18 Agosto 2023

Buon Compleanno! Il Consorzio Friuli Colli Orientali e Ramandolo compie cinquant’anni

di Barbara Tedde – Un Consorzio dinamico e frizzante, quello del Friuli Colli Orientali e Ramandolo; cinquant’anni
compiuti ufficialmente nel 2020 e che per motivi pandemici è scivolato allo scorso luglio 2023.
Un’occasione per conoscere un territorio che si presenta armonico e ordinato, con paesaggi
collinari dolci e ricamati da filari, villette senza muri di recinsione né griglie alle finestre, circondate
da giardini pettinati e adornati di piante in fiore.

Un compleanno speciale

Colli Orientali è un areale del Friuli Venezia Giulia – siamo nella provincia di Udine – baciato dalla fortuna, un po’ perché il Mar Adriatico lo accarezza a due passi di distanza, un po’ per la protezione garantita dalle Alpi Giulie, che ostacolano i soffi freddi della Bora. Un terreno unico al mondo, dove affondano le radici della vite, qui coltivata in abbondanza e presente da più di mille anni.
Un Consorzio, quello del Friuli Colli Orientali e Ramandolo, come se ne vedono pochi: 200 i consociati, uniti e coesi come raramente se ne vedono. Durante le degustazioni hanno fatto gruppo senza alcuna prevaricazione, ognuno ha presentato il proprio prodotto invitando ad assaggiare anche il vino dei colleghi produttori, all’unisono con il solido obiettivo di farsi conoscere come Consorzio e non come singola Azienda.
Ed è così che il gruppo fa la forza, capitanato dal presidente Paolo Valle dell’Azienda Valle di Buttrio che sottolinea l’importanza della comunicazione, non intesa come strategia di marketing, bensì di divulgazione di un territorio che non ha eguali in tutto il Pianeta, con la peculiarità di distanziarsi dalla massificazione di un turismo mordi e fuggi. Qui, in questo angolo di una regione di confine, la storia si intreccia con gli abitanti, con i vini e con i prodotti gastronomici, rendendola una mèta affascinante e tutta da scoprire, soprattutto per le antiche tradizioni contaminate da diverse varietà di popoli.
“Non siete qui per assaggiare i vini più buoni del mondo, ma per assaggiare vini unici al mondo”, così esordisce Matteo Bellotto – Ambasciatore del Consorzio, nonché fondatore della Tasting Academy – prima delle degustazioni. Matteo scrive di vita friulana attraverso i suoi libri e parla della sua terra con una passione fuori dal comune.


Le Docg e le sottozone della Doc Friuli Colli Orientali

La DOC Friuli Colli Orientali comprende i comuni di Attimis, Buttrio, Cividale del Friuli, Corno di Rosazzo, Faedis, Manzano, Nimis, Pavoletto, Premariacco, Prepotto, Reala del Rojale, San Giovanni al Natisone, Tarcento, Torreano e Tricesimo.
E’ l’unica DOC in Italia che ha al suo interno
tre DOCG. Le DOCG sono Rosazzo, Colli Orientali del Friuli Picolit e la DOCG Ramandolo.
Le
sottozone sono cinque: Schioppettino di Pepotto, Cialla, Refosco di Faedis e le due sottozone di Rosazzo, una per la ribolla gialla ed una per il pignolo. A breve arriverà anche la sesta sottozona con il Savorgnano bianco che prevederà almeno un 70% di friulano con picolit variabile dal 15 al 30%.

Il Consorzio Tutela Vini Friuli Colli Orientali e Ramandolo e la sua produttività

Giusto un accenno su alcuni dati aggiornati al 2021 in Friuli: sono 28.826,9 gli ettari vitati, suddivisi in 66 varietà – nella prima metà dell’800 erano contate più di 300 varietà che a causa di oidio, peronospera e fillossera sono andati a scomparire – . Le varietà sono state divise, oltre che per zona, anche per età dell’impianto dal 1850 ad oggi. Un lavoro capillare da parte del Consorzio Friuli Colli Orientali e Ramandolo, finalizzato a capire anche l’età di ciascuna pianta. Il pinot grigio, la glera e la ribolla gialla ricoprono la maggior parte della produzione totale.
L’area dei Colli Orientali ricopre il 13% di tutta la regione, ovvero 1956 ettari, ed i vigneti hanno in media più di trent’anni.
Da parte del Consorzio, inoltre, è stato eseguito un lavoro certosino con la mappatura di 5.400 vigne ed una raccolta di dati sull’andamento stagionale e sul terroir degli ultimi 25 anni. Un lavoro, questo, per dare l’opportunità a ciascun produttore, di conoscere il contesto nel quale opera, allo scopo di dimostrare al pubblico l’unicità dei vini prodotti attraverso dati importanti.
L’uva come protagonista rappresenta, anch’essa, una forma per comunicare il vino ed il suo territorio, quasi antropomorfizzata, con le 5400 vigne mappate, che, varietà per varietà, sono state tutte passate al setaccio; dalla quantità di zuccheri alle acidità contenute nelle uve, così da produrre informazioni utili anche da un punto di vista economico, ovvero essere in grado di offrire un prodotto per ogni esigenza.
Tra l’olistico, il filosofico ed il matematico, Matteo Bellotto invita
agli assaggi presso la sede del Consorzio, proponendo diverse etichette di vecchie annate da assaggiare in maniera anarchica, ognuno servendosi di ciò che più lo intriga.
Le annate sono tutte
diverse, alcuni bianchi manifestano cadute, altri freschezza e acidità vive come alcuni sauvignon, friulano e ribolla gialla, ma è il Picolit che svetta con profumi meravigliosi e freschezza in equilibrio con le parti gliceriche, tanto da farmi tornare in mente alcuni Sauternes.


A casa di Roberto Scubla ad Ittris

L’Azienda di Roberto Scubla si trova ad Ittris di Premariacco, a pochi km da Buttrio dove è situato l’Hotel Le Fucine, un quattro stelle superior nuovissimo, dai prezzi davvero invitanti (ai quali siamo poco abituati). Una struttura lussuosa ma sobria, attrezzata di SPA e piscina – attiva dal prossimo anno – vede un grande punto di forza, oltre che nei servizi di alto livello, nella posizione strategica per visitare le cantine ed i paesi circostanti. Vicino anche alla costa – in mezz’ora si può arrivare ad i lidi – ha un’ ottima posizione persino per chi arriva in aereo da Venezia, ed ancor più da Trieste.
L’azienda di Scubla gode di un panorama meraviglioso: la casa ha un impatto gentile con il paesaggio che la circonda, così come il padrone di casa, produttore accogliente e saggio come i vini da lui prodotti.
Le vigne, da queste parti, sembrano non avere età, così rigogliose e floride pur non avendo meno di vent’anni – alcune ne hanno addirittura settanta – . La media dell’età degli impianti è di trent’anni, ma se non fosse stato per la fillossera probabilmente avremmo bevuto vini prodotti da piante di oltre 100 anni. Qui le vigne stanno bene, il microclima è eccellente, la ponca, in tutte le sue declinazioni, è un grembo perfetto per affondare le radici. Vicine al mare e alla montagna godono di ogni comfort stagionale, la bora ostruita dalle Alpi Giulie si trasforma in un vento essenziale ad asciugare ogni umidità. E poi c’è l’uomo, che ben pensa a fare il resto, sussidiato anche da strumenti importanti forniti dal Consorzio per poter tracciare il futuro del proprio vino.
Nella sala degustazioni di casa Scubla si respira aria di casa, ma non saranno solo i suoi vini ad essere assaggiati.


L’azienda Tunella è la prima ad aprirci il naso ed il palato con la sua Valmasia 2021, un gioco di
parole per la malvasia istriana in purezza profumata e dal sorso sapido – alla quale segue un sauvignon, il Collmatisse 2021 che rispecchia l’impronta territoriale della ponca: è spiccata la sapidità, un trionfo di erbe aromatiche e poi fragranze agrumate ed una grande avvolgenza.
La Tunella è un’azienda famigliare, terza generazione della grande famiglia Zorzetting che dal 1960 coltivava vigneti. Nel 1986 Massimo e Marco Zorzetting fondano la propria azienda sulla strada verso Cormons. Nel 2002 cambia nome in Tunella, diminutivo di Antonella. Sono 70 gli ettari distribuiti nella zona di Cividale, Spessa e Rosazzo.

Si procede con l’Azienda Ermacora per voce di Nicola, giovane appassionato e grande narratore
riguardo alla storia della sua famiglia. Ermacora – dal nome del Santo patrono del Friuli Venezia Giulia – inizia negli anni Settanta del Novecento con quattro ettari e dal 1990 produce vini con la propria etichetta, abbandonando quell’arte contadina di un tempo – “i vini si facevano in bland e vinificavano in botte” –. Oggi l’acciaio ha preso il posto del legno ed il vino è prodotto in monovitigno. Il pinot bianco – che nella regione conta 472 ettari totali – cresce in Friuli dal 1870, ed è proprio qui, ad Ipplis, che ha trovato il suo agio per una vita ideale. Assaggiamo il 2021, una delle annate migliori: al naso è burroso ed allo stesso tempo agrumato, elegante e fragrante, porta alla bocca una morbidezza snella; è deciso nella sua mineralità e rilascia lunghezza di frutti in fiore, di zagara e bergamotto. Il Sauvignon Ermacora 2021 esplode in bocca più che al naso, non eccede nelle aromaticità standard del vitigno – come, del resto, tutti i sauvignon dei Colli Orientali – è materico e fresco, racchiude polpa e grande piacevolezza.


E’ la volta di Paolo Cernetig, dell’omonima azienda, il quale, con poche parole, esprime il carattere
friulano, quello vero: azienda piccola quella di Cernetig – c’è un paese vicino alla Slovenia che porta questo nome -. Il nonno ha fatto la prima vendemmia nel 1924, ma Paolo, nonostante la lunga esperienza, sperimenta continuamente, convinto di non aver raggiunto ancora la sua idea di perfezione enologica. Una bassa produzione, 5 ettari di vigneto curati come figli. Paolo si considera un hobbista – ah! L’umiltà Friulana –, ma lavora sodo e non ha dimestichezza con il pubblico. Le sue vigne sono “anziane”, i filari di merlot – mi raccomando, merlot si pronuncia come si scrive, da queste parti – portano cinquant’anni sulle spalle; egli vinifica con sistemi suoi, non si affida totalmente agli enologi e deve toccare con mano la sua vigna ogni giorno. Il carattere friulano esce con la malvasia istriana 2020 (pensare che la malvasia più vecchia ancora produttiva si trova nel comune di Gorizia e risale al 1850), un vino di sorprendente dinamicità, di quelli che si ricordano. Il naso è dolce, spazia dai frutti tropicali all’uvetta ed in bocca non si ferma, grazie alla mineralità e alla freschezza in perfetto equilibrio tra loro. Il Pinot Bianco 2021 è morbido e sapido; anch’esso si muove ogni secondo, ha una parte aromatica distratta ed intrigante, mi rammenta che i grandi vini sono i più introversi e si confidano solo con chi può ascoltarli. Lo ascolto ma lo vorrei in solitaria, per goderne appieno ogni sentore che profuma di questa terra. Il sorso è elegante, vorrei berlo tutto e raccontarlo di più. Avrò altra occasione…

Rocca Bernarda
, rappresentata da Enrico Pimazzoni che si occupa della parte commerciale,
racconta la storia di questa grande azienda che produce vino dal 1559, ed è la seconda azienda più antica del Friuli.
Il Sauvignon 2021, preciso al naso come in bocca, ha note iodate che primeggiano sul frutto, un vago ricordo che mi porta alla Vernaccia di San Gimignano. Il gusto è gastronomico, sapido e di bella struttura. Un terroir quello di Rocca Bernarda ad alta vocazione per la produzione vinicola, 40 ettari vitati con autoctone ribolla gialla e friulano ed altri vitigni alloctoni. Il Picolit è il vino bandiera dell’azienda, con una bottiglia ancora in essere che risale al 1880.
Ma Rocca Bernarda è famosa anche per il suo pinot grigio ramato, e per il Pignolo, un vitigno autoctono che era stato dimenticato. Una piccola produzione per questo vitigno dalla buccia spessa e dagli acini piccoli e compressi – proprio come una pigna – . Una produzione di nicchia con 70 ettari in tutta la regione per 66 produttori; un vino prodotto solo nei Colli Orientali.
“Il problema dei friulani è che sono innamorati del proprio prodotto e gli innamorati non ragionano e sono deboli”. Le parole riportate da Matteo Bellotto, peraltro citazione di un rinomato produttore, ci fanno prendere ulteriore coscienza del carattere dei friulani – ad ogni buon conto, credo che ogni produttore di vino in ogni angolo di mondo sia innamorato della propria terra – . Indefessi nel lavoro, perfezionisti e di poche parole, sono gelosi di ciò che gli appartiene, tanto da faticare anche a raccontarla, come se le parole non fossero mai giuste per descrivere divini sentimenti.
Si parla di omogeneità nelle varietà, ma non esiste omologazione negli assaggi, tutti i vini sono frutto dell’interpretazione di chi lo ha fatto, ogni produttore, del resto, porta sempre il suo alter ego dentro ciascuna bottiglia.


Il padrone di casa, Roberto Scubla, presenta il suo il Pinot bianco 2022 Scubla, polposo e
croccante, ed il Bianco Pomédes, un bland di Pinot bianco 60%, 30% Tocai friulano, 10% Riesling Renano che fa tornare subito ai magnifici terpeni. “Per i vini da imbottigliare bisogna tendere alla massima maturità ottenuta attraverso la selezione delle uve più mature, dove si perde un po’ di acidità. La vite, alla fine, attraverso l’apparato radicale assume sali minerali e trasforma gli zuccheri, ma l’uva deve essere sana. L’uva sana deriva dalla ventilazione che si ottiene orientando i vigneti verso la presa d’aria migliore, dove il vento che attraversa le valli del Natisone soffi fresco e secco per asciugare il grappolo. Questo permette di far arrivare i chicchi alla maturazione perfettamente sani, ed è così che si ottiene l’aromaticità”. Queste le parole di Scubla, per il quale l’uva più sana conferisce maggiore aromaticità e lo sviluppo dei terpeni deve raggiungere la perfezione, prerogative, queste, per un vino che debba essere ricordato.
Il Bianco Pomedes è frutto di un bland delle viti più vecchie, alcune raggiungono 70 anni, la cui fermentazione avviene in legno per poi andare in acciaio a maturare per 10 mesi. Un vino forgiato di premi dalle migliori testate di settore e che resta davvero nella memoria. All’olfatto si pone con note di burro fuso e frutti a pasta gialla, è speziato e la morbidezza con la quale si presenta in bocca è ammaliante. La sapidità sul finale invita nuovamente al sorso, elegante e memorabile, un bland che è la firma dell’azienda Scubla.

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