La coltivazione del Fior d’arancio amaro, o Zàgara o Bigaradier, è stata la prima coltura floricola di Vallebona ed ha rappresentato un’economia importante per il paese: è durata oltre un secolo, affiancata a quella dei limoni.
E’ stata una fonte di sostentamento importante, in un paese olivicolo troppo vicino al mare per poter vantare una produzione di olio eccellente. Vallebona era il paese che produceva il maggior quantitativo del circondario.
La zàgara ligure
Vallebona è una di quelle piccole e strette valli liguri che partendo dal mare si inerpicano verso le montagne, con una strada tortuosa che percorre il fondovalle e le pareti delle colline ricoperte di terrazzamenti in pietra a secco.
Fino a pochi decenni fa queste terrazze erano coltivate a aranceti – in particolare alberi di arancio amaro – ma anche ad erbe aromatiche (lavanda, timo, rosmarino, ma anche rose..). La Francia e la rinomata cittadina di Grasse non sono molto di distanti da Vallebona e qui, come in altre cittadine vicine al confine, si era affermata la tradizione di distillare acque profumate e oli essenziali per cosmesi.
A Ventimiglia era ancora attiva fino a poco tempo fa la distilleria Vacca mentre è già chiusa da molti anni la distilleria Postiglietto a Borghetto San Nicolò, vicino Bordighera. A Vallebona la famiglia Guglielmi aveva una distilleria, aperta nel 1856 e chiusa all’inizio degli anni ’60.
E proprio l’arancio amaro aveva trovato a Vallebona un clima particolarmente favorevole, così come in altre zone della Provenza e dell’Italia, grazie all’ottima esposizione: la valle è assolata e ben riparata dal freddo. L’economia della valle si basava proprio sulla coltivazione e raccolta dei fiori di arancio da distillare, chiamati anche zagara o bigaradièr. L’acqua di fiori di arancio amaro (in dialetto acqua di sciùra de citrùn) era usata anche per bagnare le bugie, un dolce che non si fa solo a carnevale come in altre zone d’Italia, ma che è tipico qui di tutte le feste dell’anno. Oppure veniva bevuta per il suo effetto curativo: si dava infatti ai bambini che soffrivano di mal di pancia
Vallebona: l’arte della raccolta dei fiori
Nel periodo di raccolta, che durava una ventina di giorni in maggio, i raccoglitori arrivavano anche dalle vallate vicine e dalla costa è iniziavano di primo mattino raccogliendo i fiori appena aperti, più umidi, che deponevano su teli di stoffa per farli asciugare delicatamente e portavano poi a distillare prima che facesse troppo caldo.
Un lavoro paziente che svolgevano per lo più le donne e le ragazze che non avevano da seguire i lavori nei campi e che avendo le mani piccole riuscivano a svolgere al meglio questo lavoro delicato.
Tutto ciò fino agli anni Cinquanta circa: poi la raccolta dei fiori non è stata più remunerativa e la tradizione si è pian piano persa, così come l’arte della distillazione messa sempre più in crisi dall’industria chimica, capace di ottenere aromi ed essenze artificiali a prezzi bassissimi.
La distilleria ha chiuso i battenti, limitandosi per alcuni anni a rivendere essenze prodotte da altri, e gli aranci, non più curati, sono stati man mano decimati da tre gelate storiche: quella del ’69, del e ’70 e poi quella dell’85, che ha definitivamente bruciato i pochi alberi rimasti.
La rinascita della distillazione
Dopo circa cinquant’anni, Pietro Guglielmi ha riaperto la distilleria fondata dal bisnonno nel 1856 e re-impiantato gli aranci amari (o melangoli), diventando Presidio Slow Food e fornitore esclusivo di alcune prestigiose gelaterie e pasticcerie italiane.
La fioritura degli aranci amari avviene in maggio, dopo la distillazione l’acqua deve essere fatta riposare per almeno due settimane prima di essere imbottigliata.
Nel 2004 un giovane erede della famiglia Guglielmi, Pietro, ha deciso di riaprire la storica distilleria e riproporre l’acqua di fiori di arancio amaro insieme ad altri oli ed essenze. Ha deciso di riprendere anche la coltivazione, iniziando da subito a reimpiantare sui terreni gli aranci amari ed è riuscito a crescere in pochi anni oltre 150 piante. L’estrazione di acqua è ancora molto limitata ma le premesse sono buone.
La distillazione non avviene più in alambicchi di rame, come in passato, ma viene fatta in corrente di vapore. Non c’è più quindi il contatto diretto del fiore con l’acqua bollente, ma il procedimento è più delicato: si fa entrare il vapore alla base del recipiente di estrazione e scorrere verso l’alto attraversando la massa dei fiori, fino ad arrivare ad un condotto che lo incanala nel vaso fiorentino dove avviene la distillazione vera e propria. Nel vaso fiorentino, uno speciale alambicco in vetro, l’acqua di fiori sale verso l’alto e si separa dall’olio essenziale che si deposita alla base del vaso. L’olio, conosciuto come nerolì, è preziosissimo nella cosmesi: occorre una tonnellata di fiori per estrarne un solo chilogrammo. Di acqua di fiori solitamente se ne ottengono circa due litri ogni chilogrammo di fiori distillato.
La vendita dell’acqua avviene per lo più localmente, la gente del posto infatti la usa ancora, in casa, per la preparazione delle bugie e anche qualche pasticceria della zona la usa per aromatizzare alcuni dolcetti.
Obiettivo del Presidio è far tornare le coltivazioni di arancio amaro sui terrazzamenti di Vallebona, coinvolgendo i contadini del territorio, in questo modo si potrebbe recuperare lo stupendo paesaggio agricolo di un tempo e si darebbe nuova vita a una tradizione artigiana e a un prodotto che ha fatto la storia di questa valle.
Per saperne di più su Vallebona
Vallebona è un concentrato autentico di scenari che rendono la Liguria così affascinante: il mare sullo sfondo, i terrazzamenti coltivati con fioriture in ogni stagione, la bellezza del centro storico raccolto e dominato dall’imponente campanile. I vicoli e le piazzette sono accessibili a piedi e si possono scoprire lasciandosi guidare dai profumi e dalle cromie del borgo.
Architetture medioevali si mescolano sapientemente ai moderni interventi di riqualificazione urbanistica come la Loggia dell’Aria, passaggio coperto panoramico sulla piazza XX settembre o la Piazza dei Quattro Elementi dove lo spazio del fuoco, l’acqua che sgorga dalla fontana, l’aria che anima le pale e la terra nel quale cresce l’ulivo ricordano che dall’equilibrio degli elementi dipende sempre la vita.
0 commenti