Tante sono le possibilità di viaggio in Piemonte, regione bella e variegata che offre varie chiavi di lettura anche per una conoscenza non scontata.
In quest’ottica abbiamo scelto oggi di portarvi nel Canavese, una terra prossima a Torino che vive di una sua identità storica, culturale, geografica, artigianale e enogastronomica.
Sulla strada che conduce in Valle d’Aosta il Canavese si apre, vicino alla via Francigena e sotto il massiccio del Gran Paradiso (Valle del Malone, Val di Locana, Val di Soana e Val Chiusella) ed ha la sua “capitale” a Ivrea.
Una terra che fino a qualche decennio fa era il cuore pulsante della grande industria italiana fra Ivrea appunto e l’Olivetti e Chivasso con l’Alfa Romeo e che poi, quando tutto è cambiato si è scoperta bellissima e desiderosa di aprirsi a un turismo di qualità.
Il progetto Tre Terre Canavesane
In quest’ottica nasce il progetto Tre Terre Canavesane che si fonda su un protocollo d’intesa tra i comuni di Agliè, Castellamonte e San Giorgio Canavese, al fine di attuare un programma di sviluppo nel quale i Comuni si impegnano a coordinare le attività di organizzazione di eventi, di promozione turistica, di marketing territoriale e turistico.
L’accordo tra i tre comuni si è sviluppato sin dal 2015, in occasione dell’Expo internazionale di Milano, e successivamente si è sviluppato e migliorato. Uniti per presentarsi al resto del mondo con le proprie eccellenze turistiche, culturali ed enogastronomiche.
Il festival della Reciprocità
Il “modello” di questa promozione una e trina si rappresenta alla perfezione nel “Festival della Reciprocità” nato nel 2022 e che con tre eventi che si svolgono lungo un calendario che copre tutta l’estate e tocca i tre comuni dona spolvero alle tipicità canavesane.
A fine primavera l’inizio è stato con il Mercato della Terra e della Biodiversità a San Giorgio Canavese, si è proseguito le scorse settimane con Calici ad Agliè e si terminerà a fine estate con la Mostra Internazionale della Ceramica di Castellamonte.
I tre paesi: Agliè
Sorge alle falde delle colline di Macugnano, con un primo nucleo urbano di origine romana. Compare nei documenti per la prima volta nel 1141 ma lega decisamente il suo destino ai Savoia.
Il personaggio centrale della storia del paese fu il Conte Filippo San Martino di Agliè, colto letterato, coreografo e politico insigne che intrapresa la carriera delle armi, nel 1630 divenne luogotenente della Compagnia delle Corazze di Vittorio Amedeo I che quando morì nel 1637 aveva suo figlio Carlo Emanuele II troppo giovane per la successione. La madre Cristina di Francia assunse così la reggenza ma la corte si divise in due frazioni: madamisti e principisti.
Il Conte Filippo fu madamista e divenne ministro, consigliere personale e favorito di Cristina e riuscì a far mantenere il trono a Carlo Emanuele II. Per questo s’inimicò parecchie persone tra cui Richelieu che lo fece arrestare. Tornò libero solo alla morte del cardinale ma abbandonò la politica ritirandosi a vita privata nel Castello di Agliè, dedicandosi al suo restauro e ampliamento trasformandolo da residenza fortificata in dimora patrizia. Il castello venne ulteriormente ampliato dopo l’acquisto del feudo di Agliè da parte di Carlo Emanuele III che lo diede in appannaggio al suo secondogenito Benedetto Maria Maurizio, duca del Chiablese che incaricò dei lavori l’architetto di corte Ignazio Birago di Borgaro.
Il Castello reso celebre per essere stato il set della fiction Elisa di Rivombrosa è oggi monumento nazionale gestito dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e patrimonio Unesco dell’umanità insieme al circuito delle Residenze Sabaude.
Ad Agliè, per concludere con un curiosità, un tempo era una fiorente industria tessile che con la crisi del settore passò all’Olivetti che qui impiantò la linea di produzione della mitica macchina per scrivere Lettera 22.
I tre paesi: Castellamonte
Castellamonte è internazionalmente nota per la produzione di ceramiche artigianali e artistiche; le sue stufe sono celebri in tutto il mondo.
Buona parte del suo territorio si adagia sulle colline e dalla cima del colle dove sorge il Castello dei Conti San Martino si gode di una splendida vista che abbraccia i monti delle valli Orco e Soana, i colli e la pianura.
Dell’antico borgo medioevale dove sorge il Castello dei presunti discendenti del famoso Re Arduino oggi restano originali solo alcuni tratti delle mura e la porta di accesso al cortile.
Risale al 1842 l’avvio dei lavori della costruzione della Parrocchiale affidati all’architetto Alessandro Antonelli, lo stesso della Mole di Torino. La grandiosa struttura doveva coprire un’area di poco inferiore a quella della basilica di San Pietro a Roma, ma in corso d’opera i soldi terminarono e l’ambiziosa grandeur rimase incompiuta.
Oggi rimangono visibili solamente le mura esterne che per la loro forma circolare sono conosciute con il nome di Rotonda Antonelliana. La Parrocchiale fu realizzata nella piazza principale e della chiesa si erge solitario il campanile romanico del XII secolo che nel 1762 è stato sopraelevato in stile barocco per realizzare una cella campanaria.
Nel centro di Castellamonte, risalente al XVI sec. è il palazzo dei Conti Botton che oggi ospita la “Raccolta Civica di Terra Rossa”, un vero e proprio museo della ceramica.
I tre paesi: San Giorgio Canavese
San Giorgio si adagia sulle pendici della fascia collinare che chiude a sud l’anfiteatro morenico di Ivrea. La nascita del borgo è connessa con le vicende della curtis regia alto–medioevale che viene menzionata nelle antiche carte subalpine sin dal IX secolo e oggi localizzata nella frazione di Cortereggio.
Dopo alterne vicende il castello di San Giorgio svolse un’importante azione difensiva anche più tardi nei secoli alla corte dei conti di Biandrate prima di passare nel 1631, sotto il dominio della casa sabauda. L’Ottocento è il vero secolo dei lumi per San Giorgio che viene soprannominata “l’Atene del Canavese” per i molti personaggi di ingegno e cultura che hanno contribuito nei secoli a dare lustro a questo piccolo, ma importante centro.
Stufe e trofeje
A Castellmonte tutto parla di ceramica. Lo si vede fin dall’ingresso del paese con la grande rotonda che ha al suo centro la pignatta, uno dei simboli della produzione di stoviglierie in terra rossa oggi diventato icona, panciuta e armonica, del comune stesso.
Lo si capisce dalle numerose opere che ne puntellano il territorio, dall’arco di Pomodoro alla Stufa di Nespolo, dai numerosi bassorilievi esposti all’esterno delle abitazioni alle installazioni che ne abbelliscono le piazze e dall’evento più importante dell’anno, la Mostra della Ceramica che ha festeggiato (nonostante la pandemia) a 60esima edizione.
Ma Ceramica a Castellamonte vuol dire soprattutto stufa.
Sono rimaste solo tre aziende che ancora producono le storiche e sempre bellissime stufe in ceramica, alimentate a legna, in pellet o anche a corrente elettrica.
Dalle forme antiche o dal design moderno rappresentano, non solo un sistema di riscaldamento efficacissimo e naturale, ma anche e soprattutto un oggetto d’arredo senza tempo.
Lungo le vie del paese è possibile anche visitare le botteghe artigiane dei ceramisti locali dove è possibile acquistare pezzi di grande fattura e dal sicuro fascino.
Erbaluce, Carema e torcetti
Le Tre Terre Canavesane sono una e trine anche per quello che riguarda le grandi eccellenze enogastromomiche.
Nel cuore del Piemonte terra di grandi rossi come sua maestà il Barolo ma anche il Nebbiolo e la Barbera il Canavesano spicca e si differenzia anche nel bicchiere producendo grandi bianchi.
L’Erbaluce di Caluso Docg è un grande vino prodotto da un vitigno autoctono anch’esso uno e trino perché viene vinificato come bianco fermo, spumante metodo classico e passito.
Un vino che negli ultimi anni si è fatto la sua strada e che oggi è sempre più apprezzato per eleganza, raffinatezza dei profumi, sapidità e potenziale d’invecchiamento.
Due righe lo merita anche la leggenda del suo nome che risale alla romantica favola della ninfa Albaluce, bellissima figlia del Sole e dell’Alba, adorata da tutti gli abitanti del luogo che per ingraziarsela offrivano doni e sacrifici di vario tipo. Per rimediare a un lungo periodo di carestia, furono però costretti a prosciugare il lago e a deviare il corso delle acque, provocando danni ingenti a tutte le popolazioni che vi abitavano intorno. Albaluce ne fu così addolorata che pianse per giorni interi, al punto che le sue lacrime penetrarono nel terreno e diedero vita a tralci di vite.
Non solo bianco però nel Canavesano perché questo è anche un territorio che esprime rossi Doc importanti come il Canavese Rosso, il Canavese Barbera, il Canavese Nebbiolo e il raro Carema che si ottiene da uve del Nebbiolo, nelle varietà locali Picutener e Prugnet con coltivazione a pergola.
Una zona di produzione molto piccola sui pendii al confine con la Valle d’Aosta caratterizzata dai terrazzamenti. Un duro lavoro di coltura caratterizzata dai muretti a secco e pilastri di pietra che oltre a catturare e rimandare alla vite i raggi del sole costituiscono un unicum architettonico rurale di grande pregio.
Assaggiare un prezioso Carema, con il suo colore granato, i suoi sentori di violetta e rosa e quel caratteristico retrogusto amaro che però non toglie morbidezza non è solo assaggiare un grande vino, ma è immergersi nella cultura rurale del luogo.
E con questo grandi vini ottimo accompagnamento sono senz’altro i torcetti di Agliè delizie dolci delle Tre Terre Canavesane; una specialità artigianale della pasticceria secca piemontese chiamati cosi per la loro particolare forma attorcigliata.
È stato Francesco Pana ad inventarli all’inizio del Novecento e il loro successo è stato così esteso al punto che nel 1938 questo pasticcere è stato nominato fornitore ufficiale della principessa Isabella Bona di Baviera di Savoia Genova.
Secondo alcune però le origini dei torcetti sono molto più antiche. Nel Settecento, nelle Valli di Lanzo, erano noti come “torchietti”, biscotti di pasta di pane; sono stati poi citati nel libro della Confetturiere Piemontesi del 1790 e, nel 1854, sono comparsi anche nel Trattato di Cucina e Pasticceria Moderna con le tre varianti di Giovanni Vialardi, aiutante cuoco di re Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II.
Da non dimenticare infine il fagiolo bianco presidio Slow Food “piattella di Cortereggio”.
La Piattella Canavesana da Cortereggio allo spazio
Fra le eccellenze gastronomiche locali c’è senza ombra di dubbio anche il fagiolo bianco presidio Slow Food “piattella di Cortereggio” che viene fatto crescere sugli steli del mais ed è l’ingrediente principale della tipica tofeja (zuppa di fagioli e cotiche cotta nella terracotta di Castellmonte).
Grazie alla presenza di un quantitativo di prodotto originario consegnato alla Banca del Germoplasma dell’Università di Torino nel 1981, si è potuta riprendere la produzione di questo raro fagiolo e nel 2010. La prima raccolta destinata nuovamente alla commercializzazione risale all’anno seguente con quantitativi di prodotto che sia aggirano intorno ai 3-4 quintali l’anno.
Oggi i produttori locali si sono riuniti in una cooperativa, la Cooperativa dei Produttori di Piattella Canavesana di Cortereggio e lavorano seguendo un rigido disciplinare di produzione, al fine di dare al consumatore un prodotto tracciato davvero unico. Ancora oggi infatti la Piattella Canavesana di Cortereggio viene raccolta esclusivamente a mano, battuta a mano, vagliata a mano e invasettata a mano.
La Piattella Canavesana per altro è stata recente inserita nell’alimentazione spaziale. Il fagiolo è infatti uno dei quattro legumi che l’astronauta Samantha Cristoforetti ha voluto con se nella Stazione Spaziale Internazionale.
La rara créme de Cassis e l’aperitivo canavesano
Le terre canavesane non finiscono mai di stupirci perchè nelle campagne tra Agliè e Cuceglio, un appassionato produttore ottiene della Crème di Cassis Morenico interessante dalla coltivazione e lavorazione del ribes nero che coltiva a impianto semicircolare nel suo cascinale.
La particolare acidità del terreno morenico dona bacche profumatissime che si raccolgono, come da tradizione germanica, a partire dalla sera di San Giovanni.
Una volta raccolte manualmente vengono poi trasformarle in Crème de Cassis ottima sia per l’uso classico oppure in aggiunta al vino bianco (Kir) o con lo spumante (Kir Royal) perfetta per ottenere un aperitivo molto diffuso in Francia.
Nell’uso canavesano si usa con l’Erbaluce doc e lo spumante Erbaluce docg liscio o con ghiaccio per un ottimo aperitivo alla canavesana. Si accompagna anche al gelato, allo yogurt, alla macedonia ed alla pasticceria secca ma viene anche utilizzato nella cucina alternativa in risotti e carni rosse.
Dove dormire e dove mangiare
Per scoprire il canavesano il consiglio è di fare “base” al bellissimo agriturismo La Desiderata, poco fuori il centro abitato di Agliè e nel bel mezzo della campagna piemontese..
Un bellissimo giardino ben tenuto accoglie in questa bellissima opera di recupero architettonico di quello che era il cascinale di famiglia.
La casa “desiderata” appunto dalla nonna dell’attuale proprietario Ferdinando che con grande simpatia, senso dell’ospitalità e un pizzico di emozione racconta di quando (prima della seconda guerra mondiale) la nonna stanca di vivere come si viveva ai tempi, ovvero tutti sotto lo stesso tetto, chiese al marito di affrancarsi dalla grande famiglia per metter su il loro nido d’amore ne “La Desiderata”.
Soggiornare da Ferdinando e da Carla è quindi immergersi non solo in una realtà vitale dell’ex Piemonte industriale riconvertito all’ospitalità “io ero un contadino ed ero guardato male dai miei amici che avevano tutti i papà che lavoravano all’Olivetti” ricorda Ferdinando mentre ci serve i prodotti caldi e genuini della colazione usciti dalle sapienti mani di Carla.
Qui si lavora la terra e cereali, fagioli, soia, frutta e verdura sono ciò che hanno permesso oggi a “La Desiderata” di esserlo per tutti.
Per pranzo il consiglio è invece di fermarsi nel cuore di Castellmonte allo storico Tre Re che leggenda vuole prenda il nome dei Tre Re dai tempi dell’Imperatore Federico I detto il Barbarossa che, arrivando da Milano con le reliquie dei Re Magi per rientrare ad Aquisgrana, si sarebbe fermato in questa locanda che da allora si chiamò così in memoria di questo evento. Di certo in epoca moderna c’è che dal 1916 i “Tre Re” sono un’istituzione della cucina piemontese, dove tradizione e innovazione si fondono per dar vita ad un’esperienza enogastronomica che da oltre un secolo delizia i palati dei più illustri gourmet del mondo.
Una tappa d’obbligo quindi per conoscere la cucina canavesana più autentica. Oltre cento anni di storia per un locale che ha fatto la storia italiana e non solo. Tante le celebrità del mondo della politica, dell’industria, della finanza, dello spettacolo e dello sport proveienti da ogni parte del mondo che si sono seduti ai tavoli dei Tre Re e che qui hanno chiuso affari e sottoscritto contratti.
Oggi le ricette della tradizione si affiancano a nuovi e inaspettati abbinamenti, mantenendo come comune denominatore la qualità delle materie prime utilizzate.
Da segnalare dal menù alla carta l’antipasto piemontese per eccellenza con battuta di fassone, vitello tonnato e insalata russa; la classica Finanzierà così amata da Cavour fra i secondi e imperdibile lo zabaione alla fiamma servito coi torcetti.
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