Il duomo della ValdelsaThe Valdelsa Dom

“Fiorenza fatti in là – che Semifonte divien città!”

Così cantavano in sberleffo e per spregio i primi abitanti di Semifonte quando osavano spingersi fino a sotto le mura di Firenze. Era l’anno 1182 ed i Conti Alberti, vassalli di Enrico VI avevano costruito a Semifonte una grandiosa fortezza con tre chilometri di mura per poter così contrastare il crescente e progressivo sviluppo politico-militare di Firenze che andava in quegli anni minacciando con le sue armi tutto il Contado.

Pochi anni più tardi, nel 1202, Firenze stufa delle minacce di Semifonte e della sua continua crescita attaccò e non si fermò sino a che non riuscì a radere al suolo Semifonte.

Non paga la città decretò che quel terreno sarebbe stato per sempre tabù per ogni tipo di costruzione, ma questo fu infranto quattro secoli dopo, quando il Canonico Giovan Battista di Gino di Neri Capponi ottenne dal Granduca Ferdinando I dei Medici il permesso di costruire una cappella sul terreno della fu Semifonte.

Il disegno fu affidato a Santi di Tito e il “cupolino” che fa da tetto della cappella divenne una copia in miniatura (un ottavo) del cupolone di Santa Maria del Fiore di Firenze. Dedicata a San Michele si trova isolata in aperta campagna tra i campi di Petrognano a pochi passi da Barberino Val d’Elsa ed è definita “Il Duomo della Valdelsa”.

La notte, narra la leggenda, si aggirano fra questi cipressi i fantasmi di Semifonte che vogliono forse così fare da guardiani al tesoro che sarebbe da loro stato nascosto prima di capitolare di fronte ai fiorentini.

E’ conosciuto infatti in zona il Tesoro della Cupola, molti lo sognano, ma nessuno ci risulta, l’abbia ancora trovato. Volete provarci voi? 

Firenze: lo scoppio del carroFlorence: the scoppio del carro

Una tradizione antica, che si rinnova ogni anno. A Firenze la Pasqua è sinonimo di “Scoppio del carro”.
Una cerimonia scenografica nel cuore del città che vede protagonista un grosso carro addobbato e un razzo a forma di colomba, che stringe nel becco un ramoscello d’ulivo.
Durante le celebrazioni per la resurrezione di Cristo, una colombina piena di esplosivo viene accesa e fatta scorrere su un cavo che collega il coro del Duomo di Santa Maria del Fiore ad un carro posizionato all’esterno della chiesa che, cosparso di polvere pirica, prende fuoco tra gli applausi della folla.
Una consuetudine che affonda le radici in un passato molto lontano. Secondo le fonti storiche, la curiosa usanza risalirebbe alla prima crociata, dalla quale Pazzino Ranieri de’ Pazzi tornò trionfante con un bottino molto prezioso: tre scaglie di pietra del santo sepolcro. Conservate inizialmente dalla famiglia dei Pazzi, le pietre focaie venivano utilizzate per far ardere il “fuoco novello” – simbolo pasquale di rinascita – che dopo essere stato benedetto dal vescovo, veniva distribuito alle famiglie fiorentine per accendere il focolare domestico, come segno di buon auspicio.
Le schegge di pietra vennero successivamente trasferite nella chiesa di Santa Maria sopra Porta – soppressa nel 1785 – e poi trasferite nella chiesa dei Santi Apostoli, in piazza del Limbo, dove sono custodite ancora oggi.
Il “fuoco sacro”, veniva caricato su un carro e portato nelle abitazioni delle famiglie fiorentine. Col passare dei secoli la consuetudine di “donare” le fiamme è stata soppiantata dall’affascinante performance pirotecnica del carro e della sua colombina.