27 Aprile 2025

Nel piatto del vicino: Ungheria

E’ uno dei paesi più antichi dell’Europa, visto che il suo regno apostolico risale all’anno 1000 anche se è grande solo come tutto il Nord Italia.
Siamo nel cuore dell’Europa e, se vogliamo essere ancora più puntigliosi, il vero Cuore dell’Europa è proprio nel territorio magiaro, esattamente nella montagna Bűkk.

Budapest. Image by Zsolt Tóth from Pixabay

Ungheria, un paese di natura e colori

Il verde delle sue montagne (mai altissime dato che il Monte Matra punta del paese sfiora solo i 1014 metri) e di colline dove sono ben 27 i territori vinicoli: dal vino dei re, al re dei vini bianchi di Tokaj e dell’eccellente Tokaji Aszu fino al rosso corposo di Egri Bikaver e ai vini di Villany, Etyek, Sopron e tanti altri e dov’è nel bel mezzo del Parco nazionale di Hortobágy la più grande prateria rimasta in Europa centrale grande 800 km. quadrati.
Di blu come il fiume mito della Mitteleuropa, quel Danubio che ha ispirato poeti e musicisti e fatto battere il cuore a tanti innamorati e il Lago Balaton, il più grande del centro Europa chiamato anche “mare magiaro”; di giallo come le distese di spighe di grano e girasoli e come il rosso infine dei fiori del papavero, ingrediente di tanti dolci eccellenti.
L’Ungheria è anche la terra dei bagni termali: solo a Budapest si contano 125 sorgenti termali (da non perdere i bagni Termali Szechenyi,i più grandi d’Europa) e fuori dalla capitale sono altre 400 le sorgenti che fanno dell’Ungheria un vero paradiso del wellness e dove troverete ad Heviz il secondo lago di acqua naturale calda più grande del mondo.

Quella strana lingua di origini finniche

Qui si parla una lingua strana che non assomiglia ne alle latine ne alle angolfone dato che il magiaro è di misteriosa origine finnica, ma dove più che parlare si scrive molto grazie all’inventore della biro, cioè della penna a sfera tale László József Biró, da cui ha preso il nome. Nella località di Kocsi sono nate intorno al XIII – XIV secolo le carrozze e all’interno del Parlamento di Pest nel 1880 l’aria condizionata. Ma anche il famoso cubo che ha fatto impazzire più di una generazione è figlio di un ungherese: l’architetto Erno Rubik.
Se poi vi siete sempre domandati come mai tutte le campane delle chiese cristiane suonano ogni giorno a mezzogiorno sappiate che questa usanza celebra la grande vittoria degli ungheresi capitanati da Janos Hunyadi sul territorio dell’attuale Belgrado sui turchi nel 1456, anche se, ironia della storia a Budapest è anche la Sinagoga in funzione più grande d’Europa.

Szombathely. Foto r3dsnake per Depositphotos

Un paese di molti record

Paese antico l’Ungheria è stata fondata dai Romani nel 43 d.C a Szombathely città nota ai tempi col nome di Colonia Claudia Savariensum che si trova a 10 km dal confine austriaco ed è stata fiorente fino al V secolo quando arrivò Attila con i suoi Unni.
E’ a proposito di cose antiche la metropolitana di Budapest è la più antica dell’Europa continentale ed ha la seconda linea più vecchia del mondo: la linea gialla (MI), 4,4 km di storia al punto che una delle sue carrozze originali è conservata in un museo dei trasporti nel Maine, negli Stati Uniti.
Anche il Giardino Zoologico
della capitale detiene lo stesso record, anzi, pare sia addirittura uno dei più antichi del mondo. Bellissimo nei suoi caratteristici edifici Liberty costruiti tra il 1909 e il 1912.
Ma i mezzi su rotaia sono nelle corde degli ungheresi dato che anche il parco Ferroviario Füsti è unico nel suo genere perché non è un museo statico ma un luogo dove i visitatori possono guidare le locomotive esposte e dove sono ospitati anche i vagoni originali dell’Orient Express.


Una tradizione culinaria di origini ottomane

La tradizione culinaria ha subito influenze ottomane a causa del lungo dominio turco e dei paesi vicini e si caratterizza per i suoi sapori intensi figli dell’abbondante uso di spezie: pepe e paprika sopratutto.
ll piatto più famoso in assoluto è senza dubbio il gulasch (in ungherese gulyás, o più precisamente Gulyás-leves, ovvero zuppa del mandriano) ma l’Ungheria a tavola è anche particolari e deliziosi dolci con accostamenti di ingredienti mai banali.
Da non perdere il Székelygulyás gustoso spezzatino di maiale con panna acida, paprika, accompagnato da cipolla e crauti e la mitica Torta Dobos inventata nel 1884 dall’omonimo pasticcere che consiste in sei strati di pan di spagna con in mezzo a ognuno di questi una crema di cioccolato e burro, mentre sulla parte superiore viene versato un sottile strato di caramello.
Sapori speciali poi per la frutta da mangiare con la polvere di paprika e non solo…

Szeged. depositphotos

Il racconto di Erzsebet

E’ Elisabetta per gli amici perché in realtà si dovrebbe dire Erzsebet a farci scoprire il mondo magiaro così amato dall’imperatrice Sissi.
Molto difficile da pronunciare il suo nome, anche solo da leggersi dato che la lingua ungherese è celebre per l’uso di tante consonanti.
Noi non siamo abituati a leggerla come non siamo abituati a perderci nell’incredibile sfumatura verde-azzurra dei suoi occhi.
Un colore che ricorda le infinite pianure e la linea di confine del lago Balaton, ma che insieme al bianco della pelle ce la fa sembrare quasi una meravigliosa matrioska di ceramica: sempre elegante, discreta, posata e delicata.
Difficile – racconta . per me oggi parlare della mia Ungheria. Appartengo a una generazione che ha vissuto due Ungherie: quella prima e quella dopo la caduta della Cortina di Ferro.
Sono nata e vissuta a Szeged, città grande più o meno come Firenze, vicina al confine jugoslavo e romeno.
Ero una privilegiata a vivere lì vicino al confine con due paesi. Anche se erano anche loro sotto la sfera d’influenza sovietica avevo l’opportunità essendo residente vicino ai due confini di andare a visitarli.
Possedevo uno speciale mini passaporto, grigio lo ricordo ancora, con cui potevo andare prendendo il bus nella più vicina città rumena che distava 60 chilometri o jugoslava a soli 30 chilometri.
Ne approfittavo ogni sabato pomeriggio. Con le mie amiche andavamo alla stazione degli autobus e saltavamo felici su quel bus destinazione Jugoslavia.
Era incredibile poter andare lì, al mercato di quella città dove, con un po’ di fortuna potevamo trovare anche qualche bel paio di jeans e qualche disco a 33 giri o musicassetta occidentale!
In Italia sono arrivata nel 1982, quando nel mio paese c’era ancora il regime e ci sono arrivata per amore seguendo il mio fresco sposo conosciuto e sposato l’anno precedente.
Del resto se non mi sposavo e soprattutto se non lo facevo in Ungheria in maniera laica non avrei mai potuto seguire mio marito in Italia ma non solo…
Avrei messo in difficoltà la mia famiglia come succedeva purtroppo a tutti coloro che si erano “ribellati” ed erano andati in Occidente a sposarsi e poi a vivere là.
Ho conosciuto mio marito quando lui, con un gruppo di amici cacciatori era venuto in Ungheria per un viaggio di caccia.
Io ero una giovane studentessa universitaria che per tirare su un po’ di soldini faceva da interprete e guida a questi gruppi.
Studiavo le lingue russa e italiana e così, come ogni volta che c’era in arrivo un gruppo di turisti italiani toccava a me.
Ogni volta dovevo andare a Budapest a prendere il programma dettagliato del viaggio; la lista dei loro nomi e dove gli avrei dovuto condurre giorno per giorno e ora per ora.
Quando lo vidi fu amore a prima vista.
Lui dopo quel soggiorno ungherese volle portarmi subito in Italia con un visto turistico perché voleva dimostrarmi che non era ricco dato che per fra gli occidentali era diffusa la credenza che le ragazze dell’est si fidanzassero con gli occidentali e si facessero sposare per scappare dal comunismo reale; ma a me non interessava la sua ricchezza interessava lui e peraltro non ero fra quelle ragazze convinte che l’Italia potesse essere il paese del mulino della pubblicità.
Mio padre la prese male quella mia decisione di sposare un italiano e partire con lui: “chissà cosa diranno i vicini” mi ripeteva.
Lui, uomo tutto d’un pezzo, tessera del partito in tasca, ruolo di rilievo nelle ferrovie e orgoglioso di quelle medaglie con la stella rossa che ogni anno il governo gli riconosceva per la sua fedeltà era stravolto dalla mia decisione.
A dire il vero aveva ragione a temere la curiosità dei vicini dato che un bel giorno, in quell’anno di fidanzamento in cui il mio futuro marito veniva ogni mese a trovarmi in auto, mi ritrovai denunciata e con una convocazione in commissariato.
Il capo della polizia locale peraltro conosceva bene mio padre e tutta la nostra famiglia e quasi scusandosi mi fece presente che ero stata denunciata da un vicino per quella presenza sospetta di un auto italiana che spesso era parcheggiata fuori casa mia: “So che è del tuo fidanzato, ma mi raccomando dimmi solo se ti sta convincendo a diventare una spia?” mi disse…
Quella era l’Ungheria di qualche decennio fa. Quella dove sono nata e cresciuta e che poi, dopo il matrimonio civile (non ero battezzata perché non era possibile esserlo) lasciai per venire a vivere con mio marito in Italia.
Ero spaesata i primi tempi.
Ero molto giovane piena di speranze e una certezze sopratutto. La certezza di trovare presto un lavoro: conoscevo il russo, il tedesco e l’ungherese e doveva essere inevitabile.
Ma facevo bene a non pensare che l’Italia fosse il paese dei mulini.
Il lavoro lo trovai, precario, dopo oltre due anni di ricerca e migliaia di curriculum.
Pazzesco a pensarlo per me. Al di là della cortina mancava la libertà ma il lavoro lo trovavi entro tre mesi al massimo al punto che, dopo quella data, se eri sempre a spasso lo stato ti chiamava e ti domandava perché eri sempre a spasso.
Altro che bamboccioni…
La vostra cucina però non mi deluse, anzi mi piacque subito.
Molto buona, pulita, senza troppi fronzoli, da cucinare velocemente e ricca di verdure.
Un impatto così entusiasmante che sono subito ingrassata!
Poi ho capito perché. Voi abitualmente vi mettete ogni sera a tavola insieme e così si mangia di più…
La cucina ungherese è molto più complessa e lunga nelle preparazioni è anche più grassa.
Mangiamo molto maiale sia d’estate che d’inverno e anzi, seguiamo alla lettera la vecchia storia che del maiale non si butta via nulla dato che ne congeliamo anche il grasso da usare poi come condimento insieme anche al grasso d’oca.
L’olio extra vergine d’oliva da noi non esisteva, è arrivato un po’ adesso, ma ancora deve entrare del tutto nelle cucine ungheresi. Come olio usiamo quello di girasole, di semi e per le insalate l’aceto e la panna acida che chiamiamo fiordilatte.
Uno degli ingredienti che non può mancare nella cucina ungherese è però il cavolo verza con cui facciamo un sacco di piatti, anche dolci.
Lo mettiamo a macerare in contenitori di legno con i semi del cumino almeno per una notte prima dell’utilizzo.
Il famoso gulash poi va detto che lo facciamo in due modi che voi confondete.
Il gulash vero è proprio è molto liquido, quasi una minestra che usavano i mandriani, mentre nell’altra versione lo cuciniamo con la carne e le patate ed è un piatto completo, ma come carni usiamo anche molto agnello e fegato d’oca.
Fra i dolci oltre al celebre rotolo vorrei segnalare le strepitose minestre di frutta fatte con frutta e il loro succo, zucchero, farina e panna acida. Anzi a pensarci bene è questo l’unico sapore che davvero mi manca della mia terra.
Se invece devo scegliere fra i piatti della cucina italiana avrei delle difficoltà.
Non saprei cosa scegliere. Forse la pizza, ma mi pare banale.
Opto decisamente le lasagne. Le amo in tutte le varianti: classiche, di pesce e vegetariane.
Quanto alle usanze del convivio e della tavola fra i nostri paesi ci sono molte differenze.
Innanzitutto come accennavo da noi non esiste proprio l’abitudine di mettersi a sera a cena a tavola tutti insieme.
Ognuno si arrangia per conto suo e quando ha finito le sue attività torna a casa e mangia quello che vuole.
Insieme ci ritroviamo solo la domenica con i piatti più ricchi e il sottofondo della radio nazionale che trasmette un programma molto popolare dove le famiglie si fanno gli auguri della domenica via etere.
In linea più generale pranziamo e ceniamo molto prima di voi. Il pranzo, molto frugale, lo consumiamo anche nelle mense (ce ne sono tantissime oggi e si spende davvero poco per mangiare bene più portate: 2 o 3 euro per un pranzo completo).
Usciamo dal lavoro alle 16,30 / 17.00 e la cena è alle 18.30 / 19.00 al massimo.
Poi se è estate e c’è bel tempo usciamo insieme tutti insieme.
Ah, una curiosità: anche la mattina le attività iniziano molto presto, alle 6.00 si va dall’estetista e dal parrucchiere e così siamo perfetti per tutto il giorno!
Quanto alle bevande beviamo i nostri ottimi vini anche se nel quotidiano si beve molto più birra. Il problema è che si beve troppo, grappa soprattutto.
L’alcolismo è una piaga molto diffusa anche se devo dire che i giovani hanno più cultura del bere consapevole che in Italia dato che è normale che quando escono in gruppo uno a turno decide di non bere per portare a casa sani gli altri.

Hungarian goulash

La ricetta: gulyas

ingredienti
500 g di carne di vitellone o di manzo
1 peperone verde
2 patate
2 cipolle bianche
1 pomodoro
1 carota
100 ml passata di pomodoro
1 cucchiaino di semi di cumino

Preparazione:
Tagliare le cipolle a fettine a farle appassire in una pentola alta, grande e antiaderente nel burro per una ventina di minuti facendo in modo che non si brucino. Aggiungere alle cipolle l’aglio schiacciato, la carota a dadini e il cumino.
Dopo averla tagliata a cubi versare nella pentola anche la carne di vitello e lasciar rosolare mescolando di continuo in modo tale che la carne rilasci il suo liquido permettendo alle cipolle di non bruciarsi.
Aggiungere la paprika, il sale a piacere e una volta mescolato coprire con un coperchio e lasciar cuocere a fuoco basso, mescolando ogni tanto, per almeno 1 ora aggiungendo solo e soltanto se necessario 1 cucchiaio di brodo nel caso in cui la carne si stia bruciando.
Sbucciare e tagliare le patate a cubetti, tagliare anche il pomodoro a cubi dopo aver tolto i semi e allo stesso modo tagliare anche i peperoni, sempre senza semi. Trascorsa l’ora di cottura aggiungere pomodoro e peperoni alla carne e coprire con il brodo lasciando cuocere per un’ora quindi aggiungere anche le patate e il restante brodo lasciando cuocere per altri 45 minuti.
Assaggiare, salare se necessario e servire caldissimo facendo in modo che sia denso e cremoso.

 

 

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