a questo scopo, i castelli di Govone, famoso per il giardino settecentesco e la sua collezione di rose, e di Agliè, il cui salone da ballo affrescato e la successione di ambienti d’epoca perfettamente conservati rendono l’edificio un trionfo di eleganza e splendore.
Nell’Ottocento la famiglia Savoia amava frequentare il Castello di Racconigi con il suo straordinario parco romantico, la Tenuta di Pollenzo, attuale sede dell’Università di Scienze Gastronomiche, e il Castello di Valcasotto trasformato da monastero certosino in residenza di caccia.


Castello di Agilè

Con più di trecento stanze, il magnifico parco di alberi secolari, l’incredibile collezione d’arte che spazia dai reperti archeologici ai manufatti orientali, il Castello di Agliè è una tappa obbligata per scoprire le bellezze nei dintorni di Torino e il nobile passato di Casa Savoia.
La residenza venne edificata dagli anni Quaranta del Seicento sui resti di un antico castello del XII secolo per volontà del conte Filippo San Martino d’Agliè, raffinato intellettuale, politico di primo piano e amante di Cristina di Francia.
A questa fase appartiene lo spettacolare Salone d’onore interamente affrescato da Giovanni Paolo Recchi e dalla sua bottega per celebrare le vicende medievali del primo re d’Italia Arduino d’Ivrea, da cui discendeva la famiglia San Martino.
Nel 1764 il castello venne acquistato dal re Carlo Emanuele III di Savoia per il figlio Benedetto Maurizio, duca del Chiablese. Nell’arco di circa un decennio l’architetto Ignazio Birago di Borgaro riplasmò l’intero complesso integrandolo armoniosamente con il borgo di Agliè. Vennero realizzate ex novo la piazza e la chiesa parrocchiale, a sua volta collegata al castello tramite una galleria coperta a due piani fuori terra tuttora esistente. All’interno della residenza la Sala delle cacce, ampio atrio d’ingresso e biglietto da visita del castello, ornata nel 1770 con sobri trofei in stucco di Giuseppe Bolina, segna un aggiornamento di gusto in chiave neoclassica.
Le importanti trasformazioni interessarono anche l’immenso parco, che venne risistemato alla francese da Michel Benard, direttore dei Reali Giardini, con la realizzazione di un lago circolare, posto al fondo del parco, in linea con l’asse longitudinale. Imperdibile è la scenografica Fontana dei Fiumi posta verso la facciata sud e impreziosita dai gruppi scultorei dei fratelli Collino.
Durante il periodo napoleonico il castello fu utilizzato come ricovero di mendicità. Rientrato in possesso dei Savoia nel 1823, fu ammodernato da Michele Broda su incarico del re Carlo Felice e della moglie Maria Cristina di Borbone. Ai coniugi si deve il notevole arricchimento delle collezioni. La passione della regina per le antichità e l’archeologia, che aveva condotto importanti scavi nelle sue proprietà nel Lazio, è testimoniata dai numerosi reperti conservati ad Agliè, in particolare nella Sala Tuscolana. Tra il 1838 e il 1840 vennero apportate modifiche anche al parco dal paesaggista Xavier Kurten, secondo la nuova moda del giardino romantico.
Alla morte di Maria Cristina il castello venne ereditato da Ferdinando di Savoia, duca di Genova. Il viaggio diplomatico in Asia del figlio di Ferdinando, il duca Tomaso, incrementò ulteriormente le raccolte con un’importante collezione di oggetti d’arte etnografica e orientale.
Durante gli anni della prima guerra mondiale la moglie di Tomaso, Isabella di Baviera, decise di istituire un piccolo presidio ospedaliero di tredici stanze per la convalescenza degli ufficiali di guerra nella parte più antica del castello, affacciato verso il giardino all’italiana di impianto seicentesco.
Venduto allo Stato nel 1939, il castello venne destinato a diventare museo di se stesso e oggi conserva intatti i suoi tesori e tutti gli arredi.


Castello di Racconigi

Il Castello di Racconigi, con la sua imponente architettura e il parco all’inglese di quasi 200 ettari, è stato il luogo di villeggiatura prediletto dal sovrano Carlo Alberto di Savoia e dalla sua famiglia.
Il castello era stato destinato allo svago e alla caccia già dalla metà del Seicento, quando divenne proprietà del ramo cadetto dei Savoia-Carignano. Su incarico del principe Emanuele Filiberto, dal 1676 il celebre architetto Guarino Guarini modificò l’antico edificio medievale rendendolo una moderna residenza di delizie. Di questa prima fase resta ancora oggi visibile la facciata settentrionale, che si apre sul parco. Il progetto venne poi completato alla metà del Settecento da Giovanni Battista Borra, a cui si devono la monumentale facciata d’ingresso sul lato meridionale in stile neoclassico e le Sale di Ercole e di Diana, i cui ricchi apparati di stucchi celebrano le virtù dei principi e delle principesse di Casa Savoia.
In virtù della sua appartenenza al ramo dei Savoia-Carignano, Carlo Alberto era legato da vincoli affettivi alla residenza di Racconigi. Nel 1832, a seguito della sua ascesa al trono di Sardegna, incaricò l’architetto regio Ernesto Melano di rimodernare l’edificio, a cui vennero aggiunte due ali laterali. Per il riallestimento interno fu chiamato Pelagio Palagi, che più di ogni altro artista seppe interpretare il clima culturale promosso dal re. È a Palagi che si devono i progetti di ridecorazione delle sale secondo un gusto nuovo ed eclettico. Il fascino per l’esotismo e per i mondi lontani, affermatosi con la moda dei gabinetti cinesi, venne aggiornato sui modelli etruschi, greci e romani, sulla spinta anche delle riscoperte di Pompei ed Ercolano e delle necropoli dell’antica Etruria. Per le serre e la cascina nel parco Palagi ricorse invece allo stile neogotico che meglio si adattava al giardino romantico disegnato dal paesaggista prussiano Xavier Kurten.
Dopo il trasferimento della capitale del regno d’Italia da Torino a Roma (1871), la presenza dei sovrani si diradò fino agli inizi del Novecento, quando il re Vittorio Emanuele III scelse nuovamente Racconigi come meta di villeggiatura, promuovendo nuove campagne di ammodernamento tecnologico e decorativo.
Frequentata regolarmente da Umberto II fino agli anni del secondo conflitto mondiale, la residenza venne acquistata dallo Stato italiano nel 1980, entrando a far parte della lista del patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO nel 1997, insieme alle altre Residenze Sabaude.
Oggi gli interni offrono ai visitatori uno sguardo intimo e ravvicinato sulla vita quotidiana e privata della famiglia reale: dalle camere da letto, alle cucine e ai gabinetti di toeletta, dalla sala del biliardo e da quella da pranzo allo straordinario gabinetto etrusco, dove il re riceveva ministri e ambasciatori. Oltre alla meraviglia degli interni il vasto parco è esempio tra i più significativi in Europa della sensibilità verso la natura e il paesaggio propria del Romanticismo, con alberi centenari che compongono aree boschive, celando sentieri e zone d’acqua.


Castello di Govone

Il Castello, che domina dall’alto il grazioso borgo di Govone e da cui si gode di una vista mozzafiato sulle Alpi, all’incrocio tra le Langhe, il Roero e il Monferrato, è il punto di partenza ideale per una gita nel verde a metà strada tra Asti ed Alba.
Esistente sin dall’XI secolo, il Castello venne riedificato dal 1678 su progetto del celebre architetto Guarino Guarini, incaricato da Roberto Solaro, ambasciatore dei Savoia e Gran Priore dell’Ordine di Malta, e da suo nipote il conte di Govone Ottavio Francesco Solaro.
La maestosa facciata, caratterizzata da uno scalone d’onore a quattro rampe e realizzata verso la fine del XVIII secolo, fu arricchita con le imponenti sculture seicentesche provenienti dalla smantellata Fontana di Ercole della Reggia di Venaria, coi telamoni di Giovanni Battista Casella e Carlo Pagano e con i quattro bozzetti dei Trofei militari in terracotta, progettati da Giovanni Baratta per Palazzo Madama, utilizzati per decorare la facciata di levante.
Nel 1795 il Castello passò ai Savoia anche se poco dopo, durante l’occupazione francese, finì all’asta. È con il nuovo acquisto e la restituzione a Carlo Felice di Savoia e della consorte Maria Cristina di Borbone, intenzionati a utilizzarlo come luogo di villeggiatura estiva, che gli interni vennero profondamente rinnovati (1819-1825) a partire dallo scenografico salone d’onore: un ampio spazio a trompe-l’œil che illusionisticamente richiama i templi classici, sulle cui pareti e sulla volta è raccontata la Storia di Niobe tratta dalla mitologia greca. Le favole antiche, affrescate da Carlo Pagani, Andrea Piazza, Luigi Vacca e Fabrizio Sevesi, furono scelte anche per decorare le volte degli ambienti al piano nobile, destinati al fratello di Carlo Felice, Vittorio Emanuele I, alla moglie Maria Teresa d’Asburgo-Este e ai principi di Carignano. Agli anni Venti dell’Ottocento risale anche il parco con il romantico giardino all’inglese, progettato dal paesaggista Xavier Kurten.
Verso la fine dell’Ottocento la residenza fu acquisita dalla casa bancaria Tedeschi e poi dalla famiglia Ovazza Segre di Torino. Nel 1897 divenne un punto di riferimento per i Govonesi poiché entrò a fare parte dei beni del Comune che vi istituì la scuola e vi insediò uffici pubblici. La maggior parte degli arredi fu messa all’asta e acquistata in blocco da Andrea Massena, principe d’Essling, e si può oggi ammirare negli allestimenti in stile nelle sale del Museo della Villa Massena a Nizza.
Attualmente una parte dell’edificio ospita gli uffici del municipio e la biblioteca comunale. Sono aperti al pubblico gli appartamenti al piano nobile, tra cui spicca il gabinetto cinese caratterizzato da vivacissime carte da parati settecentesche raffiguranti scene di vita quotidiana in Cina, l’atrio di ingresso e l’appartamento Montesquieu al piano terra con fini decorazioni a stucco geometriche e floreali.


Castello e agenzia di Pollenzo

Nel cuore delle Langhe e del Roero re Carlo Alberto di Savoia-Carignano recuperò, a partire dal 1833, l’antico borgo romano di Pollenzo, in frazione di Bra, per fondare la propria azienda agricola dotata di cascine, vigneti e cantine. Il complesso fu progettato dall’architetto Ernesto Melano e dal poliedrico artista Pelagio Palagi che assecondarono il gusto neogotico del sovrano elaborando una suggestiva città ideale in forme neo-medievali. Per il vasto parco all’inglese, abbellito da un laghetto artificiale alimentato dal fiume Tanaro, Carlo Alberto si affidò al noto paesaggista Xavier Kurten.
L’articolata organizzazione prevedeva una struttura principale denominata Agenzia, sede della direzione della tenuta e caratterizzata ai lati da un imponente torrione merlato e da una grande cascina detta Albertina. In quest’area vennero collocati gli uffici, la scuderia, la rimessa delle carrozze e la Vinaia. Gli scantinati vennero adibiti a cantine e bottiglieria per la conservazione dei vini. Sulle vestigia di un antico castello del XIII secolo ne venne edificato uno nuovo, in cui la corte sabauda poteva soggiornare nei periodi di villeggiatura. La decorazione degli ambienti fu eseguita da Palagi e dalla sua équipe secondo uno stile eclettico in cui i richiami all’antichità classica convivono con il revival gotico.
Oltre alla tenuta, il sogno neo-medievale di Carlo Alberto coinvolse anche il borgo, in parte rifondato in funzione dell’azienda agricola. Furono edificate le abitazioni per i contadini, il mercato e la piazza centrale sulla quale si affaccia la nuova chiesa parrocchiale: un imponente e severo edificio in stile gotico dedicato a San Vittore e costruito su precedenti resti paleocristiani.
L’originaria vocazione agricola del complesso è mantenuta ancora oggi: dal 2004 l’Agenzia e la cascina Albertina sono sede dell’Università di Scienze Gastronomiche, promossa da Slow Food, della Banca del Vino, dove si conservano i vini dei migliori produttori italiani e dell’Albergo dell’Agenzia (quattro stelle con 47 camere, ristorante gourmet, fitness e palestra). Nel parco dell’Agenzia tre aree archeologiche testimoniano la fase tardo-antica (V-VI secolo) e quella medievale (X-XIII secolo) di Pollentia, fondata dai romani alla fine del II secolo dopo Cristo.
Il Castello, attualmente di proprietà privata, non è visitabile dal pubblico.


Castello di Valcasotto

Nel 1837 Carlo Alberto rimase incantato dall’atmosfera di pace e tranquillità che avvolgeva l’antichissima Certosa di Casotto e decise di acquistarla come suo patrimonio personale per trasformarla in una residenza estiva dedicata alla caccia, uno dei passatempi prediletti di Casa Savoia.
Il complesso abbaziale, incastonato ai piedi delle montagne monregalesi tra Garessio e Pamparato, venne fondato dai monaci certosini tra il 1090 e il 1172. Agli inizi del Settecento conobbe alcuni importanti rinnovamenti che gli diedero un aspetto rigoroso e monumentale, più simile a un palazzo nobiliare che a un monastero. Ricca di fascino è la facciata della chiesa progettata da Bernardo Vittone verso la metà del secolo e realizzata in pietra verde locale, in netto contrasto con il rosso dei laterizi del resto del fabbricato. Intorno alla chiesa, tra due corti, erano collocate le celle dei monaci e la foresteria.
L’abbandono della Certosa dopo la soppressione dell’ordine monastico da parte del Governo francese (1802) rese necessario compiere dei lavori di adeguamento per ospitare la corte di Carlo Alberto. Anche l’antica chiesa fu riadattata per essere utilizzata come cappella regia.
Entro il 1860 l’architetto Carlo Sada e la sua équipe di pittori (Dionigi Faconti e Angelo Moja), decoratori (Giuseppe Trivella e Carlo Isella) e intagliatori (Gabriele Capello) allestirono, negli antichi ambienti usati dai certosini, i nuovi appartamenti reali caratterizzati da una dimensione intima e domestica, ben lontana dagli sfarzi delle dimore di rappresentanza. È proprio in queste stanze che si scopre il lato più quotidiano della famiglia reale.
Oltre che da Carlo Alberto, la dimora fu particolarmente amata dal primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II, e dai suoi figli, in particolare la principessa Maria Clotilde che scelse la quiete di Casotto per trascorrere le sue estati.
Di proprietà dei Savoia fino al 1881, la residenza fu ceduta a privati. Oggetto di campagne di studio promosse dal Politecnico di Torino, nel 2000 è entrata a far parte del patrimonio della Regione Piemonte che, insieme alla Soprintendenza, ne ha avviato il completo recupero per destinarla a uso museale, didattico e ricettivo secondo innovativi criteri di sostenibilità ed ecocompatibilità.

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