Apr 29, 2025 | Protagonisti
Il caldo è esploso, l’estate e le vacanze estive si avvicinano ed è tempo di cominciare a programmare e a scegliere la meta fronte mare.
E’ tempo anche, di conseguenza, di sfilare le classifiche sulle migliori spiagge e a sorpresa in questo 2025 fra Australia, Tropici e Caraibi famose per le spiagge mozzafiato a vincere è l’Italia.

autore dario.racane
Dominio sardo fra i top 50
Non è quindi necessario spostarsi fino all’altro capo del mondo per trovare la meta perfetta perchè nell’annuale classifica delle 50 spiagge più belle del mondo c’è un’italiana al primo posto: è Cala Goloritzè in Sardegna.
La classifica redatta è frutto di molti giorni trascorsi dai Beach Ambassador e dal team di World’s 50 Beaches alla scoperta delle spiagge in tutto il mondo.
Oltre 1.000 sono stati i professionisti del settore turistico che hanno votato per la lista di quest’anno. L’elenco è stato stilato in base a una serie di fattori come: la fauna selvatica, il suo stato incontaminato, le attività commerciali, l’accessibilità e le acque. Nella top 50 mondiale è proprio italiana la spiaggia in cima.
In cima alla classifica mondiale, infatti, troviamo come accennato Cala Goloritzè.
La Sardegna domenica dato che l’altra spiaggia italiana che entra nella top50 è anch’essa sarda; La Pelosa (al 50esimo posto).

La spiaggia. Foto Autoredario.raca, depositphotos
La spiaggia più bella del mondo
Nel cuore dell’Ogliastra, sulla costa orientale della Sardegna, si trova Cala Goloritzè, una spiaggia che incanta per la sua bellezza selvaggia e incontaminata.
Con i suoi ciottoli bianchi, le acque cristalline e la maestosa guglia calcarea di 143 metri, questa cala è stata riconosciuta come la spiaggia più bella del mondo nel 2025.
Cala Goloritzè è situata nel comune di Baunei, all’interno del Golfo di Orosei, nella provincia di Nuoro. Questa zona è rinomata per le sue scogliere calcaree, le grotte marine e le spiagge di rara bellezza .L’accesso è possibile esclusivamente a piedi o via mare.
A piedi: dal parcheggio di “Su Porteddu”, si intraprende un sentiero di circa 3,5 km con un dislivello di 470 metri, percorribile in circa 1 ora e mezza. Il ritorno, in salita, richiede una buona preparazione fisica .
Via mare: è possibile avvicinarsi alla cala in barca, ma l’accesso è consentito solo fino a 200 metri dalla riva, per preservare l’ambiente. Da lì, si può raggiungere la spiaggia a nuoto .
Per proteggere questo paradiso naturale, l’accesso giornaliero è limitato a 250 persone con prenotazione obbligatoria tramite l’app “Heart of Sardinia” o contattando l’infoPoint del Comune di Baunei.
Il costo dell’ingresso è di 6 euro per gli adulti e 1 euro per i bambini fino a 10 anni .
Dichiarata “Monumento Naturale” nel 1993 e “Monumento Nazionale Italiano” nel 1995, è un esempio di conservazione ambientale. La celebre guglia calcarea, nota come “Aguglia di Goloritzè”, è un’attrazione per gli appassionati di arrampicata.
Le sfumature turchesi del mare e la presenza di una sorgente d’acqua dolce che sfocia in mare rendono l’esperienza balneare unica.
La meravigliosa cala è nata da una frana nel 1962, che ha creato l’attuale conformazione della spiaggia comprensivo del suggestivo arco naturale che si trova sul lato destro della baia è che è l’elemento pià fotografato.
Cala Goloritzè è un simbolo della bellezza naturale della Sardegna. Un luogo dove la natura regna sovrana, offrendo un’esperienza indimenticabile a chiunque decida di intraprendere il cammino per raggiungerla. Il suo paesaggio unico ha colpito i giudici che hanno speso parole di grande elogio.
Cala Goloritzé è più di una semplice spiaggia: la sua bellezza selvaggia ha il potere di emozionare fin dal primo sguardo. Che si guardi dall’alto o si stia in riva al mare con i piedi immersi nell’acqua, lo scenario è davvero mozzafiato.
L’acqua qui è incredibilmente limpida e perfetta per nuotare, ma ciò che distingue davvero questa spiaggia sono i grandi sforzi di conservazione che la proteggono. Cala Goloritzé è straordinariamente preservata. È il perfetto connubio tra una bellezza naturale incontaminata e un’esperienza balneare senza pari.

igor_tichonow, Trunk Bay
La classifica delle spiagge
Lo scorso anno al primo posto c’era Trunk Bay nelle Isole Vergini americane con l’italiana Cala Mariolu al secondo posto.
Quest’anno alle spalle della spiaggia sarda si trovano due spiagge Filippine: al secondo posto si trova la spiaggia di Entalula mentre la spiaggia di Bang Bao è al terzo posto nella classifica mondiale.
A rappresentare l’Europa ci sono le spiagge di Fteri e Voutoumi, entrambe greche, playa de Rodas in Spagna, Keem Beach (Irlanda), Santa Giulia (Francia).
Ma ecco la classifica completa.
1 – Cala Goloritzè, Italia
2 – Spiaggia di Entalula, Filippine
3 – Spiaggia di Bang Bao, Thailandia
4 – Spiaggia di Fteri, Grecia
5 – PK 9 Beach, Polinesia francese
6 – Canto de la Playa, Repubblica Dominicana
7 – Anse Source D’Argent, Seychelles
8 – Nosy Iranja, Madagascar
9 – Spiaggia di Ofu, Samba Americana
10 . Grace Bay, Turks e Caicos
11 – Baia Turchese, Australia
12 – Boulders Beach, Sudafrica
13 – Spiaggia Rosa, Indonesia
14 – Shoal Bay East, Anguilla
15 – Laguna di Detwah, Yemen
16 – Spiaggia di Voutoumi, Grecia
17 – One Foot Island, Isole Cook
18 – Playa de Rodas, Spagna
19 – Playa Balandra, Messico
20 – Pontal do Atalaia, Brasile
21 – Wharton Beach, Australia
22 – Cayo de Agua, Venezuela
23 – Seven Mile Beach, Isole Cayman
24 – Cayo Zapatilla, Giappone
25 – Baia Do Sancho, Brasile
26 – Baia di Horseshoe, Bermuda
27 – Isola di Palambak, Indonesia
28 – Freedom Beach, Thailandia
29 – The Baths, Isole Vergini britanniche
30 – Anse Georgette, Seychelles
31 – Spiaggia di Ffryes, Antigua e Barbuda
32 – Grand Anse, Grenada
33 – Spiaggia di Le Morne, Mauritius
34 – Bahía de las Águila, Repubblica Dominicana
35 – Meads Bay, Anguilla
36 – Porto Katsiki, Grecia
37 – Spiaggia di Nudey, Australia
38 – Bon Bon Beach, Filippine
39 – Spiaggia di Saadiyat, Emirati Arabi Uniti
40 – Spiaggia di Goyambokka, Sri Lanka
41 – Playa Punta Uva, Costa Rica
42 – Siesta Beach, Stati Uniti
43 – Spiaggia di Paje, Zanzibar
44 – Piccola spiaggia di Bonaire, Bonaire
45 – Cathedral Cove Beach, Nuova Zelanda
46 -Santa Giulia, Francia
47 – Baia di Gardner, Ecuador
48 – Keem Beach, Irlanda
49 – Banco di sabbia di Kuramathi, Maldive
50 – La Pelosa, Italia
Apr 28, 2025 | Enogastronomia, Protagonisti
C’è un profumo nell’aria che segna l’inizio della bella stagione: quello dolce e inconfondibile delle fragole, il frutto del periodo.
Rosse, succose e irresistibili, le fragole non sono solo un frutto: sono un vero e proprio simbolo di rinascita, di giornate più lunghe e di piccoli piaceri da gustare lentamente.
Nate nei campi, celebrate nei mercatini, protagoniste di sagre e feste di paese, le fragole sono oggi un must della primavera italiana.
Dalle varietà più classiche a quelle gourmet, ogni zona custodisce il suo tesoro: basta pensare alle famose fragole di Nemi nel Lazio, alle dolcissime fragole di Maletto in Sicilia o alle profumate coltivazioni della Basilicata.

Autore Syda_Productions. Depositphotos
Concentrato di freschezza e bontà
Il vivace rosso brillante che le caratterizza è indicativo della presenza di antociani, potenti antiossidanti naturali noti per fare bene alla salute.
Dal profumo dolce, intenso e fruttato e il sapore bilanciato tra dolcezza e una leggera nota acidula e la polpa tenera ma succosa contiene solo 30 kcal per 100 grammi.
Come accennato le fragole non sono solo buone, fanno anche benissimo alla salute.
Ricchissime di vitamina C: una porzione di fragole copre quasi il 100% del fabbisogno giornaliero, aiutano a rafforzare il sistema immunitario. Tanti anche gli antiossidanti che contrastano i radicali liberi e rallentano l’invecchiamento cellulare. Fonte di fibre favoriscono la digestione e aiutano a mantenere sotto controllo il colesterolo e di acido folico importante soprattutto in gravidanza.
Inoltre hanno proprietà antinfiammatoria e depurativa che le rende ottime per la salute della pelle e per la circolazione sanguigna. In breve le fragole sono una coccola di benessere naturale.

Autore Syda_Productions. Depositphotos
Fragole nel mondo: un universo di sapori
Esistono oltre 600 varietà di fragole, ognuna con caratteristiche uniche di forma, colore e sapore.
Tra le più note a livello internazionale: la fragaria × ananassa che è la fragola comune che troviamo al mercato, nata da un incrocio in Francia nel XVIII secolo. C’è poi la pineberry: la fragola bianca che profuma d’ananas, amatissima dagli chef gourmet; la fragola Mara des Bois (Francia) dolcissima, intensamente profumata che ricorda il sapore delle fragoline di bosco; la fragola Albion (USA) molto zuccherina, resistente e perfetta anche per i climi caldi; la fragola Royal Sovereign (UK) varietà storica dal sapore aromatico, considerata tra le più pregiate.
E in Italia? Nostre sono alcune delle fragole più buone e riconosciute: la fragola di Nemi (Lazio) piccola, profumatissima, protagonista della famosa sagra ai Castelli Romani; la fragola di Maletto (Sicilia) una delle più dolci d’Italia, coltivata alle pendici dell’Etna; la fragola Candonga (Basilicata): varietà pregiata dal gusto intenso e dalla polpa compatta, molto apprezzata anche all’estero; la fragola Sabrosa (Puglia) varietà molto diffusa nel Sud Italia, dolce, croccante e di grande resa produttiva; la fragola Favetta di Terracina (Lazio) una varietà antica, caratterizzata da frutti piccoli, succosi e profumatissimi e la fragola Pegaso (Emilia-Romagna) una varietà recente, dal sapore dolce e resistente al trasporto, ideale per le esportazioni.

Autore valery121283, depositphotos
Dove andare per vivere la magia delle fragole
Detto delle località italiane più famose ecco quali vistare. Nemi (Lazio) , il borgo dei Castelli Romani celebra ogni anno la “Sagra delle Fragole”, una festa coloratissima tra mercatini, musica e degustazioni.
Maletto dove sulle pendici dell’Etna e grazie alla sua varietà unica di fragole dolcissime diventa protagonista di un’intera estate di eventi.
Da consigliare anche un viaggetto a Cesena (Emilia-Romagna), una delle capitali italiane della fragolicoltura, dove è possibile raccogliere direttamente nei campi e assaporare il frutto appena colto.

Autore AntonMatyukha, depositphotos
Lo sapevi che…?
La fragola non è un vero e proprio frutto: botanicamente è un “falso frutto”. I veri frutti in realtà sono i piccoli semini gialli sulla superficie.
Esistono nel globo come accennato oltre 600 varietà di fragole nel mondo e tutte con sfumature di sapore e colore diverse.
Una leggenda vuole che regalare fragole fosse, nell’antichità, un gesto per dichiarare amore eterno.
La fragola bianca o “pineberry” ha un sapore sorprendente che ricorda l’ananas ed è una rarità gourmet sempre più amata.
Ma la fragola non è solo tradizione: oggi è anche creatività gastronomica. Dai dessert stellati alle insalate gourmet, fino ai cocktail freschissimi come il mojito alla fragola o i smoothie vitaminici, questo frutto si reinventa ogni giorno in cucina, portando colore e leggerezza in ogni piatto.
Chi ama il turismo lento e autentico, può seguire gli eventi dedicati: sagre, raccolte direttamente nei campi, tour enogastronomici a tema fragola che uniscono natura, sapori locali e convivialità.
Perché, in fondo, la fragola non è solo da mangiare: è da vivere. Meglio ancora, con il sole in faccia e un cestino pieno tra le mani.

Autore AntonMatyukha, depositphotos
Ricetta veloce: Insalata di fragole, feta e rucola
Una ricetta facile, fresca e super trendy, perfetta per l’estate!
Ingredienti (per 2 persone):
150 g di fragole mature
100 g di feta greca
1 manciata di rucola
qualche fogliolina di menta fresca
1 cucchiaio di aceto balsamico (o glassa)
2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
Sale e pepe q.b.
Preparazione:
Lava delicatamente le fragole e tagliale a metà.
In una ciotola, unisci le fragole, la rucola e la feta sbriciolata grossolanamente.
Aggiungi qualche fogliolina di menta per un tocco di freschezza.
Condisci con olio, sale, pepe e un filo di aceto balsamico.
Mescola delicatamente e servi subito.
Apr 27, 2025 | Enogastronomia, Protagonisti, Territori
E’ uno dei paesi più antichi dell’Europa, visto che il suo regno apostolico risale all’anno 1000 anche se è grande solo come tutto il Nord Italia.
Siamo nel cuore dell’Europa e, se vogliamo essere ancora più puntigliosi, il vero Cuore dell’Europa è proprio nel territorio magiaro, esattamente nella montagna Bűkk.

Budapest. Image by Zsolt Tóth from Pixabay
Ungheria, un paese di natura e colori
Il verde delle sue montagne (mai altissime dato che il Monte Matra punta del paese sfiora solo i 1014 metri) e di colline dove sono ben 27 i territori vinicoli: dal vino dei re, al re dei vini bianchi di Tokaj e dell’eccellente Tokaji Aszu fino al rosso corposo di Egri Bikaver e ai vini di Villany, Etyek, Sopron e tanti altri e dov’è nel bel mezzo del Parco nazionale di Hortobágy la più grande prateria rimasta in Europa centrale grande 800 km. quadrati.
Di blu come il fiume mito della Mitteleuropa, quel Danubio che ha ispirato poeti e musicisti e fatto battere il cuore a tanti innamorati e il Lago Balaton, il più grande del centro Europa chiamato anche “mare magiaro”; di giallo come le distese di spighe di grano e girasoli e come il rosso infine dei fiori del papavero, ingrediente di tanti dolci eccellenti.
L’Ungheria è anche la terra dei bagni termali: solo a Budapest si contano 125 sorgenti termali (da non perdere i bagni Termali Szechenyi,i più grandi d’Europa) e fuori dalla capitale sono altre 400 le sorgenti che fanno dell’Ungheria un vero paradiso del wellness e dove troverete ad Heviz il secondo lago di acqua naturale calda più grande del mondo.
Quella strana lingua di origini finniche
Qui si parla una lingua strana che non assomiglia ne alle latine ne alle angolfone dato che il magiaro è di misteriosa origine finnica, ma dove più che parlare si scrive molto grazie all’inventore della biro, cioè della penna a sfera tale László József Biró, da cui ha preso il nome. Nella località di Kocsi sono nate intorno al XIII – XIV secolo le carrozze e all’interno del Parlamento di Pest nel 1880 l’aria condizionata. Ma anche il famoso cubo che ha fatto impazzire più di una generazione è figlio di un ungherese: l’architetto Erno Rubik.
Se poi vi siete sempre domandati come mai tutte le campane delle chiese cristiane suonano ogni giorno a mezzogiorno sappiate che questa usanza celebra la grande vittoria degli ungheresi capitanati da Janos Hunyadi sul territorio dell’attuale Belgrado sui turchi nel 1456, anche se, ironia della storia a Budapest è anche la Sinagoga in funzione più grande d’Europa.

Szombathely. Foto r3dsnake per Depositphotos
Un paese di molti record
Paese antico l’Ungheria è stata fondata dai Romani nel 43 d.C a Szombathely città nota ai tempi col nome di Colonia Claudia Savariensum che si trova a 10 km dal confine austriaco ed è stata fiorente fino al V secolo quando arrivò Attila con i suoi Unni.
E’ a proposito di cose antiche la metropolitana di Budapest è la più antica dell’Europa continentale ed ha la seconda linea più vecchia del mondo: la linea gialla (MI), 4,4 km di storia al punto che una delle sue carrozze originali è conservata in un museo dei trasporti nel Maine, negli Stati Uniti.
Anche il Giardino Zoologico della capitale detiene lo stesso record, anzi, pare sia addirittura uno dei più antichi del mondo. Bellissimo nei suoi caratteristici edifici Liberty costruiti tra il 1909 e il 1912.
Ma i mezzi su rotaia sono nelle corde degli ungheresi dato che anche il parco Ferroviario Füsti è unico nel suo genere perché non è un museo statico ma un luogo dove i visitatori possono guidare le locomotive esposte e dove sono ospitati anche i vagoni originali dell’Orient Express.

Una tradizione culinaria di origini ottomane
La tradizione culinaria ha subito influenze ottomane a causa del lungo dominio turco e dei paesi vicini e si caratterizza per i suoi sapori intensi figli dell’abbondante uso di spezie: pepe e paprika sopratutto.
ll piatto più famoso in assoluto è senza dubbio il gulasch (in ungherese gulyás, o più precisamente Gulyás-leves, ovvero zuppa del mandriano) ma l’Ungheria a tavola è anche particolari e deliziosi dolci con accostamenti di ingredienti mai banali.
Da non perdere il Székelygulyás gustoso spezzatino di maiale con panna acida, paprika, accompagnato da cipolla e crauti e la mitica Torta Dobos inventata nel 1884 dall’omonimo pasticcere che consiste in sei strati di pan di spagna con in mezzo a ognuno di questi una crema di cioccolato e burro, mentre sulla parte superiore viene versato un sottile strato di caramello.
Sapori speciali poi per la frutta da mangiare con la polvere di paprika e non solo…

Szeged. depositphotos
Il racconto di Erzsebet
E’ Elisabetta per gli amici perché in realtà si dovrebbe dire Erzsebet a farci scoprire il mondo magiaro così amato dall’imperatrice Sissi.
Molto difficile da pronunciare il suo nome, anche solo da leggersi dato che la lingua ungherese è celebre per l’uso di tante consonanti.
Noi non siamo abituati a leggerla come non siamo abituati a perderci nell’incredibile sfumatura verde-azzurra dei suoi occhi.
Un colore che ricorda le infinite pianure e la linea di confine del lago Balaton, ma che insieme al bianco della pelle ce la fa sembrare quasi una meravigliosa matrioska di ceramica: sempre elegante, discreta, posata e delicata.
Difficile – racconta . per me oggi parlare della mia Ungheria. Appartengo a una generazione che ha vissuto due Ungherie: quella prima e quella dopo la caduta della Cortina di Ferro.
Sono nata e vissuta a Szeged, città grande più o meno come Firenze, vicina al confine jugoslavo e romeno.
Ero una privilegiata a vivere lì vicino al confine con due paesi. Anche se erano anche loro sotto la sfera d’influenza sovietica avevo l’opportunità essendo residente vicino ai due confini di andare a visitarli.
Possedevo uno speciale mini passaporto, grigio lo ricordo ancora, con cui potevo andare prendendo il bus nella più vicina città rumena che distava 60 chilometri o jugoslava a soli 30 chilometri.
Ne approfittavo ogni sabato pomeriggio. Con le mie amiche andavamo alla stazione degli autobus e saltavamo felici su quel bus destinazione Jugoslavia.
Era incredibile poter andare lì, al mercato di quella città dove, con un po’ di fortuna potevamo trovare anche qualche bel paio di jeans e qualche disco a 33 giri o musicassetta occidentale!
In Italia sono arrivata nel 1982, quando nel mio paese c’era ancora il regime e ci sono arrivata per amore seguendo il mio fresco sposo conosciuto e sposato l’anno precedente.
Del resto se non mi sposavo e soprattutto se non lo facevo in Ungheria in maniera laica non avrei mai potuto seguire mio marito in Italia ma non solo…
Avrei messo in difficoltà la mia famiglia come succedeva purtroppo a tutti coloro che si erano “ribellati” ed erano andati in Occidente a sposarsi e poi a vivere là.
Ho conosciuto mio marito quando lui, con un gruppo di amici cacciatori era venuto in Ungheria per un viaggio di caccia.
Io ero una giovane studentessa universitaria che per tirare su un po’ di soldini faceva da interprete e guida a questi gruppi.
Studiavo le lingue russa e italiana e così, come ogni volta che c’era in arrivo un gruppo di turisti italiani toccava a me.
Ogni volta dovevo andare a Budapest a prendere il programma dettagliato del viaggio; la lista dei loro nomi e dove gli avrei dovuto condurre giorno per giorno e ora per ora.
Quando lo vidi fu amore a prima vista.
Lui dopo quel soggiorno ungherese volle portarmi subito in Italia con un visto turistico perché voleva dimostrarmi che non era ricco dato che per fra gli occidentali era diffusa la credenza che le ragazze dell’est si fidanzassero con gli occidentali e si facessero sposare per scappare dal comunismo reale; ma a me non interessava la sua ricchezza interessava lui e peraltro non ero fra quelle ragazze convinte che l’Italia potesse essere il paese del mulino della pubblicità.
Mio padre la prese male quella mia decisione di sposare un italiano e partire con lui: “chissà cosa diranno i vicini” mi ripeteva.
Lui, uomo tutto d’un pezzo, tessera del partito in tasca, ruolo di rilievo nelle ferrovie e orgoglioso di quelle medaglie con la stella rossa che ogni anno il governo gli riconosceva per la sua fedeltà era stravolto dalla mia decisione.
A dire il vero aveva ragione a temere la curiosità dei vicini dato che un bel giorno, in quell’anno di fidanzamento in cui il mio futuro marito veniva ogni mese a trovarmi in auto, mi ritrovai denunciata e con una convocazione in commissariato.
Il capo della polizia locale peraltro conosceva bene mio padre e tutta la nostra famiglia e quasi scusandosi mi fece presente che ero stata denunciata da un vicino per quella presenza sospetta di un auto italiana che spesso era parcheggiata fuori casa mia: “So che è del tuo fidanzato, ma mi raccomando dimmi solo se ti sta convincendo a diventare una spia?” mi disse…
Quella era l’Ungheria di qualche decennio fa. Quella dove sono nata e cresciuta e che poi, dopo il matrimonio civile (non ero battezzata perché non era possibile esserlo) lasciai per venire a vivere con mio marito in Italia.
Ero spaesata i primi tempi.
Ero molto giovane piena di speranze e una certezze sopratutto. La certezza di trovare presto un lavoro: conoscevo il russo, il tedesco e l’ungherese e doveva essere inevitabile.
Ma facevo bene a non pensare che l’Italia fosse il paese dei mulini.
Il lavoro lo trovai, precario, dopo oltre due anni di ricerca e migliaia di curriculum.
Pazzesco a pensarlo per me. Al di là della cortina mancava la libertà ma il lavoro lo trovavi entro tre mesi al massimo al punto che, dopo quella data, se eri sempre a spasso lo stato ti chiamava e ti domandava perché eri sempre a spasso.
Altro che bamboccioni…
La vostra cucina però non mi deluse, anzi mi piacque subito.
Molto buona, pulita, senza troppi fronzoli, da cucinare velocemente e ricca di verdure.
Un impatto così entusiasmante che sono subito ingrassata!
Poi ho capito perché. Voi abitualmente vi mettete ogni sera a tavola insieme e così si mangia di più…
La cucina ungherese è molto più complessa e lunga nelle preparazioni è anche più grassa.
Mangiamo molto maiale sia d’estate che d’inverno e anzi, seguiamo alla lettera la vecchia storia che del maiale non si butta via nulla dato che ne congeliamo anche il grasso da usare poi come condimento insieme anche al grasso d’oca.
L’olio extra vergine d’oliva da noi non esisteva, è arrivato un po’ adesso, ma ancora deve entrare del tutto nelle cucine ungheresi. Come olio usiamo quello di girasole, di semi e per le insalate l’aceto e la panna acida che chiamiamo fiordilatte.
Uno degli ingredienti che non può mancare nella cucina ungherese è però il cavolo verza con cui facciamo un sacco di piatti, anche dolci.
Lo mettiamo a macerare in contenitori di legno con i semi del cumino almeno per una notte prima dell’utilizzo.
Il famoso gulash poi va detto che lo facciamo in due modi che voi confondete.
Il gulash vero è proprio è molto liquido, quasi una minestra che usavano i mandriani, mentre nell’altra versione lo cuciniamo con la carne e le patate ed è un piatto completo, ma come carni usiamo anche molto agnello e fegato d’oca.
Fra i dolci oltre al celebre rotolo vorrei segnalare le strepitose minestre di frutta fatte con frutta e il loro succo, zucchero, farina e panna acida. Anzi a pensarci bene è questo l’unico sapore che davvero mi manca della mia terra.
Se invece devo scegliere fra i piatti della cucina italiana avrei delle difficoltà.
Non saprei cosa scegliere. Forse la pizza, ma mi pare banale.
Opto decisamente le lasagne. Le amo in tutte le varianti: classiche, di pesce e vegetariane.
Quanto alle usanze del convivio e della tavola fra i nostri paesi ci sono molte differenze.
Innanzitutto come accennavo da noi non esiste proprio l’abitudine di mettersi a sera a cena a tavola tutti insieme.
Ognuno si arrangia per conto suo e quando ha finito le sue attività torna a casa e mangia quello che vuole.
Insieme ci ritroviamo solo la domenica con i piatti più ricchi e il sottofondo della radio nazionale che trasmette un programma molto popolare dove le famiglie si fanno gli auguri della domenica via etere.
In linea più generale pranziamo e ceniamo molto prima di voi. Il pranzo, molto frugale, lo consumiamo anche nelle mense (ce ne sono tantissime oggi e si spende davvero poco per mangiare bene più portate: 2 o 3 euro per un pranzo completo).
Usciamo dal lavoro alle 16,30 / 17.00 e la cena è alle 18.30 / 19.00 al massimo.
Poi se è estate e c’è bel tempo usciamo insieme tutti insieme.
Ah, una curiosità: anche la mattina le attività iniziano molto presto, alle 6.00 si va dall’estetista e dal parrucchiere e così siamo perfetti per tutto il giorno!
Quanto alle bevande beviamo i nostri ottimi vini anche se nel quotidiano si beve molto più birra. Il problema è che si beve troppo, grappa soprattutto.
L’alcolismo è una piaga molto diffusa anche se devo dire che i giovani hanno più cultura del bere consapevole che in Italia dato che è normale che quando escono in gruppo uno a turno decide di non bere per portare a casa sani gli altri.

Hungarian goulash
La ricetta: gulyas
ingredienti
500 g di carne di vitellone o di manzo
1 peperone verde
2 patate
2 cipolle bianche
1 pomodoro
1 carota
100 ml passata di pomodoro
1 cucchiaino di semi di cumino
Preparazione:
Tagliare le cipolle a fettine a farle appassire in una pentola alta, grande e antiaderente nel burro per una ventina di minuti facendo in modo che non si brucino. Aggiungere alle cipolle l’aglio schiacciato, la carota a dadini e il cumino.
Dopo averla tagliata a cubi versare nella pentola anche la carne di vitello e lasciar rosolare mescolando di continuo in modo tale che la carne rilasci il suo liquido permettendo alle cipolle di non bruciarsi.
Aggiungere la paprika, il sale a piacere e una volta mescolato coprire con un coperchio e lasciar cuocere a fuoco basso, mescolando ogni tanto, per almeno 1 ora aggiungendo solo e soltanto se necessario 1 cucchiaio di brodo nel caso in cui la carne si stia bruciando.
Sbucciare e tagliare le patate a cubetti, tagliare anche il pomodoro a cubi dopo aver tolto i semi e allo stesso modo tagliare anche i peperoni, sempre senza semi. Trascorsa l’ora di cottura aggiungere pomodoro e peperoni alla carne e coprire con il brodo lasciando cuocere per un’ora quindi aggiungere anche le patate e il restante brodo lasciando cuocere per altri 45 minuti.
Assaggiare, salare se necessario e servire caldissimo facendo in modo che sia denso e cremoso.
Apr 25, 2025 | Protagonisti, Territori
Militello in Val di Catania (Catania) è il vincitore dell’edizione 2025 de “Il Borgo dei Borghi”, il concorso televisivo in onda su Rai 3 che celebra ogni anno i borghi più belli e suggestivi d’Italia.
La cittadina siciliana ha conquistato il pubblico con il suo patrimonio artistico, la sua storia millenaria e l’autenticità del suo contesto urbano, sbaragliando la concorrenza di altri 19 finalisti provenienti da tutte le regioni della penisola.
La proclamazione è avvenuta la sera di Pasqua, durante la puntata speciale andata in onda in prima serata, condotta da Camila Raznovich. L’emozione è esplosa tra i cittadini di Militello, riuniti per seguire la diretta: applausi, festa e gioia hanno accompagnato il momento della vittoria.

Chiesa Santuario Santa Maria della Stella
La vittoria barocca
Inserito dal 2002 nella rete dell’Associazione “I Borghi più belli d’Italia”, Militello in Val di Catania, noto per aver dato i natali al celebre presentatore Pippo Baudo, è un borgo barocco ricco di fascino, situato ai piedi dei Monti Iblei, nel cuore della Sicilia orientale, riconosciuto anche come Patrimonio dell’Umanità Unesco.
Dal 2002, il borgo è inserito nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco come parte delle città tardo barocche del Val di Noto
Il centro storico di Militello è un vero e proprio museo a cielo aperto, con oltre venti chiese e numerosi palazzi nobiliari. Tra i suoi gioielli più celebri ci sono la Chiesa Madre di San Nicolò e del Santissimo Salvatore, il Santuario di Santa Maria della Stella edificato nel XVIII secolo, ospita una preziosa pala d’altare in terracotta invetriata di Andrea della Robbia del 1487, il Complesso di Santa Maria la Vetere, oltre ad una straordinaria concentrazione di palazzi nobiliari e opere d’arte che raccontano il glorioso passato della città. Tra i monumenti più significativi anche il Castello Barresi Branciforte costruito nel XIV secolo e ampliato nei secoli successivi che testimonia l’importanza storica del borgo e la torre Normanna risalente all’XI-XII secolo che presenta una camera ipogea probabilmente di origine greca, con iscrizioni in greco arcaico

Cascate Oxena
Da non perdere è anche la natura che incornicia il borgo: tra le gemme naturalistiche del territorio spiccano il fiume Oxena e le sue incantevoli cascate, un angolo di paradiso immerso nel verde.
Il fiume, che scorre tra rocce laviche e vegetazione mediterranea, da vita a una serie di piccole cascate e laghetti che regalano scenari mozzafiato.
Le cascate Oxena, luogo amato dagli escursionisti, sono un angolo incontaminato, dove è possibile immergersi in un’oasi di biodiversità e respirare la bellezza della Sicilia più autentica.
Ma non è solo l’architettura e la bellezza paesaggistica a rendere speciale Militello: il borgo è vivo grazie alle sue tradizioni religiose, le sue feste popolari, e una cucina che mescola sapientemente i sapori della terra siciliana. I dolci di mandorla, le conserve, i prodotti tipici come l’olio e i fichi d’India sono ambasciatori del gusto di questa terra.

Maiori
La top 20 dei “borgo dei borghi”
Ecco la classifica completa, dal ventesimo al primo posto, tra cui compaiono anche alcuni borghi appartenenti all’associazione “I Borghi più belli d’Italia”: Nus (Valle d’Aosta), Deiva Marina (Liguria), San Gemini (Umbria), Agnone (Molise), Sirolo (Marche), Ala (Trentino-Alto Adige), Scarperia (Toscana), Penne (Abruzzo), Montalbano Jonico (Basilicata), Corenno Plinio (Lombardia), Montechiarugolo (Emilia-Romagna), Buggerru (Sardegna), Grado (Friuli-Venezia Giulia), Ischitella (Puglia), Lazise (Veneto), Maiori (Campania), Aieta (Calabria), Vignanello (Lazio), Agliè (Piemonte) e Militello in Val di Catania (Sicilia), il vincitore assoluto.
Il Presidente Fiorello Primi si congratula con il borgo siciliano per il riconoscimento ottenuto: “Militello in Val di Catania ha vinto il Borgo dei Borghi senza il voto dei giurati. La coesione e la condivisione della rete siciliana ha vinto ancora una volta. Complimenti comunque a tutti i Borghi che hanno partecipato. Compresi Bobbio, Gardone Riviera e Borghetto di Valeggio sul Mincio che hanno fatto da sfondo alla trasmissione”.
Giu 21, 2024 | Protagonisti
Spiagge indimenticabili, acque cristalline, escursioni, passeggiate, luoghi d’arte che meritano una visita speciale, eccellenze enogastronomiche, curiosità.
Al centro la gestione sostenibile del territorio indispensabile per un’offerta turistica di qualità.
Da oltre vent’anni “Il mare più bello”, la Guida Blu di Legambiente e Touring Club Italiano, stimola e orienta le villeggiature di quanti preferiscono scegliere la propria meta estiva all’insegna della responsabilità e della qualità ambientale, offrendo al lettore un quadro su quanto di buono fanno le amministrazioni locali costiere lungo la nostra penisola per essere all’altezza delle sfide imposte dalla crisi climatica. Tante pratiche concrete per la tutela delle nostre belle e amate coste, premiate nella Guida con il vessillo delle Vele.
21 località marine e 12 lacustri premiate
Il mare più bello passa in rassegna oltre 300 comuni costieri italiani, con una sezione dedicata anche ai laghi più belli, premiando con il massimo riconoscimento, le Cinque Vele, i comuni che hanno saputo coniugare al meglio la qualità dei servizi offerti al turista con scelte coraggiose e innovative nel segno della sostenibilità ambientale.
Sono state valutate le caratteristiche ambientali e la qualità dell’ospitalità. I parametri sono uso del suolo, degrado del paesaggio, biodiversità, attività turistiche; stato delle aree costiere; mobilità; acqua e depurazione; energia; rifiuti; iniziative per la sostenibilità; sicurezza alimentare e produzioni tipiche di qualità; mare, spiagge e oltre; struttura sociale e sanitaria.
Novità di questa edizione il riconoscimento ai comuni amici delle tartarughe marine segnalati all’interno della guida con il simbolo della tartaruga: 33 quelli che potranno esporre la bandiera di amici delle tartarughe.
Premiate 21 località turistiche marine e 12 lacustri.

Pollica
Le top five mare e lago
Regina dell’estate del mare, la cilentana Pollica (Salerno), seguita da Nardò (Lecce), nel Salento e Baunei (Nuoro) sulla costa orientale sarda.
Quarto posto per la località Domus De Maria sul Litorale di Chia, sempre in Sardegna, e quinto posto per Castiglione della Pescaia, nel comprensorio della Maremma Toscana.
Per quanto riguarda i laghi, regine restano le province autonome di Trentino e Alto Adige, al primo e al secondo posto con Molveno (Trento) sul lago omonimo ed Appiano sulla Strada del Vino (Bolzano), sul lago di Monticolo. Terzo posto per Massa Marittima (Grosseto), località maremmana sul Lago dell’Accesa, in Toscana.
Al quarto posto troviamo Sospirolo (Belluno) sul lago del Mis in Veneto, e al quinto Avigliana sul lago omonimo in Piemonte

Molveno
Gli amici delle tartarughe
La novità delle Vele di quest’anno sono i 33 comuni amici delle tartarughe marine, segnalati con l’apposito simbolo “la tartaruga”.
Si tratta di quelle amministrazioni che, attraverso un apposito protocollo d’intesa, si sono impegnate a adottare una serie di misure per rendere le spiagge accoglienti anche per le tartarughe che depongono le uova

Baunei
Fra le regioni trionfa la Sardegna
La competizione fra le regioni è vinta con distacco dalla Sardegna con sette località marine a Cinque Vele, mentre Trentino e Alto Adige vincono la classifica per le località lacustri con quattro comuni fra i primi 12 classificati.
Accanto a Baunei (Nuoro) e a Domus de Maria (Sud Sardegna) ci sono Cabras (Oristano), Santa Teresa di Gallura (Sassari), San Teodoro (Sassari) Posada (Nuoro), Bosa (Oristano).
Segue la Toscana che, oltre a Castiglione della Pescaia (Grosseto), piazza i comuni di Capraia Isola (Livorno), Isola del Giglio (Grosseto), Capalbio (Grosseto) e Marina di Grosseto (Grosseto).
Terza è la Campania, con 4 comuni tutti nel Cilento salernitano. Alla prima classificata Pollica si affiancano San Giovanni a Piro, Castellabate (famoso per il film ‘Benvenuti al Sud’) e San Mauro Cilento.
Per quanto riguarda i laghi, il Trentino-Alto Adige si conferma la regione con più località premiate, seguito a pari merito da Piemonte e Lombardia.

Sicilia fuori dalla classifica
Fa notizia l’esclusione della Sicilia, per il primo anno, dalla classifica delle Cinque Vele.
Pantelleria nel Trapanese, passa da 5 a 3 a causa di una serie di interventi turistici discutibili e di un eccesso di consumo di suolo. Santa Marina Salina (Messina) sull’isola di Salina perde una vela – passando da cinque e 4 vessilli – per aver fatto registrare un arretramento, sia pur lieve, dei valori generali.
Gen 30, 2024 | Protagonisti
In un mondo vinicolo intriso di tradizione e storia, l’enologa Serena Gusmeri è riuscita nell’intento di trasformare un’azienda tra le vigne toscane sino a farla divenire una tra le più dinamiche realtà del panorama vitivinicolo italiano, apprezzata oggi anche a livello internazionale.

La formula dell’unicità di ogni singola pianta
La storia di Serena Gusmeri, enologa di Vecchie Terre di Montefili, è un intreccio di passione e dedizione per la natura, declinato al femminile con la professione di enologa.
Cresciuta ai piedi delle Alpi Lombarde, a Brescia, Serena ha imparato fin da molto giovane a vivere in armonia con la natura. Un’infanzia trascorsa tra un orto di famiglia e galline nel cortile ha ispirato la sua connessione profonda con la terra: “La natura è sempre stata nella mia anima”, racconta Serena, “vivere con essa e fare cose con le mie mani mi ha sempre resa felice.”
Il suo percorso nel mondo dell’enologia inizia all’Università di Verona e si arricchisce con il conseguimento della laurea magistrale a Milano, passando per l’Australia, dove scrive la tesi.
Dopo gli studi, Serena trascorre un anno e mezzo in Franciacorta, specializzandosi nella produzione di vini frizzanti, per poi trasferirsi per sei anni in Campania, tra Benevento e Ischia.
È qui che si sviluppa il suo approccio distintivo, negli anni in Sud Italia, Gusmeri studia il comportamento delle piante, enfatizzando le loro attitudini senza correzioni e raggiunge una consapevolezza fondamentale: ogni vigneto è unico, plasmato dall’ecosistema che lo circonda.
“Nessun vigneto può mai essere uguale a un altro” sottolinea Gusmeri, “la ricchezza dei vitigni autoctoni in Italia dipende dall’ecosistema e dall’ambiente in cui possono esprimersi al meglio e volevo uve che fossero veramente rappresentative di ogni vendemmia, senza manipolazioni”, afferma Serena.

Vecchie Terre di Montefili
Una lombarda nel Chianti Classico
Il destino l’ha portata a unirsi a Vecchie Terre di Montefili nell’autunno del 2015, un progetto nato da incontri significativi con Nicola, Frank e Tom, tre amici imprenditori americani innamorati della Toscana.
La prima visita all’azienda Vecchie Terre di Montefili fu stata una rivelazione per Serena che, camminando tra le vigne, comprese subito che questo era il luogo in cui voleva vivere e lavorare.
Fin dall’inizio, Serena si è professionalmente completamente immersa nel contesto ambientale e aziendale di Vecchie Terre di Montefili, con l’obiettivo di esprimerne l’essenza, forte del pensiero che ogni singolo angolo di terra è un mondo a sé, con esigenze e una storia uniche.
E così, in vigneto, la scelta di trattare ogni singola ettaro come un vino a sé e, in cantina, fermentazioni spontanee e lunghi invecchiamenti in botti di medie e grandi dimensioni, sono divenute la chiave per percepire l’anima Vecchie Terre di Montefili in ogni singola bottiglia. Quando il frutto è buono, infatti, il ruolo dell’enologo in cantina è solo quello di facilitare delicatamente il viaggio dalle uve al vino.
Dal Chianti Classico, fino ai Super Tuscan Anfiteatro e Bruno di Rocca, ogni bottiglia racconta una storia diversa, con scelte specifiche per permettere a ogni annata di esprimersi.
“Sono convinta che il vero segreto del vino risieda nel rispetto della terra e nell’ascolto attento delle viti. Vecchie Terre di Montefili è un luogo unico che ho la fortuna di poter esprimere in ogni singola bottiglia”.
Con sensibilità e capacità, l’enologa guida Vecchie Terre di Montefili verso nuove vette.
La prima vendemmia è stata acclamata dalla critica, segnando l’ascesa di Vecchie Terre di Montefili nel panorama vitivinicolo della denominazione Chianti Classico.
“Nel nostro piccolo sapremo raccontare una storia bella del Chianti Classico e del Sangiovese, rispettosa e dalle radici solide. Abbiamo fatto tanto in poco tempo, abbiamo concentrato le nostre energie sulla sostenibilità e sulla conoscenza di ogni singola vigna per esprimere quello che madre natura ci ha donato in termini di diversità di suoli, altitudine ed equilibrio. La strada è stata tracciata e proseguiremo su questa con convinzione”.
Nel futuro vi sono alcuni progetti ambiziosi. Oltre al Sangiovese, nel 2024 troveranno spazio vitigni meno conosciuti, come il Ciliegiolo, e verrà presentata una nuova etichetta che incarna l’identità della filosofia produttiva dell’azienda.
La leadership femminile dell’enologa, oggi a capo di un team internazionale, è caratterizzata dall’equilibrio tra intelligenza, competenza e capacità di ascolto e alle giovani aspiranti a una carriera simile, Serena Gusmeri consiglia: “abbiate la voglia di partire, di confrontarvi, di chiedere e di fare. Ogni cambiamento è una crescita, ho imparato tanto dagli altri e mi sono messa in gioco vivendo il mio essere donna con assoluta serenità. Per me la parola sfida è collegata alla vigna, alle condizioni meteo, ai tanti aspetti che il mio lavoro mi pone davanti, mai alle persone.”