19 Agosto 2023

Consorzio tutela vini Friuli Colli Orientali e Ramandolo. La spada di Cividale del Friuli si immerge nel calice

di Barbara Tedde – Presso l’Abbazia di Rosazzo – meraviglioso luogo di culto in essere dal 1100 d.C. – si respira aria di festa; sono presenti dal Presidente del Consorzio alle maggiori Cariche Istituzioni locali, e nessuno si esime dal lasciarsi andare a toni piacevolmente amichevoli.

La festa di compleanno del Consorzio all’abbazia di Rosazzo

Complici anche gli assaggi desueti che hanno destato lo stupore di palati meno moderni, dal Picolit, al Verdicchio e al Ramandolo che hanno aperto le danze inaspettatamente – no, nessuna bollicina per iniziare, qui si parte col dolce botto! – ed un sottofondo di disco-music anni Novanta.
Un teatro di unica bellezza, dalla terrazza
tergale si gode di un panorama unico al mondo. L’Abbazzia è circondata da un gran numero di roseti piantati nel 1998: qui sono presenti tutte le più importanti famiglie di rose antiche (gallica, alba, damascena, centifoglia, noisette, bourbon, cinese, whicuraiana ecc) oltre a diversi rosai moderni.


Le nubi gonfie e plumbee rendono l’atmosfera ancora più bella, le colline sottostanti alla terrazza,
dove risaltano lunghissimi tavoli già apparecchiati, appaiono come una moquette verde smeraldo. La cena eseguita da quattro mani stellate ha regalato momenti unici, piatti attraverso i quali viene raccontato un territorio, spaziando dall’entroterra al mare. Mani preziose di Emanuele Scarello del “Agli Amici di Udine” e di Matteo Metullio dell’ “Harry’s Piccolo” hanno sottolineato il carattere Friulano, caparbio e perfezionista che neanche una tempesta improvvisa ha saputo interrompere.
Si inizia con una seppia, il suo nero ed una salsa verde, un delizioso toast di scampi e
faraona, maionese al wasabi e misticanza asiatica. Il temporale cade proprio col risotto cotto in gazpacho, caviale, caprino e lime, ma il via vai per ripararsi non ostacola la perfezione del piatto – soprattutto la cottura del riso! -. Ne segue il capretto dei Colli Orientali del Friuli con albicocca e melanzana, concludendo con le complessità parallele preparate con cioccolato, piccoli frutti e olivello spinoso – pianta di origine asiatiche ricca di vitamina C – . Delizia e gioia al palato, oltre che punto di equilibrio nel piatto, tanto da sembrare una scultura moderna. Una cena memorabile che non passerà inosservata, le candeline spente sul cinquantesimo dei Colli Orientali rimarranno sicuramente nella storia.


In degustazione innumerevoli etichette, molte delle quali assaggiate durante la cena. Eccone solo
alcune: Ramandolo di CaFelice, Nojar Rosazzo di Colutta, Schioppettino di Prepotto ed il Rosso Riserva 2020 di Sergio Pitticco, il Conte d’Attimis-Maniago con il Pignolo, La Chiusa con il Rosso del Torrione, Myò di Annalisa Zorzetting con il Pignolo, Refosco dal Peduncolo rosso di Rodaro, il Suvignon di Comelli, Roberto Scubla con il suo Rosso Scuro, il Refosco di Faedis, Valerio Marinig con lo Schioppettino di Prepotto ed il suo Biel Cur, il Picolit di Valentino Butussi, il Refosco di Faedis De Luca, il Friulano Scarbolo di Sergio Scarbolo, il Refosco dal Peduncolo rosso di Giovanni Dri, la linea di Valle San Blas con la ribolla gialla di Rosazzo, La Viarte con lo Schioppettino di Prepotto riserva 2013, il Gramogliano 2020 di Canus, Pizzulin Denis ed il suo Schioppettino di Prepotto, Bastianich con il sauvignon, Tunella con Biancosesto, Fedele con il Sauvignon, Stroppolatini con il Bianco Colle di Giano, La Sclusa con il Sauvignon, Perusini con il Pinot Grigio, Grilloiole con il Sauvignon blanc, Ca’ Lovisotto con la ribolla gialla, Marina Danieli con il Pinot Grigio, Rocca Bernarda con il Pinot Grigio, Alturis edil suo Friulano, Marina Danieli con lo schioppettino e la ribolla gialla, Felluga – pioniere di Rosazzo e conosciuto in tutto il mondo – con la sua ribolla gialla e Abbazia di Rosazzo, Gigante con il Pinot grigio.
Ed ancora una passerella infinita di Picolit e di Ramandolo: Sarebbero stati necessari più nasi e più bocche in una sola testa per poter arrivare in fondo alla grande lista di vini; perciò, prendersi sempre più tempo per gli assaggi di quello previsto è il consiglio che mi sento di dare.

Una lingua per tutti – La tasting academy

Il vino ed i suoi accenti, ed ogni uva parla in modo diverso a seconda delle zone. Così come gli uomini, ogni vino è espressione unica, una goccia divina che è importante cogliere in ogni calice.
La Testing Academy finalizza gli assaggi ad una visione che va oltre, un po’ come gli ultrasuoni, impercettibili all’orecchio umano ma che penetrano nella pelle apportando benefici.
Le
degustazioni organizzate dalla Testing Academy sono Indirizzate a tutti, agli operatori di settore ma anche agli appassionati. I profani sono sempre ammessi, basta che siano pronti ad assaggiare, assaggiare ed ancora assaggiare. Un modo ed un mondo affascinante e diverso di approcciarsi al vino, tenendo a mente che l’aspetto evolutivo, soprattutto quando si tratta di bianchi, può portare a sorprese di ogni tipo.


La Testing Academy nasce nel 2019 e si avvale di studi e monitoraggi che vengono effettuati da
vent’anni sul territorio. Una montagna di dati utili al fine di raccontare i vini.
“Il vino è il tramite di quello che possiamo raccontare della terra, il vino è il collante che mette insieme le persone, un’esperienza unica, un luogo dove scoprire la soggettività dell’assaggio che deve rimanere sacrosanto”. – Matteo Bellotto –
Ed è qui, presso il Consorzio a Corno di Rosazzo che si svolgono questi incontri: una sala all’interno della Villa settecentesca Nachini – Cabassi con un grande schermo e postazioni che arrivano ad ospitare 30 persone. In degustazione 32 vini per capire gli accenti dei vini, capaci di raccontare la terra dove affondano le radici della pianta.
Un’ esperienza destinata a tutti coloro che vogliono approfondire il linguaggio del vino – per gli operatori di settore è gratuito, mentre per gli appassionati il costo è di 1 euro ad assaggio -. La sede è aperta tutti i giorni su prenotazione, facilmente effettuabile attraverso il sito del Consorzio Friuli Colli Orientali e Ramandolo.


Calici in alto sul ponte del diavolo

E’ Cividale del Friuli la capitale della denominazione dei Colli Orientali, tant’è che il logo del Consorzio in nuova veste rappresenta la spada – simbolo cividalese – la cui lama affonda in un bel calice.
Nel paese non potevano mancare i festeggiamenti con un gremito pubblico che si è
riversato sul Ponte del Diavolo, accolto da sommelier che non si peritavano a riempire ogni calice.
Il Ponte del Diavolo unisce le due sponde di Cividale e la sua storia è accompagnata da una leggenda – in Italia ci sono diversi Ponti del Diavolo accompagnati da egual storia, frutto di ardite fantasie medievali – .
Cividale del Friuli fu fondata da Giulio Cesare con il nome di Forum Iulii, da cui viene il nome Friuli, nel 568 d.C. Cividale divenne sede del primo ducato longobardo in Italia e in seguito, per alcuni secoli, residenza dei Patriarchi di Aquileia. Questo patrimonio storico e artistico è stato riconosciuto dall’UNESCO.
ll ponte del Diavolo è uno dei simboli di Cividale del Friuli. Le due sponde erano unite,
almeno dal Duecento, da un passaggio in legno, sostituito dopo diversi tentativi inconcludenti dal manufatto in pietra progettato da lacopo Dugaro da Bissone, che ne iniziò la costruzione l’anno 1442. I lavori, lenti e contrastati da avversità di varia natura, proseguirono cinque anni dopo sotto la guida di Erardo (o Everardo) da Villaco, già collaboratore del Dugaro, che forse era morto di peste o, secondo altre versioni, si era defilato senza onorare interamente i suoi obblighi contrattuali. Deceduto il capomastro Erardo, era Bartolomeo delle Cisterne a ultimare l’agognato ponte, che in base ad un atto notarile sappiamo essere stato lastricato nel 1501 ed ancora nel 1558. Le sue estremità erano difese da torri, abbattute verso la seconda metà del secolo scorso.
Lavori di restauro si sono succeduti nel tempo per mantenere in piena efficienza ‘indispensabile passaggio, che doveva sopportare le piene impetuose del fiume. Nel 1843, durante i lavori di rinforzo del pilastro centrale, vennero rinvenuti due importanti cippi di epoca romana, ora in Museo. (Testi tratti dalla guida Storico Artistica di Claudio Mattaloni ) 
A Cividale, proprio sul fiume Natisone, si possono fare percorsi con la canoa ed approfittarne per un tuffo nelle acque cristalline durante le giornate più afose; altrimenti, per i più pigri, non mancano le panchine dove sostare e godere del paesaggio. I luoghi di ristoro sono vari e tutti di alto livello, menù che spaziano da piatti tipici come il frico con patate, gli gnocchi di susine, il goulash, la polenta sempre in accompagno e per finire gli strucchi e la gubana, dolci tipici ghiotti da inzuppare nella grappa a discrezione, fino a menù dal sapore più mediterraneo, a base di verdure e formaggi freschi.


Villa Romano – Il pranzo a casa Rodaro: wines love

“Il verde che circonda la mia vita è merito di mio marito. chi avrebbe mai pensato di incontrare, in quel giorno del 2012, un uomo così autentico, un uomo, che incuriosito, potesse bussare allo sportello della mia auto ed invitarmi a bere un caffè?” – E’ l’inizio della storia d’amore tra Lara Boldarino e Paolo Rodaro, lei esplosiva, capelli rosso ramato, occhi azzurri, bellissima ed innamorata. Lui ha un carattere deciso, ama la vita e ha gi occhi vivaci, la sua introversa esuberanza – ossimoro ma è così – rappresenta la sesta generazione della sua famiglia, vignaioli di Spessa.

Aprono le porte della casa dove vivono, una splendida Villa del XVI secolo dominante su una delle
più belle colline della località di Spessa. Paolo produce vino solo con le sue uve, lo fa con un’attenzione maniacale: vuole sperimentare sempre e lo fa con tutte le sue forze, da buon friulano. Il pranzo da Rodaro è così bello e conviviale che sembra di vivere una scena de “il pranzo di Babette”: le sale sono affrescate per mano di Jacun Pitor, pittore e burattinaio viandante che nel 1911 barattò la sua arte in cambio di vitto e alloggio da parte del Conte Romano, all’epoca proprietario della Villa. Le immagini ritraggono scenari tra il sacro ed il profano ed è proprio sotto gli occhi dei volti naif che si condividono vini e piatti tipici. La tavola è imbandita di Polenta, pane e grissini, ciotoline con il Pestat di Fagagna – lardo macinato con spezie da spalmare sul pane o polenta, i nervetti conditi, le polpettine di carne, formaggi e salumi locali, la trota iridea affumicata, la frittata con erbe selvatiche, il frico con patate, la pasta fresca alle erbe condita con burro e ricotta affumicata – i Cjarsons. E poi non poteva mancare la Gubana, dolce tipico da accompagnare con la Sligowitz – acquavite di prugna. In accompagno i vini dei produttori presenti, più di dodici e con etichette diverse. Da ricordare: il refosco dal peduncolo rosso Rodaro, la ribolla gialla Rodaro, il M.C. Pas Dosé Rodaro, Il Friulano del Castello Sant’Anna, lo Schioppettino di Faibani.


Valdichiarò – Un sabato con il pranzo della domenica

Non è domenica ma ne ha tutta l’aria. L’Azienda Valchiarò apre le porte insieme ai colleghi nella zona di Torreano a pochi minuti di auto da Cividale. L’ospitalità è fatta di sguardi, sì, ma non è possibile distogliere la vista dal meraviglioso ed immenso braciere sopra il quale poggiano carni succulente di ogni tipo. Al lato un grande tavolo con frico e polenta già ordinati e tagliati, ed i volontari del Consorzio a preparare e servire il tutto. Sembra di essere in osteria, tanti gli assaggi dei vini posati sopra un carretto all’interno della cantina Valchiarò, con immensi sguardi dei produttori che si prodigano a soddisfare i palati di ogni avventore. Come in una festa della domenica ognuno fa assaggiare i propri prodotti, come fossimo i parenti lontani, quelli che si vedono solo per le feste.
Valchiarò apre le porte della sua cantina con botti e barrique, facendo assaggiare le etichette di Refosco dal peduncolo rosso, il Nexus Friulano 2021 oltre che il Pinot Grigio. Presenti anche il M.C. Ribolla Gialla dell’azienda Guerra Albano Giuliet ed il suo inedito Pinot Nero, il Pinot bianco 2022 di Jacùss, l’Esplosivo di Tralci di Vite, giovani produttori dalle idee enologiche già ben chiare. E poi la convivialità del momento, tutti in sala degustazione con davanti ad un piatto di carni alla brace e polenta, trasformano un sabato qualunque in una domenica come in famiglia.

I Colli Orientali sono un luogo di cultura e di benessere per il corpo e per lo spirito, e per chi ha voglia di sperimentarsi viticultore non mancano le aziende pronte all’accoglienza per il periodo della vendemmia. Tutte le informazioni a riguardo sono consultabili sul sito del Consorzio Friuli Colli Orientali e Ramandolo.
Per poter godere appieno di ogni azienda, è consigliabile prendersi del tempo e non avere fretta. Si possono gustare vini e specialità gastronomiche togliendo l’orologio, senza correre. I Colli Orientali, oltre ad essere famosi per i vini bianchi, hanno da raccontare molto, molto di più.

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