Apr 6, 2024 | Enogastronomia
Ci sono ricette mito e la Carbonara è sicuramente il caso più eclatante, tanto da meritarsi addirittura una giornata tutta sua.
Oggi 6 aprile è il #CarbonaraDay, la spaghettata social più amata al mondo che giunge quest’anno alla sua ottava edizione.
L’evento, voluto dai pastai di Unione Italiana Food, unisce professionisti, appassionati e buongustai sul piatto di pasta più amato, replicato e discusso al mondo che, quest’anno, ha un motivo in più per essere celebrato dato che festeggia i 70 anni dalla sua prima ricetta italiana uscita nel 1954 sulle pagine del periodico La Cucina Italiana.
Un compleanno impossibile da non festeggiare, con uno sguardo al passato, uno al futuro e, più in generale, al rapporto tra tradizione e contaminazione fusion in cucina.
70 anni di un mito italiano per caso
Sulla carbonara sono stati versati fiumi di inchiostro e addirittura è stata la protagonista di un (serioso) convegno finito a spaghettata all’Università della Cucina Italiana di cui vi abbiamo parlato (articolo qui)
ma impossibile non tornare sul tema dato che, quando si dice Carbonara oggi si parla di migliaia di interpretazioni diversi che non possono non mettere in dubbio l’origine italiana di una ricetta nata per gli americani….
Una ricetta italianissima, anzi un simbolo dell’Italia nel mondo nata per caso, ma sulle cui origini fumose si è alzato il mito.
Per conoscere tutte le informazioni su questo piatto vi rimandiamo all’articolo che abbiamo citato sopra, troverete anche una ricetta per farla in casa e partecipare così alla maratona a cui ricordiamo che lo scorso anno ha coinvolto oltre 1 miliardo di pasta lovers nel mondo che hanno condiviso la “loro” carbonara in rete.
Photo credit: Photos & Food Blog on Visualhunt
Carbonara fra cinema e miti
Una domanda a cui è difficile dare una risposta univoca anche se seguendo le tracce della storia quella che oggi definiamo la ricetta classica dovrebbe essere quella che prevede pasta, guanciale, uova, pecorino e pepe.
Tante le citazioni letterarie fra cui citiamo “La Carbonara non esiste” di Alessandro Trocino e “La Carbonara perfetta” di Eleonora Cozzella.
La prima citazione in assoluto di questo piatto trovata negli archivi ci riporta al 1950 in un articolo del quotidiano torinese La Stampa che paprla della “Festa de’ Noantri di Trastevere che ospitò papa Pacelli, Pio XII. L’autore dell’articolo, tra i tanti ristoranti cita “Ceseretto alla Cisterna”, il cui oste accolse per primo gli ufficiali americani giunti in Trastevere in cerca degli spaghetti alla carbonara.
Nel 1951 si parla di carbonara nel film italiano, “Cameriera bella presenza offresi” quando il protagonista Aldo Fabrizi fa un colloquio di lavoro con Maria (Elsa Merlini) e le chiede: “Scusi un momento, senta un po’, ma lei li sa fare gli spaghetti alla carbonara?”. Maria scuote la testa sconsolata ma è la prova che gli spaghetti alla carbonara sono già conosciuti e considerati un piatto d’eccellenza.
Le cronache del 1952 del Corriere della Sera invece narrano della della passione per questo piatto dell’attore Gregory Peck, stabilitosi ad Anzio per le riprese di “Vacanze romane”.
photo credit: Wine Dharma on VisualHunt.com
Classica, tradizionale o alternativa? 400 le varianti nel mondo!
Per i puristi ne esiste solo una versione ma per i fantasiosi e innovatori invece non ci sono limiti alla fantasia.
La carbonara è in effetti anche il piatto al mondo che il maggior numero di imitazioni nella storia della gastronomia recente tant’è che secondo un articolo del New York Times di Ian Fisher pare che ne esistano oltre 400 in giro per il mondo!
Secondo l’Unione Italiana Food, la Carbonara risulta il laboratorio della pasta che intercetta nuovi stili di vita alimentare e modalità di consumo, tra rielaborazioni e improvvisazioni dell’ultimo minuto e ingredienti nuovi e non convenzionali.
Da un’indagine condotta da AstraRicerche su un campione di 1.000 italiani di età compresa fra 18 e i 65enni emerge che 7 su 10 conoscono gli ingredienti necessari, considerando come imprescindibili, ma se 6 italiani su 10 si dichiarano fedeli alla ricetta classica, non manca un certo estro interpretativo: 1 italiano su 5 (soprattutto uomini) si avventura nelle “diversamente carbonare” con un ingrediente fuori dagli schemi: panna (6.5%) o latte (3.1%), peperoncino (5.2%), prezzemolo (4.4%), pomodoro (3.8%). Non solo: c’è chi utilizza il prosciutto al posto del guanciale (3.5%) o componenti ‘veg’ (funghi 2.5%, pisellini 2.2%, zucchine 2.1%). Non mancano, infine, le declinazioni regionali di (non) Carbonara, utilizzando le eccellenze del territorio.
Maratona social il 6 aprile: come partecipare
Per partecipare all’evento virtuale le regole sono semplici: il 6 aprile, a partire dalle ore 12 (CET) basterà seguire gli hashtag #CarbonaraDay e #Carbonara70 e cimentarsi nella propria versione in dirette video, condividere opinioni, foto e consigli su Instagram, Facebook e Twitter. In qualità di eccellenza italiana celebre nel mondo, il Carbonara Day anticipa la Giornata Nazionale del Made in Italy (15 aprile), istituita quest’anno dal MIMIT e dedicata alla promozione della creatività e dell’eccellenza italiana, coinvolgendo Istituzioni, scuole e imprese, con eventi dedicati. Unione Italiana Food aderisce alla Giornata e sono numerose le iniziative sul territorio che le aziende associate hanno attivato nella settimana dal 15 al 21 aprile.
Lug 27, 2023 | Enogastronomia
La carbonara, uno dei piatti più famosi d’Italia destrutturato dall’esperto di cucina Luca Cesari che sfata falsi miti legati alla popolare ricetta in un dibattito con degustazione di una ricetta del 1954 andato in scena nei giorni scorsi a Firenze.
Il messaggio è stato dato ai futuri professionisti all’Università della Cucina Italiana aggiungendo che “nessuno ha mai creato un piatto dal nulla. Studiare la cucina che ci ha preceduto amplia il bagaglio culturale di un cuoco”.
Carbonara: emblema della cultura culinaria italiana
Una ricetta famosa, una portata regina dei pranzi più gustosi, capace di mettere d’accordo tutti (o quasi) intorno a tavola, con un pubblico di estimatori in tutto il mondo. La pasta alla carbonara ha guadagnato negli anni una popolarità tale da essere diventata quasi un emblema identitario della cultura italiana culinaria, e non solo.
Ma cosa accadrebbe se scoprissimo che la presunta italianissima pietanza condivide una storia con gli Stati Uniti e che la formula “tradizionale” (guanciale, uova, pecorino, niente panna) è apparsa solo alla fine degli anni Sessanta?
Sì, perché di questo si è parlato a Firenze, nella sede dell’Università della Cucina Italiana, in un
evento destinato a sfatare falsi miti su “La carbonara – un piatto squisitamente americano”.
Proprio questo, infatti, il tema della serata con Luca Cesari, storico enogastronomico e docente
dell’accademia culinaria, nel corso di un dibattito con il direttore Guido Mori, seguito dalla
degustazione di una ricetta di pasta alla carbonara del 1954, riservata a un pubblico ristretto di
invitati e intenditori.
Talmente amata nel nostro Paese e non solo, la carbonara è finita spesso al centro di fenomeni di
costume, come la recente manifestazione degli “attivisti della pastasciutta” alla Fontana di Trevi a
Roma. Un clima di “indignazione” culinaria seguito da una mobilitazione social, per difendere la
“tradizione italiana” e romana del prelibato piatto, insieme ad altre preparazioni.
Un cuoco bolognese e quei soldati alleati affamati
Eppure, una lettura approfondita delle radici della cucina italiana porterebbe a riconsiderare
meglio alcuni presupposti, come spiega lo stesso Cesari, autore del libro “Storia della pasta in
dieci piatti. Dai tortellini alla carbonara” (Il Saggiatore, 2021).
Secondo un racconto mai smentito fu Renato Gualandi, giovane cuoco bolognese, a inventare un piatto di pasta con uova, bacon, panna e formaggio, per gli ufficiali degli eserciti americano e inglese, nella Riccione appena liberata nel 1944.
Da Armando’s a Chicago nel 1952 la prima ricetta
La ricetta lo avrebbe seguito poi a Roma, dove si recò a lavorare nei mesi successivi, finché la “carbonara” viene nominata per la prima volta in un film, “Cameriera bella presenza offresi” (Giorgio Pastina, 1951).
La prima formulazione della ricetta appare nel 1952 in un libro americano, una guida ai ristoranti
del quartiere North Side di Chicago, nella recensione del ristorante Armando’s e solo due anni
dopo compare per iscritto nel nostro Paese, nella rivista “La Cucina Italiana”: spaghetti, uova,
pancetta, gruviera e aglio.
Raggiunta la consacrazione definitiva nel 1960 su “La grande cucina”, libro di Luigi Carnacina, la carbonara ebbe continue evoluzioni attraverso i decenni, fino a stabilizzarsi soltanto negli anni Novanta, con i tre ingredienti classici che tutti conoscono: uova, pecorino e guanciale, con l’aggiunta di abbondante pepe nero
Studiare la cucina per conoscere la cultura dei popoli
“Nessuno ha mai creato un piatto dal nulla, ma è sempre partito da qualcosa di preesistente, applicando ad esso variazioni e miglioramenti – afferma Cesari -. Studiare la cucina che ci ha
preceduto amplia il bagaglio culturale di un cuoco, come lo farebbe l’incontro con la gastronomia
di un altro paese e gli permette di avere più riferimenti per le proprie creazioni. La selezione degli
ingredienti, le tecniche e i metodi di realizzazione dei piatti derivano tutti da una tradizione
secolare che abbiamo alle spalle su cui poggiamo per fare cucina. Molto spesso questo riferimento
è inconsapevole, mentre l’analisi storica aiuta a capire in quale modo e come mai un piatto si è
evoluto nella forma che conosciamo oggi”.
“Studiare le origini di una ricetta e la storia dei piatti è un passaggio fondamentale per un giovane
cuoco che si avvicina a questa professione – spiega Guido Mori direttore dell’Università della cucina italiana-. A parte i curiosi episodi di ‘colore’ restituiti dalle cronache, la cucina italiana si basa su una continua innovazione e sulla sintesi di quanto meglio esiste nelle culture del mondo.
Pertanto, riconoscere l’origine americana della carbonara non rappresenta un “tradimento”, ma una presa di coscienza della nostra cultura.
L’Università della Cucina Italiana osserva la tradizione culinaria con occhi scevri da interessi, tale
da guardare al futuro con un approccio laico, aperto alla sintesi culturale e mai sull’isolazionismo”.
L’Università della Cucina Italiana
L’Università della Cucina Italiana si trova a Firenze ed è l’unica scuola di cucina con valore accademico in Italia. I corsi che propone hanno valore legale e sono riconosciuti dal Ministero dell’Università e della Ricerca, poiché certificati da un Ateneo pubblico a partecipazione statale.
Il partner formativo è l’;Ateneo IUL (Università Telematica degli Studi), la proposta si articola tra Master di I° livello e Corsi di alta formazione. Nel primo caso possono accedere i partecipanti con laurea triennale, nel secondo è necessario un diploma di scuola superiore quinquennale. L’inizio delle lezioni del quinto anno è
previsto il prossimo ottobre (tutte le informazioni su universitacucinaitaliana.it).
Spaghetti alla carbonara
La ricetta degli spaghetti alla carbonara che vi proponiamo è la prima editata in Italia sulla rivista “La cucina italiana” dell’agosto 1954
dose per 4 persone:
400gr Spaghetti
150gr Pancetta
100gr Gruviera
2 uova
1 spicchio d’aglio
Sale e pepe
preparazione:
Porre a fuoco abbondante acqua salata. Tritare la pancetta e tagliare il gruviera a dadolini. Quando l’acqua alzerà il bollore versarvi gli spaghetti, rimescolare e lasciar cuocere per circa 15 minuti (a seconda della grandezza degli spaghetti) e scolarli bene. Ricordare che gli spaghetti sono migliori se serviti piuttosto al dente.
Versare in una scodella le uova intere, con una forchetta sbattere come se si trattasse di una frittata. Porre a fuoco in un largo tegame la pancetta e l’aglio schiacciato (che andrà tolto) e lasciarla soffriggere, aggiungervi spaghetti, le uova, il gruviera ed abbondante pepe.
Rimescolare bene, continuando sino a che le uova saranno un poco rapprese. Versare allora gli spaghetti sul piatto di portata e servire subito.
Giu 18, 2024 | Enogastronomia
E’ la pizza il piatto italiano più ordinato nel mondo, ambasciatore della cucina e della cultura gastronomica del nostro Paese. Anche se qualcuno la chiede con topping di marshmallow e cioccolato e ai ristoratori tocca cercare di redimere i peccatori.
Le curiosità emergono dalla survey lanciata da I Love Italian Food, che ha coinvolto oltre 5800 chef, pizzaioli e ristoratori italiani in quasi tutti i continenti, dall’Europa agli Stati Uniti, fino all’Asia e l’Australia.
Pizza? C’è chi la ama con il topping di marshmallow!
Partendo dall’assunto che esistono 100mila ambasciatori del Made in Italy enogastronomico fuori dall’Italia, I Love Italian Food ha attivato una vasta rete di contatti internazionali per conoscere i piatti più apprezzati fuori dal nostro Paese. E le richieste più stravaganti giunte dai commensali. Risultato: la pizza straccia i competitor, come era immaginabile.
La classifica riserva qualche sorpresa: al secondo posto la Carbonara, sempre più apprezzata da Oriente a Occidente; seguono le tagliatelle al ragù / alla Bolognese, amate in modo trasversale ma in particolare dagli expat. Appena sotto il podio uno dei piatti della domenica italiana: le lasagne. Al quinto posto l’unico dessert entrato in classifica: il tiramisù.
In Usa c’è anche la pizza per dimagrire
“Oltre alla versione classica, proponiamo anche il Babamosud, una variante senza caffè, con il babà al posto dei savoiardi”, dichiara Pasquale Cozzolino, ristoratore e chef celebre nel Nord e nel Sud America.
Nel suo ristorante newyorkese, Ribalta, ha cucinato per stelle del cinema, calciatori milionari e personaggi tv.
Chef dell’ex sindaco di New York di origini italiane Bill De Blasio, Cozzolino ha riscosso un successo internazionale con il libro “Pizza Diet”, con il quale ha dimostrato come perdere peso grazie a una dieta a base di pizza.
“Le più richieste restano i grandi classici: Margherita e Marinara”, afferma Cozzolino. “Tuttavia abbiamo notato un crescente interesse per le farciture più creative, come salsiccia piccante o burrata”. Fino ad arrivare alle pretese più insolite, come la pizza con i marshmallow. “Di fronte a richieste come queste cerco di assecondare i clienti, ma ne approfitto anche per educarli sulla cucina italiana, raccontando storie e curiosità sui piatti autentici”, aggiunge lo chef.
Gli altri piatti più amati
Sulla stessa linea Enzo Oliveri, celebrity chef e presidente dell’Associazione Cuochi Italiani in UK. “Dipende dal cliente, se sai che è una battaglia persa lasci perdere, altrimenti cerchi di educarli al gusto”, dichiara. Ad esempio a non mettere il parmigiano sul pesce.
C’è poi chi esagera, come racconta Massimo Mori, chef patron di Armani Restaurant (1 stella Michelin) e del ristorante Mori Venice Bar, una vera leggenda della ristorazione italiana a Parigi: “E’ capitato che un cliente abbia ordinato linguine alle vongole con tartufo e tanto parmigiano”.
“Siamo molto tradizionalisti – afferma Peppe Errichiello, tra i pizzaioli più famosi in Giappone, proprietario di tre pizzerie pluripremiate – se ci fanno delle richieste particolari al 99% non le accettiamo. Anzi, se qualche cliente si fa portare olio piccante e vedo che lo versa su una pizza oppure su un piatto che a me non piace vado dal cliente e gli dico che sta rovinando il gusto di un piatto che ha richiesto impegno. Se mai il cliente mi guarda storto gli dico che non sta valorizzando il lavoro mio e di 40 dipendenti”.
Nella particolare classifica di I Love Italian Food figurano anche spaghetti o linguine alle vongole: arrivano al nono posto, dopo risotto, ravioli e parmigiana. Chiude la top ten la pasta al pesto alla genovese.
Pastasciutta amore mio
Per quanto riguarda il formato di pasta, vincono spaghetti e paccheri. Dal Paese del Sol Levante Peppe Errichello conferma la tendenza globale: “il formato più apprezzato sono le Linguine allo scoglio”. Ma anche tanti gnocchi. “Quelli che facciamo noi – sottolinea – sono una ricetta di mia nonna Gina: acqua e farina senza aggiungere patate, uova e sale, semplicemente solo acqua e farina”.
“Ma la pasta fresca – aggiunge Cozzolino – come i tonnarelli fatti in casa, è particolarmente apprezzata. Comunichiamo il valore della pasta home made attraverso menu dettagliati e interagendo direttamente con i clienti, spiegando l’origine degli ingredienti e il processo di preparazione”. Uno su tutti: il pomodoro del piennolo, che guarnisce lo spaghetto più richiesto a New York. A Parigi, invece, chef Mori propone tagliolini con triplo uovo e farina doppio zero. “Facciamo capire che questo tipo di pasta è più proteica, tiene meglio la cottura ed è più saporita. Anche l’origine delle uova conta: sono di cascina, allevate a terra”.
Nella scelta di un ristorante e di un piatto, infatti, è sempre più dirimente la conoscenza dell’intera filiera. Un aspetto sul quale I Love Italian Food lavora da anni al fianco di produttori e ristoratori. “La nostra ricerca rivela non solo le preferenze globali per i piatti italiani, ma anche le sfide affrontate dai ristoratori nel mantenere l’autenticità delle nostre ricette”, commenta Alessandro Schiatti, Presidente di I Love Italian Food. “I ristoratori e gli chef sono veri ‘guerrieri’ della cucina italiana all’estero, impegnati quotidianamente nella difesa e nella promozione della nostra cultura enogastronomica. Ogni richiesta stravagante rappresenta una nuova sfida per mantenere viva la vera cucina italiana, e noi siamo qui a sostenerli in questa missione cruciale.”
I Love Italian Food è un network internazionale e un’Associazione no profit, con la mission di promuovere e difendere la vera cultura enogastronomica italiana nel mondo. Nata in Italia nel 2013, nel cuore della Food Valley, dall’incontro tra una community online creata da Marco Bonini e l’idea di Alessandro Schiatti di costruirci attorno una struttura in grado di amplificarne le potenzialità. Oggi I Love Italian Food è una società e una comunità internazionale da 3 miliardi di contatti social, ha realizzato oltre 100 eventi internazionali e ottenuto più di un miliardo di visualizzazioni video. Due i cardini fondamentali: Formazione e Narrazione. Grazie a un network di oltre 20mila professionisti internazionali, I Love Italian Food connette prodotti e produttori italiani con gli ambasciatori della cucina italiana in tutto il mondo.
Gen 28, 2023 | Enogastronomia
L’inizio dell’anno coincide con il veganuary, il mese dedicato alla consapevolezza del regime alimentare che deriva esclusivamente dal regno vegetale.
Complice questo e anche i buoni propositi per l’anno nuovo, dai dati di un noto delivery di cibo è emerso che sempre più italiani provano a dedicarsi ad un’alimentazione vegana proprio a gennaio, uno dei mesi nel quale si nota il maggior numero di ordini.
In attesa di vedere cosa succederà a fine mese guardiamo al gennaio scorso. Durante il 2022 la piattaforma di food delivery nel primo mese dell’anno ha registrato un aumento degli ordini superiore al 22% rispetto al periodo 2020/21, ma anche un incremento pari al 23% dei ristoranti che offrono opzioni vegane che si sono aggiunti all’applicazione.
Nello specifico, aMilano i quartieri con la più alta proposta di pietanze vegetali sono stati Centrale, Porta Venezia e Brera, a Napoli le zone di Arenella, Piedigrotta e Vomero, mentre a Roma il veganesimo ha spopolato vicino al Colosseo, Trastevere e Termini.
Per quanto concerne i ristoranti, nel 2022 a Milano il più apprezzato è stato NUN Taste of Middle East in Porta Venezia, a Roma The Good Burger e a Napoli 50 Panino di Ciro Salvo.
Se nel 2021 gli utenti hanno ordinato maggiormente dolciumi di vario tipo come cornetti, brownie e torte, ma anche burger a base di legumi e spezie, nel corso del 2022 la pasta alla carbonara in versione vegana e i cibi orientali vegetali quali noodles, gyoza e dumpling sono state le pietanze maggiormente preferite.