21 Ottobre 2025

La tradizione dei fogolâr in Friuli Venezia Giulia. Il cuore caldo della regione tra tradizione, identità e comunità

Nel cuore del Friuli, dove il vento della pianura incontra la ruvida dolcezza delle montagne, esiste un simbolo che più di ogni altro racconta la vita, la casa e l’anima di questo popolo: il fogolâr.
Non è solo un focolare domestico: è un luogo dell’anima, un centro di gravità affettivo e culturale, intorno al quale per secoli si è costruita la socialità friulana.
Il nuovo itinerario “Alla scoperta dei fogolârs” ideato da PromoTurismoFVG e inserito in una sezione dedicata della Strada del Vino e dei Sapori propone un viaggio tra i locali tipici e le tradizioni gastronomiche del Friuli Venezia Giulia, per scoprirne l’anima autentica e conviviale.
Il fogolâr, conosciuto anche come “focolare” è uno dei simboli della regione.

foto Gianpaolo Scognamiglio

Il simbolo di identità friulana

Il fogolâr era tradizionalmente il camino posto al centro delle case rurali friulane.
Una semplice struttura in pietra o mattoni, spesso senza canna fumaria, dove il fuoco bruciava costantemente, giorno e notte.
Attorno al fuoco si cucinava, si raccontavano storie, si intrecciavano legami. Il fogolâr era la “piazza domestica” della famiglia: il luogo dove si prendevano decisioni, si trasmettevano saperi, si condivideva il pane e il vino.
Come scriveva lo scrittore Pier Paolo Pasolini, che del Friuli fu cantore e amante, “il fogolâr è il centro di ogni casa friulana: simbolo della comunità, della famiglia e della continuità della vita”.
Con il tempo, il fogolâr è diventato un simbolo identitario. In molte case moderne non esiste più come struttura fisica, ma continua a vivere nel linguaggio e nel pensiero collettivo.
Non a caso, in Friuli esistono ancora oggi i Fogolârs Furlans, associazioni di emigrati friulani sparse nel mondo, che mantengono vivo il legame con la loro terra d’origine.
Il nome richiama proprio quel fuoco condiviso: un punto di ritrovo per la comunità, dove il calore non è solo quello della fiamma, ma quello dell’appartenenza.
Intorno al fogolâr nascevano anche i riti della convivialità: la “cjase” (casa) era aperta a vicini e amici, che vi si radunavano per le serate di filò, raccontando leggende e bevendo un bicchiere di refosco o di ramandolo.
Il profumo del minestrone che sobbolliva nella pignate, la luce calda delle braci e le voci intrecciate nel dialetto friulano creavano un’atmosfera che oggi chiameremmo “magica”, ma che allora era semplicemente quotidianità.
Oggi il fogolâr è tornato a vivere nelle osterie tipiche e nelle case rurali restaurate, dove il camino è di nuovo protagonista, simbolo di accoglienza e autenticità.
Molti agriturismi e borghi turistici del Friuli valorizzano il fogolâr come esperienza da vivere: un momento per assaporare piatti della tradizione — come la brovade e muset, la polenta con il frico o la jota — raccontando la storia di un popolo che ha sempre trovato nel calore del fuoco la sua forza.
Il fogolâr non è nostalgia: è memoria viva.
È la metafora perfetta del Friuli che accoglie, del calore umano che si contrappone alla durezza delle stagioni e della vita.
È un invito a sedersi, ad ascoltare e a condividere: perché, in fondo, ogni storia — anche quella del viaggio — comincia e finisce sempre accanto a un fuoco.

Fogolar palazzo micoli toscano ulderica da pozzo

La tradizione friulana

Diffuso soprattutto nelle zone montane e nell’alta pianura, il grande caminetto della cucina è stato il punto d’incontro per generazioni di famiglie di ogni estrazione sociale, luogo accanto al quale scaldarsi, preparare i pasti della tradizione, condividere quotidianità e progetti per il futuro.
Il focolare ha rivestito un ruolo talmente importante nella cultura regionale da essere scelto come simbolo di appartenenza e nome delle associazioni degli emigrati all’estero.
Sebbene il suo aspetto e uso siano cambiati con il passare del tempo, il fogolâr è ancora un elemento distintivo del Friuli Venezia Giuliadiffuso sia nelle abitazioni, sia nei ristoranti e strutture ricettive che si adoperano per preservarne la memoria storica e le tradizioni culinarie. Questo viaggio ideale tra i fogolâr condurrà alla scoperta delle specialità gastronomiche e del territorio, attraverso alcune valli della Carnia, le Dolomiti friulane e l’area pedemontana del Friuli Occidentale e le Prealpi Orientali.

Il Tagliamento. Fabrice Gallina

L’ itinerario: dalla Carnia al Tagliamento

L’itinerario potrebbe iniziare da Tolmezzo, cittadina principale della Carnia, situata al limite fra montagna, pianura e le acque del Fiume Tagliamento, in cui ci sono molte opportunità per conoscere le tradizioni legate al fogolâr, sia nei ristoranti, sia grazie al Museo Carnico delle Arti popolari “Michele Gortani”, in cui scoprire gli elementi delle cucine carniche e gli ingredienti usati per le ricette dei piatti tradizionali.
Dal museo alla tavola il passaggio è breve, sono sufficienti dieci minuti di auto per raggiungere Verzegnis, dove si trovano altri locali per degustare piatti come il toç in braide (intingolo di polenta, fonduta di malga, salame e morchia) o i cjarsons (agnolotti carnici con erbe e ricotta oppure con ripieno dolce-salato) accanto al fuoco.
A breve distanza da Tolmezzo, in direzione ovest lungo la Valle del TagliamentoVilla Santina, Enemonzo Socchieve sono località in cui soddisfare i piaceri del palato e non solo. Sono numerosi i ristoranti e le osterie con tavoli attorno al fogolâr, dove un assaggio di formaggi tipici della zona è imprescindibile. Per solleticare l’appetito o favorire la digestione dopo pranzo, le tre località offrono molte possibilità per il turismo attivo: dai centri abitati si possono infatti intraprendere escursioni a piedi, in bicicletta o a cavallo lungo il Tagliamento o fra i rilievi della zona.

scultura in legno a Sutrio. Foto Ulderica da Pozzo

L’ itinerario: dalla Val Lumiei a Sauris

Il percorso alla scoperta dei focolari prosegue verso nord nella Val Lumiei e ci porta a Sauris, paese alpino scelto dal Ministero del Turismo per rappresentare l’Italia alla seconda edizione del “Best Tourism Villages” di UNWTO (United Nation World Tourism Organization), un’iniziativa delle Nazioni Unite che premia le destinazioni in cui il turismo preserva tradizioni, cultura locale e biodiversità. Fra i prodotti tipici della zona, il prosciutto IGP di Sauris, un tipo di prosciutto crudo, affumicato e stagionato, dal gusto dolce. Chi vuole scoprire altre peculiarità del territorio può visitare il Centro Storiografico di Sauris – Museo di Sant’Osvaldo, che racconta la storia della comunità locale e del saurano, l’idioma germanofono parlato dagli abitanti. Immerse fra le Alpi Carniche, Sauris di Sopra e di Sotto sono punto di partenza anche per tante attività outdoor, da praticare tutto l’anno. Si possono scegliere escursioni facili, trekking fra le vette della zona, come il Monte Pièltinis e il Tinisa, o attività più adrenaliniche, grazie alla zipline sul lago aperta nel periodo estivo, da giugno a ottobre.

colori autunnali sul Piancavallo. Foto Luciano Gaudenzio

L’ itinerario: da Sutrio allo Zoncolan

A nord di Tolmezzo, l’itinerario continua lungo le valli del But e Pontaiba, che costeggiano i torrenti da cui prendono il nome.
In questa zona, il borgo di Sutrio si sviluppa attorno a un centro storico caratteristico, intervallato da case in pietra e botteghe artigiane dove si intaglia il legno, tradizione artigiana che ha dato origine al progetto del Presepe del Vaticano nel Natale 2022, visibile ora nella piazza centrale del borgo.
Dopo una giornata fra le piste del comprensorio sciistico di Ravascletto-Zoncolan, agriturismi e ristoranti propongono affettati, formaggi e piatti della tradizione come frico e polenta, un classico della cucina regionale.
A Treppo Ligosullo, tra una scoperta culinaria e l’altra, si può scegliere fra arte e natura: la Galleria d’Arte Moderna “Enrico De Cillia” conta oltre 150 opere d’arte contemporanea, con pitture e disegni di Cussigh, Renzo e Stefano Tubaro, Sironi e Pignon fra gli altri.

formadi tal cit. Foto Davide Monti

L’ itinerario: le dolomiti friulane

Spostandosi nell’area occidentale del Friuli Venezia Giulia, l’area pedemontana a nord di Pordenone offre altri spunti per il palato, da gustare in una delle trattorie o locali con fogolâr nella zona di Travesio, Castelnovo o Sequals.
Nel territorio tra il Fiume Tagliamento e il Torrente Meduna nascono infatti il Formaggio d’Asìno e il Formadi tal Cit, prodotti caseari dalla pasta morbida e spalmabile.
Il primo si caratterizza per il gusto sapido e leggermente piccante derivato dall’immersione della forma nella “salmuerie” (una miscela composta da latte, panna d’affioramento e sale) all’interno di tini di legno, il secondo è un prodotto nato dal riutilizzo di avanzi di formaggi, macinati e conservati in un vaso in pietra (“cit”, in friulano).
Ancor più a ovest, nell’area delle Dolomiti friulane, Cavallo e Cansiglio, il focolare è il luogo di ritrovo ideale attorno a cui ritrovarsi per un tagliere a base di pitina (prodotto IGP e presidio Slow Food) al termine di una giornata all’aria aperta. Il prelibato salume affumicato a forma di polpetta si può gustare in molte località, fra cui Frisanco, Dardago e Piancavallo.
Realizzata a base di carni selvaggina di alta montagna oppure ovine, tritate, aromatizzate e passate nella farina di polenta prima dell’affumicatura, la pitina prende anche il nome di peta o petuccia a seconda delle dimensioni e delle erbe usate per aromatizzarla.
La tradizione dei fogolârs unisce queste e molte altre località della regione e offre ai visitatori la possibilità di costruire diversi itinerari per scoprire le peculiarità enogastronomiche, culturali e naturalistiche del Friuli Venezia Giulia.

 

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