I 10 giardini più belli dove fioriscono i tulipani

I 10 giardini più belli dove fioriscono i tulipani

Le immagini delle loro fioriture all’ombra dei mulini a vento olandesi sono iconiche cartoline dei Paesi Bassi, ma i tulipani fiori amati da molto per la loro forma, i loro profumi e lo spettro incredibile della loro tavolozza ammaliano molti e oggi non è più fondamentale recarsi in Olanda per ammirare (grosso modo da fine marzo ai primi di maggio) la loro fioritura.
Sono molto diffusi negli ultimi anni anche in Italia le fioriture di tulipani fiore che ricordiamo è coltivato fin dai tempi antichi. 


I fiori amati anche dai sultani

Pare che in Medio Oriente fossero già molto diffusi fin dall’anno Mille tant’è che nell’Impero ottomano erano tra i fiori più pregiati, sinonimo di ricchezza e di potere al punto che i sultani organizzavano sontuose feste nelle loro corti reali per festeggiare la loro prima fioritura.
In Europa arrivarono per la prima volta nel 1554 grazie all’ambasciatore fiammingo alla corte di Ferdinando I alla corte di Solimano il Magnifico tale Ogier Ghislain de Busbecq che spedì alcuni bulbi al botanico Carolus Clusius, responsabile dei giardini reali olandesi.
Da allora l’Olanda è considerata la terra dei tulipani. Oggi sono considerati i primi messaggeri della primavera dato che sono fra ii primi fiori a sbocciare ogni anno, tra fine marzo e metà maggio.
Come detto oggi però non è necessario andare fino in Olanda per ammirarli, ma basta passeggiare in alcuni meraviglio si campi multicolor in Italia. Ecco dove!


1 – Villa Pisani Bolognesi Scalabrin, Vescovana, Padova (Veneto)

Nei dintorni di Padova, a sud della città si estende una grande pianura delimitata dai colli Euganei, dal mare e dai fiumi che affascinò il poeta Schelley.
In questo contesto, circondata da uno splendido giardino, è Gromboolia, ovvero la villa del doge Pisani, così rinominata dalla contessa Evelyn van Millingen Pisani, sposa di Almorò III, in onore al regno immaginario sognato da Edward Lear.
Alla contessa Evelyn è dedicata Giardinity, l’installazione di bulbi olandesi della garden designer Jacqueline van der Kloet. che conta di 60.000 tulipani che fioriscono ogni primavera, tingendo il giardino di mille colori.
Oggi lo spirito di questa donna dell’Ottocento rivive nel suo suggestivo e magico Hortus Floridus, nella ricchezza e nella varietà di colori e di piante di Giardinity, nel prato punteggiato di tulipani e fiori spontanei.
Villa e giardino sono aperti al pubblico tutti i giorni.


2 – Parco giardino Sigurtà, Valeggio sul Mincio, Mantova (Lombardia)

Un tesoro verde di oltre 600 anni che nasce dalla perfetta fusione tra un parco storico e un giardino moderno.
La storia del Parco Giardino Sigurtà di Valeggio sul Mincio inizia il 14 maggio del 1407, quando, durante la dominazione veneziana di Valeggio sul Mincio, il patrizio Gerolamo Nicolò Contarini acquistò l’intera proprietà che al tempo aveva una funzione puramente agricola. Vicino alla casa principale, si trovava un piccolo e geometrico giardino dedicato all’ozio dei nobili dalla quale poi nacque il giardino aperto poi per la prima volta al pubblico nel 1978 e divenuto in breve tempo meta prediletta di famosi botanici, amanti della natura e ospiti illustri fra cui Alexander Fleming, Selman Waksman, Conrad Lorenz e Albert Sabin, Carlo d’Inghilterra, Margareth Thatcher, Luchino Visconti e Indro Montanelli.
Vincitore di numerosi premi tra cui quello di parco più bello d’Italia nel 2013 e di secondo parco più bello d’Europa nel 2015, il Parco Giardino Sigurtà incanta i visitatori con il suo milione di tulipani di tantissime tonalità che sbocciano un po’ ovunque e affascina anche i social al punto di essere fra i cinquanta monumenti più fotografati d’Italia (leggi qui).
Andate a cercarli nei diversi punti del giardino troverete anche quelli acquatici.
Anche quest’anno nei mesi di marzo e aprile, inoltre, il parco accoglie Tulipanomania, la fioritura di tulipani già premiata a livello mondiale nel 2019 dalla World Tulip Society.

Foto di Annette da Pixabay


3 – Villa Taranto, Verbania (Piemonte)

Sulle rive occidentali del lago Maggiore in Piemonte sono i giardini di Villa Taranto, considerati tra i più belli al mondo e non solo per i tulipani.
L’aspetto odierno del giardino è il risultato dell’opera del capitano scozzese Mc Eacharn, iniziata nel 1931data in cui decise di acquistare la proprietà dalla marchesa di Sant’Elia per trasformarla in un esemplare giardino all’inglese, situato in un lembo d’Italia che, pur con maggior morbidezza e ricchezza di toni, poteva ricordargli la nativa Scozia.
Mc Eacharn fece diventare il giardino una vera e propria opera d’arte con migliaia di piante e fiori provenienti da ogni parte del mondo, distribuiti su un’area di circa 160 000 m² percorsa da ben 7 km di viali.
Oggi questa galleria d’arte botanica comprende circa 1.000 piante non autoctone e circa 20.000 varietà e specie di particolare valore.
I giardini sono suddivisi in diverse aree fra cui gli spettacolari giardini terrazzati con le cascatelle, la piscina e le vasche per ninfee e fior di loto, il “Giardino d’inverno” e il “Giardino palustre”, le fontane ornamentali e i giochi d’acqua.
In primavera, l’appuntamento da non perdere è la Festa del Tulipano, durante la quale viene allestito un labirinto di tulipani, ovvero un lungo sentiero sinuoso di circa 400 metri dove passeggiare e ammirare i bulbi appartenenti a 65 varietà differenti: tra queste il tulipano frangiato Fancy frills dal colore rosa pastello, l’appariscente Gold Fever dal giallo intenso e il candido Snow Lady, bianco come la neve.
Questi splendidi giardini sono aperti al pubblico dal 1952, ma Villa Taranto non è visitabile, in quanto sede della Prefettura della Provincia del Verbano – Cusio – Ossola. 


4 – I giardini di Sissi, Merano (Trentino Alto Adige)

Qui potrete passeggiare tra 300.000 fiori diversi fra cui tulipani, narcisi e giacinti esattamente come faceva la celebre principessa Sissi oltre un secolo fa.
I Giardini di Castel Trauttmansdorff a Merano non a caso sono stati ribattezzati i giardini di Sissi in omaggio all’imperatrice d’Austria che elesse questo castello a suo domicilio invernale.
Ma dalla metà dell’Ottocento in poi anche altri illustri turisti giunsero da tutta Europa per una pausa di benessere nella città termale di Merano, nota per il clima mite e la vegetazione mediterranea.
Estesi a digradare su una superficie di 12 ettari, i Giardini di Castel Trauttmansdorff riuniscono in un anfiteatro naturale paesaggi esotici e mediterranei, vedute mozzafiato sugli scenari montani circostanti e su una Kurstadt Merano baciata dal sole.
In più di 80 ambienti botanici diversi crescono piante provenienti da tutto il mondo.
La primavera è il momento giusto per veder sbocciare  splendidi tulipani, se ne contano oltre 250.000 bulbi.
Al centro del giardino botanico si trova il castello stesso, dove un tempo soggiornavano l’imperatore Francesco Giuseppe e sua moglie, e che oggi ospita un ristorante e il Touriseum. 

Foto di Andreas Hensel da Pixabay

5 – Castello di Pralormo, Torino (Piemonte)

Il castello di Pralormo, di origini medievali, fu restaurato nel XIX secolo dal conte Carlo Beraudo di Pralormo, diplomatico e uomo politico dell’età albertina, che lo trasformò in dimora chiamando ad operare il famoso architetto paesaggista tedesco Xaver Kurten al fine di creare un magnifico giardino all’inglese.
Come ogni primavera, anche quest’anno, dal 30 marzo al 1 maggio 2024, il castello che si trova a soli 30 chilometri da Torino, ospita Messer Tulipano, amatissima manifestazione che celebra questo meraviglioso fiore. Si potrà passeggiare nel parco tra i colori di 100.000 tulipani, esposizioni a tema e scenografie eccezionali.
La manifestazione, inoltre, coinvolge tutto il parco, tra aiuole morbide e sinuose dei grandi prati alle aiuole serpeggianti tra gli alberi secolari.
Messer Tulipano è nato nel 2000 da un’idea di Consolata Pralormo che dopo un viaggio in Olanda pensò di dar vita nel parco storico del castello di famiglia ad un grande evento dedicato al tulipano.
Da allora ogni edizione ospita un nuovo piantamento, completamente rinnovato nelle varietà e nel colore. Andate a scoprire allora i tulipani di questa edizione. 

Foto di Christiane da Pixabay

6 – Castello reale di Govone (Piemonte) 

Il castello di Govone fu una delle residenze della casa reale dei Savoia dal 1792 al 1870, iscritta alla lista del patrimonio dell’umanità dell’Unesco, ora adibita a palazzo comunale.
Fu re Carlo Felice, insieme alla moglie Maria Cristina a restaurare completamente il castello e a riqualificare ed ampliare il suo parco dotato di giardino all’italiana.
In questa storica ed affascinante cornice ogni anno si festeggia l’inizio della primavera con romantiche passeggiate tra i tulipani selvatici che crescono spontaneamente nel parco.
Si tratta dei Tulipa oculus solis Saint-Amans, varietà Praecox Ten, che tingono di rosso il sottobosco di platani, ippocastani e querce.
Ma ricordate che la loro fioritura dura solo una decina di giorni. In occasione di questo spettacolo della natura si può inoltre partecipare a visite guidate al castello, concerti, mostre d’arte ed esposizioni di ricami bandera, spettacoli all’aperto per bambini, sfilate di figuranti in costume e degustazioni di prodotti locali. 

Foto di Todd MacDonald da Pixabay

7 – Parco delle Groane, Arese, Milano (Lombardia) 

È un grande campo cosiddetto u-pick, nato da un’idea di Edwin Koeman e Nitsuhe Wolanios, una coppia di olandesi che volevano creare il luogo più sereno e colorato della provincia di Milano.
In questo meraviglioso campo di tulipani alle porte di Milano si può passeggiare tra i fiori colorati e poi raccogliere e portare a casa tutti i tulipani che si vuole.
Situato nel Parco della Groane, accanto al bellissimo borgo Valera e alla settecentesca Villa Ricotti, il giardino di tulipani si estende per 2 ettari e ospita circa 450 varietà.
La fioritura dura al massimo sei settimane a partire dalla metà del mese di marzo.
Ai visitatori vengono dati dei cestini dove raccogliere i fiori raccolti. Non vi resta che rilassarvi immergendovi tra i colori della natura.

Foto di PublicDomainPictures da Pixabay

8 – Giardini della Landriana, Tor di San Lorenzo, Ardea (Lazio)

A sud di Roma, in località Ardea si trovano i Giardini della Landriana, realizzati negli anni Sessanta da Lavinia Taverna e dall’architetto paesaggista inglese Russell Page.
Questi splendidi giardini dall’ambientazione mediterranea si estendono per oltre 10 ettari all’interno della grande tenuta della Landriana, sul litorale laziale.
La caratteristica del giardino è di essere diviso in “stanze”, ognuna delle quali vanta una particolare caratteristica botanica che la rende unica, come ad esempio la valle delle rose antiche con il lago, il giardino degli aranci, il viale bianco, il giardino degli ulivi, il prato blu, la vasca spagnola e molte altre da scoprire durante una piacevole visita guidata.
In particolare nel giardino degli ulivi e in quello dei viburnum potrete ammirare degli splendidi tulipani.
Anche quest’anno, dal 25 al 28 aprile 2024, i giardini accoglieranno la Primavera alla Landriana.
In occasione dell’evento si potrà visitare il giardino botanico. 


9 – I tulipani di Blufi, Palermo (Sicilia)

Nei dintorni di Blufi, comune palermitano situato su un colle del versante meridionale delle Madonie, fioriscono i tulipani selvatici.
Precisamente vicino al Santuario Madonna dell’Olio si trova un bellissimo campo di tulipani che da qualche anno ormai è diventato meta abituale degli appassionati di natura e fotografia.
Tra mandorli e ulivi, qui fiorisce il tulipano precoce o Tulipano di Raddi (Tulipa raddii).
Resistenti alle operazioni di aratura dei terreni, per via della posizione dei bulbi a circa 50 cm di profondità, i tulipani selvatici fioriscono generalmente tra marzo e maggio.
Chi percorre la strada statale 290 in primavera quindi noterà una bellissima distesa dal colore rosso vivo che ricrea uno scorcio di Olanda in piena Sicilia


10 – Il giardino di Lù, Pimental, Cagliari (Sardegna)

Anche questa primavera apre “Il Giardino di Lù“, a Pimentel, piccolo paese agricolo nella provincia del Sud Sardegna.
Qui in un fondovalle percorso dal rio Funtana Brebeis, fioriscono 100 mila bulbi di tulipano piantati 6 anni fa nella memoria di Luena, scomparsa per un tumore ovarico.
Da allora la mamma di Luena ha costruito una rete sociale dedicata alla sensibilizzazione e alla prevenzione.
I proventi della raccolta vengono devoluti alla ricerca sul cancro ovarico. Si può accedere al giardino dalla metà di marzo, l’ingresso è gratuito.

Viaggi all’estero: precauzioni su cibi e bevande

Viaggi all’estero: precauzioni su cibi e bevande

Esplorare nuove destinazioni offre l’opportunità di scoprire tradizioni, paesaggi e sapori unici. Tuttavia, durante i viaggi all’estero, è essenziale prestare attenzione a cibi e bevande, soprattutto in paesi dell’Africa e dell’Estremo Oriente, dove le abitudini alimentari e le condizioni igieniche possono differire significativamente da quelle occidentali.

Consumare acqua non sicura o alimenti contaminati può provocare problemi gastrointestinali, compromettendo la salute e il piacere del viaggio. Infezioni come la diarrea del viaggiatore, provocata da batteri e parassiti presenti in cibi e bevande, sono tra i disturbi più comuni per chi si sposta in determinate aree del mondo. Anche le modalità di consumo possono influire sul benessere: bere bevande troppo fredde in un clima molto caldo può causare fastidi digestivi, aumentando il rischio di crampi allo stomaco e altri disturbi.

Adottare alcune precauzioni fondamentali permette di ridurre i rischi e di godere della cucina locale senza inconvenienti. Dall’attenzione alla qualità dell’acqua alla scelta dei ristoranti e del cibo di strada, ogni dettaglio può fare la differenza per un’esperienza di viaggio sicura e piacevole.

Acqua e cibo: cosa evitare per viaggiare sicuri

La qualità dell’acqua potabile rappresenta uno degli aspetti più critici durante un viaggio in paesi dove le infrastrutture igienico-sanitarie non sono affidabili. In molte località dell’Africa e dell’Estremo Oriente, l’acqua del rubinetto può contenere batteri, virus e parassiti pericolosi per la salute. Per evitare problemi, è fondamentale bere solo acqua in bottiglia sigillata, assicurandosi che il tappo non sia stato manomesso. Anche per lavarsi i denti è consigliabile utilizzare acqua sicura, riducendo il rischio di ingestione accidentale di agenti patogeni.

Attenzione anche ai cubetti di ghiaccio, spesso prodotti con acqua non depurata. Anche se l’acqua appare limpida, il processo di congelamento non elimina i microrganismi nocivi. Lo stesso vale per succhi di frutta freschi o altre bevande diluite con acqua locale, che possono contenere agenti infettivi.

Per quanto riguarda gli alimenti, è fondamentale evitare cibi crudi, specialmente carne, pesce e frutti di mare, che possono essere contaminati da batteri o parassiti. Frutta e verdura devono essere lavate con acqua sicura e sbucciate prima del consumo. Insalate e piatti freddi venduti in strada o in mercati locali potrebbero essere stati preparati in condizioni igieniche inadeguate e rappresentare un rischio. Meglio optare per pietanze ben cotte e servite calde, poiché il calore elimina la maggior parte dei microrganismi dannosi.

Un aspetto spesso sottovalutato riguarda la temperatura delle bevande. Bere bibite molto fredde in un clima caldo può causare problemi digestivi, favorendo crampi allo stomaco e disturbi intestinali. È preferibile scegliere bevande a temperatura ambiente o leggermente fresche, evitando sbalzi termici che possono disturbare la digestione.

Per affrontare eventuali problemi di salute durante il viaggio, è utile sottoscrivere un’assicurazione medica viaggio, che copra le spese per eventuali trattamenti sanitari. Avere una copertura adeguata può fare la differenza in caso di infezioni o disturbi più seri, garantendo un intervento tempestivo e sicuro.

Ristoranti e street food: come scegliere in sicurezza

Assaporare la cucina locale è una delle esperienze più affascinanti di un viaggio, ma è essenziale scegliere con attenzione i luoghi in cui mangiare per ridurre il rischio di problemi gastrointestinali.

I ristoranti più frequentati dagli abitanti del posto sono spesso una garanzia di qualità e freschezza. Un locale affollato e con un elevato turnover degli alimenti offre maggiori probabilità che il cibo sia preparato di recente e servito in condizioni igieniche migliori. Al contrario, un ristorante vuoto, con cibo esposto per lunghi periodi, potrebbe non essere una scelta sicura.

Anche il cibo di strada, tipico di molte destinazioni asiatiche e africane, può essere gustato in sicurezza adottando alcune precauzioni. È preferibile scegliere bancarelle in cui il cibo venga cotto al momento e servito caldo, poiché la cottura aiuta a eliminare gran parte dei batteri e dei parassiti. Bisogna evitare alimenti già preparati e lasciati esposti per ore senza refrigerazione, soprattutto nei climi caldi, dove la proliferazione batterica è più rapida.

L’igiene di chi prepara il cibo è un altro elemento da valutare. Se il venditore utilizza guanti usa e getta o si lava frequentemente le mani, è un buon segnale di attenzione alla pulizia. Al contrario, se tocca denaro e cibo senza alcuna precauzione, il rischio di contaminazione aumenta.

Per quanto riguarda i latticini freschi, è consigliabile evitarli nei paesi dove la pastorizzazione non è sempre garantita. Formaggi artigianali, latte crudo o yogurt non confezionato possono contenere batteri pericolosi, causando disturbi intestinali anche gravi. Lo stesso discorso vale per i frutti di mare crudi, che possono veicolare infezioni particolarmente aggressive, soprattutto in aree dove il controllo sanitario è limitato.

Prendere queste precauzioni consente di assaporare i piatti tipici del luogo in tutta sicurezza, evitando spiacevoli inconvenienti che potrebbero compromettere il viaggio.

Cosa portare in viaggio per gestire eventuali problemi

Anche con tutte le precauzioni, può capitare di incorrere in disturbi gastrointestinali a causa di cibi o bevande contaminati. Avere con sé alcuni farmaci essenziali permette di affrontare rapidamente eventuali problemi, evitando disagi prolungati e complicazioni più serie.

I fermenti lattici rappresentano un valido supporto per rinforzare la flora intestinale, soprattutto se assunti nei giorni precedenti alla partenza e durante il viaggio. In caso di diarrea del viaggiatore, un problema comune in molte destinazioni, può essere utile avere a disposizione farmaci a base di loperamide, che aiutano a ridurre la frequenza delle scariche, permettendo di affrontare gli spostamenti con maggiore tranquillità. Tuttavia, è importante utilizzarli solo se necessario e sotto consiglio medico.

Le soluzioni reidratanti orali sono fondamentali per prevenire la disidratazione, specialmente se il clima è caldo e si perdono molti liquidi. Ripristinare rapidamente i sali minerali aiuta a recuperare le energie e ad accelerare la guarigione. In caso di mal di stomaco, acidità o reflusso, un antiacido può essere utile per alleviare il disagio causato da cibi particolarmente speziati o grassi.

Per affrontare infezioni intestinali più serie, un disinfettante intestinale può rivelarsi utile nel contrastare la proliferazione batterica. Se i sintomi persistono per più giorni o si presentano segnali preoccupanti, come febbre alta o diarrea con sangue, è fondamentale rivolgersi a un medico ed evitare l’uso di antibiotici senza prescrizione.

Portare con sé un piccolo kit di emergenza con questi farmaci, insieme a bustine di camomilla o tisane digestive, può aiutare a gestire rapidamente eventuali disturbi senza dover ricorrere immediatamente a strutture sanitarie locali. Adottare queste precauzioni consente di viaggiare in sicurezza e di godersi l’esperienza senza inutili disagi.

10 vini per brindare alla Festa del Papà

10 vini per brindare alla Festa del Papà

La Festa del Papà è una bella occasione per scegliere un vino da regalare. Spesso del proprio padre conosciamo i gusti e le preferenze ma per una volta, proviamo a scegliere il vino giusto per la festa del papà in base a quello che noi consideriamo più simile a nostro padre.
Ecco per voi a scelta.

Rosso di Rosso 2015, Diesel Farm (Veneto)

Il Rosso di Rosso 2015 della cantina Diesel Farm è una sinergia tra Merlot e Cabernet Sauvignon che esplora l’opulenza e la profondità di queste varietà.
Derivante da un’attenta interazione uomo-natura, questo vino esprime ricchezza e complessità, è coltivato in un ambiente collinare con suoli basaltici e un clima mediterraneo temperato fresco.
Dopo un affinamento in barrique per 12 mesi, si presenta di un color rubino brillante con riflessi granati.
Al naso, offre un profumo ampio ed elegante di sottobosco e spezie, mentre al palato è ricco, avvolgente ed equilibrato.
Perfetto per accompagnare pranzi e cene di ricerca e della tradizione, si consiglia di servire a 18°C in bicchieri ampi a stelo lungo.

Collio bianco Bratinis, Gradis’ciutta (Friuli Venezia Giulia)

Il Collio Bianco “Bratinis” prosegue la tradizione del passato, regolata poi anche con il disciplinare della Doc nel 1968.
Oggi, che ogni produttore può metterci la sua creatività, Robert Princic produce il “Bratinis” utilizzando uve Chardonnay, Pinot Grigio e Sauvignon in percentuali diverse, tutte provenienti dalle marne argillose del Collio.
Il nome deriva dalla località in cui vengono raccolte parte delle uve. Sul palato il vino parte morbido e rotondo per poi svilupparsi succoso e fruttato e virare verso un finale preciso dai sentori di ananas e mango.
Servire fresco, attorno ai 9-10° C (47-50° F). Abbinamenti: vino da aperitivo, si accosta egregiamente a piatti di pesce, ad antipasti e primi di vario genere. Interessante è l’accostamento con secondi piatti leggeri, specialmente carni bianche.

Langhe Doc Nebbiolo 2021, Josetta Saffirio (Piemonte)

Il Langhe Doc Nebbiolo della cantina Josetta Saffirio è un vino elegante e complesso, interamente prodotto da uve Nebbiolo.
Coltivato su terreni esposti a Sud-Est a un’altitudine tra i 400 e i 450 metri sul livello del mare, beneficia di un’eccezionale combinazione di marne calcaree grigie e arenarie cementate.
Dopo una vendemmia attenta, le uve subiscono una delicata diraspatura e pressatura seguita da una crio-macerazione per circa 24 ore. La fermentazione avviene in vasche a temperatura controllata di 8-10 giorni e successivamente un affinamento in botti di rovere.
Il risultato è un vino di notevole struttura, perfetto in abbinamento con carni rosse, brasati, selvaggina e formaggi.
Si consiglia di servire leggermente fresco, a una temperatura compresa tra i 16 e i 18 gradi.

Incalmo, Le Colture (Veneto)

“Incalmo”, è un vino frizzante ottenuto da uve Glera, secondo il metodo storico di rifermentazione in bottiglia.
Il naturale deposito di un sottile residuo nella parte bassa della bottiglia, ne conferisce la tipica velatura di color giallo paglierino ed inoltre è responsabile di profumi fragranti di crosta di pane, burro o frutta secca e di un sorso croccante, fresco e asciutto, senza la presenza di zuccheri.
Il perlage è molto spesso sottile e vivace, delicato. Un vino di facile beva ma non per questo banale, anzi molto complesso nel tempo e nelle diverse annate, grazie anche ai residui che ne aiutano la preservazione della fragranza.
Questa sua versatilità lo rende adatto sia a piatti più sofisticati che piatti più tradizionali e ricchi. Da gustare così, senza scaraffarlo, eventualmente facendo un piccolo movimento in modo che i commensali abbiano lo stesso bicchiere velato. Il disegno in etichetta, realizzato da Aldo Rebuli, artista di Valdobbiadene, raffigura l’abbraccio simbolico tra pianta e lavoro dell’uomo.

Inaco Refosco Doc, Le Monde (Friuli Venezia Giulia)

Per la Festa del Papà, la cantina Le Monde presenta una special edition di bottiglie serigrafate da collezione.
Qui proposte per Inaco Refosco DOC, sono disponibili su richiesta anche per tutte le altre referenze della linea Le Icone firmata Le Monde. Inaco è il vino dedicato al padre di Alex Maccan, titolare dell’azienda, un uomo dal carattere autentico, sicuro ed equilibrato, simile alla personalità di questo Refosco, vitigno a bacca rossa profondamente friulano.
Affinato in barrique per 24 mesi, questo Refosco svela un bagaglio aromatico intenso che passa dal ribes alla mora, dal muschio al pepe, dalla cannella al tabacco.
Alla beva, la struttura è densa e avvolgente, dai tannini risolti e dal buon apporto della fragranza acida, che ne rende il sorso profondo e vivace. Inaco è il vino perfetto da stappare nelle occasioni speciali, da abbinare ai piatti più corposi della cucina tradizionale italiana, in particolar modo alle carni rosse e alla selvaggina.

Critone bianco Igt (Calabria)

Critone è un Calabria Bianco IGT della Cantina Librandi, prodotto da uve Chardonnay (90%) e Sauvignon. È un vino dal gusto internazionale e l’anima Calabra, di grande personalità e freschezza.
Molto complesso all’olfatto, con delicati cenni fruttati di melone, banana, pesca gialla e ananas, sui quali e sentori vegetali e agrumati.
Al palato è un vino fresco e sapido, ma al tempo stesso profondo e persistente.
Si abbina meravigliosamente ad aperitivi e antipasti di mare, con primi delicati a base di pesce e secondi di pesce al forno.

Soreli bianco Doc Collio 2020 (Friuli Venezia Giulia)

Nel Collio Goriziano, si trovano i 30 ettari della tenuta gioiello dell’azienda Pighin.
È qui che nasce il top wine dell’azienda: Soreli. Si tratta di un Bianco Doc Collio e il suo nome, che in friulano significa sole, è un rimando all’esposizione di cui godono i vigneti, ubicati in un vero e proprio anfiteatro naturale che si estende nella Tenuta di Spessa di Capriva.
Soreli unisce in un’interpretazione inedita i tre bianchi autoctoni del Collio: le uve del Friulano donano personalità e struttura, mentre le uve di Malvasia e Ribolla Gialla regalano al vino freschezza e complessità aromatica.
Il risultato è un vino ricco al naso, albicocca matura con sentori di bacca di vaniglia. In bocca il sapore è armonico con un’elegante struttura aromatica varietale. Trasmette note di buccia di arancia.
Eccellente con carni bianche arrostite, soufflé di verdura, piatti a base di uovo. Si accompagna piacevolmente anche a formaggi freschi o erborinati.

Monte Carbonare, Soave classico Doc 100%, Garganega (Veneto)

Questo Soave Classico della Cantina Suavia viene prodotto esclusivamente da uve Garganega, prodotte da viti che affondano le radici in una terra vulcanica nerissima, che conferiscono veracità e mineralità tagliente.
Il Monte Carbonare, alla vista presenta un colore giallo paglierino luminoso. All’olfatto emergono sentori fumé e sulfurei, insieme a note di agrumi e fiori di campo.
Al Palato risulta cremoso ed elegante, dotato di spiccata sapidità e freschezza, con un finale asciutto e molto persistente. Accompagna meravigliosamente piatti a base di pesce, ma anche carni bianche saporite e risotti vegetali, tartufo e formaggi di media stagionatura.

Le Fornaci, Lugana Riserva 2020, Tommasi (Veneto)

Questa Lugana Riserva di grande carattere della cantina Tommasi, è un vino che è la massima espressione delle uve Turbiana e del Lago di Garda.
Il colore è intenso, con riflessi oro brillanti. All’olfatto presente un ricco bouquet di note fresche e minerali che si armonizzano con quelle di frutta gialla matura, con i sentori floreali.
All’assaggio conferma la ricchezza aromatica, la finezza e l’intensità chiudendo con un finale lungo e avvolgente.
Si si fa apprezzare in ogni momento, dall’aperitivo alla cena, ma si abbina particolarmente bene con antipasti e primi piatti a base di pesce, pesce alla griglia o al forno, pollame e carni bianche saporite e formaggi di media stagionatura.

Chianti Classico Gran Selezione Docg 2019, Vecchie Terre di Montefili (Toscana)

Il Chianti Classico Gran Selezione DOCG 2019 della cantina Vecchie Terre di Montefili è un’eccellente espressione del territorio toscano.
Ottenuto al 100% da uve Sangiovese coltivate a un’altitudine di 500 metri sul livello del mare su suoli di Alberese, questo vino rappresenta il meglio della tradizione vinicola della regione con una produzione limitata a 7.680 bottiglie.
La Gran Selezione è ben strutturata ed equilibrata, con sapori di frutta matura, tannini ampi e setosi.
Al palato l’impatto è immediato, con sentori di ciliegia rossa, ribes nero maturo e prugna matura.
Note complesse di cannella, chiodi di garofano e noce moscata. Il finale è intenso, dalle note fresche ed eleganti.

 

 

I 10 luoghi più belli dove ammirare le camelie

I 10 luoghi più belli dove ammirare le camelie

Arriva la primavera e si annuncia con la profumatissima fioritura delle camelie, pianta la cui coltivazione ha iniziato a diffondersi in Italia attorno al Settecento.
La fioritura delle camelie è legata alla Lucchesia dove ogni anno da trentasei primavere va in scena la mostra primaverile delle antiche camelie che in questo territorio trovano uno dei suoi luoghi d’elezione complici le famose ville. A Sant’Andrea in Compito, vicino a Capannori sono da ammirare nei loro splendori di colori e profumi ancora per tre week end quello di sabato 15 e domenica 16 marzo e sabato 22 e domenica 23 marzo e sabato 29 e domenica 30 marzo. Ma non è questo il solo luogo dove farsi ammaliare della fioritura delle camelie in Italia ed ecco allora per voi i migliori luoghi dove ammirare la loro fioritura.


Sant’Andrea in Compito; il “borgo delle camelie” della Lucchesia

Per il nostro viaggio partiamo proprio da Sant’ Andrea e Pieve di Compito che in tre fine settimana di marzo si trasforma in una grande mostra a cielo aperto in cui i visitatori potranno vivere al massimo il contatto con la natura.
Strabilianti le fioriture oltrechè del borgo di Villa Borrini, Villa Giovannetti, Villa Torregrossa, Villa Orsi ed ancora l’antica Chiusa Borrini ed  il Camelietum Campitese sono i luoghi principali in cui si articola la visita del Borgo delle Camelie.

Sul lago di Como a Villa Carlotta

Non c’è stagione in cui il Parco di Villa Carlotta di Tremezzina, la perla del Lario, non offra scorci ricchi di fascino, di colori e di profumi. I suoi otto ettari affacciati sul lago di Como sono infatti una sorta di campionario dell’arte dei giardini – all’italiana, all’inglese, giardino botanico – che hanno preso forma intorno all’aristocratica dimora a partire dal Seicento.
Il Parco impreziosito da una collezione di cento piante di agrumi coltivati in terra (pratica rara e singolare specie al Nord Italia) e da un bambuseto di 25 specie diverse di questa pianta e da una “valle delle felci” con tante varietà di questa pianta e da un oliveto esplode in questo periodo dell’anno con con la fioritura delle camelie.
Il nucleo più imponente del camelieto è quello che decora la parte a monte verso il ninfeo della villa, e molti esemplari presenti nel parco sono cultivar che gli ibridatori hanno dedicato ‘Conte di Cavour’, ‘Garibaldi’, ‘Giuseppe Mazzini’ e ‘Vittorio Emanuele II’.


Nel Lazio le camelie “vulcaniche” di Velletri

A Velletri, nei Castelli Romani, le particolari condizioni climatiche e ambientali, caratterizzate da un’intensa umidità e da un terreno vulcanico ricco di minerali e di sostanza organica proveniente dall’Artemisio, il monte sopra il paese, hanno favorito la coltivazione di camelie.
La camelia a Velletri è molto diffusa nei giardini fuori dall’abitato, ma la si trova spesso anche lungo le strade, dove viene piantata per segnare confini con sequenze di arbusti dal fogliame lucido e perenne.
Ogni anno in questo momento della fioritura si svolge anche qui una festa dedicata a questo fiore dove si esplorarono le collezioni sparse nel territorio a bordo di un minibus.

In Piemonte nel bosco delle Camelie sul lago Maggiore

A partire dagli anni Sessanta la città di Cannero Riviera, Bandiera Blu sulla sponda piemontese del lago Maggiore, è diventata uno dei poli più vivaci del movimento di riscoperta della camelia.
P
roprio a Cannero Riviera ogni anno a marzo si svolge la mostra della Camelia che, fra i vari eventi collaterali, prevede sempre un’escursione con visita guidata in un luogo magico: il Bosco delle Camelie di Cheggio, una frazione raggiungibile solo a piedi e con uno spettacolare affaccio sul lago, che accoglie una collezione di camelie rare, con circa 200 varietà.
A Cheggio le camelie non si inseriscono, come avviene di solito, in un parco o in un giardino ma in un ampio terreno agricolo incastonato a mezza costa fra boschi e antiche abitazioni in pietra; da non perdere.


Toscana: non solo Lucchesia. Viaggio nel Giardino Incantato di Massa

Il Giardino Incantato è stato creato nel 1965 a Massa per volontà di Anna Maria Micheli Lorenzetti, grande appassionata di natura e di fiori. Racchiude piante ornamentali, alberi ad alto fusto come querce, faggi, lecci, betulle e una raffinata collezione di oltre 350 esemplari di camelie, in particolare le japoniche, tutte accuratamente catalogate e con fioriture sia invernali che primaverili.
A partire dal 1991, la raccolta di camelie si è ampliata arricchendosi di varietà e specie diverse, che comprendono per esempio la sinensis (la pianta del tè), le chrysanta (dai particolarissimi fiori gialli), la oleifera (da cui si estrae un olio per uso cosmetico dalle notevoli proprietà antiossidanti), e alcune rarità come la changii (una camelia rifiorente) e l’amplexicaulis, originaria del Vietnam. Ora affidato alle cure di Luca Lorenzetti, figlio di Anna Maria, e della moglie Patrizia, il Giardino Incantato (che fa parte del circuito della Società Italiana della Camelia) può essere visitato su appuntamento.

Ancora in Piemonte a Fiorlago sulle rive del lago di Mergozzo

Ancora un salto in Piemonte in un’ambiente d’elezione per la crescita delle acidofile come tutta l’area Verbanese, il lago di Mergozzo – un romantico specchio d’acqua non distante dal lago Maggiore – che ospita sulle alture di Bracchio dove un azienda vivaistica tra boschi e ruscelli sul versante esterno della Val Grande ha messo a dimora una sontuosa collezione di camelie, rododendri e azalee.


In Emilia Romagna ai Giardino di Giuliani di Lugo di Ravenna

Spostandosi in Emilia Romagna ecco la conferma che certi giardini nascono per passione, altri per scommessa e talvolta più semplicemente il caso che ci mette lo zampino.
Ed è così che è nato il Giardino di Giuliani di Gianpaolo Giuliani a Lugo di Ravenna.
Giuliani confessa di essersi innamorato delle camelie dopo averne acquistata una e da lì aver deciso di studiarle e collezionarle. Da appassionato botanico e ibridatore e riuscito negli anni a piantare oltre 50 varietà
di camelie differenti, grandi e piccole, provenienti da tutte le latitudini. I suoi fiori all’occhiello, però, sono soprattutto le camelie asiatiche, d’origine cinese e giapponese, tuttora piuttosto rare in Italia.

Liguria: Villa Durazzo Pallavicini a Genova

Il Parco di Villa Durazzo Pallavicino a Genova-Pegli, nel Ponente ligure, nominato Parco più bello d’Italia nel 2017, è un unicum nell’ambito della tradizione del giardino storico-romantico europeo. Fu realizzato tra il 1840 e il 1846, su progetto dell’architetto Michele Canzio, su commissione del marchese Ignazio Alessandro Pallavicini, che desiderava dare forma a un luogo ricco di paesaggi simbolici, riferimenti classici e rarità botaniche.
Il percorso tracciato all’interno dei giardini, che si sviluppano su 8 ettari di collina, è articolato come una narrazione teatrale scandita con prologo, antefatto e tre atti, ognuno composto da quattro scene caratterizzate da laghi, ruscelli, cascate, edifici da giardino, piante rare, scorci visivi e inganni scenografici, che si completano con un esodo finale.
In questo periodo dell’anno da non perdere il tour del camelieto storico dove si può scegliere la visita fra altri due itinerari guidati a tema: il percorso scenografico-teatrale, che svela la storia degli edifici e degli allestimenti architettonici che spaziano dall’ambientazione alpestre, all’esotico al mediterraneo, e la visita alla scoperta dei significati esoterici-massonici del Parco, condotta dalla direttrice – l’architetto Silvana Ghigino – solo due volte al mese: una in diurna e una in notturna, al chiaro di luna.


Ancora Piemonte: Villa Anelli a Oggebbio

A inoltrarsi fra i vialetti di Villa Anelli a Oggebbio nella stagione delle fioriture (ma non solo), c’è davvero da perdere la testa: perché, oltre a una straordinaria raccolta di camelie, il giardino in stile romantico inglese – creato nella seconda metà dell’Ottocento dal notaio milanese Carlo Berzio, letteralmente sedotto dal verde e dal silenzio del piccolo borgo dell’Alto Verbano – ospita, insieme ai fiori, esemplari secolari di faggi, carpini, canfore, un cipresso del Kashmir, palme, banani e bambù.
Alle prime camelie ottocentesche si aggiunsero, negli anni Cinquanta del secolo scorso, le piante selezionate da Alessandra Anelli, che con l’aiuto dell’ingegner Antonio Sevesi – fondatore della Società Italiana della Camelia e fra gli autori dell’International Camellia Register (camellia.iflora.cn) – si sono moltiplicate fino a superare le 500 unità che compongono l’attuale camelieto, per un totale di 300 cultivar di japonica (a fioritura primaverile), una quarantina di sasanqua (a fioritura invernale) e una trentina di specie botaniche che provengono da tutto il mondo.
Nel 2010 il luogo è stato nominato “Camellia Garden of Excellence” dalla International Camellia Society, è conservatore Andrea Corneo, agronomo specializzato in architettura del paesaggio e presidente della Società Italiana della Camelia. È lui che accompagna gli appassionati alla scoperta del camelieto, e non soltanto durante la stagione della fioritura: su prenotazione Villa Anelli.

Villa Motta sul lago d’Orta

E’ davvero un momento speciale sul lago d’Orta l’inizio della primavera, quando marzo il sole tramonta sull’acqua e i giardini di Villa Motta proiettano sulle acque nuvole di colori cangianti, che si stemperano intorno alla sagoma lontana di San Giulio: l’isola del Barone Lamberto, personaggio rodariano che non muore finché qualcuno ne ripeterà il nome.
Sono, quei rosa mescolati ai rossi e ai bianchi, le sfumature delle camelie primaverili (japonica, reticulata, cuspidata) che sbocciano per prime e che poi, a poco a poco – in una sorta di minuetto cromatico – passano il testimone ai rododendri (fra i quali spicca un ibrido arboreo alto ben 15 metri), alle rose, anche le sarmentose, presenti in abbondanza lungo la balconata a lago, e a centinaia di azalee antiche di oltre mezzo secolo.

 

Sul “treno delle nuvole”. Un viaggio magico attraverso le Ande argentine

Sul “treno delle nuvole”. Un viaggio magico attraverso le Ande argentine

Il Treno delle Nuvole (Tren a las Nubes) è una delle esperienze ferroviarie più straordinarie al mondo, un viaggio che conduce nel cuore delle Ande argentine, attraverso paesaggi spettacolari e culture millenarie.
Per gli appassionati dei viaggi sulle tratte ferrate e dopo avervi parlato dei treni più panoramici d’Italia e del viaggio in treno più lungo del mondo ecco un’altra esperienza da non perdere.
Conosciuto per la sua altezza vertiginosa, questo treno raggiunge un’altitudine di oltre 4.200 metri sul livello del mare, regalando ai passeggeri una vista impareggiabile su valli, canyon e saline ed è secondo solo ad alcune linee ferrate del Tibet e della Cina.


Il percorso

Il treno parte dalla città di Salta, situata nell’omonima provincia del nord-ovest dell’Argentina e il suo punto più culminante è il maestoso Viadotto La Polvorilla, un capolavoro ingegneristico situato a 4.220 metri di altitudine! Un viaggio incredibile della durata di circa 15 ore tra andata e ritorno, con una combinazione di tragitto in bus e treno, per un’esperienza più completa che copre in totale 217 chilometri.
Il percorso si snoda attraverso 29 ponti, 21 tunnel, 13 viadotti, due spirali e due zigzag, una configurazione necessaria per superare le ripide pendenze montane delle Ande senza l’uso di cremagliere.


Una storia leggendaria

Il progetto di questa linea ferrata davvero unica al mondo fu avviato negli anni ’20 del Novecento dall’ingegnere americano Richard Maury che ideò il percorso per collegare il nord dell’Argentina con il Cile e la Bolivia.
Un’opera di Fimcantieri,un opera con un raggio di curva di 200 metri. L’intera struttura metallica, di circa 1700 tonnellate, fu completate in soli cinque mesi, compreso il tempo impiegato per l’esecuzione dei calcoli, dei disegni d’officina e per l’approvvigionamento del materiale.
La messa in opera avvenne in un luogo impervio, a oltre 2 mila chilometri da Buenos Aires e dove durante l’inverno, si legge nelle cronache del 1930, la temperatura si mantiene di giorno su una media di 9 a 10 gradi sottozero, mentre durante le brevi, e non troppo frequenti, bufere (“viento blanco”) raggiunge dai 25 ai 30 gradi sotto zero. D’estate invece il termometro raggiunge i 35 gradi al sole, ma a causa della rarefazione dell’aria, la temperatura all’ombra rimane bassissima.
La respirazione è resa difficoltosa dall’altezza e in seguito alla mancanza di qualsiasi fonte di energia elettrica vicina, il sollevamento delle strutture si eseguì esclusivamente con verricelli a mano, mentre per la ribattitura e la pitturazione si improvviso invece un’installazione pneumatica, azionata da un locomobile a vapore, trasportato sul posto con difficoltà eccezionali.
L’inaugurazione dopo i lunghi lavori avvenne nel 1948 e inizialmente era solo una linea ferroviaria per il trasporto merci. Solo negli anni ’70, il treno iniziò ad attrarre l’attenzione di viaggiatori e turisti per la sua altitudine impressionante e per i panorami mozzafiato che offriva, guadagnandosi il nome di “Treno delle Nuvole” grazie alle formazioni di nubi spesso visibili sotto il viadotto. Oggi è una delle principali attrazioni turistiche dell’Argentina, il simbolo della cultura e dell’ingegneria argentina.


Cosa fare e cosa vedere prima di salire e da bordo del treno

Prima di salire a bordo del treno, prendetevi del tempo per scoprire Salta, una città coloniale nota per la sua architettura storica e il suo vivace mercato artigianale. Da visitare la Cattedrale e il Museo di alta montagna (MAAM), dove sono esposte le mummie Inca delle montagne.
Del fantastico ponte de 
La Polvorilla di cui vi abbiamo accennato, una struttura ad arco in acciaio che è il punto culminante del viaggio e che sembra galleggiare tra le nuvole sappiate che potete scendete per fare foto e ammirare il panorama.
Ma oltre a questo ponte appiccicati col naso al finestrino potrete ammirare anche l
a Quebrada del toro, una gola spettacolare fiancheggiata da montagne rocciose, le salinas grandes, vaste saline che riflettono il cielo come uno specchio naturale e molti villaggi tradizionali andini come San Antonio de los Cobres, dove il tempo sembra essersi fermato ai tempi degli Incas.
Non vi stupite se a bordo del treno vedete delle bombole d’ossigeno poiché a causa delle altitudini che raggiunge qualcuno può avere dei lievi
malesseri come il mal di montagna e ricordate che è necessario per un viaggio sereno anche di vestirsi a strati dato che le temperature possono variare molto durante il giorno, passando dal caldo al freddo pungente.

 

I 9 piccoli paesi di montagna da visitare a gennaio

I 9 piccoli paesi di montagna da visitare a gennaio

Da nord a sud dalle Alpi agli Appennini, sono incastonati in vallate e su colli alcuni straordinari borghi che d’inverno esaltano la loro bellezza, magari quando sono imbiancati dalla neve.
Un’atmosfera unica che gli fa apparire come piccoli presepi e dov’è possibile tornare quasi indietro nel tempo camminando fra le loro stradine e respirando la loro aria.
Ne abbiamo selezionati dieci per voi dalla Valle d’Aosta alla Basilicata.


Etroubles (Valle d’Aosta)

Un paese che è un museo a cielo aperto caratterizzato da una ventina di opere d’arte disseminate nelle vie, nelle piazze, sulle facciate delle case, là dove gli autori hanno deciso di collocarle.
Sculture, pitture, installazioni: anche i numeri civici sono stati ricreati per rendere più colorato e attraente il borgo.
Un luogo ricco di storia, allo sbocco del vallone, nella frazione di Vachéry,è la torre del XII secolo. Il campanile del borgo invece fu costruito in pietre di taglio su piano quadrato nel 1480.
Ad accendere la fantasia, nel borgo medievale, sono le stradine in ciottolato, i fontanili da cui sgorga l’acqua fresca del monte Vélan, le abitazioni ristrutturate in pietra locale con i tetti in lòse, secondo le tipologie architettoniche tradizionali.
Étroubles è la dimostrazione di come la montagna riesca a sopravvivere senza snaturarsi e cedere al turismo invasivo. 
Nei dintorni potrete visitare anche la prima latteria turnaria della Valle d’Aosta (1853), trasformata in museo che illustra le varie fasi di lavorazione dei formaggi con gli attrezzi dell’epoca e la prima centralina idroelettrica della Valle del Gran San Bernardo, la Centrale Bertin, risalente al 1904, dove è stato installato un piccolo museo dell’energia.
Per chi ama sciare nei dintorni è possibile praticare lo sci alpino e nordico, lo snowboard, l’alpinismo e tutte le attività legate alla montagna, sia d’inverno sia d’estate dato che siamo nel comprensorio sciistico del Gran San Bernardo con 22 km di piste da sci di discesa e 18 km. di sci di fondo.
Vistando il borgo d’inverno vuol dire vivere anche il Carnevale della Comba Frèide, quando il giovedì grasso: nella “Valle Fredda” i personaggi (landzette) del carnevale storico hanno il volto coperto da maschere di legno (o plastica) e richiamano nei costumi le uniformi colorate dei soldati napoleonici arrivati qui nel maggio 1800. Abiti costosi, confezionati a mano, adorni di perline e paillettes e di specchietti che nella tradizione servono per allontanare le forze maligne.

Foto Diego Murgioni

Chianale (Piemonte)

Siamo al confine con la Francia e alle pendici del Monviso nei pressi del più grande bosco di Cimbri delle Alpi e d’Europa a 1800 metri d’altitudine in fondo alla Val Varaita di cultura occitana. Qui si trova questo villaggio dal cuore d’ardesia, con i suoi tetti di lose, le sue pietre, i suoi legni, le vecchie travi.
A Chianale si respira tutto il profumo delle Alpi, quando l’aria di neve spazza via i pensieri sotto un cielo color dell’acciaio; quando il silenzio scende sulle case intorpidite che sembrano stringersi tra loro come a tenersi caldo.
La cultura provenzale, orgogliosamente esibita dai pochi abitanti rimasti, riporta al tempo dei trovatori, che forse nella bella stagione componevano versi e musica nell’Alevé. Attraversato dallo Chemin Royal che portava in Francia, il villaggio fu solo sfiorato dalle guerre di religione, e il tempio calvinista e la chiesa cristiana stavano senza problemi l’uno di fronte all’altra.
Per gli appassionati di sport invernali e possibile scalate le cascate di ghiaccio, praticare sci nordico e sci alpinismo e per i più esperti avventurarsi nelle escursioni e ascensioni nel gruppo del Monviso con guide alpine convenzionate.


Gromo (Lombardia)

Sentire il legno, il ferro, la pietra. Questa è Gromo è un villaggio caratteristico nell’alta Valle Seriana che fu presidio di ricche miniere di ferro, poi sede di libero Comune e quindi luogo di smistamento verso i mercati europei di armi bianche, forgiate dai poderosi magli mossi dal suo torrente.
L’acqua è stata la sua ricchezza e la sua rovina. Ne ha plasmato le forme nelle ere preistoriche, ha portato energia e guadagno alle sue botteghe, e cancellato con una inondazione tutte le sue fucine, un giorno di novembre del 1666, scardinando la sua economia.
Da precoce borgo industriale, Gromo torna a essere un alpestre villaggio rurale. Il borgo oggi non è tanto diverso da come appariva nel dipinto secentesco conservato nella chiesa di San Gregorio.
Sorprende, anche, la bellezza racchiusa in un luogo tanto piccolo: altari dorati, affreschi cinquecenteschi, statue di legno, antiche pergamene, portali in pietra, artistiche inferriate. E tutt’intorno alle strecie, le strette viuzze, si dispiega il verde dei monti.
Gromo è meta conosciuta e amata tra gli appassionati di scialpinismo perché dalla sua frazione di Spiazzi, partono gli impianti di risalita del comprensorio sciistico che dal fondovalle consentono agli sciatori di accedere fino ai Piani di Vodala, situati a 1700 metri tra i monti Timogno e Redondo nel cuore del parco naturale delle Prealpi Orobie. Inoltre nell’impianto sciistico sono anche presenti  tre anelli per lo sci di fondo per 7,5 km, di media difficoltà.  


Sottoguida (Veneto)

Risalendo la Val Pettorina, nella parte alta della provincia di Belluno e nel cuore delle Dolomiti, si trova Sottoguda l’ultimo borgo prima della Marmolada.
Il territorio comunale dominato dalla Marmolada  con i suoi 3342 metri d’altitudine e fatto di stupende e selvagge valli come quelle di Ombretta, Franzedaz e Franzei.
Sottoguda è un antico villaggio risalente al 1260 caratterizza per i numerosi tabièi, fienili in legno diffusi nell’area dolomitica di cultura ladina, usati dai contadini per il deposito del fieno e il ricovero del bestiame e degli attrezzi agricoli.
L’agricoltura è stata per secoli la principale fonte di sostentamento della piccola comunità e oggi sopravvive anche la tradizione della lavorazione artistica del ferro battuto grazie ad alcuni artigiani che hanno i loro negozi. Molto viva la cultura ladina dolomitica attraverso la parlata locale e alcune usanze di antiche origini che vengono tramandate fra le generazioni.
Subito dopo le ultime case inizia la gola dei Serrai un profondo canyon di circa due chilometri, oggi Parco di interesse regionale, che arriva fino alla conca di Malga Ciapéla, ai piedi della Marmolada. Il percorso si snoda fra alte rocce strapiombanti e interseca il corso del torrente Pettorina. Un tempo lungo esso transitavano le mandrie dirette ai pascoli di alta montagna, e i carichi di legname e fieno condotti a valle dai boschi e dalle zone di sfalcio e in inverno, quando le cascate gelando ricoprono le pareti rocciose di uno spesso strato di ghiaccio, la gola diventa palestra di arrampicata su ghiaccio tra le più apprezzate d’Europa (oggi i Serrai di Sottoguida sono chiusi a seguito dei danni provocati dalla tempesta Vaia).
Interessante il Museo della Grande Guerra a Serauta, nella stazione intermedia della funivia della Marmolada che rappresenta il museo più alto d’Europa trovandosi a 3000 metri vicino alle postazioni di guerra italiane e austro-ungariche.


Castelrotto – Kastelruth (Trentino Alto Adige)

Nel Parco naturale dello Sciliar in Alto Adige è il borgo di Castelrotto unico poiché molte delle facciate del borgo sono state dipinte dal pittore, Eduard Burgauner (1873-1913) che intese trasformare il borgo in una grande opera d’arte.
Ancora oggi l’immagine del borgo è quella di un interessante connubio di stile Liberty e tradizioni locali di gusto barocco, come si può vedere al margine del paese, dove gli affreschi di Villa Felseck – la casa della famiglia Burgauner – illustrano i mesi in modo ciclico, seguendo i riti e i lavori dei contadini. Questa è la facciata più appariscente ma ce ne sono altre.
Poco distante è l’Alpe di Siusi, Seiser Alm in tedesco, considerata una delle montagne più belle delle Dolomiti. Prati, campi e boschi si dividono in egual misura i 56 chilometri quadrati dell’area, che fanno dell’Alpe il più vasto altipiano d’Europa.
E’ questo il periodo migliore per visitare Castelrotto dato che gennaio è il mese del Matrimonio Contadino. Gli sposi con abiti vistosi – lei con un cappello verde e lui con un garofano rosso nel taschino della giacca – partono da San Valentino su una slitta trainata dai cavalli. Nel corteo le donne nubili hanno i capelli raccolti sulla testa, quelle sposate se li sistemano dietro la nuca; le più anziane portano il turmkappe, un cappello a cono; le bimbe indossano abiti bianchi, i bambini il loden nero e la camicia di ciniglia. Alla sfilata segue il banchetto con i piatti della tradizione.


Sappada (Friuli Venezia Giulia)

Sappada è celebre per la sua architettura caratteristica e le tradizioni culturali uniche. E’ il paese “nato nel legno”.  “Case che sembrano cataste di travi sorgenti dai prati”, ha scritto un viaggiatore nel 1871.
Un’architettura tradizionale molto ben conservata che è la cosiddetta struttura “a Blockbau” tipica della cultura tedesca. Le case sono quasi interamente di legno, a travi orizzontali incastrate agli spigoli e poggianti su un basamento in pietra. Sotto c’è la stalla, sopra il fienile. Il tetto è di scandole.
Corrispondono a questa tipologia molte abitazioni, anche quelle di più recente costruzione o restaurate, delle borgate Mühlbach (dove ha sede il Museo Etnografico), Cottern (dove spicca casa s’Krumpm della fine del Seicento), Hoffe (con casa s’Greatlan della prima metà del Settecento), Fontana (con casa s’Paulan del 1737), Kratten (con il bellissimo complesso unifamiliare della seconda metà del Seicento e casa s’Gott Paurn del 1634, una delle più antiche), Soravia (con una stalla-fienile del 1778), Cretta (con la Casa-museo della Civiltà Contadina in una Blockhaus del 1825 costruita interamente in legno con basamento di pietra) e Cima Sappada.
La conservazione pressoché integrale delle borgate è dovuta alla realizzazione nel 1922 della strada nuova, parallela a quella più antica ma spostata un po’ più a valle. In tal modo si è ottenuta una valvola di sfogo per le nuove costruzioni sulla strada più trafficata, mantenendo inalterata la parte vecchia
A poca distanza da Sappada in alta Val Sesis a 1816 metri di quota sotto il Monte Peralba e al confine con l’Austria si trovano le sorgenti del Piave il fiume della patria. Nella zona sono visibili anche alcune fortificazioni della Grande Guerra.
Il Carnevale di Sappada è molto noto ed è l’appuntamento più atteso dell’inverno. Si svolge in più tappe: la Domenica dei Poveri, la Domenica dei Contadini e quella dei Signori. Il mascheramento è totale e nessuno scopre il volto durante la festa. La pesante maschera di legno che copre il viso, altera la voce facendola rimbombare. La maschera guida è il Rollate, un personaggio imponente, vestito con un pellicciotto di montone scuro che ricorda il manto dell’orso e con pantaloni a righe orizzontali ricavati dalla tela che serviva a coprire gli armenti in inverno.
Le piste da sci che sono frequentate soprattutto da famiglie con bambini in un comprensorio sciistico di cinque seggiovie e otto sciovie per un totale di 20 km di piste collegate tra loro da un servizio di ski bus.


Pacentro (Abruzzo)

Immerso nel cuore del Parco Nazionale della Majella ha sul suo territorio comunale il Monte Amaro, che con i suoi 2800 metri d’altitudine è la vetta più alta della zona.
Come un gioiello di pietra incastonato nel bosco Pacentro sembra appartenere ad un’epoca lontana, persa nel tempo e nel silenzio.
La meraviglia di questo antico borgo è subito evidente. La visione panoramica del vecchio paese dalla località Muscarella, o la visione aerea dalla “curva di Agnese”, da dove sembra snodarsi come un serpente di pietra che s’inoltra nel bosco, introducono in un’altra dimensione.
È come oltrepassare una porta da tempo abbattuta. Chiudere gli occhi e aprirli su una selva di torri, anche se diroccate o mozzate. “Alchimisti, crogiolate i veleni, / recitate la formula oscura, / scrivete i segni dell’alfabeto segreto, /e che vi diano ascolto i diavoli!” (J. Seifert).
Parcento sembra sprofondarsi nei sogni, aggrapparsi ai segni scolpiti nella pietra, intagliati nel legno, battuti nel ferro e disseminati lungo l’intreccio misterioso di vicoli, archi, irte scalette, passaggi sovrapposti, camminamenti, porticati che collegano fra loro le piccole case, ancora raccolte nella medievale attesa di qualcuno che salga dal piano a portare un messaggio di felicità o di sventura.
Da esplorare nei dintorni ci sono numerosi sentieri escursionistici e luoghi incantati come la cascata del Vallone, nascosta da boschi ricchi di sorgenti e alberi secolari di grande valore naturalistico come il passo San Leonardo.
Il paese è la porta naturale e al tempo stesso il cuore del Parco Nazionale della Maiella. Si trova a 700 m d’altitudine ma l’altimetria del suo territorio va dai 430 ai quasi 2800 metri di Monte Amaro, la vetta della Maiella.
È dunque a tutti gli effetti un borgo prettamente montano, dal quale è facile salire in quota per assicurarsi le più belle vedute panoramiche ed ammirare una flora di grande valore naturalistico.
Escursioni e passeggiate portano sempre in luoghi stupendi, come la cascata del Vallone o il passo San Leonardo. Diverse sorgenti, limpide e fresche, solcano i sottoboschi dove volpi, scoiattoli, donnole, uccelli rapaci e anche qualche lupo, appaiono per un attimo e subito scompaiono.

Nei boschi regna sovrano il faggio, cui fanno da corona querce secolari, pinete, macchie di lecci, aceri e carpini.


Capracotta (Molise)

Un borgo di montagna da visitare in inverno è anche quello posto tra le cime innevate più alte dell’Appennino, il villaggio molisano di Capracotta, un’importante località sciistica della Comunità Montana dell’Alto Molise.
I suoi 1421 metri sul livello del mare ne fanno il borgo più alto dell’Appennino e terzo in Italia e di conseguenza una località perfetta per respirare aria buona di montagna e atmosfera rarefatta dei mesi più freddi.
Architettura in pietra locale, paesaggi brumosi della montagna appenninica, neve che oltrepassa i piani delle case in inverno ed aria fresca in estate, ottimi latticini e pecorino locali, caratterizzano questo centro le cui origini risalgono all’Età del Ferro, come testimoniato dai reperti venuti alla luce in località Le Guastre.
Famose sono inoltre le numerose fontane del paese e il Giardino della flora Appenninica, ideale per una passeggiata nella natura.
Oggi attrezzato punto di riferimento per tutto lo sci di fondo del Centro-Italia al punto di avere ospitato nel 1997 i Campionati Nazionali di Sci di Fondo è tra le località di elezione per tale disciplina.
Per sciare quindi non mancano certo le possibilità grazie agli impianti di risalita che si trovano in località Monte Capraro e alle piste da Fondo di Prato Gentile.


Pietrapertosa (Basilicata)

Come Castelmezzano, il borgo dirimpettaio, Pietrapertosa vive tra le guglie delle Dolomiti lucane, appoggiata ad anfiteatro alle “rocce magre / dove i venti e le nebbie / danno convegno di silenzi”, come scrive Mario Trufelli.
Il luogo sarebbe piaciuto a Jean- Jacques Rousseau, quando diceva di aver “bisogno di torrenti, rocce, pini selvatici, boschi neri, montagne, cammini dirupati ardui da salire e da discendere, di precipizi d’intorno che m’infondano molta paura”.
Tutto questo c’è a Pietrapertosa, che si presenta al visitatore con la sua imponente massa rocciosa, porta d’ingresso all’abitato, circondato, o protetto, da dirupi scoscesi, monti brulli o verdi di boschi.
Intorno alle guglie d’arenaria, antropomorfe (ognuna ha un nome), planano i falchi, quasi per distrarre lo sguardo dalla parte più misteriosa e affascinante del borgo, l’Arabata, che conserva nei vicoli ripidi e nel nome le tracce dei dominatori arabi, guidati dal principe Bomar.
La natura pare davvero essersi sbizzarrita in questo angolo profondo di meridione. Il paese è lassù, alla fine di ripidi tornanti che richiama un paesaggio dolomitico e del resto siamo nel cuore delle Dolomiti Lucane, caratterizzato dalle fantastiche forme delle rocce arenarie.
Primo luogo in Italia a dotarsi di un’adrenalitica zip line dov’è possibile vivere l’emozione del volo lungo un cavo d’acciaio sospeso tra le rocce di Castelmezzano e Pietrapertosa. Un tuffo tra cielo e terra che si chiama “Volo dell’Angelo” e permette di percorrere più di un km e mezzo sospesi nell’aria a 400 metri d’altezza, sfidando il vento e la maestosità delle montagne.