Esperienze indimenticabili sull’Isola d’Elba: tutto ciò che devi sapere per un viaggio perfetto

L’Isola d’Elba, situata nell’Arcipelago Toscano al largo delle coste italiane, è un gioiello nascosto che offre un perfetto connubio di bellezza naturale, ricca storia e una varietà di attività per tutte le età e interessi. Con le sue acque cristalline, spiagge sabbiose e paesaggi lussureggianti, Elba è una destinazione ideale per chi cerca una vacanza rilassante e memorabile. In questo articolo, alcuni suggerimenti su tutto ciò che c’è da sapere per pianificare un viaggio all’Isola d’Elba.

Il miglior periodo per visitare

Il miglior periodo per visitare l’Isola d’Elba è tra maggio e settembre, quando il clima è caldo e soleggiato e il mare è perfetto per nuotare e praticare sport acquatici. Durante questo periodo, è possibile godersi una varietà di attività all’aperto come escursioni, ciclismo e gite in barca. Tuttavia, se preferite un’esperienza più tranquilla e meno affollata, considerate di visitare nella stagione intermedia di aprile o ottobre.

Come arrivare

Il modo più facile per raggiungere Elba è in traghetto. Ci sono diverse compagnie di traghetti che operano servizi giornalieri da Piombino a Portoferraio, il principale porto dell’isola di Elba. Il viaggio dura circa 60 minuti. In alternativa, è possibile volare ai vicini aeroporti di Pisa o Firenze e poi prendere un volo di collegamento o guidare fino a Piombino per prendere il traghetto. È disponibile anche l’aeroporto di Marina di Campo che effettua durante tutto l’anno collegamenti aerei per Pisa e Firenze e durante il periodo estivo vengono aggiunte le rotte per l’aeroporto di Milano Linate e Lugano in Svizzera.

Dove soggiornare

Elba offre una vasta gamma di opzioni di alloggio, dai resort di lusso agli appartamenti e ai campeggi. Alcune delle aree più popolari in cui soggiornare includono Portoferraio, la capitale e il porto principale dell’isola, e i suggestivi paesi costieri di Marciana Marina, Procchio e Marina di Campo. Se preferite un’esperienza più tranquilla, considerate di soggiornare in uno dei tanti residence sul mare all’Isola d’Elba, la soluzione più indicata per godere della bellezza del posto e della comodità delle spiagge raggiungibili a due passi, senza neanche l’utilizzo dei mezzi di trasporto.

Cose da fare

Elba è un paradiso per gli amanti delle attività all’aria aperta, con una varietà di attività tra cui scegliere. Ecco alcune delle principali cose da fare sull’isola:

Visitare le spiagge: Elba è sede di oltre 150 spiagge, ognuna con il proprio carattere e fascino unico. Alcune delle più popolari includono Cavoli, Fetovaia e Biodola.

Esplorare i siti storici: Elba ha una ricca storia, con prove di insediamenti umani che risalgono all’età della pietra. Alcuni dei principali siti storici da visitare includono le residenze napoleoniche della Villa dei Mulini e della Villa San Martino, il borgo medievale di Marciana e le rovine romane di Porto Azzurro.

Percorrere i sentieri: Elba offre una rete di sentieri escursionistici che vi porteranno attraverso i paesaggi pittoreschi dell’isola, dalla costa frastagliata alle foreste lussureggianti e alle montagne.

Provare la cucina locale: Elba è conosciuta per la sua deliziosa cucina, che combina i sapori tradizionali toscani con frutti di mare freschi e prodotti locali. Assicuratevi di provare il piatto caratteristico dell’isola, la “schiaccia briaca“, una focaccia dolce e salata fatta con uvetta, pinoli e frutta secca e Alchermes, un liquore per dolci.

Fare un giro in barca: La costa di Elba è punteggiata di calette nascoste, grotte e spiagge che possono essere raggiunte solo in barca. Un giro in barca è un ottimo modo per esplorare la bellezza naturale dell’isola e scoprire i suoi tesori nascosti.

L’Isola d’Elba è una destinazione unica e affascinante che offre qualcosa per tutti. Che tu stia cercando una vacanza rilassante in spiaggia, un’avventura all’aria aperta attiva o un’esperienza culturale, Elba ha tutto. Con i suoi paesaggi mozzafiato, la sua ricca storia e l’ospitalità calorosa, Elba è un luogo in cui vorrai tornare ancora.

I vini delle donne: Ornella Venica

I vini delle donne: Ornella Venica

Venica & Venica dal 1930 è un’azienda a conduzione familiare con 40 ettari di vigneto tutti a Dolegna del Collio, il comune più a nord del Doc Collio.
Nel segno di un armonioso ricambio generazionale e in rapporto sinergico fra l’affascinante Collio e il continuo incessante amore per la terra, per le vigne e le sue uve, la sostenibilità aziendale è per l’azienda il punto di partenza di un processo che vede uniti produttori e consumatori e che focalizza l’attenzione sull’unicità di ciascun vino come espressione della singola realtà produttiva. La filosofia è “fare bene per fare del bene”.
Il Pinot bianco è un vitigno originario dell’Alsazia , ma da oltre 150 anni ha preso fissa dimora in Friuli Venezia Giulia. In Collio ha trovato le condizioni climatiche ottimali per esaltare tutte le sue qualità.
“I raggi timidi ma rincuoranti di un sole tiepido d’inizio primavera fanno capolino fra i rami del bosco sopra la collina”.
“Talis” significa proprio tarassaco in friulano. Circa il 40% del vino affina in grandi botti di legno, la restante parte in contenitori d’acciaio.
Talis, Pinot bianco Collio 2022 si presenta con un colore giallo paglierino intenso. Il naso è elegante e pulito, persistente e d’intensità crescente, risaltano maggiormente le note di nespola e di fiori di gelsomino che lasciano spazio a una delicata vena minerale.
Il palato conferma la sua eleganza. Il sorso è fresco, ricco di sapidità, con interessanti rimandi floreali.

Esplorando i 10 luoghi e borghi abbandonati più affascinanti d’Italia: un’avventura nel passato

Esplorando i 10 luoghi e borghi abbandonati più affascinanti d’Italia: un’avventura nel passato

L’Italia è ricca di storia e cultura, e tra i suoi paesaggi si nascondono numerosi luoghi e borghi abbandonati che offrono un’affascinante finestra sul passato. Questi luoghi, una volta ricchi di vita e attività, sono ora avvolti dal mistero e dalla quiete, attirando avventurieri e curiosi da tutto il mondo. Preparati a un viaggio nell’ignoto mentre esplori alcuni dei luoghi abbandonati più affascinanti d’Italia.

Craco

1 – Craco (Basilicata)

Situato su un’alta collina nel cuore della Basilicata, Craco è un borgo fantasma che sembra essere rimasto immutato nel tempo.
Abbandonato progressivamente negli anni ’60 a causa di frane e dissesti idrogeologici, Craco dagli anni Ottanta è un borgo totalmente abbandonato che offre un’atmosfera misteriosa e suggestiva.
Questo fenomeno ha contribuito a rendere particolarissimo l’abitato di Craco, che con le sue strade deserte e le sue case diroccate che creano un’atmosfera unica e affascinante, che ha attirato anche l’attenzione di numerosi registi cinematografici è diventato una meta turistica ricercatissima.

Consonno

2 – Consonno (Lombardia)

Nascosto tra le colline della Lombardia, Consonno è un luogo simbolo dell’abbandono.
Negli anni Sessanta e Settanta del Novecento il proprietario del villaggio, l’estroso imprenditore milanese Mario Bagno in pieno miracolo economico decise di trasformare il paese in una città di divertimenti: il suo “paese dei balocchi”.
Con il sostegno dell’amministrazione locale in pochi anni a
Consonno sorsero dei ristoranti, una balera, un albergo di lusso, diverse costruzioni con richiami alle più variegate culture, un castello medievale come porta di ingresso e il celeberrimo “minareto”.
Mario Bagno però non pago, continuò a costruire nuove attrattive: un campo di calcio, uno di pallacanestro, uno di tennis, uno di bocce, uno di golf, una pista per il pattinaggio, una vasca per il tiro a volo, un luna park e un giardino zoologico.
Consonno era ormai diventato un centro di divertimenti popolarissimo che spesso ospitava anche grandi personaggi della musica e dello spettacolo per serate a tema.
Questa trasformazione del paese però intaccò
l’equilibrio idrogeologico del territorio e nel 1966 le continue piogge favorirono il movimento di masse di fango che l’anno successivo provocò una prima frana che invase proprio la strada tracciata d’accesso disegnata da Bagno. Quest’ultimo però tirò dritto, riparò velocemente i danni e continuò a edificare anche se il flusso di turisti iniziava a registrare un’inversione di tendenza. Nel 1976, quando il posto ormai non richiamava più molte persone, una seconda frana distrusse la stessa via d’accesso decretando la fine del sogno della “città dei balocchi”
Oggi, le sue strade vuote e i suoi edifici in rovina e pericolanti danneggiati anche dal vandalismo di un rave party sono una testimonianza del passato glorioso di questo luogo.

Brento Sanico

3 – Brento Sanico (Toscana)

Nel cuore dell’appennino tosco-romagnolo, nel comune montano di Firenzuola si trova su un colle sopra la valle del Santerno nei pressi di una cava di pietra serena, tipica della zona. Il nome del paese, di origine germanica, significa “ben protetto dalle intemperie del vento”.
Brento Sanico era un luogo importante dato che si trovava sull’unica strada che collegava la Toscana con la Romagna e i dazi che i governanti imponevano ai viandanti erano molto alti anche perché servivano a garantire la manutenzione delle strada messa a dura prova dalle pendenze dal fango e dalla neve invernale.
La sua popolazione viveva di pastorizia e agricoltura mentre alcuni lavoravano nella vicina cava ma il borgo era famoso negli anni Trenta per le feste che si svolgevano e fino agli anni Quaranta c’era anche una scuola.
L’abbandono progressivo si è concluso nel 1951 quando se ne andò l’ultima famiglia e i motivi sono da ricercarsi nella costruzione delle nuove strade e autostrade, più a valle che ha tagliato fuori Brento Sanico dalla vita civile.

Balestrino

4 – Balestrino (Liguria)

Tra le colline della Liguria, in provincia di Savona è il borgo di Balestrino è un antico borgo medievale abbandonato nel corso del XX secolo a causa di frane e dissesti idrogeologici.
Tutto è fermo oggi a
Balestrino, persino l’orologio della chiesa. L’antica meridiana si è fermata tra il 1962 e il 1963 quando tutto ebbe fine per iniziare a fine vallata con un nuovo paese.
Siamo
su uno sperone roccioso a strapiombo sul torrente Barescione e il borgo è stato abbandonato in quegli anni dopo diversi movimenti sismici che hanno causato numerosi danni, tanto da farlo diventare invivibile.

Monterano

5 – Monterano (Lazio)

Nascosto tra le colline della campagna laziale, il borgo di Monterano è un antico borgo abbandonato risalente al XIII secolo.
Un tempo prestigioso feudo di importanti famiglie si trova a ovest del Lago di Bracciano. Nel 1770 sulla cittadella si scatenò una violentissima epidemia di malaria che decimò gran parte della popolazione soprattutto quella contadina.
Il colpo di grazia a Monterano lo dette il rifiuto degli abitanti (siamo nell’Ottocento) di macinare il grano per i conquistatori francesi che si vendicarono di questo no inviando l’esercito a distruggere e incendiare il paese.

Gairo Vecchio

6 – Gairo Vecchio (Sardegna)

Nella Barbagia è il borgo di Gairo Vecchio risalente al XVI secolo e abbandonato negli anni ’50 a causa di frane e dissesti idrogeologici.
La sua storia tormentata inizia alla fine dell’Ottocento, quando diversi violenti nubifragi provocano frane e smottamenti, e continua per circa mezzo secolo, fino alla terribile alluvione del 1951.
Dopo l’ennesima disastrosa alluvione il paese non è più sicuro e si decide di abbandonarlo per ricostruirlo altrove. Ma non trovando l’accordo sul luogo dove costruire il nuovo centro Gairo si divide in tre: Gairo Sant’Elena, Gairo Taquisara e Gairo Cardedu.

Romagnano

7 – Romagnano al Monte (Campania)

Nascosto tra le montagne della Campania interna, il borgo di Romagnano al Monte è un antico borgo abbandonato risalente al XI secolo. Un paese sfortunato che ha conosciuto pestilenze, carestie, brigantaggio e terremoti e che a causa di un terremoto, quello disastroso del 23 novembre 1980 fu abbandonato per sempre.
Oggi è una visione suggestiva a quel tempo come se si fosse cristallizzato con quei palazzi dall’architettura degli anni Settanta, che stridono con le abitazioni antiche del borgo.
Diversi edifici sono crollati o pericolanti, ma è comunque possibile trovare tracce di vita con cuine arredate con sedie e tavoli, vecchi ritagli di giornale, lattine arrugginite.

Borgo Medievale S.Severino di Centola, Salerno

8 – San Severino di Centola (Campania)

Situato nel Cilento, il borgo di San Severino di Centola è un antico borgo risalente al X secolo poi abbandonato progressivamente dal XVIII secolo.
Nel 1624, gran parte della popolazione fu sterminata da un’epidemia di peste ed è di questo periodo la consacrazione della chiesa alla Madonna degli Angeli protettrice contro il morbo. Nel corso della prima metà del 1700 venne abbandonata la chiesa cattedrale in quanto la popolazione, a causa delle generali condizioni di povertà e miseria, non poté realizzare i lavori di manutenzione sollecitati dal Vescovo.
Con la costruzione nel 1888 della linea ferroviaria Pisciotta – Castrocucco, man mano la popolazione cominciò a trasferirsi a valle per cui nel giro di una cinquantina d’anni il paese venne quasi del tutto abbandonato, anche se fino al 1977 alcune case del borgo vecchio erano ancora abitate.

Cirella


9 – Cirella Vecchia (Calabria)

Nelle colline calabresi a picco sul promontorio del mare di Diamante è Cirella Vecchia antico borgo originario del XIV secolo e abbandonato nel XVIII secolo.
Si sa che spesso le storie si confondono con le leggende e a Cirella sembra esistere davvero una strana leggenda, ma questa volta collegata ad alcune malattie che hanno colpito la città intera.
Si racconta che a metà del Seicento tra pestilenze e terremoti il feudo calabrese conobbe la sua caduta e rovina, sembra invece che alcune milizie inviate da Napoleone l’assediarono per stabilirsi ma questa  invasione fu travisata dagli abitanti del luogo raccontando una storia, divenuta poi leggenda: questa che narra di un’occupazione e grande attacco da parte di formiche giganti che divorarono tutti i cittadini.


10 – Celleno (Lazio)

Nel cuore della Tuscia Celleno è un antico borgo del XII secolo abbandonato da tutta la sua popolazione nel XIX secolo a causa di una feroce epidemia di malaria.
Fra tutti i borghi è forse quello oggi più conosciuto e per questo “aggredito” da un turismo di massa che ne ha quasi cancellato il fascino.
Già danneggiato da terremoti nel corso del Cinquecento e del Seicento alcune scosse telluriche degli anni’30 del Novecento
minarono ulteriormente soprattutto il versante nord dell’abitato e convinsero le autorità ad abbandonare il recupero della Celleno antica che andò sempre più spopolandosi.
Il centro fu progressivamente trasferito ad oltre un chilometro di distanza, lungo la via verso l’odierna strada Teverina e l’originario insediamento medievale, quindi, per motivi socio-economici e di instabilità dei pendii, fu abbandonato definitivamente a partire dagli anni Cinquanta.

 

 

Nova Gorica e Gorizia: capitali europee della cultura 2025

Nova Gorica e Gorizia: capitali europee della cultura 2025

Il 2024 in Slovenia sarà un anno ricco di cultura che accompagnerà il Paese a ospitare GO!2025, ovvero le celebrazioni dedicate a Nova Gorica e Gorizia, insieme Capitale Europea della Cultura 2025.
Ma è anche il ventennale dall’ingresso della Slovenia all’interno dell’UE: si è aperta, in quell’occasione, una nuova stagione per il Paese, segnata dall’abbattimento delle frontiere con il resto d’Europa e dalla voglia di raccontarsi al continente.

O Borderless! Nova Gorica e Gorizia, Capitali Europee della Cultura 2025

Cominciano già nel 2024 le celebrazioni per GO!2025, l’anno in cui Nova Gorica condividerà con Gorizia il titolo di Capitale Europea della Cultura.
Due città simbolo o, meglio, una sola città, l’unica in Europa ad essere attraversata da un confine tra due Stati.
Un confine che, per troppi anni, ha significato frattura, una separazione immortalata nelle foto in bianco e nero del filo spinato di piazzale Transalpina, e che, invece, oggi diventa sempre più una mano tesa, un luogo di incontro tra due popoli e il simbolo, per tutto il resto del mondo, di come la pace e la condivisione siano un percorso non solo possibile, ma addirittura necessario.

Vista di Nova Gorica

Nova Gorica, la città “nuova”

Nova Gorica, poco più di 13.000 abitanti tra le fertili colline della riva sinistra del fiume Isonzo, è considerata la più giovane città della Slovenia in virtù dei suoi “soli” 70 anni di vita, audace e futurista nell’architettura quanto verde e consapevole nei confronti del ricco patrimonio enogastronomico della valle del Vipacco, che accomuna entrambi i lati del confine.
Tra i simboli della città, è immancabile una visita al ponte di Salcano, il più grande ponte ferroviario sospeso in pietra del mondo.
Oltre alla funzione originaria di lasciar transitare i treni sopra l’Isonzo, il ponte di Salcano diventa in estate anche l’unico luogo in Slovenia dove è possibile praticare il bungee-jumping: adrenalina pura!

Il ponte di Salcano


Due città, una capitale europea: un fatto unico

È partito il conto alla rovescia per il 2025, quando Nova Gorica, la città più giovane della Slovenia, e la vicina Gorizia, una combinazione unica di due città tra loro intrecciate, brilleranno nei cieli europei e mondiali come Capitale europea della cultura. E con loro la Slovenia, con la sua sontuosa cultura, l’arte di livello mondiale, la creatività frizzante e il patrimonio unico.
Unitevi a noi per scoprire ciò che unisce queste città suggestive e le storie sconfinate che si intrecciano tra loro e nella più ampia regione.
Il fatto che una delle Capitali europee della cultura sia composta da due città è un fatto unico. Ma questa è, infatti, la storia straordinaria delle due città goriziane.
Nova Gorica è la città più giovane della Slovenia, strettamente intrecciata storicamente e nella vita quotidiana con Gorizia, sul lato italiano del confine.
E proprio lì, a partire dalla Seconda guerra mondiale, si è sviluppata una città dall’identità giovane, in un paesaggio lambito dalle fertili colline, dai frutteti e dai vigneti delle valli di Brda e di Vipava, dove l’Isonzo color smeraldo sgorga dal seno delle Alpi, e dove il misterioso Carso e il mare sono a portata di sguardo.
La storia, le storie, i personaggi, i risultati passati, presenti e futuri della creatività, dell’integrazione e dell’arte delle due Gorizie saranno presentati quest’anno, e soprattutto il prossimo anno, alla Slovenia, all’Italia, all’Europa e al mondo attraverso una visione e il programma GO!2025 = BORDERLESS.
Da una parte Nova Gorica, costruita da zero all’indomani della Seconda guerra mondiale, una volta tracciato il confine divisivo tra Italia e Slovenia.
Dall’altra Gorizia, centro culturale, amministrativo ed economico con una storia molto più antica. GO! Borderless incarna l’obiettivo di far risuonare all’unisono il patrimonio di una città modernista con l’eredità di una città millenaria. L’obiettivo di superare i loro confini, in un percorso di riconciliazione.
Per realizzarlo, il primo passo è stato sviluppare una strategia transfrontaliera innovativa, uno spiccato senso di coesione e uno sforzo comune di comunicazione. Tra due Paesi, due città e molte persone. GO! 2025 supera le barriere fisiche e culturali tra le nostre società, a dimostrazione che una governance transfrontaliera impatta positivamente sulla crescita delle periferie europee, tasselli irrinunciabili nel mosaico dell’Unione.


La storia del goriziano

Dai Conti di Gorizia al governo degli Asburgo, passando per la parentesi napoleonica, l’annessione all’Italia dopo la Prima guerra mondiale e la spartizione tra Italia e Jugoslavia – poi Slovenia – con i Trattati di Parigi.
Il Goriziano, e con lui Nova Gorica e Gorizia, ha vissuto sulla propria pelle gli stravolgimenti storici e geopolitici dell’Europa. Un territorio diviso tra due Paesi, ma unito nello spirito e negli intenti: creare la prima Capitale europea della cultura transfrontaliera.
Tutto ha inizio con i patriarchi di Aquileia e i Conti di Gorizia nell’XI secolo. È sotto il loro controllo politico e amministravo che il Goriziano acquisisce per la prima volta l’unità, comprendendo il Collio e il Carso e l’area abbracciata da quattro fiumi: l’Isonzo e i suoi confluenti Vipacco, Iudrio e Idria.
Poi, nel XV secolo, il testimone passa nelle mani della casa d’Asburgo: l’ultimo conte, Leonardo, muore senza discendenti lasciando in eredità la contea a Massimiliano I d’Asburgo. Entra allora in gioco anche la Repubblica di Venezia, desiderosa di far valere i propri diritti feudali e di successione ai conti di Gorizia. Nel 1508 i veneziani dichiarano guerra agli Asburgo, con un esito disastroso: la sconfitta veneta nella Battaglia di Agnadello del 1509 conferma il governo asburgico della regione, destinato a durare per altri quattro secoli, eccetto che per la breve parentesi napoleonica.
Parentesi che, più precisamente, ha inizio nel 1809 con l’annessione del Goriziano alle Province Illiriche, fino al 1813 e alla caduta di Napoleone. Da qui, i confini vengono ridefiniti per restare poi invariati fino alla fine della Prima guerra mondiale.
Infatti, nel 1918 l’Italia occupa l’intera area, che con il Trattato di Rapallo (1920) diventa ufficialmente parte del Regno d’Italia. Così la Provincia di Gorizia viene prima soppressa, con l’annessione dei suoi territori alla Provincia del Friuli nel 1923, e in seguito ristabilita nel 1927.
Ma è con la Seconda guerra mondiale che il Goriziano subisce i cambiamenti più influenti. Dopo la grande guerra, viene prima occupato dall’esercito di liberazione e poi diviso in due zone tramite gli Accordi di Belgrado e Duino del 1945: la zona A amministrata dalle forze armate anglo-americane, e la zona B, amministrata dalla Jugoslavia.
Il Goriziano diventa così oggetto di una intensa contesa dal punto di vista politico e diplomatico, cui pone rimedio il Trattato di Pace di Parigi del 1947: gran parte del territorio è assegnato alla Jugoslavia e la restante parte, compresa Gorizia, all’Italia.
Il nuovo confine – che nei primi anni è pressoché invalicabile – corre ai lati della città di Gorizia dividendola dal suo entroterra, così come corre ai margini del territorio jugoslavo privandolo del suo centro nevralgico. Con Gorizia dall’altro lato del confine, nel 1948 comincia la costruzione di una nuova città, Nova Gorica.
Nel 1949 Italia e Jugoslavia firmano l’Accordo di Udine, che regola e facilita il traffico nell’area transfrontaliera.
Nel 1975 un altro trattato, di Osimo, rende definitive le frontiere terrestri e marittime tra i due Stati, con accordi sulla loro collaborazione economica che migliora le condizioni di vita della popolazione al confine.
Poi, nel 1990, inizia l’ennesimo stravolgimento geopolitico in Europa: la disgregazione della Jugoslavia, che cerca di reprimere il tentativo sloveno di creare uno stato indipendente.
Dopo una guerra durata dieci giorni e i successivi negoziati del 1991, la Slovenia dichiara ufficialmente la propria indipendenza.
Nel 2004 ottiene il riconoscimento della comunità internazionale diventando membro UE e nel 2007 entra a far parte dello spazio Schengen.
L’area transfrontaliera rappresenta da sempre un luogo importante e strategico per entrambi gli Stati, oltre che uno strumento di sviluppo sotto tanti punti di vista: cultura, economia, commercio, trasporti.
Dai comuni limitrofi divisi dal confine, quindi, cresce il bisogno di stabilire nuove forme di collaborazione, di coesione e di scambio. Un bisogno che diventa realtà nel 2010 con l’istituzione del Gruppo europeo di cooperazione territoriale, GECT GO.
Il resto è storia, e ci conduce esattamente qui: alla prima Capitale europea della cultura transfrontaliera, con Nova Gorica e Gorizia alla guida di un territorio unito nello spirito e negli intenti.

Piazza Transalpina con i resti del muro

Il “muro di Gorizia” una ferita rimarginata

Il muro di Gorizia anche se meno celebre era un po’ come quello di Berlino in quanto separava l’abitato goriziano rimasto italiano, dai quartieri periferici e dalla stazione ferroviaria della ferrovia Transalpina, che furono annessi al termine della Seconda guerra mondiale alla Jugoslavia.
Il muro di Gorizia, in sloveno Goriški zid, era una recinzione costituita da una base in calcestruzzo larga 50 centimetri sormontato da una ringhiera di un metro e mezzo, costruita nel 1947 e collocata lungo il confine italo-jugoslavo passante all’interno della città di Gorizia.
Nel 2004, a seguito dell’ingresso della Slovenia nell’Unione europea, ne è stata smantellata la porzione che divideva in due piazza della Transalpina.
La città di Nova Gorica come detto sorse successivamente alla separazione, allo scopo di ridare un baricentro amministrativo all’area territoriale circostante annessa alla Jugoslavia, in quanto veniva a mancare il ruolo naturale che era stato svolto dalla città di Gorizia, rimasta in territorio italiano. Simbolicamente si contrapponevano i progressi del mondo socialista a quello capitalista e la piazza della Transalpina divenne uno dei simboli della separazione politico-ideologica tra l’Europa occidentale e quella orientale durante gli anni della Guerra fredda.
Nella seconda metà degli anni quaranta e negli anni cinquanta del Novecento, il muro rappresentò un valico clandestino per molti cittadini jugoslavi e dei paesi del patto di Varsavia.
Negli anni ci furono molti momenti di alta tensione, come ad esempio nell’ottobre e novembre del 1953 quando col protrarsi della questione triestina e di fronte al timore che Tito sfruttasse un comizio indetto a Okroglica, a pochi chilometri dal confine goriziano a cui avrebbero partecipato 250 000 ex partigiani titini per annettersi militarmente la zona B del TLT, il primo ministro italiano Pella temendo un invasione inviò l’esercito italiano al confine.
La piazza della Transalpina simbolo di una ferita della storia prende il suo nome dalla linea ferroviaria di cui fa parte la stazione.
Questo tratto venne inaugurato dall’arciduca Francesco Ferdinando nel 1906 e collega Trieste con Jesenice per poi addentrarsi nell’Europa centrale.
Oggi l’intera piazza è stata ristrutturata in modo da formare un unico spazio pubblico dove è permessa la libera circolazione dei pedoni.
Al posto della parte centrale del muro, c’è un mosaico circolare e il confine di stato. Rimossa la barriera fisica del muro, è ora indicato da una linea di mattonelle di pietra sulla pavimentazione.
Fino al 22 dicembre 2007 la libera circolazione era possibile solo all’interno della piazza ma poi con l’ingresso della Slovenia nell’area di sicurezza definita dagli accordi di Schengen, il confine è stato eliminato del tutto. Fino a quella data infatti, per accedere legalmente al territorio sloveno o a quello italiano, era necessario esibire i documenti ai valichi di frontiera, dove erano presenti e attivi i presidi della pubblica sicurezza italiana e della polizia slovena.
Una nota curiosa: nel maggio 2020, durante la pandemia di Covid-19, nel quadro delle misure per rallentare la diffusione del contagio, la piazza della Transalpina è stata nuovamente divisa da una rete metallica in corrispondenza del confine italo-sloveno, per impedire il passaggio di frontiera: questo ha ricordato a molti cittadini di Gorizia e Nova Gorica brutti di quando, tra il 1947 e il 2004 i due paesi erano divisi da una recinzione.
Oggi nella memoria dei goriziani uno dei simboli più evidenti della Guerra fredda è la Stella Rossa collocata sul frontone del palazzo della stazione, accompagnata dalla scritta in sloveno “Mi gradimo socializem” (“Noi costruiamo il socialismo”).
A seguito dell’indipendenza slovena (1991), venne dapprima addobbata come una stella cometa in occasione del Natale e, successivamente, rimossa. Oggi è conservata all’interno della stazione.


20 anni in Europa per la Slovenia

1° maggio 2004: la data scolpita nella pietra del monumento eretto proprio sul confine tra Nova Gorica e Gorizia, che ha segnato non solo per le due città ma per l’intero paese un punto di svolta. La Slovenia faceva, insieme ad altri nove Stati, ingresso nell’Unione Europea, novità che ha significato per il Paese, posto proprio nel cuore dell’Europa, tra le pianure pannoniche e il Carso, tra le Alpi e il Mediterraneo, mitteleuropeo e slavo, la possibilità di crescere e aprirsi a nuovi scambi culturali.
Proprio l’area del confine italo-sloveno sarà il centro nevralgico degli eventi che accompagneranno le due città al 2025, con la nascita del nuovo distretto ECOC, che prenderà vita proprio nel tratto di un chilometro tra le due ex dogane.
10 milioni di euro di investimenti per riqualificare l’area in un’ottica green, per un intervento che interesserà anche la stessa aera del piazzale Transalpina, che dall’altro lato del confine chiamano, per l’appunto, Trg Evrope (piazza Europa).

 

 

 

 

Esplorando i rifugi più belli d’Italia: Un’avventura tra montagne e natura incontaminata

Esplorando i rifugi più belli d’Italia: Un’avventura tra montagne e natura incontaminata

L’Italia è ben nota per la sua straordinaria bellezza naturale, soprattutto quella delle sue straordinarie cime alpine e appenniniche.
Una delle migliori modalità per esplorare le montagne italiane è farlo attraverso i rifugi alpini.
Questi accoglienti spazi offrono riparo e conforto ai viaggiatori mentre esplorano le meraviglie delle Alpi italiane.
Ecco per vacanze speciali un’idea speciale, ovvero scoprire l’Italia della montagna attraverso una selezione dei rifugi più belli.

Rifugio Lagazuoi
I

Rifugio Lagazuoi (Dolomiti)

Situato nelle spettacolari Dolomiti, il Rifugio Lagazuoi offre una vista mozzafiato sulle vette circostanti e sulle valli sottostanti.
Accessibile sia a piedi che tramite funivia, questo rifugio è il punto di partenza ideale per escursioni panoramiche e arrampicate avventurose.

Rifugio Elisabetta Soldini (Monte Bianco)

Immerso nel cuore del massiccio del Monte Bianco, il Rifugio Elisabetta Soldini è circondato da uno scenario di straordinaria bellezza alpina.
Situato lungo il famoso Tour del Monte Bianco, questo rifugio è il luogo perfetto per rilassarsi dopo una giornata di escursioni o alpinismo.

Rifugio Alberto I


Rifugio Re Alberto I (Gran Paradiso)

Nel cuore del Parco Nazionale del Gran Paradiso, il Rifugio Re Alberto I è un’oasi di tranquillità circondata da maestose vette e ghiacciai scintillanti.
Accessibile solo a piedi, questo rifugio offre un’esperienza autentica di montagna e la possibilità di avvistare la fauna selvatica locale, come stambecchi e marmotte.

Rifugio Vittorio Emanuele II (Gran Paradiso)

Un altro gioiello del Parco Nazionale del Gran Paradiso, il Rifugio Vittorio Emanuele II uno dei rifugi più antichi e iconici delle Alpi italiane.
Situato a oltre 2.700 metri di altitudine, offre una vista spettacolare sulle vette circostanti e serve come punto di partenza per escursioni alpinistiche e passeggiate panoramiche.

Rifugio Bozano

Rifugio Bozano (Alpi Apuane)

Nelle Alpi Apuane della Toscana, il Rifugio Bozano è immerso in un paesaggio selvaggio e incontaminato, noto per le sue impressionanti formazioni rocciose e le grotte sotterranee.
Questo rifugio è il punto di partenza ideale per esplorare le montagne e le valli circostanti, nonché per assaporare la cucina tradizionale toscana.

Rifugio Torino (Monte Bianco)

Situato a 3.375 metri di altitudine uno dei più alti d’Italia, il Rifugio Torino offre una vista mozzafiato sul Monte Bianco e sulle vette circostanti.
Accessibile tramite funivia dalla città di Courmayeur, questo rifugio è una base ideale per escursioni alpinistiche, sci alpinismo e altre attività outdoor.

Rifugio Pradidali (Dolomiti)

Nel cuore delle Dolomiti, il Rifugio Pradidali è incastonato tra maestose pareti rocciose e prati alpini fioriti. Accessibile solo a piedi, questo rifugio è rinomato per la sua ospitalità e la sua cucina casalinga.
È il punto di partenza per escursioni verso alcune delle vette più iconiche delle Dolomiti.


Rifugio Pian dei Fiacconi (Monte Bianco)

Situato sul versante italiano del Monte Bianco, il Rifugio Pian dei Fiacconi offre una vista spettacolare sul ghiacciaio del Miage e sulle vette circostanti.
Accessibile tramite funivia da Courmayeur, questo rifugio è una base ideale per escursioni panoramiche e avventure alpine.

Rifugio Nuvolau (Dolomiti)

Immerso nel cuore delle Dolomiti Ampezzane, il Rifugio Nuvolau offre una vista mozzafiato sulle vette circostanti, tra cui il maestoso gruppo del Pelmo. Accessibile a piedi o in funivia, questo rifugio è rinomato per i suoi tramonti spettacolari e la sua cucina tradizionale.

Rifugio Brentei (Dolomiti)

Situato nel cuore del Gruppo di Brenta, il Rifugio Brentei è circondato da alcune delle più belle cime dolomitiche.
Accessibile solo a piedi, questo rifugio offre un’esperienza autentica di montagna e la possibilità di esplorare il suggestivo paesaggio alpino circostante
.