Gen 11, 2025 | Da non perdere, Territori
Il Treno delle Nuvole (Tren a las Nubes) è una delle esperienze ferroviarie più straordinarie al mondo, un viaggio che conduce nel cuore delle Ande argentine, attraverso paesaggi spettacolari e culture millenarie.
Per gli appassionati dei viaggi sulle tratte ferrate e dopo avervi parlato dei treni più panoramici d’Italia e del viaggio in treno più lungo del mondo ecco un’altra esperienza da non perdere.
Conosciuto per la sua altezza vertiginosa, questo treno raggiunge un’altitudine di oltre 4.200 metri sul livello del mare, regalando ai passeggeri una vista impareggiabile su valli, canyon e saline ed è secondo solo ad alcune linee ferrate del Tibet e della Cina.
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Il percorso
Il treno parte dalla città di Salta, situata nell’omonima provincia del nord-ovest dell’Argentina e il suo punto più culminante è il maestoso Viadotto La Polvorilla, un capolavoro ingegneristico situato a 4.220 metri di altitudine! Un viaggio incredibile della durata di circa 15 ore tra andata e ritorno, con una combinazione di tragitto in bus e treno, per un’esperienza più completa che copre in totale 217 chilometri.
Il percorso si snoda attraverso 29 ponti, 21 tunnel, 13 viadotti, due spirali e due zigzag, una configurazione necessaria per superare le ripide pendenze montane delle Ande senza l’uso di cremagliere.
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Una storia leggendaria
Il progetto di questa linea ferrata davvero unica al mondo fu avviato negli anni ’20 del Novecento dall’ingegnere americano Richard Maury che ideò il percorso per collegare il nord dell’Argentina con il Cile e la Bolivia.
Un’opera di Fimcantieri,un opera con un raggio di curva di 200 metri. L’intera struttura metallica, di circa 1700 tonnellate, fu completate in soli cinque mesi, compreso il tempo impiegato per l’esecuzione dei calcoli, dei disegni d’officina e per l’approvvigionamento del materiale.
La messa in opera avvenne in un luogo impervio, a oltre 2 mila chilometri da Buenos Aires e dove durante l’inverno, si legge nelle cronache del 1930, la temperatura si mantiene di giorno su una media di 9 a 10 gradi sottozero, mentre durante le brevi, e non troppo frequenti, bufere (“viento blanco”) raggiunge dai 25 ai 30 gradi sotto zero. D’estate invece il termometro raggiunge i 35 gradi al sole, ma a causa della rarefazione dell’aria, la temperatura all’ombra rimane bassissima.
La respirazione è resa difficoltosa dall’altezza e in seguito alla mancanza di qualsiasi fonte di energia elettrica vicina, il sollevamento delle strutture si eseguì esclusivamente con verricelli a mano, mentre per la ribattitura e la pitturazione si improvviso invece un’installazione pneumatica, azionata da un locomobile a vapore, trasportato sul posto con difficoltà eccezionali.
L’inaugurazione dopo i lunghi lavori avvenne nel 1948 e inizialmente era solo una linea ferroviaria per il trasporto merci. Solo negli anni ’70, il treno iniziò ad attrarre l’attenzione di viaggiatori e turisti per la sua altitudine impressionante e per i panorami mozzafiato che offriva, guadagnandosi il nome di “Treno delle Nuvole” grazie alle formazioni di nubi spesso visibili sotto il viadotto. Oggi è una delle principali attrazioni turistiche dell’Argentina, il simbolo della cultura e dell’ingegneria argentina.
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Cosa fare e cosa vedere prima di salire e da bordo del treno
Prima di salire a bordo del treno, prendetevi del tempo per scoprire Salta, una città coloniale nota per la sua architettura storica e il suo vivace mercato artigianale. Da visitare la Cattedrale e il Museo di alta montagna (MAAM), dove sono esposte le mummie Inca delle montagne.
Del fantastico ponte de La Polvorilla di cui vi abbiamo accennato, una struttura ad arco in acciaio che è il punto culminante del viaggio e che sembra galleggiare tra le nuvole sappiate che potete scendete per fare foto e ammirare il panorama.
Ma oltre a questo ponte appiccicati col naso al finestrino potrete ammirare anche la Quebrada del toro, una gola spettacolare fiancheggiata da montagne rocciose, le salinas grandes, vaste saline che riflettono il cielo come uno specchio naturale e molti villaggi tradizionali andini come San Antonio de los Cobres, dove il tempo sembra essersi fermato ai tempi degli Incas.
Non vi stupite se a bordo del treno vedete delle bombole d’ossigeno poiché a causa delle altitudini che raggiunge qualcuno può avere dei lievi malesseri come il mal di montagna e ricordate che è necessario per un viaggio sereno anche di vestirsi a strati dato che le temperature possono variare molto durante il giorno, passando dal caldo al freddo pungente.
Gen 10, 2025 | Territori
Da nord a sud dalle Alpi agli Appennini, sono incastonati in vallate e su colli alcuni straordinari borghi che d’inverno esaltano la loro bellezza, magari quando sono imbiancati dalla neve.
Un’atmosfera unica che gli fa apparire come piccoli presepi e dov’è possibile tornare quasi indietro nel tempo camminando fra le loro stradine e respirando la loro aria.
Ne abbiamo selezionati dieci per voi dalla Valle d’Aosta alla Basilicata.
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Etroubles (Valle d’Aosta)
Un paese che è un museo a cielo aperto caratterizzato da una ventina di opere d’arte disseminate nelle vie, nelle piazze, sulle facciate delle case, là dove gli autori hanno deciso di collocarle.
Sculture, pitture, installazioni: anche i numeri civici sono stati ricreati per rendere più colorato e attraente il borgo.
Un luogo ricco di storia, allo sbocco del vallone, nella frazione di Vachéry,è la torre del XII secolo. Il campanile del borgo invece fu costruito in pietre di taglio su piano quadrato nel 1480.
Ad accendere la fantasia, nel borgo medievale, sono le stradine in ciottolato, i fontanili da cui sgorga l’acqua fresca del monte Vélan, le abitazioni ristrutturate in pietra locale con i tetti in lòse, secondo le tipologie architettoniche tradizionali.
Étroubles è la dimostrazione di come la montagna riesca a sopravvivere senza snaturarsi e cedere al turismo invasivo.
Nei dintorni potrete visitare anche la prima latteria turnaria della Valle d’Aosta (1853), trasformata in museo che illustra le varie fasi di lavorazione dei formaggi con gli attrezzi dell’epoca e la prima centralina idroelettrica della Valle del Gran San Bernardo, la Centrale Bertin, risalente al 1904, dove è stato installato un piccolo museo dell’energia.
Per chi ama sciare nei dintorni è possibile praticare lo sci alpino e nordico, lo snowboard, l’alpinismo e tutte le attività legate alla montagna, sia d’inverno sia d’estate dato che siamo nel comprensorio sciistico del Gran San Bernardo con 22 km di piste da sci di discesa e 18 km. di sci di fondo.
Vistando il borgo d’inverno vuol dire vivere anche il Carnevale della Comba Frèide, quando il giovedì grasso: nella “Valle Fredda” i personaggi (landzette) del carnevale storico hanno il volto coperto da maschere di legno (o plastica) e richiamano nei costumi le uniformi colorate dei soldati napoleonici arrivati qui nel maggio 1800. Abiti costosi, confezionati a mano, adorni di perline e paillettes e di specchietti che nella tradizione servono per allontanare le forze maligne.
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Foto Diego Murgioni
Chianale (Piemonte)
Siamo al confine con la Francia e alle pendici del Monviso nei pressi del più grande bosco di Cimbri delle Alpi e d’Europa a 1800 metri d’altitudine in fondo alla Val Varaita di cultura occitana. Qui si trova questo villaggio dal cuore d’ardesia, con i suoi tetti di lose, le sue pietre, i suoi legni, le vecchie travi.
A Chianale si respira tutto il profumo delle Alpi, quando l’aria di neve spazza via i pensieri sotto un cielo color dell’acciaio; quando il silenzio scende sulle case intorpidite che sembrano stringersi tra loro come a tenersi caldo.
La cultura provenzale, orgogliosamente esibita dai pochi abitanti rimasti, riporta al tempo dei trovatori, che forse nella bella stagione componevano versi e musica nell’Alevé. Attraversato dallo Chemin Royal che portava in Francia, il villaggio fu solo sfiorato dalle guerre di religione, e il tempio calvinista e la chiesa cristiana stavano senza problemi l’uno di fronte all’altra.
Per gli appassionati di sport invernali e possibile scalate le cascate di ghiaccio, praticare sci nordico e sci alpinismo e per i più esperti avventurarsi nelle escursioni e ascensioni nel gruppo del Monviso con guide alpine convenzionate.
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Gromo (Lombardia)
Sentire il legno, il ferro, la pietra. Questa è Gromo è un villaggio caratteristico nell’alta Valle Seriana che fu presidio di ricche miniere di ferro, poi sede di libero Comune e quindi luogo di smistamento verso i mercati europei di armi bianche, forgiate dai poderosi magli mossi dal suo torrente.
L’acqua è stata la sua ricchezza e la sua rovina. Ne ha plasmato le forme nelle ere preistoriche, ha portato energia e guadagno alle sue botteghe, e cancellato con una inondazione tutte le sue fucine, un giorno di novembre del 1666, scardinando la sua economia.
Da precoce borgo industriale, Gromo torna a essere un alpestre villaggio rurale. Il borgo oggi non è tanto diverso da come appariva nel dipinto secentesco conservato nella chiesa di San Gregorio.
Sorprende, anche, la bellezza racchiusa in un luogo tanto piccolo: altari dorati, affreschi cinquecenteschi, statue di legno, antiche pergamene, portali in pietra, artistiche inferriate. E tutt’intorno alle strecie, le strette viuzze, si dispiega il verde dei monti.
Gromo è meta conosciuta e amata tra gli appassionati di scialpinismo perché dalla sua frazione di Spiazzi, partono gli impianti di risalita del comprensorio sciistico che dal fondovalle consentono agli sciatori di accedere fino ai Piani di Vodala, situati a 1700 metri tra i monti Timogno e Redondo nel cuore del parco naturale delle Prealpi Orobie. Inoltre nell’impianto sciistico sono anche presenti tre anelli per lo sci di fondo per 7,5 km, di media difficoltà.
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Sottoguida (Veneto)
Risalendo la Val Pettorina, nella parte alta della provincia di Belluno e nel cuore delle Dolomiti, si trova Sottoguda l’ultimo borgo prima della Marmolada.
Il territorio comunale dominato dalla Marmolada con i suoi 3342 metri d’altitudine e fatto di stupende e selvagge valli come quelle di Ombretta, Franzedaz e Franzei.
Sottoguda è un antico villaggio risalente al 1260 caratterizza per i numerosi tabièi, fienili in legno diffusi nell’area dolomitica di cultura ladina, usati dai contadini per il deposito del fieno e il ricovero del bestiame e degli attrezzi agricoli.
L’agricoltura è stata per secoli la principale fonte di sostentamento della piccola comunità e oggi sopravvive anche la tradizione della lavorazione artistica del ferro battuto grazie ad alcuni artigiani che hanno i loro negozi. Molto viva la cultura ladina dolomitica attraverso la parlata locale e alcune usanze di antiche origini che vengono tramandate fra le generazioni.
Subito dopo le ultime case inizia la gola dei Serrai un profondo canyon di circa due chilometri, oggi Parco di interesse regionale, che arriva fino alla conca di Malga Ciapéla, ai piedi della Marmolada. Il percorso si snoda fra alte rocce strapiombanti e interseca il corso del torrente Pettorina. Un tempo lungo esso transitavano le mandrie dirette ai pascoli di alta montagna, e i carichi di legname e fieno condotti a valle dai boschi e dalle zone di sfalcio e in inverno, quando le cascate gelando ricoprono le pareti rocciose di uno spesso strato di ghiaccio, la gola diventa palestra di arrampicata su ghiaccio tra le più apprezzate d’Europa (oggi i Serrai di Sottoguida sono chiusi a seguito dei danni provocati dalla tempesta Vaia).
Interessante il Museo della Grande Guerra a Serauta, nella stazione intermedia della funivia della Marmolada che rappresenta il museo più alto d’Europa trovandosi a 3000 metri vicino alle postazioni di guerra italiane e austro-ungariche.
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Castelrotto – Kastelruth (Trentino Alto Adige)
Nel Parco naturale dello Sciliar in Alto Adige è il borgo di Castelrotto unico poiché molte delle facciate del borgo sono state dipinte dal pittore, Eduard Burgauner (1873-1913) che intese trasformare il borgo in una grande opera d’arte.
Ancora oggi l’immagine del borgo è quella di un interessante connubio di stile Liberty e tradizioni locali di gusto barocco, come si può vedere al margine del paese, dove gli affreschi di Villa Felseck – la casa della famiglia Burgauner – illustrano i mesi in modo ciclico, seguendo i riti e i lavori dei contadini. Questa è la facciata più appariscente ma ce ne sono altre.
Poco distante è l’Alpe di Siusi, Seiser Alm in tedesco, considerata una delle montagne più belle delle Dolomiti. Prati, campi e boschi si dividono in egual misura i 56 chilometri quadrati dell’area, che fanno dell’Alpe il più vasto altipiano d’Europa.
E’ questo il periodo migliore per visitare Castelrotto dato che gennaio è il mese del Matrimonio Contadino. Gli sposi con abiti vistosi – lei con un cappello verde e lui con un garofano rosso nel taschino della giacca – partono da San Valentino su una slitta trainata dai cavalli. Nel corteo le donne nubili hanno i capelli raccolti sulla testa, quelle sposate se li sistemano dietro la nuca; le più anziane portano il turmkappe, un cappello a cono; le bimbe indossano abiti bianchi, i bambini il loden nero e la camicia di ciniglia. Alla sfilata segue il banchetto con i piatti della tradizione.
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Sappada (Friuli Venezia Giulia)
Sappada è celebre per la sua architettura caratteristica e le tradizioni culturali uniche. E’ il paese “nato nel legno”. “Case che sembrano cataste di travi sorgenti dai prati”, ha scritto un viaggiatore nel 1871.
Un’architettura tradizionale molto ben conservata che è la cosiddetta struttura “a Blockbau” tipica della cultura tedesca. Le case sono quasi interamente di legno, a travi orizzontali incastrate agli spigoli e poggianti su un basamento in pietra. Sotto c’è la stalla, sopra il fienile. Il tetto è di scandole.
Corrispondono a questa tipologia molte abitazioni, anche quelle di più recente costruzione o restaurate, delle borgate Mühlbach (dove ha sede il Museo Etnografico), Cottern (dove spicca casa s’Krumpm della fine del Seicento), Hoffe (con casa s’Greatlan della prima metà del Settecento), Fontana (con casa s’Paulan del 1737), Kratten (con il bellissimo complesso unifamiliare della seconda metà del Seicento e casa s’Gott Paurn del 1634, una delle più antiche), Soravia (con una stalla-fienile del 1778), Cretta (con la Casa-museo della Civiltà Contadina in una Blockhaus del 1825 costruita interamente in legno con basamento di pietra) e Cima Sappada.
La conservazione pressoché integrale delle borgate è dovuta alla realizzazione nel 1922 della strada nuova, parallela a quella più antica ma spostata un po’ più a valle. In tal modo si è ottenuta una valvola di sfogo per le nuove costruzioni sulla strada più trafficata, mantenendo inalterata la parte vecchia
A poca distanza da Sappada in alta Val Sesis a 1816 metri di quota sotto il Monte Peralba e al confine con l’Austria si trovano le sorgenti del Piave il fiume della patria. Nella zona sono visibili anche alcune fortificazioni della Grande Guerra.
Il Carnevale di Sappada è molto noto ed è l’appuntamento più atteso dell’inverno. Si svolge in più tappe: la Domenica dei Poveri, la Domenica dei Contadini e quella dei Signori. Il mascheramento è totale e nessuno scopre il volto durante la festa. La pesante maschera di legno che copre il viso, altera la voce facendola rimbombare. La maschera guida è il Rollate, un personaggio imponente, vestito con un pellicciotto di montone scuro che ricorda il manto dell’orso e con pantaloni a righe orizzontali ricavati dalla tela che serviva a coprire gli armenti in inverno.
Le piste da sci che sono frequentate soprattutto da famiglie con bambini in un comprensorio sciistico di cinque seggiovie e otto sciovie per un totale di 20 km di piste collegate tra loro da un servizio di ski bus.
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Pacentro (Abruzzo)
Immerso nel cuore del Parco Nazionale della Majella ha sul suo territorio comunale il Monte Amaro, che con i suoi 2800 metri d’altitudine è la vetta più alta della zona.
Come un gioiello di pietra incastonato nel bosco Pacentro sembra appartenere ad un’epoca lontana, persa nel tempo e nel silenzio.
La meraviglia di questo antico borgo è subito evidente. La visione panoramica del vecchio paese dalla località Muscarella, o la visione aerea dalla “curva di Agnese”, da dove sembra snodarsi come un serpente di pietra che s’inoltra nel bosco, introducono in un’altra dimensione.
È come oltrepassare una porta da tempo abbattuta. Chiudere gli occhi e aprirli su una selva di torri, anche se diroccate o mozzate. “Alchimisti, crogiolate i veleni, / recitate la formula oscura, / scrivete i segni dell’alfabeto segreto, /e che vi diano ascolto i diavoli!” (J. Seifert).
Parcento sembra sprofondarsi nei sogni, aggrapparsi ai segni scolpiti nella pietra, intagliati nel legno, battuti nel ferro e disseminati lungo l’intreccio misterioso di vicoli, archi, irte scalette, passaggi sovrapposti, camminamenti, porticati che collegano fra loro le piccole case, ancora raccolte nella medievale attesa di qualcuno che salga dal piano a portare un messaggio di felicità o di sventura.
Da esplorare nei dintorni ci sono numerosi sentieri escursionistici e luoghi incantati come la cascata del Vallone, nascosta da boschi ricchi di sorgenti e alberi secolari di grande valore naturalistico come il passo San Leonardo.
Il paese è la porta naturale e al tempo stesso il cuore del Parco Nazionale della Maiella. Si trova a 700 m d’altitudine ma l’altimetria del suo territorio va dai 430 ai quasi 2800 metri di Monte Amaro, la vetta della Maiella.
È dunque a tutti gli effetti un borgo prettamente montano, dal quale è facile salire in quota per assicurarsi le più belle vedute panoramiche ed ammirare una flora di grande valore naturalistico.
Escursioni e passeggiate portano sempre in luoghi stupendi, come la cascata del Vallone o il passo San Leonardo. Diverse sorgenti, limpide e fresche, solcano i sottoboschi dove volpi, scoiattoli, donnole, uccelli rapaci e anche qualche lupo, appaiono per un attimo e subito scompaiono.
Nei boschi regna sovrano il faggio, cui fanno da corona querce secolari, pinete, macchie di lecci, aceri e carpini.
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Capracotta (Molise)
Un borgo di montagna da visitare in inverno è anche quello posto tra le cime innevate più alte dell’Appennino, il villaggio molisano di Capracotta, un’importante località sciistica della Comunità Montana dell’Alto Molise.
I suoi 1421 metri sul livello del mare ne fanno il borgo più alto dell’Appennino e terzo in Italia e di conseguenza una località perfetta per respirare aria buona di montagna e atmosfera rarefatta dei mesi più freddi.
Architettura in pietra locale, paesaggi brumosi della montagna appenninica, neve che oltrepassa i piani delle case in inverno ed aria fresca in estate, ottimi latticini e pecorino locali, caratterizzano questo centro le cui origini risalgono all’Età del Ferro, come testimoniato dai reperti venuti alla luce in località Le Guastre.
Famose sono inoltre le numerose fontane del paese e il Giardino della flora Appenninica, ideale per una passeggiata nella natura.
Oggi attrezzato punto di riferimento per tutto lo sci di fondo del Centro-Italia al punto di avere ospitato nel 1997 i Campionati Nazionali di Sci di Fondo è tra le località di elezione per tale disciplina.
Per sciare quindi non mancano certo le possibilità grazie agli impianti di risalita che si trovano in località Monte Capraro e alle piste da Fondo di Prato Gentile.
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Pietrapertosa (Basilicata)
Come Castelmezzano, il borgo dirimpettaio, Pietrapertosa vive tra le guglie delle Dolomiti lucane, appoggiata ad anfiteatro alle “rocce magre / dove i venti e le nebbie / danno convegno di silenzi”, come scrive Mario Trufelli.
Il luogo sarebbe piaciuto a Jean- Jacques Rousseau, quando diceva di aver “bisogno di torrenti, rocce, pini selvatici, boschi neri, montagne, cammini dirupati ardui da salire e da discendere, di precipizi d’intorno che m’infondano molta paura”.
Tutto questo c’è a Pietrapertosa, che si presenta al visitatore con la sua imponente massa rocciosa, porta d’ingresso all’abitato, circondato, o protetto, da dirupi scoscesi, monti brulli o verdi di boschi.
Intorno alle guglie d’arenaria, antropomorfe (ognuna ha un nome), planano i falchi, quasi per distrarre lo sguardo dalla parte più misteriosa e affascinante del borgo, l’Arabata, che conserva nei vicoli ripidi e nel nome le tracce dei dominatori arabi, guidati dal principe Bomar.
La natura pare davvero essersi sbizzarrita in questo angolo profondo di meridione. Il paese è lassù, alla fine di ripidi tornanti che richiama un paesaggio dolomitico e del resto siamo nel cuore delle Dolomiti Lucane, caratterizzato dalle fantastiche forme delle rocce arenarie.
Primo luogo in Italia a dotarsi di un’adrenalitica zip line dov’è possibile vivere l’emozione del volo lungo un cavo d’acciaio sospeso tra le rocce di Castelmezzano e Pietrapertosa. Un tuffo tra cielo e terra che si chiama “Volo dell’Angelo” e permette di percorrere più di un km e mezzo sospesi nell’aria a 400 metri d’altezza, sfidando il vento e la maestosità delle montagne.
Ott 30, 2024 | Territori
Gli irlandesi sono famosi per creare nel periodo di Halloween un mix unico al mondo di mistero e allegria. Non c’è da stupirsi: l’Irlanda è il luogo in cui tutto è cominciato.
Risalendo alle origini di Halloween (dall’inglese antico All Hallows’ Eve, “la notte di tutti i santi”), si arriva alle nebbioline autunnali dell’Ireland’s Ancient East e alla festa celtica di Samhain, una grande celebrazione caratterizzata dal fuoco e da ricchi banchetti che segnava la fine della stagione della luce e l’inizio dei giorni bui dell’inverno.
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Travestirsi per confondere le creature dell’aldilà
In questo momento di transizione i Celti credevano che ci fosse un’interazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti e che gli spiriti potessero passare facilmente da uno all’altro. Temendo di poter essere trascinati nell’aldilà dalle creature ultraterrene, i Celti si travestivano per confonderle e spaventare a loro volta fantasmi, fate, folletti e demoni che avevano passato il confine tra i due mondi.
L’usanza di travestirsi ad Halloween è, quindi, saldamente radicata nell’antica ritualità celtica precristiana, così come la tradizione di accendere falò, nata in Irlanda sulle cime delle colline con clan e comunità che si riunivano per accendere enormi fuochi cerimoniali in occasione di Samhain.
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Il primo falò che dava il via a tutti gli altri
Una delle più grandi feste celtiche del fuoco si svolgeva sulla cima di Tlachtga, o la Collina di Ward, nell’attuale contea di Meath. Recenti scavi archeologici suggeriscono che oltre 2000 anni fa questa collina fosse usata per banchetti e festeggiamenti e antichi manoscritti rivelano che proprio in questo luogo i Celti accendessero il primo falò seguito da tutti gli altri nelle diverse zone dell’isola.
Ancora oggi l’area dove si trovano la Hill of Ward e la Hill of Tara, dove regnavano gli Alti Re d’Irlanda, è uno dei centri più importanti per le tradizioni irlandesi legate ad Halloween.
È qui infatti che va in scena il suggestivo Púca Festival, ispirato alle antiche celebrazioni di Samhain. Viene organizzata ogni anno nella contea di Meath e nella vicina contea di Louth, attualizzando in modo creativo e coinvolgente gli elementi caratteristici della festa celtica: il fuoco, la musica e la danza, i prodotti dell’artigianato e del raccolto. Per celebrare l’Irlanda come luogo di nascita di Halloween, gli eventi di Púca includono una spettacolare rievocazione dell’accensione simbolica del fuoco di Samhain, musica dal vivo e performance, installazioni luminose, un mercato agricolo, tour tematici e laboratori.
Un altro importantissimo evento dedicato ad Halloween si svolge a Derry-Londonderry: il Derry Halloween, definito dagli organizzatori il più grande festival dedicato ad Halloween d’Europa, rievocherà ancora una volta gli antichi spiriti celtici per festeggiare con un pizzico di mistero che strizza l’occhio alle atmosfere un po’ dark questa ricorrenza.
L’appuntamento è dal 28 al 31 ottobre 2023 nelle strade e nelle piazze di Derry~Londonderry.
Il festival, che quest’anno si svolgerà interamente all’interno delle mura storiche della città, avrà un programma di eventi inquietantemente divertente che rianimerà le storie e i personaggi dell’antica festa di Samhain, celebrata in Irlanda migliaia di anni fa per segnare l’inizio dell’inverno.
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La zucca era originariamente una rapa
Un altro elemento immancabile ad Halloween sono le zucche scavate e illuminate per farle sembrare volti spaventosi: l’usanza di intagliarle è nata in Irlanda, anche se inizialmente i vegetali utilizzati erano rape o patate di grandi dimensioni, usate per creare le lanterne da Jack-o’-Lantern originali.
Il nome della decorazione simbolo di Halloween deriva infatti da un racconto popolare irlandese che narra di un uomo di nome Stingy Jack che provò a prendersi gioco del Diavolo: indispettito dalla sua furbizia, come punizione, lo condannò a vagare per l’eternità con solo un tizzone ardente proveniente dalle fiamme eterne dell’Inferno e inserito all’interno di una rapa scavata per non farlo spegnere e per illuminare l’oscurità.
Le migliaia di immigrati irlandesi che dovettero lasciare l’isola soprattutto nel periodo della Grande carestia, a metà del 1800, portarono questa tradizione in America, patria della zucca, e quella invernale sostituì la rapa per rievocare la leggenda di Stingy Jack.
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“Trick or Treat”: i dolci dell’anima
“Dolcetto o scherzetto” è un’altra tradizione originaria dell’Irlanda: i bambini e i poveri andavano di porta in porta per chiedere cibo, legna o denaro. In cambio di ciò che ricevevano cantavano canzoni o recitavano preghiere per l’anima dei defunti. In particolare, “i dolcetti” sono legati alla caratteristica “soul cake” (torta dell’anima), un tipo pane dalla forma circolare e appiattita, arricchito con frutta secca. Questa tradizione era nota, infatti, con il nome di “souling”, ovvero elemosina delle anime.
Dall’Irlanda tutte queste tradizioni, in gran parte legate all’antica ritualità celtica, si sono sparse per il mondo e sono diventate, per adulti e bambini, un’occasione di far festa e di rendere allegro l’autunno.
Ott 2, 2024 | Territori, Territori
La più grande caccia al tesoro diffusa torna in 100 borghi certificati con la Bandiera Arancione del Touring Club Italiano per permettere a tutti di scoprire storie, persone, monumenti e tante curiosità custodite nei piccoli borghi dell’entroterra del nostro Paese.
La data da segnare in calendario per poter far parte della più grande caccia al tesoro in contemporanea mai vista in Italia è domenica 6 ottobre, quando andrà in scena la Caccia ai Tesori Arancioni, l’iniziativa del Touring Club Italiano che invita a scoprire le piccole eccellenze dell’entroterra del nostro Paese, attraverso percorsi unici che si snodano nel cuore dei borghi certificati con la Bandiera Arancione.
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Soave, vista dal castello. Foto Luca Santes
5 anni di “caccia al tesoro”
“Ventisei anni fa – afferma Giulio Lattanzi, Direttore Generale di Touring Club Italiano- in collaborazione con Regione Liguria, ideammo l’iniziativa Bandiere Arancioni, la prima in Italia ad essere totalmente dedicata ai piccoli centri delle aree interne. Da allora la nostra Fondazione non ha mai smesso di porre un’attenzione speciale ai borghi, dedicandosi alla loro cura, tutela e valorizzazione e questo è un appuntamento importante per conoscere e vivere alcuni dei borghi più interessanti e, spesso, meno conosciuti”.
“È qui, nei borghi, che si trova l’anima, l’essenza dell’Italia – sostiene la Ministra al Turismo Daniela Garnero Santanchè – realtà piccole ma preziose, che costituiscono il più genuino patrimonio storico, culturale e identitario della nostra Nazione. È viaggiando, visitando e vivendo questi luoghi, culle e custodi di tradizioni ed eccellenze manifatturiere ed enogastronomiche, che si può iniziare a scoprire l’Italia più nascosta e più autentica.”
Arrivata alla sua quinta edizione, la Caccia ai Tesori Arancioni coinvolge 100 comuni in tutta Italia – da nord a sud – pronti ad accogliere migliaia di visitatori in un percorso a sei tappe che svela la più profonda e autentica identità del territorio e delle comunità che lo abitano.
Il programma, ogni anno sempre più ricco, prevede diversi filoni tematici scelti dai borghi per permettere di conoscere, in modo inusuale e divertente, il proprio comune: musicale – con tappe legate alla tradizione musicale del luogo – enogastronomico – per assaggiare le specialità che lo rendono un unicum – e in costume d’epoca e tradizionale, per rievocare e rivivere storie locali.
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Rocca di San Leo. Foto Adriano Gattomi
Tanti appuntamenti e tutti da non perdere
Tra gli appuntamenti da non perdere c’è la Caccia Ape Limited Edition di Vallebona (IM) – incentrata sulle Apecar, simbolo del borgo, con alcune tappe in cui cimentarsi nel dialetto locale. Quella a tema “Luna Park Vintage” di Vicopisano (PI), dove ogni punto sarà animato con giocolieri, domatori, imbonitori e saltimbanchi che coinvolgeranno i partecipanti in prove di abilità e prestigio.
A Visso (MC), invece, i componenti dell’Associazione del “Torneo Delle Guaite”, rigorosamente in abiti d’epoca, offriranno prodotti tipici del territorio e accompagneranno i visitatori alla riscoperta di un borgo e di una popolazione che – a seguito del terremoto del 2016 – ha subito gravi danni, ma non si è mai arresa.
In alcune località, inoltre, sarà possibile ascoltare le storie di vita del paese, di personaggi che vi hanno vissuto e di curiosi aneddoti, raccontati direttamente dagli abitanti del luogo. Una novità di questa edizione pensata per rendere l’esperienza di scoperta del borgo ancora più autentica e immersiva.
Partecipare è semplice: basta iscrivere la propria squadra su tesori.bandierearancioni.it, per vivere un viaggio unico, ispirato dalla visione che da sempre contraddistingue il Touring Club Italiano: riscoperta e valorizzazione dell’inestimabile patrimonio italiano, da tutelare e promuovere.
La Caccia ai Tesori Arancioni è aperta a tutti, bambini e adulti, ed è richiesta una donazione che andrà a sostenere i progetti del Touring Club Italiano, così da permettere alla Fondazione di continuare a prendersi cura dei piccoli centri delle aree interne del nostro Paese, valorizzandoli e accompagnandoli nel loro processo di rigenerazione.
Inoltre i partecipanti, al momento dell’iscrizione, potranno scaricare gratuitamente, dall’APP “Touring in Viaggio”, la nuovissima edizione della guida Borghi da vivere 2024 in formato e-book.
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Le bandiere arancioni
Le Bandiere Arancioni sono borghi dove la qualità dell’accoglienza, la sostenibilità ambientale, la tutela del patrimonio artistico e culturale si uniscono per regalare un’esperienza di viaggio autentica.
Piccoli centri che accolgono i viaggiatori grazie a comunità ospitali che, con impegno ed entusiasmo, mantengono vive le tradizioni, tutelano il patrimonio locale e animano i territori attraverso l’organizzazione di eventi e manifestazioni. Le Bandiere Arancioni oggi sono 285 e rappresentano l’8% delle oltre 3.500 candidature analizzate. Per conoscere tutti i borghi certificati con approfondimenti sulle principali caratteristiche di ognuno, visitate il sito bandierearancioni.it
Set 30, 2024 | Territori, Territori
Quattro giorni di escursioni a piedi e in bicicletta, passeggiate e spettacoli nei suggestivi centri storici e nell’ambiente naturale degli otto comuni friulani del Distretto del Commercio Terre Tagliamento, alla scoperta delle voci, dei suoni, dei sapori e delle storie di questo territorio.
Dal 3 al 6 ottobre 2024 torna il Terre Tagliamento Festival, arrivato alla seconda edizione, che anche quest’anno “saltellerà” come un anfibio tra i borghi del sanvitese sulla riva destra del Tagliamento, accompagnando il pubblico in luoghi suggestivi e significativi per la storia, la tradizione e il commercio locale.
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Il festival che racconta il Friuli
Gli spettacoli vedranno la partecipazione di eccellenze del mondo culturale e teatrale friulano, come gli artisti della compagnia La Radice Selvatica, Molino Rosenkranz e il duo Nicoletta Oscuro e Matteo Sgobino. A far loro da filo conduttore grandi e piccole storie di personalità e luoghi del Friuli e del Tagliamento.
Non mancheranno proposte da fuori regione, come il nuovo spettacolo dedicato a Pier Paolo Pasolini di Massimo Zamboni, una prima nazionale al Teatro Arrigoni di San Vito al Tagliamento firmata dal celebre fondatore di CCCP e CSI.
Al Teatro di Casarsa della Delizia spazio all’intrigo di invenzioni e narrazioni dell’Orlando Furioso grazie alla viva voce di Roberto Mercadini, i monologhi del quale hanno riempito i teatri di tutta Italia e raggiunto la viralità su Youtube. Ancora l’arte della narrazione all’Auditorium di Sesto al Reghena con il racconto delle più grandi e bizzarre menti letterarie nello spettacolo La strategia dell’ostrica di Claudio Morici, grande divulgatore, tanto sul web e TV che a teatro, di biografie che spesso dal tragico sfociano nel comico. Un tocco di musica al femminile con MadEmoiselles Sarabande, duo pianistico a quattro mani che interpreta i grandi classici e composizioni contemporanee con leggerezza, semplicità̀ e piccoli aneddoti scanzonati.
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Castello Valvasone Arzene
A spasso fra alcuni dei paesi più belli d’Italia
Le passeggiate a piedi permetteranno di scoprire gli angoli nascosti e le realtà economiche che tengono vivi i centri storici di borghi tra “i Più Belli d’Italia” come Cordovado, Valvasone e Sesto al Reghena, e comuni “Bandiera Arancione” del Touring Club come San Vito al Tagliamento; mentre le escursioni in bicicletta esploreranno le frazioni, i vigneti e gli argini naturali del Tagliamento, con un’attenzione anche per l’accessibilità rivolta alle disabilità nella mattinata della domenica. Non mancherà l’attenzione ai più giovani e alla famiglie con la caccia al tesoro medievale di Valvasone Arzene.
Gli eventi culturali saranno anche l’occasione per vivere le strade e le piazze degli otto comuni del Distretto del Commercio.
La novità di questa edizione è infatti l’integrazione con la rete di attività locali che, oltre ad essere interessati da passeggiate e attività cittadine, saranno parte attiva con proposte, decorazioni e promozioni. Verranno organizzati aperitivi e degustazioni in concomitanza degli eventi in programma e sarà possibile gustare menù convenzionati dedicati al festival, un evento che nei giorni della manifestazione diventa vetrina delle specialità enogastronomiche locali.
Ogni comune del distretto Terre del Tagliamento ha una storia unica, spesso legata alla viticoltura, a castelli medievali o a abbazie antiche, offrendo così una vasta gamma di esperienze autentiche lontane dai percorsi turistici più affollati.
Ad esempio, i borghi medievali come Valvasone Arzene e Cordovado sono noti per la loro architettura storica, mentre i paesaggi del fiume Tagliamento, uno degli ultimi grandi fiumi d’Europa che mantiene un corso naturale incontaminato, rappresentano una meta perfetta per chi cerca escursioni in natura.
Gli otto comuni del distretto sono: Casarsa della Delizia, Cordovado, Morsano al Tagliamento, San Giorgio della Richinvelda, San Martino al Tagliamento, San Vito al Tagliamento, Sesto al Reghena e Valvasone Arzene
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La rana simbolo del Tagliamento
Tagliamento: il fiume “selvaggio”
Il simbolo del progetto Terre del Tagliamento è la rana rossa di Lataste, un piccolo anfibio autoctono dal corpo snello e affusolato, con una colorazione marrone-rossiccia. L’anfibio che vive principalmente nelle aree umide e boschive, spesso in prossimità di fiumi, torrenti e zone alluvionali rappresenta l’identità dell’area del fiume dove trova rifugio tra la vegetazione e acqua.
Il Tagliamento vale la pena di essere conosciuto meglio perché è uno dei fiumi più importanti e affascinanti d’Italia, spesso considerato l’ultimo fiume alpino a regime fluviale naturale in Europa.
Questo corso d’acqua attraversa il Friuli Venezia Giulia e il Veneto, con una lunghezza di circa 170 chilometri, e la sua sorgente si trova a Passo della Mauria, nelle Alpi Carniche, mentre sfocia nel Mar Adriatico vicino a Lignano Sabbiadoro.
Set 29, 2024 | Territori
Quando Giancarlo Brocci appassionato di bici da sempre nel 1997 inventò quest’iniziativa mai avrebbe potuto immaginare cosa potesse diventare dopo pochi anni.
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foto: Eroica
La nascita di un mito
L’Eroica nacque quasi per caso per “celebrare” le radici lontane e quasi eroiche (da qui il nome) di quel ciclismo eroico e polveroso del passato. Quello che fece scrivere un bel po’ di storia, letteratura, cultura, costume, persino musica italiana. Uno sport bellissimo dall’anima popolare fatto di sudore e gioia.
Era il ciclismo di Girardengo e poi di Bartali e Coppi; quello capace di insegnare i bisogni veri, quelli legati al sacrificio che cerca i limiti del proprio fisico, quando sete, fame, stanchezza si fanno sentire con tutta la loro intensità. E’ un ciclismo in grado di diffondere rispetto e creare legami tra avversari leali.
Da queste concezioni romanticamente sempre attuali è scaturita l’idea e al via in quella prima edizione di appassionati del ciclismo andato furono in novantadue.
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foto: Eroica
La valorizzazione dell’ambiente
Oggi l’Eroica, 27 anni dopo è un esempio di valorizzazione del patrimonio ambientale, di stile di vita sostenibile, di ciclismo pulito che, guardando al passato, suggerisce il futuro e che ha fatto nascere in altre zone d’Italia moltissime altre corse di ciclismo in costume.
L’Eroica ha dato risalto e valorizzazione al territorio diventando oggi anche una Fondazione, tra i cui scopi c’è la salvaguardia del patrimonio delle ormai mitiche “strade bianche della Toscana“.
Il successo internazionale dell’evento è travolgente e lo testimoniano gli oltre 7000 iscritti a numero chiuso in arrivo da tutto il mondo e le 15000 persone, circa, che la prima domenica di ottobre rendono Gaiole in Chianti ancora più bella del solito.
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foto: Eroica
Un fenomeno mondiale
Al via della edizione 2024, che sarà la numero 27 la cicloturistica storica più famosa al mondo, con partenza come sempre da Gaiole in Chianti, farà coprire agli oltre novemila iscritti tra sabato e domenica uno dei cinque percorsi disponibili: dal più lungo di 212 chilometri con oltre 4.000 metri di dislivello e 120 chilometri su strade bianche al più breve di 46.
I primi a partire alle 4,30 di sabato saranno i ciclisti in sella a biciclette costruite prima del 1930 e riportate allo splendore dalla passione e dal lavoro certosino di decine di collezionisti.
Alle 5 sarà la volta del percorso da 212 km da coprire, come gli altri, su biciclette costruite non più tardi del 1987 indossando abbigliamento d’epoca.
Obbligatori anche guaine dei freni esterne, cambio al tubo obliquo, pedali liberi o con le gabbiette. Domenica la «sfida» andrà dai 106 chilometri del percorso Val D’Arbia, agli 81 chilometri del percorso Gallo Nero, alla «passeggiata Valle del Chianti» di soli 46 chilometri.
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foto: Eroica