I 7 viaggi nel mondo da non perdere per gli amanti del gusto

I 7 viaggi nel mondo da non perdere per gli amanti del gusto

Conoscere luoghi, vicini o lontani, non vale la pena, non è che teoria; saper dove meglio si spini la birra, è pratica vera, è geografia”.
Sono queste le parole, anche se non tra le più studiate a scuola, che lo scrittore Goethe dedicava, in tempi non sospetti, ai viaggi alla scoperta del gusto.
Una tendenza che, secoli dopo, si è rivelata più che azzeccata, dato il crescente interesse nelle tradizioni culinarie.
Ecco allora per voi alcune mete internazionali che ospitano festival dedicati alla cucina o che custodiscono ingredienti e ricette che le hanno rese celebri nel mondo.
Da segnare in calendario per un anno dal sapore inconfondibile.

Vienna

1 – Marzo: giornata delle torte in Mitteleuropa

La giornata delle torte del 17 marzo è entrata di recente a far parte del club delle Giornate mondiali, ma può rappresentare un ottimo pretesto per partire per un itinerario last minute alla volta di Germania e Austria.
Precisamente, sulle tracce delle loro inimitabili creazioni dolciarie, come la torta Foresta Nera, caratterizzata dalla presenza di cioccolato e ciliegie, di cui i boschi del land sono ricchi e della torta Sacher, prelibatezza viennese.
Un viaggio in cui natura, cultura e buona tavola possono regalare un mix adatto a superare anche le giornate piovose.

Gumbo a New Orleans

2 – Aprile e maggio: tra musica e frutti di mare con il New Orleans Jazz & Heritage Festival

Per gli amanti della musica e della gastronomia il New Orleans Jazz & Heritage Festival è un evento imperdibile.
Tra la fine di aprile e l’inizio di maggio centinaia di migliaia di appassionati si radunano per ascoltare una lipe up di artisti che animano la città interpretando una serie di generi che affondano le proprie radici nel sud: dal blues al folk, passando per il country e, ovviamente, il jazz.
Ad accompagnare le performance i migliori piatti di mare del sud, tra cui il gumbo, uno stufato servito su riso e preparato con un’ampia varietà di ingredienti, come peperoni, salsiccia e frutti di mare, ma anche gamberi e pesce fresco cucinati nello stile tradizionale della città.

Adelaide

3 – Maggio: dall’altra parte del mondo per Tasting Australia 

Nel mese di maggio in Australia si celebra uno dei festival gastronomici più longevi del Paese che da oltre venticinque anni ravviva la stagione autunnale sotto l’equatore.
Si tratta di Tasting Australia, un evento nel cuore di Adelaide che offre esperienze culinarie esclusive nel Sud dell’Australia con il supporto di leggende del posto e dei migliori chef di tutto il mondo.
Nel corso del festival si possono assaggiare piatti per ogni budget tra “Dining Galleries”, locali a metà tra un ristorante e una galleria d’arte, lezioni di cucina e masterclass sul mondo del vino, della birra e dei distillati, ma anche degustazioni, pranzi lussuosi e cene in terrazza per celebrare la ricchezza della cucina australiana.

Londra

4 – estate: un salto al Taste of London

Con chef rinomati, ristoranti di alto livello e produttori innovativi, questo evento offre un’esperienza unica agli appassionati di cucina.
Taste of London è un festival culinario che racchiude l’essenza vivace e variegata della scena gastronomica londinese più all’avanguardia.
Dalle squisite degustazioni alle dimostrazioni culinarie dal vivo, ogni angolo di Taste of London è una delizia per i sensi, dove i partecipanti possono scoprire nuove tendenze e celebrare l’eccellenza gastronomica in un’atmosfera animata e festosa.

Galway

5 – settembre: alla scoperta delle ostriche di Galway

Ogni anno, nel cuore della costa ovest irlandese l’apertura della stagione delle ostriche viene celebrata con il Galway International Oyster Festival, (leggi articolo qui) un evento di tre giorni dedicato interamente ai prelibati molluschi.
In occasione della manifestazione, che si tiene l’ultimo weekend di settembre, la città organizza un ricco palinsesto di eventi tra cene e degustazioni per assaggiare le ostriche provenienti dalle acque di Brandy Bay accompagnati da musica dal vivo, auto d’epoca e sfilate.
Da non perdere, per gli amanti della birra, il “giro” dei pub della città che, in occasione del festival, offrono ostriche come accompagnamento gratuito a una pinta di stout.

Octoberfest a Monaco di Baviera

6 – ottobre: a Monaco per il mito Oktoberfest

Nonostante sia noto soprattutto per la birra, l’Oktoberfest è celebre anche per la gastronomia tradizionale tedesca.
Per circa tre settimane in ottobre, i partecipanti vivono un’esperienza unica, provando un’ampia varietà di piatti tradizionali come pretzel, salsicce e stinchi di maiale, ascoltando musica dal vivo e partecipando ad attività culturali.
L’evento si tiene ogni anno in Baviera dal 1810, attirando milioni di visitatori da tutto il mondo. Le grandi birrerie e i coloratissimi costumi tradizionali contribuiscono all’atmosfera vivace e festosa dell’Oktoberfest, che unisce gusto e cultura.

Alba

7 – autunno: i sapori vellutati del tartufo ad Alba

Il festival di Alba è uno degli eventi più importanti dedicati al tartufo bianco, un ingrediente molto apprezzato per l’aroma caratteristico e il sapore delicato, fondamentale in alcune ricette locali.
La manifestazione si svolge durante la stagione di raccolta, che va da ottobre a novembre, e i visitatori possono partecipare ad aste di tartufi, degustazioni ed eventi culinari esclusivi.
L’atmosfera festosa comprende solitamente musica, danze e altre celebrazioni che valorizzano la ricchezza culturale della regione.

 

 

Val d’Ega: con “Beef & Snow” i sapori tipici e la grande cucina scendono sulla neve

Val d’Ega: con “Beef & Snow” i sapori tipici e la grande cucina scendono sulla neve

La neve che ogni anno si posa puntualmente sulle sue montagne trasforma le piste della Val d’Ega (Bolzano) in immense tavole bianche, sulle quali è possibile assaporare non solo il piacere della discesa ma anche il gusto di un territorio.
Tra l’8 e il 24 marzo 2024Beef & Snow propone di nutrire letteralmente la propria passione per lo sci e lo snowboard, aggiungendo al piatto degli sport invernali la possibilità di scoprire le prelibatezze e le delizie del luogo.


Il gusto dell’emozione in val d’Ega

Una terra che si rispecchia nella sua gente: la Val d’Ega è autentica, genuina e legata alle tradizioni di montagna. Come i suoi sapori!
Per chi ama l’adrenalina sportiva o per chi preferisce oziare in relax, per chi sta organizzando una vacanza con i bambini o per chi vuole semplicemente ammirare la natura incontaminata delle Dolomiti: questa valle ti stupirà con le sue delizie – e non solo culinarie!
Dalla cucina stellata alle sagre paesane, dalle rassegne gastronomiche ai programmi per famiglie, sulle tracce della storia o scalando in cima alle vette: la Val d’Ega è un territorio ricco di esperienze e di gusti, da assaporare lentamente.
La ricetta? Un mix di eventi coinvolgenti, escursioni emozionanti, panorami pittoreschi, aree wellness rilassanti e tante prelibatezze per il palato. Una valle che ti invita ad assaporare le ricette locali o ad avventurarti nella gola del Bletterbach, a percorrere trekking ad alta quota o affrontare tornanti mozzafiato in sella alla bicicletta. Qui potrai vivere la spiritualità nei santuari meta di pellegrinaggio o farti accogliere dalla calorosa ospitalità della gente del posto.
In Val d’Ega tutto ruota intorno all’emozione: dalle gioie per il palato fino all’entusiasmo di vivere avventure sempre nuove, sempre diverse. Con le cime del Catinaccio e del Latemar: un viaggio variegato di sapori, per costruire i tuoi preziosi ricordi tra queste millenarie montagne dolomitiche.


Neve e cucina, binomio perfetto

Quando la stagione entra nella fase finale, le baite, i rifugi e i ristoranti a Carezza e Obereggen offrono specialità tipiche con carne di manzo di alta qualità proveniente direttamente dalla Val d’Ega, per un’iniziativa che segna l’ennesimo trionfo dell’intreccio tra turismo, allevamento e agricoltura, nell’ambito delle ormai mitologiche Settimane Culinarie.

Focus Val d’Ega tra Catinaccio e Latemar

Poco distante dalla città capoluogo dell’Alto Adige, Bolzano, si apre allo sguardo una valle meravigliosa. La Val d’Ega comprende sette paesini di montagna, abbracciati da due di più famosi massicci dolomitici: il Catinaccio e il Latemar, con le loro cime millenarie.
Una vallata verde, in tutti i sensi: per la sua natura incontaminata e per il suo approccio alla sostenibilità. Un luogo dove trascorrere momenti spensierati all’aria aperta, rigenerandosi a contatto con la natura – per una vacanza che fa battere il cuore.
Inverno, primavera, estate, autunno: in ogni stagione, qui troverai la tua avventura. Per chi ama lo sport, la cultura, il gusto, la natura, l’esclusività e per chi viaggia in famiglia. Naturalmente, in compagnia delle storie leggendarie delle Dolomiti. E sempre con rispetto per l’ambiente e amore per la natura!
L’offerta outdoor sulla neve comprende 2 aree Dolomiti Superski con un totale di 90 km di piste, 80 km di piste da sci di fondo, 160 km di sentieri escursionistici invernali battuti, 150 km di escursioni con le racchette da neve, 3 piste da slittino e 2 snowpark. Nella stagione calda, la Val d’Ega offre 500 km di sentieri escursionistici, 200 km di percorsi per mountain bike, 4 vie ferrate e 2 campi da golf.

 

Torino, viaggio nel cuore del podere sabaudo. I 6 luoghi da visitare

Torino, viaggio nel cuore del podere sabaudo. I 6 luoghi da visitare

Tra il XVI e il XVIII secolo la dinastia sabauda volle circondarsi di un sistema di residenze progettate e realizzate dai più importanti architetti dell’epoca: teatro della vita di corte e testimonianza dell’autorità acquisita, luoghi di svago e palazzi di piacere lungo i fiumi, sulla collina e nelle campagne diedero origine a quella che veniva chiamata la “Corona delle Delizie”.
Il centro di Torino è stato, per secoli, nucleo del potere politico sabaudo e cuore di Casa Savoia.
Palazzo Reale, simbolo della magnificenza e del fasto della dinastia, è il fulcro della Zona di Comando e delle Collezioni Reali, ora riunite nei Musei Reali.
L’area di Piazza Castello, delimitata da Palazzo Chiablese, è dominata dalla monumentale facciata juvarriana di Palazzo Madama, trionfo del barocco, che dialoga con la cupola di San Lorenzo e con il poco distante Palazzo Carignano.
A pochi passi dal centro di Torino, Villa della Regina, attorniata da vigne ed eleganti giardini, e il Castello del Valentino, lungo le rive del fiume Po, furono dimore predilette di duchesse, principesse e regine.


I musei reali di Torino

I Musei Reali di Torino propongono un affascinante itinerario di storia, arte e natura, riunendo in un unico complesso museale il Palazzo Reale con l’Armeria e la Cappella della Sindone, la Galleria Sabauda, il Museo di Antichità con la Galleria Archeologica e il Teatro Romano, i Giardini Reali, la Biblioteca Reale e le Sale Chiablese, poste su Piazzetta Reale e destinate alle esposizioni temporanee.
Una città nella città che conferma la centralità di Torino e del suo patrimonio artistico, architettonico e storico in ambito internazionale: oltre 3 chilometri di straordinario percorso di visita per rivivere la Storia, dal primo insediamento romano all’Unità d’Italia.
I Musei Reali, situati nel cuore della cosiddetta Zona di comando, custodiscono le molte storie della città di Torino e della dinastia Savoia.
È uno dei sistemi museali più importanti d’Italia, le cui collezioni spaziano dalla preistoria al Novecento, conservando più di 50.000 manufatti archeologici, 200.000 volumi e 8.000 dipinti e disegni.
Il centro dei Musei Reali è costituito dal Palazzo Reale, la cui costruzione fu avviata nel 1584 per volontà del duca Carlo Emanuele I. È qui che si incontrano i principali protagonisti del rinnovamento artistico e culturale di Torino: sovrani, architetti, pittori e scultori che hanno contribuito a modellare il volto moderno della città. Ben dodici generazioni di sovrani hanno abitato nei sontuosi ambienti del palazzo, trascorrendo le giornate al ritmo del cerimoniale di corte.
I celebri architetti Filippo Juvarra, Benedetto Alfieri e Pelagio Palagi, chiamati per aggiornare il gusto decorativo della reggia, nel corso dei secoli hanno reso Palazzo Reale una residenza ricca di fascino, unica nel suo genere. Nelle volte dipinte, intagliate e dorate trovano spazio le favole antiche, celebrative del potere di Casa Savoia realizzate dai pittori di corte Jan Miel, Daniel Seiter e Claudio Francesco Beaumont. Dal 1861, Palazzo Reale ha assunto il ruolo di prima reggia dell’Italia unita.
L’amore per le arti di Casa Savoia è testimoniato dall’ambizioso progetto di riorganizzazione delle collezioni promosso dal re Carlo Alberto. Nel 1831 fu fondata la Biblioteca Reale, che custodisce antichi manoscritti, codici miniati, incisioni e disegni, tra i quali spicca una preziosa raccolta di autografi di Leonardo da Vinci.
Nel 1832 venne istituita la Regia Pinacoteca, oggi Galleria Sabauda, in cui si possono ammirare opere di artisti italiani tra i quali Duccio, Beato Angelico, Botticelli, Mantegna, Bronzino, Veronese e Tiepolo, e stranieri come Memling, van Eyck, Rubens, van Dyck e Rembrandt.
Nel Museo di Antichità sono conservati i manufatti archeologici acquistati a partire dalla fine del Cinquecento dai duchi Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele I, oltre a reperti provenienti dagli scavi di 
Augusta Taurinorum e dal territorio piemontese.
Aperta al pubblico nel 1837, l’Armeria Reale espone una vasta collezione di armi e armature dei Savoia e il Medagliere raccoglie più di 60.000 medaglie, sigilli e monete.
Completano il complesso museale i Giardini Reali, che si sviluppano su 7 ettari. Recentemente restaurati e liberamente accessibili al pubblico, sono la meta ideale per concedersi una pausa al centro della città.
Le Sale Chiablese, ospitate al piano terreno dell’omonimo Palazzo, sono destinate alle esposizioni temporanee, con particolare riferimento alla fotografia contemporanea e alle produzioni che i Musei Reali dedicano al loro vasto patrimonio, antico e moderno.

Palazzo Madama

“Palazzo Madama è come una sintesi di pietra di tutto il passato torinese, dai tempi delle origini, dall’epoca romana, ai giorni del nostro Risorgimento”. Le parole di Guido Gozzano (da La casa dei secoli del 1914) echeggiano i duemila anni di storia di un edificio unico al mondo: nel I secolo porta decumana di Augusta Taurinorum; nel XIII secolo castello medioevale; nel Settecento capolavoro del barocco europeo; nell’Ottocento osservatorio astronomico e poi il luogo ove “[…] dal MDCCCXLVIII al MDCCCLXVI il Senato del Regno Subalpino prima, italiano poi, riaffermò e svolse lo Statuto Albertino, intrepidamente sostenne i diritti della Patria, suscitò tre guerre contro lo straniero oppressore, auspicò agli ardimenti della Crimea, volle preparò sancì l’unità nazionale, costituì il Regno d’Italia, proclamò Roma capitale” come recita il grande cartiglio, a lettere d’oro incise su fondo nero, della Sala del piano nobile di un Palazzo Madama che, più di ogni altra residenza sabauda, incarna il potere femminile.
Deve infatti il suo nome alle due Madame Reali che nel Seicento lo scelsero come loro dimora ufficiale, segnando il passaggio da castello a residenza. Cristina di Francia, prima Madama Reale, vi si trasferì dal 1638, durante la reggenza per conto del figlio Carlo Emanuele II di Savoia, all’epoca minorenne. Per adeguare l’edificio alla vita di corte, Cristina incaricò l’architetto Amedeo di Castellamonte di coprire l’antico cortile medievale per realizzare, al piano nobile, un ambiente di rappresentanza e una grande sala per le feste e i ricevimenti.
Anche la seconda Madama Reale, Giovanna Battista di Savoia Nemours, abitò il palazzo dopo la morte del marito (1675), il duca Carlo Emanuele II. Per volontà della reggente le sale vennero riccamente decorate con preziosi stucchi dorati modellati da Pietro Somasso e spettacolari affreschi celebrativi delle virtù realizzati da Domenico Guidobono. La trasformazione più sorprendente fu affidata all’architetto Filippo Juvarra che, tra il 1718 e il 1721, progettò la facciata e lo straordinario scalone a due rampe all’ingresso.
Con il trasferimento della capitale d’Italia a Firenze, dal 1884 Palazzo Madama è interessato dagli interventi di studio e restauro coordinati dall’architetto Alfredo d’Andrade, accompagnati da una campagna di scavi e ricognizioni capaci di ricostruirne la complessa e millenaria storia. Strumentale al principio di una nuova fase: dal 1934 Palazzo Madama accoglie le collezioni del Museo Civico d’Arte Antica in un percorso ora articolato su quattro piani di visita, svolgendo un itinerario attraverso il tempo e la Storia: il Lapidario Medievale nel piano fossato, il Gotico e il Rinascimento al pian terreno, le Arti del Barocco al primo piano e l’eccezionale raccolta di Arti Decorative al secondo piano. Nel 2011 ai piedi delle due torri è stato inaugurato il giardino medievale, un’oasi di pace e tranquillità nel pieno centro di Torino.


Palazzo Carignano

A due passi dalla centralissima Piazza Castello, è possibile visitare una delle più importanti dimore barocche europee: si tratta di Palazzo Carignano, un vero e proprio scrigno di tesori artistici, memoria sabauda e del Risorgimento Italiano.
La sua storia inizia nel 1679 quando, a seguito della morte del duca Carlo Emanuele II, nell’incertezza per la sua successione, il cugino Emanuele Filiberto Savoia-Carignano decise di costruire un edificio che rappresentasse la grandezza della stirpe, quasi a proporre un’alternativa alla magnificenza di Palazzo Reale. Fu quindi chiamato l’architetto Guarino Guarini che disegnò un progetto che avrebbe plasmato per sempre l’immagine del barocco piemontese.
Fulcro del palazzo, che in origine aveva una pianta a C aperta verso i giardini e le scuderie, in corrispondenza dell’attuale piazza Carlo Alberto, è il monumentale atrio ovale, dal quale si articola il percorso cerimoniale nelle due maniche laterali. Intorno all’atrio si sviluppano due spettacolari scaloni simmetrici che conducono ad un salone ellittico un tempo coperto con una scenografica doppia volta.
Lo sviluppo curvilineo delle architetture interne si ripercuote sull’andamento ondulato della facciata, riprendendo come modello il progetto di Gian Lorenzo Bernini per il Louvre a Parigi. Dall’ultimo decennio del Seicento, gli appartamenti divennero spunto internazionale per la decorazione d’interni. Fu affidata al milanese Stefano Maria Legnani la pittura delle volte, affrescate con mitologie che celebravano la figura del principe; Pietro Antonio Garoe e Pietro Somasso provvidero alle decorazioni in stucco, anticipando le forme del rococò francese; Giovanni Luigi Bosso rivestì di intagli e specchi le sale della manica meridionale, che da allora furono chiamate ‘dorate’.
Come ricordano due targhe commemorative, a Palazzo Carignano nacquero Carlo Alberto e suo figlio Vittorio Emanuele II. Con l’ascesa al trono del primo (1831) e il suo conseguente trasferimento in Palazzo Reale, si aprì un nuovo capitolo per la storia del palazzo.
Ceduto al Demanio e svuotato degli arredi, trasferiti a Palazzo Reale, al Castello di Racconigi e a Pollenzo, nel 1848 divenne sede del Parlamento Subalpino, allestito nell’antico salone ellittico.
Quando, con l’Unità d’Italia, quella sede risultò troppo piccola, si decise di raddoppiare l’edificio che andò a svilupparsi nell’attuale forma quadrangolare, con una nuova facciata rivolta verso piazza Carlo Alberto. In attesa del termine dei lavori, fu costruita un’aula parlamentare provvisoria, collocata nel cortile centrale: lì Vittorio Emanuele II il 17 marzo 1861 promulgò l’atto normativo che sancì la nascita del Regno d’Italia.
Nel 1865 la capitale fu trasferita a Firenze e l’aula parlamentare prevista dall’ampliamento ottocentesco non venne mai utilizzata. Da quel momento, il palazzo divenne sede di diverse istituzioni culturali: mentre il piano terreno ospita gli eleganti Appartamenti dei Principi di Carignano, dal 1938 nelle sale del piano nobile è allestito il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano.


Palazzo Chiablese

Nel cuore di Torino, un edificio apparentemente austero e senza decorazioni nasconde un tripudio di scintillii dorati, arredi e stoffe colorate: è Palazzo Chiablese, uno tra i più rilevanti esempi del rococò europeo.
Costruito a partire dal Cinquecento e originariamente di proprietà della marchesa Beatrice Langosco di Stroppiana, tra Sei e Settecento la dimora fu abitata dai figli cadetti dei Savoia: nel 1642 fu concessa al cardinale Maurizio in occasione delle sue nozze con la nipote Ludovica, ma di questa fase decorativa restano poche tracce.
L’aspetto odierno è il frutto delle risistemazioni volute dal re di Sardegna Carlo Emanuele III per l’amatissimo figlio ultimogenito Benedetto Maurizio. Il suo titolo era duca del Chiablese e questo nome identificò il palazzo nei secoli a seguire.
Dal 1753, il primo architetto di corte Benedetto Alfieri ampliò la residenza seicentesca sino ad occupare tutto l’isolato; progettò la nuova facciata verso il Duomo, rimasta però incompiuta, in mattoni a vista, e creò una comoda galleria di collegamento con il Palazzo Reale. Al suo interno, gli ambienti furono distribuiti con una grande attenzione alla funzionalità e decorati da una nutrita équipe di maestranze che rivestirono le pareti con boiseries intagliate e movimentarono le volte con stucchi dalle forme rococò. Sopra alle porte furono posizionati i dipinti dei più raffinati pittori presenti in quegli anni a Torino e, per gli arredi, fu coinvolto il re degli ebanisti, il celebre Pietro Piffetti.

Durante l’occupazione francese, il palazzo divenne dimora del principe Camillo Borghese e di sua moglie Paolina Bonaparte. Successivamente vi abitò re Carlo Felice, che lo preferì al Palazzo Reale.
Un ultimo rinnovamento decorativo fu approntato per il matrimonio tra Ferdinando, secondogenito di re Carlo Alberto, e Elisabetta di Sassonia (1850).
L’anno seguente, la dimora diede i natali alla prima regina d’Italia, Margherita di Savoia, che proprio in quelle stanze trascorse la sua giovinezza.
Nel 1943, i bombardamenti sulla città causarono ingenti danni al palazzo: andò completamente distrutto un prezioso salotto settecentesco e furono danneggiati diversi ambienti, come l’Alcova, restaurata nel 2020. Una parte della residenza è oggi sede della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino mentre, al piano terra, Palazzo Chiablese ospita le mostre temporanee dei Musei Reali.


Castello del Valentino

Adagiato su una sponda del fiume Po, nel cuore del polmone verde di Torino, il Castello del Valentino deriva il suo nome da Vallantinum, termine che indicava la morfologia del terreno circostante, contraddistinto da una piccola valle.
Le sue vicende sono legate al trasferimento della capitale del ducato di Savoia da Chambery a Torino nel 1563. Appena un anno dopo, il duca Emanuele Filiberto acquistò il sito allo scopo di estendere strategicamente il proprio controllo anche ai dintorni della città.
È però nel corso del Seicento che la residenza conobbe il suo massimo splendore. Nel 1619, in occasione del matrimonio tra Vittorio Amedeo I e Cristina di Francia, il duca Carlo Emanuele I la donò alla giovane sposa che nell’arco di circa vent’anni la trasformò secondo il gusto francese. La progettazione venne affidata agli architetti Carlo e Amedeo di Castellamonte che intervennero sulla volumetria della facciata verso il Po, direttamente raggiungibile dal fiume e di quella posta verso l’attuale chiesa di San Salvario, in corrispondenza di un grande viale alberato, oggi corso Marconi.
Alla magnificenza dell’architettura corrisponde la meraviglia degli interni. Raffinati soggetti vennero affrescati da Isidoro Bianchi e dalla sua bottega dapprima sulle volte delle stanze rivolte verso sud a partire dal 1633, entro ricche cornici in stucco dorato. Nel salone d’onore, invece, la pittura dei Bianchi celebrava esplicitamente lo stretto rapporto tra la corte di Torino e quella di Francia. Dal 1645 anche le sale verso nord vennero decorate con stucchi e affreschi, eseguiti da Giovanni Paolo e Giovanni Antonio Recchi e da un’abile équipe di stuccatori luganesi (Alessandro Casella, Bernardino Quadri, Elia Castelli e Giovanni Luca Corbellino).
Dopo i fasti promossi da Cristina di Francia, nel Settecento gli interventi furono piuttosto limitati poiché il palazzo non venne più utilizzato come residenza dalla corte. Nel 1729 Vittorio Amedeo II trasformò uno dei due giardini laterali in Orto botanico, con lo scopo di studiare e coltivare una grande varietà di piante.
Alla metà dell’Ottocento risalgono le ultime trasformazioni realizzate su progetto di Domenico Ferri e Luigi Tonta, che modificarono in parte l’originale assetto castellamontiano.
Nel 1861 il castello divenne sede della Regia Scuola di Applicazione per gli Ingegneri di Torino (fondata nel 1859), da cui nacque nel 1906 il Politecnico di Torino. Ancora oggi la scuola di Architettura occupa l’antica residenza.


Villa della Regina

Adagiata sulla collina torinese e affacciata sul centro della città, Villa della Regina è un vero e proprio fondale scenografico di Torino, circondata da suggestivi giardini all’italiana con giochi d’acqua, grotte e aree agricole nuovamente produttive.
La sua denominazione deriva dalla destinazione prettamente femminile: questa residenza fu appannaggio delle consorti sabaude, che plasmarono il luogo infondendogli il loro raffinato gusto. Nata intorno al 1615 come vigna, cioè residenza collinare, del cardinale Maurizio di Savoia, la proprietà passò quindi alla sua giovane nipote, la principessa Ludovica Cristina, sposata nel 1642 dopo aver lasciato la porpora cardinalizia. Da quel momento e fino a metà Ottocento divenne residenza prediletta di principesse, duchesse e regine di casa Savoia.

Con il passaggio ad Anna Maria d’Orléans, consorte di Vittorio Amedeo II, presero l’avvio importanti lavori di rimaneggiamento dell’edificio: nel 1713 la coppia acquisì il titolo regio, la residenza assunse la denominazione di Vigna della Regina e fu radicalmente trasformata secondo i progetti del nuovo architetto di corte Filippo Juvarra. Nelle sale del piano nobile, distribuite in un appartamento per la regina e uno per il re, vennero realizzate eleganti volte a stucco bianco impreziosite dalle tele del pittore Claudio Francesco Beaumont.
Dagli anni Trenta del Settecento i progetti juvarriani per Villa della Regina furono portati avanti dal suo allievo, Giovanni Pietro Baroni di Tavigliano. A questa fase si deve la realizzazione del grande salone d’accesso alla Villa, affrescato dai pittori Giuseppe Dallamano, Giambattista Crosato e Corrado Giaquinto. Negli stessi anni i quattro gabinetti (salottini) collocati nei torrioni angolari, vennero decorati e arredati con oggetti alla China secondo il gusto per l’Oriente in voga presso le corti europee settecentesche.
A partire dal 1865 la villa cessò di essere residenza di corte e divenne sede dell’Istituto Nazionale delle Figlie dei Militari. Gli spazi vennero utilizzati come aule per le lezioni del collegio, sale di ricevimento per le personalità in visita, camere da letto per la direttrice e il corpo docente. Alcuni degli arredi originari furono trasportati da casa Savoia a Roma, per arredare le sale del palazzo del Quirinale: i pannelli che ornavano uno dei gabinetti alla China, la biblioteca realizzata dal celebre ebanista Pietro Piffetti per Carlo Emanuele III, le tele di Corrado Giaquinto con il ciclo delle storie di Enea.
Ulteriori impoverimenti, in particolare all’Appartamento della Regina, furono causati in momenti successivi dai bombardamenti degli anni 1942-1943 e dal furto avvenuto nel 1979, successivamente all’abolizione dell’Istituto Nazionale delle Figlie dei Militari nel 1975.
Il percorso di rinascita di Villa della Regina, intrapreso dal 1994 grazie alla Soprintendenza e ad enti e istituzioni pubbliche e private, è stato reso possibile da un pionieristico cantiere di restauro e di studio. Nel 2008 l’attesa riapertura al pubblico è stata festeggiata con la prima nuova vendemmia ottenuta dalle uve del vigneto reimpiantato sul versante della collina.
A contorno del Palazzo Reale, tra ‘600 e ‘700, si sviluppò un complesso sistema di edifici per ospitare il governo e i suoi uffici (Regie Segreterie, Archivio di Stato, Regia Zecca) e le strutture per il funzionamento della corte (Teatro Regio, Accademia Reale e Cavallerizza). Oggi, il Teatro Regio, ricostruito in forme moderne, prosegue la sua attività di teatro d’opera, mentre la Cavallerizza Reale sarà la cornice per la creazione di un nuovo Polo Culturale inserito nel centro storico della città.

In Calabria grazie alle Donne del Vino nasce Korale

In Calabria grazie alle Donne del Vino nasce Korale

Le ‘Donne del Vino – delegazione Calabria’ lanciano “Korale” il primo vino dedicato al femminilenell’ambito delle Giornate delle Donne del vino – dall’1 al 10 marzo – e in vista dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna e contro la violenza di genere.
Un’edizione limitata per sostenere il Centro Antiviolenza ‘Roberta Lanzino’ di Cosenza. Un blend che racconta il lavoro delle aziende – sempre più numerose – a trazione femminile in Calabria
Un progetto di avanguardia, sostenibile e rispettoso del ciclo della Natura, grazie alla scelta di una bottiglia più leggera e meno inquinante, tappi ed etichetta in materiale riciclato


Solidarietà fra donne

Korale è un vino frutto della concretezza femminile, ma anche dello sguardo umano che le donne sanno portare nella società.
L’iniziativa rappresenta una tessera di un grande mosaico composto dalle “Giornate delle Donne del Vino” organizzate dall’Associazione Nazionale quest’anno dall’1 al 10 marzo, con il claim: “Donne vino Cultura” e gli hashtag: #donnevinounmondounito #donnedelvino  #womenofwine
E’ per questo che viene presentato proprio a pochi giorni dall’8 marzo, la Giornata internazionale della Donna istituita dall’ONU nel 1977.
Korale nasce dunque per contribuire alla lotta contro la violenza di genere e i femminicidi e dimostrare concretamente che l’unità e la solidarietà sono l’antidoto.
Le bottiglie saranno un omaggio per chi deciderà di donare al Centro Antiviolenza ‘Roberta Lanzino’ di Cosenza, una delle realtà più importanti in Calabria per tutte quelle donne che sono vittime di sopruso e che hanno bisogno di accoglienza.
“Quando abbiamo deciso di unirci per progettare la nostra prima bottiglia era da poco stata uccisa barbaramente dal suo ex compagno Marisa Leo, associata delle Donne del Vino nella nostra regione sorella, la Sicilia. E allora abbiamo deciso di unire le forze e quello che di meglio sappiamo fare, il vino, per dire basta ad una strage quotidiana che è il frutto di una regressione della società”, ha detto Vincenza Alessio Librandi, delegata delle Donne del Vino in Calabria.


Perché Korale

Si chiama “Korale” il primo vino delle Donne del Vino- Delegazione Calabria.  E il suo nome già racconta una storia, anzi la Storia.
Un vino “corale” perché nato dalla collaborazione delle associate, e ispirato ai vitigni autoctoni e antichissimi della regione.
Ognuna delle produttrici della delegazione ha messo a disposizione il suo rosso migliore, ed è così, che è nato un assemblaggio che racconta un incontro tra donne e una terra dove le aziende vitivinicole sono sempre più a trazione femminile.
Un vino che diventa “Kora-le” perché vuole ricordare l’importanza del femmineo, dell’agricoltura e del vino nella Magna Graecia.
In greco antico kora” era infatti la donna, la fanciulla. E “Kora”, la giovane per eccellenza, era proprio uno dei nomi con cui era invocata la dea Persefone (Proserpina in età romana).
Era lei a guidare – secondo il mito – l’alternarsi delle stagioni propizie per la crescita dei frutti della Terra. Sempre lei la protagonista indiscussa degli splendidi ritrovamenti archeologici della Calabria: il suo culto ha informato di sé le colonie da cui sono sorte le città moderne.
E’ per questo che nell’etichetta è riprodotto il profilo del volto di una delle tante statue ex-voto a lei dedicate, di cui la Magna Grecia era ed è costellata.

Il vino e la sostenibilità

Korale nasce dall’’incontro tra i millenari vitigni della regione Calabria, dove furono proprio i greci a portare la coltivazione della vite.
Ma fra i suoi obiettivi c’è anche diffondere la cultura della sostenibilità, non solo nelle fasi di produzione dei singoli vini ma anche del packaging.
Sono per questo state usate:
bottiglie più leggere e sottili, per pesare meno sull’ambiente;
tappi 100% riciclabili, per minimizzare l’impronta di carbonio;
etichetta realizzata con fibre riciclate, in nome dell’economia circolare.

Il Pinerolese lancia due nuovi percorsi per il turismo accessbile

Il Pinerolese lancia due nuovi percorsi per il turismo accessbile

Il suo capoluogo, Pinerolo, luogo d’incontro tra storia e leggenda, a ridosso delle Alpi e del confine francese, racconta di un sorprendente passato glorioso che la lega a vicende di cavalli e cavalieri in un’atmosfera elegante da Belle Époque.
Insieme alle tre valli, Pellice, Germanasca e Chisone, con le loro differenti vocazioni tra natura, sport, storia religiosa, industriale e cultura, abbraccia una pianura di nobili origini ma che conserva vivaci tradizioni agricole, da sempre orgoglio di quest’area.
Una zona che è regina anche nel turismo accessibile e che oggi propone due nuovi percorsi.


La val Chisone

È una valle industriosa, quella del Chisone, dove ebbero origine le fortune di una famiglia che ha segnato la storia d’Italia: gli Agnelli, che da Villar Perosa – ancora oggi amata e frequentata – avviarono l’epopea dell’automobile in Italia.
È una valle di lunga tradizione agricola, che produce il plaisentif: un formaggio tanto peculiare da essere prenotato di anno in anno, per il suo gusto impreziosito dal latte primaverile prodotto delle vacche al pascolo nei prati cosparsi di viole e per la sua antica storia, che lo vide oggetto del dono da parte dei valligiani alle autorità benevole.
È una valle di grandi bellezze, dai borghi di Usseaux, dove il tempo si è fermato, alla sterrata dell’Assietta, che conduce a oltre duemila metri ciclisti, motociclisti ed escursionisti.
È una valle di spettacolari piste da sci, teatro di straordinarie sfide di livello mondiale (1997) e olimpico (2006), ma sempre a disposizione di chi ama lanciarsi lungo pendii mozzafiato o respirare in boschi incontaminati.


La val Pellice

Pur senza mai essere collegata alla Francia da una strada, la Val Pellice ha sempre avuto una vocazione internazionale.
Terra d’idee e di coraggio, nota fin dall’epoca trobadorica, da quasi mille anni è il luogo d’elezione dei Valdesi, custodi sin dal Medioevo dei valori del Cristianesimo delle origini.
Con l’adesione alla Riforma protestante (1532), intensificarono i rapporti con la Francia, la Svizzera e il Nord Europa. Persecuzioni, discriminazioni ed esilio non riuscirono a fiaccarne lo spirito.

La necessità di un rapporto diretto con Dio e la sua Parola favorirono, con largo anticipo, il processo di alfabetizzazione. Sin dall’Ottocento, in Val Pellice e nell’attigua Val d’Angrogna, si è sviluppato un movimento turistico dall’estero, alla ricerca dei luoghi dell’epopea valdese.
Non secondarie le peculiarità gastronomiche tutelate da Slow Food (il sarass dël fèn, una ricotta stagionata d’alpeggio, e la mustardela, un delizioso insaccato). In grande crescita la vocazione al turismo dolce, che offre opportunità di escursioni a piedi o in bicicletta, con una fitta rete di ricarica per i mezzi a pedalata assistita e itinerari che spaziano dal fondovalle frutticolo alla collina panoramica fino alla montagna più pura.

Paesaggio della valle

La val Germanesca

Valle laterale rispetto alla Val Chisone, stretta, aspra e poco popolata, è ben descritta da un aggettivo in particolare: eroica.
È eroica la viticoltura, praticata a Pomaretto su pareti terrazzate quasi verticali, che custodisce l’antica tradizione del ramìe.
È eroica la vocazione all’estrazione del talco più puro del mondo, ideale per l’utilizzo in cosmetica e in farmacia: un’attività che non si è mai interrotta e che offre, nelle gallerie dismesse, la possibilità di un viaggio mozzafiato al centro della terra, sui vagoni dei minatori, adatto a tutte le età (Scopriminiera e Scoprialpi).
Sono eroiche le piste da sci di Prali, amate per il loro tasso di difficoltà da sciatori provetti di tutta Europa e oltre. In fondovalle, inoltre, si può provare l’ebbrezza di lanciarsi nel vuoto, assicurati da un’imbragatura, con l’adrenalinico Volo del dahu, un’esperienza con pochi eguali.


Quel 15% della popolazione mondiale che viaggia

Il Consorzio Turistico Pinerolese e Valli ha progettato due nuovissimi itinerari nel segno dell’accessibilità per permettere a tutti di scoprire un territorio vasto e ancora poco conosciuto.
Uno è Val Germanasca. La valle che unisce, una proposta dedicata alla montagna e all’outdoor.
L’altro è l’itinerario Nobili dimore che va alla scoperta dei luoghi della cultura: il Castello di Miradolo, il Museo della Cavalleria di Pinerolo e Casa Lajolo, dimora storica settecentesca, con un’esperienza sensoriale nel giardino.
I due itinerari hanno la caratteristica di essere accessibili a tutti, comprese le persone con disabilità motoria, sensoriale o cognitiva.
«Turismo accessibile non vuol dire solo strutture prive di barriere architettoniche ma anche un territorio culturalmente aperto che consideri prioritaria la fruibilità da parte di tutti delle proprie risorse come elemento cardine della qualità dell’offerta turistica» dice la presidente del Consorzio Turistico Pinerolese e Valli, Rossana Turina.
L’accesso al turismo è, peraltro, un diritto garantito dall’articolo 30 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Secondo la World Health Organization, si stima che il 15 % della popolazione mondiale, corrispondente a circa 1 miliardo di persone, abbia una disabilità: di qui la necessità di un cambio culturale, con il superamento delle barriere architettoniche, sensoriali, ma soprattutto culturali, per valorizzare la fruizione del patrimonio pinerolese.

Jolette sul sentiero di Massello

“Valgermanesca. La valle che unisce” in jolette

La proposta “Val Germanasca. La valle che unisce” prevede, in primis, una passeggiata in natura per godere dei profumi del bosco e dello scrosciare del torrente, in una cornice sovrastata da montagne e cime mozzafiato.
A condurla sarà una guida escursionistica qualificata. A disposizione ci sarà, inoltre, una jolette, la speciale carrozzina mono-ruota che permette di trasportare in sicurezza persone impossibilitate a camminare lungo i sentieri.
La guida presenterà il territorio costruendo una visita «su misura» dei partecipanti  attraverso racconti, immagini e supporti tattili, privilegiando le esperienze sensoriali: si annuseranno fiori, si toccheranno piante e rocce, si cercheranno impronte e si ascolterà il verso della fauna locale.
Sarà anche l’occasione per conoscere un po’ della storia locale valdese e della vita dei valligiani di un tempo su queste montagne.
La proposta in Val Germanasca porta anche a conoscere i Tumpi, le piscine naturali delle valli pinerolesi che si formano lungo il corso di un torrente, ideali per una pausa ristoro nelle giornate estive, dove i più coraggiosi potranno immergersi. Completa l’itinerario la visita al Museo Storico dell’Arma di Cavalleria, un luogo iconico per Pinerolo, la città che ha dato i natali a questo speciale corpo dell’esercito.

Nel giardino settecentesco la visita tattile

“Nobili giardini”, un esperienza sensoriale unica

“Nobili giardini” prevede invece, in primis, un’esperienza sensoriale nel giardino di Casa Lajolo.
L’obiettivo di questa prima tappa è scoprire e vivere un giardino storico settecentesco “con altri occhi” e risvegliare i cinque sensi tra suoni, piante e alberi secolari da scoprire in punta di dita, profumi e sapori del giardino e dell’orto. Un momento per riappropriarsi del piacere di un’esplorazione ricca, lenta e paziente. L’itinerario prosegue con la visita del Castello di Miradolo, del suo parco storico (vanta oltre 70 specie botaniche e più 130 esemplari di camelie tra le varietà più antiche e rare d’Italia) e di Pinerolo, con la visita al Museo Storico dell’Arma di Cavalleria, con le sue 33 sale in grado di far rivivere gli ultimi tre secoli della storia d’Italia.
L’idea è declinare la sostenibilità in tutte le forme, dunque con un occhio attento anche all’ambiente, alle tradizioni e al territorio: nella proposta, il soggiorno è organizzato in hotel accessibile, dove il miele artigianale, i prosciutti e formaggi locali compongono la colazione a chilometro zero e la cena è servita in agriturismo, sulla collina di Pinerolo, con i prodotti dell’azienda agricola collegata.
I due nuovi percorsi, che si possono prenotare scrivendo a prenotazioni@turismopinerolese.it

 

 

La Valle dei laghi: quei sei piccoli punti blu fra la natura e la montagna del Trentino

La Valle dei laghi: quei sei piccoli punti blu fra la natura e la montagna del Trentino

La Valle dei Laghi si sviluppa tra il Lago di Garda e Trento, a nord del paese di Sarche in un meraviglioso percorso che attraversa suggestivi scorci naturali, bellezze architettoniche e lucenti specchi d’acqua. Particolarmente conosciuta per i numerosi laghi, questa vallata è nota agli estimatori dell’enogastronomia per la produzione del Vino Santo, un vino passito che sprigiona in bocca tutto il sapore autentico di questa incantevole terra, e per le sue diverse varietà di grappa.
Addentrandosi in paesaggio montano non ci si aspetterebbe di trovare, custoditi tra i massicci della Paganella e del Monte Bondone, più di sette laghi alpini, tutti splendidi e tutti da visitare.
Nati dove una volta era un alveo del fiume Adige sono il lago di Terlago, i laghi di Lamar, il Lago di Cavedine, il lago d Santa Massenza, il lago di Lagolo e il Lago di Toblino. Conosciamoli uno ad uno e scopriamo quanto sia meraviglio ammirarli in ogni stagione: in inverno quando la natura cristallizza il loro fascino nel silenzio e nell’eco del vento che filtra fra le cime delle montagne e in primavera ed estate quando sprigionano i loro colori e la loro bellezza.

lago di Toblino

Lago di Toblino

E’ questo decisamente uno dei luoghi più romantici e fotografati del Trentino. Un lago immerso tra le montagne, con un meraviglioso castello rinascimentale che sembra emergere dalle acque.
Ammalia con i suoi profumi di limone, olive e rosmarino, i suoi monti che lo incorniciano insieme a una vegetazione rigogliosa.
Sembra davvero un lago uscito da qualche libro di fiabe.
Rifugio di uccelli migratori e pesci che nei suoi canneti trovano riparo, ha clima mediterraneo e fascino alpino, un mix raro e suggestivo.
Su uno sperone di roccia a picco sull’acqua è l’omonimo castello che per il suo fascino è stato anche set cinematografico della serie tv “La dama velata”.
Leggenda vuole che qui vivano le fate, spiriti buoni, rispettati e onorati dagli abitanti del posto. Per ammirare da una prospettiva privilegiata lo spettacolo della rocca cinquecentesca si consiglia di percorrere la passerella di legno che costeggia le sponde.

lago di Terlago

Lago di Terlago

Il lago di Terlago si trova nel paese omonimo, a pochi chilometri dal centro di Trento.
Ricco di vegetazione sommersa e di pesce è l’ecosistema lacustre più ricco di tutto il Trentino. E’ un vasto lago collinare poco profondo che si trova in fondo alla conca omonima e a 416 metri di altitudine.

Le sue acque hanno un singolare colore dalle sfumature bruno-olivastro dovuto alla variegata flora che si tuffa nelle sue acque.
Con una superficie di 350 mila metri quadrati è considerato un vero paradiso dai pescatori per la presenza di numerose e pregiate specie ittiche: il luccio, la trota lacustre autoctona, la carpa, la tinca, il cavedano, ecc.
Le più antiche testimonianze archeologiche ad esso collegate lo fanno risalire al tardo Paleolitico quindi a circa diecimila anni prima di Cristo.

laghi di Lamar

Laghi di Lamar (Lago di Lamar e Lago Santo)

Meta amatissima da naturalisti e pescatori che offrono in estate anche tante le occasioni di divertimento, grazie alle sue liane utilizzate per fare i tuffi e le roccette da raggiungere a nuoto.
Sono due specchi d’acqua dall’intenso color turchese, circondati da prati verdi. Oasi d’ombra in estate circondati dalle montagne.
Due gioielli della natura situati proprio sotto al Monte Paganella, gemelli un tempo siamesi e poi separati da una frana che ha dato origine al lago Santo a sud e al lago di Lamar a nord.
Quest’ultimo è forse lo specchio d’acqua più seducente, limpido e circondato da boschi lussureggianti e rocce che cambiano colore e sfumatura a seconda del momento della giornata, col valore aggiunto di un’ampia spiaggia a prato verde sul lato occidentale.
Ricchi di pesci, i laghi di Lamar sono molto amati anche dagli appassionati di trekking, che da qui scelgono gli itinerari che conducono in cima alla Paganella. 

lago di Cavedine


Lago di Cavedine

Una gita in bici, una rilassante giornata di pesca, un’appassionante escursione in windsurf o una tranquilla passeggiata.
Al Lago di Cavedine le opportunità di vivere al meglio la visita non mancano di certo.
Situato a nord del Garda, nell’ampia valle del basso Sarca, tra Dro e Pietramurata, il Lago di Cavedine spicca per il suo aspetto suggestivo in un paesaggio non meno affascinante, caratterizzato dalle celebri “Marocche”, i massi di epoca glaciale provenienti dal Monte Brento e dal Monte Casale.
Collegato ai laghi di Toblino e di Santa Massenza attraverso un immissario artificiale, questo specchio d’acqua attira da sempre gli appassionati di vela e i pescatori che ne apprezzano la ricca fauna ittica che include trote, lucci, pesci persico e tanti altri.
Puoi scoprire al meglio la bellezza del bacino lacustre costeggiando le sue sponde lungo il percorso pedonale o sulle piste ciclabili. 

lago di Santa Massenza

Lago di Santa Massenza

Il lago di Santa Massenza che si trova nell’omonima frazione del comune di Vezzano, è nato dall’erosione glaciale.
È collegato al Lago di Toblino da un canale sopra il quale passa la strada statale Gardesana e accoglie le acque del fiume Sarca e del lago di Molveno per far funzionare la centrale idroelettrica di Santa Massenza.
Il collegamento di questi due laghi offre ai visitatori un romantico panorama.
Per gli appassionati della fauna ittica c’è l’imbarazzo della scelta: anguille, barbi, carpe, carpioni, cavedani, coregoni, perche, persici sole, savette, scardole, scazzoni, tinche, triotti, trote iridee, trote fario e vaironi.
La conca mite di Santa Massenza è capitale della grappa e zona di ulivi e viti, broccoli e tartufo nero.

lago di Lagolo

Lago di Lagolo

Immerso nel paesaggio alpestre, il lago di Lagolo è alimentato da alcune sorgenti vicine alla riva e da infiltrazioni subacquee, rilevabili facilmente durante il gelo invernale che dura da dicembre a marzo.
Il bacino è circondato da prati, campi e boschi di conifere e latifoglie. In estate è balneabile.

Secondo le leggende popolari, il lago, che in un primo tempo era situato più in alto, con un’improvvisa attività magica è stato abbassato per coprire il ricco bosco, i cui resti si vedono ancora tra le acque, che, nella fantasia popolare, avrebbero proprietà terapeutiche nelle malattie della pelle.
Ma è solo uno dei risultati della suggestione che i bacini lacustri, in particolare quelli solitari e nel cuore di una foresta, hanno esercitato in ogni tempo.