Terra di tradizioni e di cultura, di persone e di identità, di prodotti e ricette: la Sardegna è una regione ricca di racconti da scoprire, compresi quelli di chi da sempre si occupa di portare avanti le antiche colture, magari mescolandole con la contemporaneità.
Quel che ne esce fuori è un compendio di prodotti tipici, alcuni inaspettati, che caratterizzano in particolare due regioni storiche della Sardegna centro meridionale, la Trexenta e il Sarcidano, luoghi dove restano radicate profonde tradizioni secolari, spesso tramandate attraverso il cibo.
Ecco quindi dieci prodotti della tradizione sarda da scoprire grazie al lavoro quotidiano di chi se ne prende cura.
L’olio di Gergei
L’intera Sardegna è costellata di olivi millenari. Alcuni di loro sono tra gli alberi più antichi d’Italia, testimoni nei secoli del passaggio delle civiltà nuragiche, dell’impero Romano, fino alla contemporaneità.
Questi alberi sono monumenti naturali, che danno corpo alla storia di queste terre, e alla sua lunga tradizione di coltivazione delle olive.
Ancora oggi, proliferano realtà piccole e medie, a conduzione familiare, che lavorano le olive e l’olio esattamente come un tempo, realizzando prodotti di grandissima qualità, espressione delle campagne sarde. Come quella di Luciano Ulzega, produttore d’olio di 84 anni, che da sempre passa le giornate nel suo oliveto a Gergei, curandolo come se fosse la cosa più preziosa che ha.
L’oliveto, per Luciano, è motivo di grande orgoglio, è il luogo di una vita intera di lavoro, è un simbolo dell’attaccamento alla sua terra, del rispetto dei ritmi e dei cicli della natura: “ci sono delle regole da seguire” spiega Luciano “per fare l’olio come si deve: non bisogna avere fretta, non bisogna cercare scorciatoie”. Ed è così che Luciano ancora oggi produce un olio artigianale e di qualità con grandissima cura.
La mandorla trexentese
Tra i prodotti tipici del territorio di Selegas troviamo la mandorla sarda, in particolare nella pregiata tipologia della Tonda di Trexenta, detta anche sa tundaredda.
Una cultivar antica e pregiata che, insieme alle altre mandorle sarde (l’Arrubbia, la Cossu e la Niedda, principalmente) racconta della straordinaria biodiversità di un territorio particolarmente vocato alla produzione di questo frutto.
Coltivata per lo più da piccoli produttori, la mandorla sarda rappresenta non solo un’assoluta eccellenza regionale e nazionale, ma anche un prodotto da tutelare e proteggere.
Viene prodotta ancora come un tempo, senza nessun trattamento che ne alteri le caratteristiche, conservando il suo eccezionale apporto di grassi, di oli, di sapori e di profumi, non paragonabile in alcun modo a mandorle coltivate in altri territori. Sono innumerevoli i biscotti e i dolcetti tipici di ogni paese della Sardegna che contengono al loro interno le mandorle. Gli amaretti, le tiriccas (dette anche i “dolci della sposa”), i gueffus e molti altri.
Is pitzottis
Se la Sardegna ha una grandissima tradizione storica di coltivazione del grano (anticamente era considerata il “granaio di Roma”), altrettanto radicata è la sua trasformazione.
Così, la pasta per il popolo sardo è sempre stata un prodotto identitario, realizzato in varianti diverse a seconda delle zone, casa per casa.
Ogni angolo della Sardegna, quasi ogni famiglia, possiede la sua tipologia di pasta, che può variare leggermente da quella del paese confinante e che è in qualche modo espressione dell’unicità della singola tradizione locale.
Is pitzottis sono da sempre la pasta tipica di Serri, poco più di seicento abitanti nel Sud della Sardegna. Qui, oggi come un tempo, is pitzottis vengono preparati a mano dalle donne del Paese, con la ricetta e le tecniche tramandate di generazione in generazione.
A farsene garante sono le signore di Serri che, in occasione della festa di Santa Lucia (a maggio e a settembre) o di occasioni come Saboris Antigus, si incontrano al CAS – Centro di Aggregazione Sociale e preparano tutte insieme decine di chili is pitzottis, da mangiare insieme a tutti i compaesani.
Il miele
Nella parte Nord Est della Trexenta, Siurgus Donigala è un paese che racconta moltissimo della storia antica di queste zone.
Lo fa attraverso le sue testimonianze nuragiche (se ne trovano oltre quaranta intorno al paese), ma anche attraverso la folta macchia mediterranea che lo abita e lo circonda, simbolo della naturale biodiversità di questa terra. Siurgus Donigala giace immerso in una bellissima vegetazione, fatta di lecci millenari (quelli che formano la foresta di s’Abioi), querce da sughero, lentischi, corbezzoli e roverelle.
E poi i corsi d’acqua e i torrenti, che alimentano con il loro corso il lago del Mulargia, incastonato tra le montagne e i colli verdeggianti, apprezzato per la sua aria salubre e le sue acque limpide.
Ed è proprio grazie a questo ecosistema molto vario che il miele prodotto a Siurgus Donigala sa essere speciale. L’azienda Agricola “Cuore di Mulargia” è la realizzazione del sogno di Annamaria Cabiddu, ha dedicato gran parte della sua vita alle api, e al territorio dove le sue api crescono, quello intorno a Siurgus Donigala. Il risultato di tanto lavoro è un miele purissimo, eccellente, pregiato, che profuma di Sardegna.
Le pecore di razza sarda
L’allevamento è sempre stato un pilastro della Sardegna, che custodisce sulle sue terre la gran parte del patrimonio di ovini e caprini italiano.
Gesico, piccolo e antichissimo paese della Trexenta, non fa eccezione, con i suoi allevatori che portano avanti una tradizione secolare, fatta di duro lavoro, campagne e pascoli.
La pastorizia sarda è spesso una questione di famiglia: una vocazione che viene trasmessa di padre in figlio, anche se oggi, con il progressivo spopolamento dell’entroterra, la sua prosecuzione, nei dettami della tradizione, sembra essere a rischio.
Alcuni giovani scelgono di continuare, di restare, di perpetrare il lavoro fatto da chi è arrivato prima di loro: un segno di forte attaccamento alla terra, al territorio, alla sua storia. Stefano Accalai è uno di loro: 42 anni, ha dedicato all’allevamento delle sue duecentocinquanta pecore tutta la sua vita.
Nulla lo ha portato, mai, lontano da qui. “Forse una volta, da ragazzino, mi è saltato in testa di avere un progetto di vita diverso – confessa – ma poi il richiamo della campagna è stato più forte”.
Alle cinque di ogni mattina, Stefano si sveglia e va dal suo gregge: in primavera lo porta al pascolo, mentre in inverno lo alimenta con il foraggio biologico proveniente dalla sua azienda agricola. Tempi antichi, gesti che rimangono impressi nel DNA, tramandati da secoli di padre in figlio.
Lo zafferano
Lo zafferano è uno dei profumi che immediatamente rimanda alla Sardegna: un’assoluta eccellenza dell’isola, che produce circa l’80% dello zafferano italiano, puntando sempre al massimo della qualità.
Le caratteristiche di alcune zone della Sardegna, unite a tradizionali tecniche di coltivazione e lavorazione, consentono di ottenere un prodotto con peculiarità uniche ed inconfondibili che evidenzia il forte e solido legame con la storia e la cultura del territorio in cui viene prodotto.
Nasce così lo Zafferano di Sardegna DOP, che può vantare un contenuto medio di crocina (l’elemento al quale è collegato il potere colorante dello zafferano), picrocrocina (l’elemento al quale sono riconducibili gli effetti euptetici ed il correttivo di sapore) e safranale (l’elemento al quale sono associate le proprietà aromatizzanti) notevolmente superiore alla norma.
A Suelli, lo zafferano non è solo un prodotto coltivato da sempre, ma è anche un prodotto fortemente identitario, la cui cultura è molto antica e affonda le sue radici all’epoca dei Fenici che, probabilmente, la introdussero nell’Isola.
La tradizione lo inserisce in moltissime ricette, spesso anche solo come colorante, per dare magari alle paste tradizionali un tono diverso dal solito, in termini cromatici e di sapore. Così, con lo zafferano in Sardegna si preparano ravioli, dolci (come le pardulas) e ovviamente i secondi di carne (dall’agnello al capretto) o di pesce.
I grani antichi
C’è stato un tempo in cui la Trexenta era soprannominata il “granaio di Roma”.
Erano tempi antichi, in cui qui si coltivavano grani pregiati, frutto di un territorio particolarmente vocato. Alcuni di questi – il Tricu Cossu, il Trigu Denti de Cani, il Trigu Moru, per esempio – resistono ancora oggi, coltivati dagli agricoltori che di generazione in generazione cedono spazio ad altri mestieri.
Altri, invece, sono andati perduti, a favore di varietà più redditizie in termini di quantità. C’è chi però li sta recuperando, in difesa di una cultura del territorio che è un peccato lasciare andare.
Uno di loro è Alessio Giani, che con la sua azienda agricola Genne-‘e-sobi (che in sardo significa “porta del sole”) sta facendo un importante e prezioso lavoro di cerealicoltura e di riscoperta dei grani antichi a Guasila. “Io nel grano ci sono nato, letteralmente. Questo è il mio mondo, sono figlio e nipote di agricoltori, e ricordo che già mio nonno, che era del 1882, mi parlava del grano Murru”, e cioè il grano che Alessio in questo momento sta cercando di far certificare: un antico grano autoctono, un tempo il più coltivato della Sardegna.
I funghi shiitake
I Lentinula edodes, comunemente noti come shiitake, sono tipici della cultura asiatica, diffusi soprattutto in Cina e in Giappone.
Qui sono una specie di antichissima tradizione, anche se ormai il loro consumo è diffuso in tutto il mondo. Sono funghi dalle caratteristiche molto particolari, con grandi proprietà nutritivi, ricchi di proteine e amminoacidi essenziali.
A coltivarli in Sardegna è Marco Marcialis, produttore di funghi Shiitake con la sua azienda DNurri: un nome che certifica un forte attaccamento al territorio, nonostante la tipologia di funghi scelta per la produzione non sia di origine sarda.
“L’azienda però è nata qui, nel 1972, era di mio padre, che si è dedicato da allora alla coltivazione del substrato per fare i funghi”, spiega Marco, che ha preso le redini dell’attività nel 2008, iniziando con il cardoncello.
I suoi funghi vengono venduti nella zona, come è tipico di una piccola azienda artigianale, e sono quindi diventati un prodotto fortemente territoriale. Il legame con la terra rimane infatti sempre forte per una produzione di altissima qualità, che affonda le sue origini qui a Nurri: “Mio padre e mio zio erano un punto di riferimento per i raccoglitori di funghi locali. Oggi teniamo fede a quella storia rimanendo nel settore, e portando avanti la loro azienda”.
I formaggi
La Sardegna è da sempre terra di formaggi, che costituiscono una delle specialità gastronomiche più caratteristiche e ricche di tradizioni dell’isola.
La filiera è corta, da sempre: i pastori portano il latte ai caseifici, che si fanno custodi di un’esperienza antica nel trasformarlo in formaggi tipici.
Uno di questi, attivo da oltre centotrent’anni, è il Caseificio Garau di Mandas. Qui, quattro generazioni della stessa famiglia si tramandano i segreti del mestiere, quelli con cui, nel 1880, Antonio Garau fondò la sua azienda.
Latte proveniente solo da allevamenti sardi, assoluto rigore nell’applicazione delle tradizioni millenarie di trasformazione del latte, rispetto per il prodotto, per le materie prime e per il territorio: così nasce un formaggio che non è solo lo specchio di una cultura, ma anche custode di un sapore e di un sapere antico, mai dimenticato proprio grazie al lavoro di realtà come questa.
Le farine
Come abbiamo detto, ogni zona, ogni famiglia, in Sardegna ha la sua pasta. Il comune denominatore per la pasta, o per il pane, sono sempre la farina e la semola.
Che devono essere buone, del territorio, autentiche, realizzate come un tempo per assicurare la perfetta riuscita del lavoro manuale delle donne del paese, che nei giorni di festa impastano per ore.
A prepararle da sempre con la stessa cura è ad esempio il Mulino La Pietra e il Grano di Nurri, che custodisce uno spaccato di cultura di queste zone.
Nurri è infatti il paese dei “picca perdas” addetti alla costruzione dei mulini per la macinazione dei cereali, che qui arrivavano eccellenti dalle regioni confinanti. Quello che ancora oggi si lavora al Mulino La Pietra e il Grano è solo grano duro, solo sardo, solo proveniente da paesi vicini. Qui si macina anche il pregiatissimo grano Senatore Cappelli, frutto di un’antica selezione di sementi.
Questi sono solo dieci dei prodotti sardi che si possono trovare lungo il grande viaggio di Saboris Antigus attraverso i sapori e le tradizioni delle due regioni storiche della Sardegna centro meridionale, la Trexenta e il Sarcidano, luoghi dove restano radicate profonde tradizioni secolari, spesso tramandate attraverso il cibo, le ricette e i prodotti tipici, oltre alle mani di chi li raccoglie e di chi li prepara.
La rassegna ha già toccato i paesi di Gergei, il 27 ottobre, di Selegas, il 3 novembre, di Serri il 10 novembre e di Siurgus Donigala il 17 novembre, per poi proseguire il 24 a Gesico. A dicembre, il 1° è la volta di Suelli, l’8 Guasila, il 17 Nurri e il 22 dicembre si chiude la kermesse a Mandas.
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