16 Gennaio 2025

Popoli incontattati: le ultime civiltà isolate della Terra

Nel mondo moderno, esistono ancora comunità che hanno scelto, o sono state costrette dalle circostanze a vivere in isolamento dal resto dell’umanità.
Questi gruppi, chiamati popoli incontattati, rappresentano una finestra su stili di vita arcaici e su una connessione profonda con la natura.
Tuttavia, la loro esistenza è messa in grave pericolo dal progresso tecnologico, dal turismo non etico e dalla mancanza di rispetto per la loro autonomia che potrebbe di fatto sterminali in breve tempo.


Dove vivono i popoli incontattati

I popoli incontattati si trovano in diverse regioni del mondo, ma la maggior parte si trovano in America del Sud in Asia e in Oceania con pochi gruppi documentati in Africa.
Si stima che esistano oggi dalle 100 alle 150 tribù incontattate, ma questo numero è ovviamente incerto a causa della natura remota e del tutto sfuggente alla civiltà di questi popoli.
Cerchiamo per quanto possibile di conoscerli meglio.
Fra loro il più celebre e quasi leggendario è senz’altro quello che abita l’isola più isolata del mondo ovvero North Sentinel Island che si trova nell’ arcipelago delle Andamane nel golfo del Bengala di cui vi abbiamo già parlato. 
Vediamo uno per uno chi sono, dove e come vivono.

Un uomo della tribù Yanomami

Sud America

Le tribù incontattate del Sud America sono circa 80-100 gruppi distribuiti per la maggior parte nel cuore dell’Amazzonia brasiliana che detiene il record di avere la maggior concentrazione al mondo di “incontattati”(circa 70 gruppi), in Perù sempre nella regione amazzonica e in Colombia, Ecuardor, Bolivia e Venezuele davo ci sono poche tribù  in zone molto remote.
Come accennato vivono tutti all’interno della foresta amazzonica che garantisce loro un habitat
ricco di risorse naturali e difficile da penetrare. Alcune di esse vive invece nella regione semi-arida del Gran Chaco fra Paraguay, Bolivia e Argentina.
Le tribù più note sono gli 
Yanomami che vivono al confine tra Brasile e Venezuela e sono una delle più numerose dell’Amazzonia, anche se molte delle loro comunità rimangono isolate. Gli Ayoreo-Totobiegosode che vivono nel Gan Chaco sono invece l’unico gruppo indigeno al mondo a vivere in una regione semi-arida.
Gli Mashco-Piro che vivono in Perù nel Parco Nazionale di Manu sono invece conosciuti per la loro mobilità e i loro sporadici incontri con il mondo esterno. Infine degli di nota anche gli Kawahiva una tribù nomade che si sposta costantemente nella foresta del Brasile centrale.
Vivono in piccoli gruppi legati da vincoli familiari come autentici clan dove quasi sempre gli anziani rivestono ruoli
 di leadership e consiglio.
Sono cacciatori-raccoglitori che u
sano archi, frecce e trappole per cacciare animali come tapiri, scimmie e uccelli.  Alcuni di loro, specie quelli che vivono vicino ai fiumi, sono dediti alla pesca che praticano usando lance o reti. Come raccoglitori mangiano frutta, noci, miele e radici, prodotti fondamentali per la loro dieta. Alcuni di questi gruppi sono nomadi e si spostano spesso alla ricerca di risorse, mentre altri praticano forme primordiali di agricoltura itinerante coltivando manioca, mais e patate dolci in piccole radure. Abitano capanne spesso temporanee fatte di foglie e rami intrecciati da costruite in poco tempo.
I loro abiti sono ridotti al minimo o del tutto inesistenti data la calura e l’umidità della foresta ed usano pigmenti naturali come il rosso dell’urucum o il nero del carbone per dipingersi il corpo, spesso come segno di identità o rituale e si accessoriano con collane, bracciali e orecchini fatti con ossa, semi o piume.
Parlano lingue incomprensibili al mondo esterno e non scritte e sono animisti che credono c
he ogni elemento della natura, dagli animali agli alberi, abbia uno spirito.
Fondamentale il ruolo degli
sciamani che rivestono un ruolo centrale, agendo come guaritori e mediatori tra il mondo naturale e spirituale. In molti di questi popoli si celebrano riti di passaggio all’età adulta che includono tatuaggi, prove di resistenza e digiuni e amano danzare con tamburi e flauti fatti a mano ad accompagnare le danzare.
In Brasile e Perù come fa l’India con i sentilenesi hanno promulgato leggi specifiche per proteggere i territori delle tribù incontattate e garantire il loro isolamento volontario.

Due donne Korowai

Asia

Sono circa 10-20 gruppi i gruppi che invece vivono nell’Asia distribuiti fra le isole Andamane (oltre ai Sentinelesi esiste la tribù dei Jarawa e degli Onge) e la Papua Nuova Guinea (sia nella parte indonesiana che in Papua Nuova Guinea indipendente). Gruppi che vivono in isole remote e foreste tropicali di regioni remote e inaccessibili, che scelgono di evitare il contatto con la società moderna. Queste comunità rappresentano un tesoro culturale e antropologico, poiché molte di loro conservano stili di vita ancestrali risalenti a migliaia di anni fa.
Detto dei sentinelesi che di tutte le tribù incontattate è decisamente la più famosa sulle 
Andamane, ma nella foresta di un’altra isola, ovvero la South Andaman vivono i Jarawa conosciuti per la loro straordinaria conoscenza delle foreste e la loro abilità nella caccia e raccolta.
Nella Nuova Guinea Occidentale che appartiene all’Indonesia vivono invece sugli alberi e fino a 35 metri d’altezza i
Korowai. Lo fanno per proteggersi sia dagli animali selvatici che dagli spiriti maligni in cui credono.
Esistono poi altre tribù che sebbene non completamente incontattate, vivono ancora in isolamento volontario. Fra questi alcuni gruppi nomadi delle are montuose della foresta birmana in Myanmar, come i Wa o i Lisu, che mantengono uno stile di vita tradizionale in regioni remote. Infine alcuni popoli quali i Dukha (o Tsaatan), che praticano la pastorizia di renne e vivono in armonia con il rigido ambiente montano vivono fra la Siberia e la Mongolia in un’area non troppo ospitale.
Tutti popoli che vivono di caccia e raccolta che usano
archi, frecce, lance e trappole per cacciare animali selvatici. Eccezion fatta dei Korowai che come abbiamo visto per sicurezza vivono sugli alberi gli altri popoli vivono in capanni temporanee semplici fatti di foglie e rami mentre i popoli nomadi delle aree montane che si spostano con le renne alla ricerca di pascoli vivono in yurte o tende.
Si vestono al minimo usando fibre vegetali, pelli e ossa, si decorano il corpo e il volto con pigmenti naturali e si accessoriano con collane e bracciali fatti di semi,
denti di animali o conchiglie. Come lingue parlano i loro idiomi unici, spesso non scritte e sconosciute al resto del mondo la cui conoscenza viene tramandata oralmente attraverso le generazioni con storie, canti e leggende.

Esponenti Hazda

Africa

Pochissimi sono i gruppi di tribù incontattate sopravvissute in Africa che si trovano fra Namibia, Botswana, Angola e Sudafrica. I San, o Boscimani, sono una delle popolazioni indigene più antiche del mondo, con una storia che risale a decine di migliaia di anni. Trattasi di cacciatori-raccoglitori nomadi, che dipendono dalla caccia con arco e frecce e dalla raccolta di tuberi e piante selvatiche. Molti di loro sono stati integrati nelle economie moderne, ma alcuni gruppi scelgono ancora di vivere in isolamento, specialmente in aree remote del Kalahari anche se la perdita delle terre tradizionali a causa del turismo, delle riserve di caccia e dell’espansione agricola ha costretto molti a lasciare il loro stile di vita tradizionale.
Nella Repubblica Centrafricana, nella Repubblica Democratica del Congo, del Gabon e del Camerun nella foresta pluviale del bacino del fiume Congo si trovano i numerosi pigmei
Ba’Aka che vivono di caccia, pesca e raccolta nella foresta. La loro conoscenza dell’ambiente naturale è straordinaria e sebbene molti di loro abbiano contatti con il mondo esterno, ci sono ancora piccoli gruppi che vivono in isolamento per evitare le pressioni delle società dominanti. La deforestazione, l’estrazione illegale di legname e la caccia di frodo stanno però distruggendo il loro habitat.
Nelle regioni intorno al Lago Eyasi in Tanzania vivono gli Hadza  uno degli ultimi gruppi di cacciatori-raccoglitori rimasti in Africa orientale. Alcuni di loro mantengono uno stile di vita tradizionale e limitano i contatti con il mondo esterno, ma  anche nel loro caso la perdita di terre a causa dell’agricoltura e del turismo etnografico minaccia la loro autonomia.
Nel Sahara centrale (Niger, Mali, Algeria, Libia) vivono gli Iklan ex schiavi liberati dei Tuareg che si vivono in isolamento volontario in piccoli gruppi praticando pastorizia nomade. Anche essi sono gravemente minacciati in questo caso dai cambiamenti climatici e dai conflitti armati nella regione.
Infine la valle
del fiume Omo, nell’Etiopia meridionale ospita diverse tribù indigene, alcune delle quali vivono in isolamento parziale, come i Suri e i Mursi. Entrambe le tribù si dedicano all’agricoltura, alla pastorizia e alla caccia. I loro stili di vita sono fortemente influenzati dalle tradizioni ancestrali. Questi popoli sono minacciati dalla costruzione di dighe, come la controversa diga Gibe III che ha alterato drasticamente l’habitat naturale e il loro accesso alle risorse.
Il comune denominatore di questi popoli è l’essere minacciati dall’uomo moderno che strappa le loro terre per destinarle
a parchi nazionali, riserve di caccia o progetti di sviluppo, mentre altri gruppi sono sfruttati come “attrazioni” turistiche dove i turisti fotografano le tribù senza consenso. C’è infine il problema che i contatti col mondo esterno gli ha esposti a malattie a cui questi popoli non hanno sviluppato immunità. Per tutti questi motivi alcuni governi, come quelli del Botswana e della Tanzania, stanno lavorando per proteggere i diritti dei popoli indigeni, anche se l’applicazione è spesso debole.

Esponente degli Yali

Oceania

Infine che ospita alcuni dei popoli incontattati più affascinanti al mondo, principalmente in aree remote della Nuova Guinea e delle sue isole circostanti. Questi gruppi vivono in aree montuose o forestali inaccessibili, preservando culture e tradizioni che sono rimaste sostanzialmente inalterate per migliaia di anni.
Sebbene la maggior parte dei popoli della regione abbia avuto contatti con il mondo esterno, ci sono ancora piccoli gruppi che scelgono di evitare l’interazione con altre società.
Non è un caso quindi che la Nuova Guinea sia una delle regioni più linguisticamente e culturalmente diversificate del mondo, con oltre 800 lingue parlate. Qui vivono i Dani e Yali; alcuni sottogruppi di queste tribù vivono ancora in isolamento negli altopiani centrali esistono inoltre gruppi non contattati in valli difficilmente accessibili nelle zone interne della Papua Nuova Guinea.
Spostiamoci poi nell’Oceano Pacifico occidentale nelle isole Salomone dove sopravvivono a
lcune comunità in isolamento volontario su isole remote o nelle foreste pluviali interne. Le interazioni con il mondo esterno sono limitate a causa dell’accesso difficile e delle barriere culturali.
Anche questi popoli sono per lo più formati da cacciatori e raccoglitori che operano con archi, frecce, lance e trappole come
strumenti comuni. Le risorse della foresta sono essenziali per la loro alimentazione e per la produzione di strumenti e abbigliamento. Vivono in piccoli gruppi o clan comunitari di 10-50 persone, organizzati attorno a relazioni familiari strette. Dominano le credenze animistiche e molte tribù credono che gli spiriti abitino alberi, rocce, fiumi e animali.

Un patrimonio unico da preservare

I popoli incontattati rappresentano un patrimonio culturale unico, testimoniando modi di vita che sono stati preservati per millenni. Proteggere la loro autonomia e le loro terre è cruciale non solo per rispettare i diritti umani, ma anche per preservare una parte importante della diversità culturale globale.
Secondo le organizzazioni che monitorano i popoli indigeni, si stima che ci siano circa 100 gruppi confermati (tribù il cui isolamento è noto e documentato) e circa 50 gruppi ipotizzati, identificati tramite avvistamenti occasionali, resti di accampamenti o segni di attività (come sentieri, coltivazioni, o capanne).
Molti di loro sono entrati anche se sporadicamente in contatto con altri umani ma la scelta di vivere isolati può derivare dall’aver sperimentato in passato conflitti violenti con coloni, cercatori d’oro o altre tribù oppure più semplicemente come mezzo per preservare la propria lingua, religione e tradizioni.
Infine c’è l’impatto per loro drammatico con il mondo moderno: fra e
pidemie, deforestazione e sfruttamento delle risorse alcune comunità si sono spinte a ritirarsi in zone più remote per sopravvivere.


Stop al controverso “safari umano” delle isole Andamane

Una delle pratiche più deplorevoli nei confronti dei popoli indigeni è sicuramente il “safari umano” che viene praticato nelle isole Andamane e che coinvolge soprattutto la tribù dei Jarawa.
Questa tribù, distinta dai Sentinelesi, vive sull’isola principale delle Andamane e sebbene sia in contatto limitato con il mondo esterno, mantiene molte delle sue tradizioni.
Arrivano da tutto il mondo molti turisti, che pagano anche cifre importanti, per
attraversare la “Jarawa Reserve” lungo la Andaman Trunk Road sperando di vedere i membri della tribù. File lunghissime di jeep lungo l’unica strada che taglia in due l’isola per sperare di vedere i Jarawa trattati come “attrazioni” e costretti a esibirsi o essere fotografati senza consenso. Una pratica questa che pratica viola la loro dignità e mette a rischio la loro salute esponendoli a malattie per cui non hanno immunità.
Le organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno condannato questa pratica e la Corte Suprema dell’India ha ordinato restrizioni sul turismo nella riserva, ma l’applicazione delle regole è stata molto lenta perché sottrae business…

 

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