Un salto a tavola, nel buio

[:it]Metti un gin artigianale più unico e raro, un bel casolare della campagna toscana con una micro distilleria, una serata estiva malandrina con l’orizzonte che promette pioggia e sei giornalisti ingannati a tavola.
Cronaca di una serata speciale voluta e sceneggiata da Podere Castellare con Kitchen Wishes e la complicità di una giornalista che, beffardamente ha ingannato altri colleghi.

Una cena speciale ad occhi chiusi per immergersi in altra dimensione.
Una dimensione dove, escludendo la vista, si sviluppano ed esaltano gli altri quattro sensi.
Sensazioni tattili, uditive, odorose e soprattutto emozionali che hanno trasportato dei professionisti abituati a lavorare con la vista alla totale oscurità per oltre due ore.

Tutto inizia sulla splendida aia terrazzata di questo eco resort  incastonato sul crinale che risalendo dalla vallata dell’Arno già profuma di foresta in direzione Consuma e Casentino.
La regia è perfetta e gli attori protagonisti della serata dopo il ciack e un girotondo giocoso e allo stesso tempo propiziatorio come in un rito pagano, bendano gli ospiti. Giornalisti compresi.

Quasi uno schock, ma la sfida è intrigante. Stare in silenzio e cercare di raccontare ad occhi chiusi.

Sento subito i sospiri di paura di alcuni, le mani insicure che cercano la spalle del vicino per trovare sicurezza, l’alito di vento che profuma di pioggia che si insinua fra bende e capelli, i chiacchiericci forzosi per darsi coraggio e le scuse incredibili per sbendarsi.

Ma stare al gioco è la scelta migliore, sapendo bene che una cena al buio è davvero impegnativa.
Cerchiamo di tacere.
Avverto l’ampiezza degli spazi subito sopra le mie spalle come se si aprisse la campagna portandosi con se quel venticello che promette pioggia, profumi di cipresso, di lavanda e di paglia.
I rumori sono quelli del tramonto quando la nostra “guida” sbendata prende (immagino) per mano il primo componente del nostro impacciato trenino. Ma i rumori del tramonto sono un invenzione della mia mente che mescola odori, sensazioni di calore e suggestioni oniriche.
Saliamo e scendiamo per terreni instabili e di pendenze diverse. Sotto i piedi ora pietra, ora sasso, ora brecciolino e poi scalini.
Si fa presto a dire scalini ma quanti e poi. In alto o in basso. Davvero complicato anche solo fare due passi bendati seppur guidati.

Mentre sono immersa nel mio pensiero mi ritrovo fra le mani un cucchiaino dall’odore intenso di ceci e la consistenza di una mousse. Intuisco sia humus di ceci mentre in bocca mi si avvicina anche una sottile e croccante porzione di pane Carasau e nell’altra un bicchierino profumato e fresco: è il gin di casa Peter of Florence facile intuirlo, meno lo è scovare nell’aromatizzazione il miele che smorza l’intensità dell’ananas.
Poi si riparte, si gira, si scende si sale e continuando a fidarci solo dal compagno di ventura avanti a noi che avverte “spigolo a destra, spostati a sinistra” fino a che dopo qualche urto e livido ci troviamo al tavolo e sediamo.
Il silenzio avvolge la sala. Doveroso per cogliere sensazioni. Leggere folate di vento indicano il passaggio di qualcuno e il leggero rumore di qualche suono sconosciuto amplificato dall’oscurità sembra chissà cosa.

La scena principale parte.
Azzardo allungare le mani davanti a me e intuisco un sottopiatto naturale di foglie essiccate, lo alzo lo porto al naso scoprendo che, animalascamente, in certe situazioni il naso è il compagno più fidato e non avverto odori particolari. Poi le mie mani si allargano oltre il piatto a destra e sinistra per scovare se nell’apparechiatura è previsto il bicchiere. Urto le spalle del compagno sconosciuto alla mia sinistra e ci salutiamo mentre il suo sorriso lo avverto a pochi centimetri dal mio braccio; a destra trovo il braccio e le mani della collega fidata compagna di tante avventure e ci rassicuriamo a vicenda. Trovo la base e il gambo di un flute, lo faccio ondeggiare per intuirne il peso e capisco che dentro c’è del vino. La stessa scoperta la facciamo più o meno tutti nello stesso monento al mio tavolo ed azzardiamo un brindisi.
Ridiamo per sdrammatizzare senza avvertire schizzi. Forse non ci siamo neanche macchiati, ma certamente portare lindi al dessert gli abiti non sarà facile.

Tanti odori compaiono e scompaiono vicino alle nostre narici. Un marchio di fabbrica della casa dato che il gin di casa è un enciclopedia di essenze anche strane e poco praticate e la cena sarà tutta così. Conoscere, riconoscere e perchè no scoprire il bergamotto, il coriandolo, la rosa canina, i grani del paradiso, il ginepro, l’iris, l’angelica, la lavanda, le mandorle amare e il carcamono.
Iniziamo con una mousse di ricotta fresca dove dentro sentiamo qualcosa di forte e boscoso. E’ ginepro azzarda qualcuno, indovinandoci.

I protagonisti avverto che girano fra i nostri tavoli toccandoci, sfiorandoci, massaggiandoci e annusandoci con leggiadria. Ora sotto il naso un odore, ora sulle mani la carezza fatta con qualche foglia e poi la mano viene tuffata in un cesto pieno di pour to pourri dove sono tante bacche. Ne prendiamo alcune portandole al naso, ma il loro odore mi è sconosciuto. Sulla strada giusta mi porta la leggera bucatura di una piccola spina. E’ un bocciolo di rosa, lo sfoglio lo apro, cerco i semi al suo interno per schiacciarli coi denti ben sapendo che se sento una sensazione acida simile al limone sarà rosa canina e così è.
Un sapore pungente ma delicato che ritrovo subito nella zuppa tiepida e dolce di patate che assaggio. Difficilissimo però mangiare una zuppa, in una piccola ciotola con un cucchiaio al buio!

Passa il tempo ma lentamente. Fra una portata e l’altra il tempo si dilata. Solo una sensazione. Stare seduti a un tavolo senza vedere, senza sapere dove mettere le mani e possibilmente tacendo è davvero dura.
Un collega è lì vicino che sbuffa, sospira, si agita e poi sbotta. Lui non ce la fa, si alza e si sbenda…
Ma io resisto anche se l’invocazione al silenzio per vivere sensazioni e rumori impercettibili che chiedo alla sala si perde nelle chiacchiere da pizzeria di famiglia fra una discussione sull’asilo di Leonida e la scelta su quale delle due strade per le vacanze è più comodo percorrere.
Mi disturbano. Non stanno godendosi l’esperienza indimenticabile di una sera speciale e soprattutto con la loro caceria becera non permettono di viverla agli altri.
Poi arrivano nel piatto dei chicchi caldi e profumati di cipolla delicata. Ma anche qui sono certa si nasconde qualche spezia o erba che non riconosco…
E così si va avanti fra improvvisi brusii, aria calda vicino alle orecchie, foglie che ti accarezza ti toccano e ti avvolgano; cibi scoperti con le mani e il naso e sapori resi speciali dall’oscurità.

Una serata difficile da dimenticare splendidamente orchestrata dal cast perfetto di Kitchen Whishes. Non una cena ma un esperienza sensoriale ed emozionale vera nonostante Leonida e la statale.
Una cena speciale che insegna anche a noi che per mestiere usiamo molto la vista che è bello e incredibile pote raccontare anche solo con le emozioni percepite.
E se in esse c’era anche paura e disagio tanto meglio.

A cena finita e sbendatura avvenuta scoppiamo a ridere, ci guardiamo in faccia con il trucco colato e l”espressione del risveglio mattutino e ci guardiamo con occhi diversi.
Scopriamo il mondo accanto a noi, la sala, la faccia degli altri commensali, cerchiamo di intuire chi possa aver detto e cosa e chiediamo il menù completo nella certezza che almeno abbiamo beccato tutti i vini!

Abbiamo mangiato:
carasau croccante
hummus di ceci
drink al cocco e gin con miele
crostino con mousse di ricotta al ginepro
crema di patate con rosa canina al gin
orzotto con base cipolla e pecorino, spolverato di radice di iris
pane caldo alla lavanda con olio
uovo poché con spinaci in tre modi (crudi, saltati e in crema) e pane fritto al cardamomo
crumble al rosmarino e cucchiaino di gin
creme caramel alla cassia

 

foto: Luca Managlia[:en] 

Metti un gin artigianale più unico e raro, un bel casolare della campagna toscana con una micro distilleria, una serata estiva malandrina con l’orizzonte che promette pioggia e sei giornalisti ingannati a tavola.
Cronaca di una serata speciale voluta e sceneggiata da Podere Castellare con Kitchen Wishes e la complicità di una giornalista che, beffardamente ha ingannato altri colleghi.

Una cena speciale ad occhi chiusi per immergersi in altra dimensione.
Una dimensione dove, escludendo la vista, si sviluppano ed esaltano gli altri quattro sensi.
Sensazioni tattili, uditive, odorose e soprattutto emozionali che hanno trasportato dei professionisti abituati a lavorare con la vista alla totale oscurità per oltre due ore.

Tutto inizia sulla splendida aia terrazzata di questo eco resort  incastonato sul crinale che risalendo dalla vallata dell’Arno già profuma di foresta in direzione Consuma e Casentino.
La regia è perfetta e gli attori protagonisti della serata dopo il ciack e un girotondo giocoso e allo stesso tempo propiziatorio come in un rito pagano, bendano gli ospiti. Giornalisti compresi.

Quasi uno schock, ma la sfida è intrigante. Stare in silenzio e cercare di raccontare ad occhi chiusi.

Sento subito i sospiri di paura di alcuni, le mani insicure che cercano la spalle del vicino per trovare sicurezza, l’alito di vento che profuma di pioggia che si insinua fra bende e capelli, i chiacchiericci forzosi per darsi coraggio e le scuse incredibili per sbendarsi.

Ma stare al gioco è la scelta migliore, sapendo bene che una cena al buio è davvero impegnativa.
Cerchiamo di tacere.
Avverto l’ampiezza degli spazi subito sopra le mie spalle come se si aprisse la campagna portandosi con se quel venticello che promette pioggia, profumi di cipresso, di lavanda e di paglia.
I rumori sono quelli del tramonto quando la nostra “guida” sbendata prende (immagino) per mano il primo componente del nostro impacciato trenino. Ma i rumori del tramonto sono un invenzione della mia mente che mescola odori, sensazioni di calore e suggestioni oniriche.
Saliamo e scendiamo per terreni instabili e di pendenze diverse. Sotto i piedi ora pietra, ora sasso, ora brecciolino e poi scalini.
Si fa presto a dire scalini ma quanti e poi. In alto o in basso. Davvero complicato anche solo fare due passi bendati seppur guidati.

Mentre sono immersa nel mio pensiero mi ritrovo fra le mani un cucchiaino dall’odore intenso di ceci e la consistenza di una mousse. Intuisco sia humus di ceci mentre in bocca mi si avvicina anche una sottile e croccante porzione di pane Carasau e nell’altra un bicchierino profumato e fresco: è il gin di casa Peter of Florence facile intuirlo, meno lo è scovare nell’aromatizzazione il miele che smorza l’intensità dell’ananas.
Poi si riparte, si gira, si scende si sale e continuando a fidarci solo dal compagno di ventura avanti a noi che avverte “spigolo a destra, spostati a sinistra” fino a che dopo qualche urto e livido ci troviamo al tavolo e sediamo.
Il silenzio avvolge la sala. Doveroso per cogliere sensazioni. Leggere folate di vento indicano il passaggio di qualcuno e il leggero rumore di qualche suono sconosciuto amplificato dall’oscurità sembra chissà cosa.

La scena principale parte.
Azzardo allungare le mani davanti a me e intuisco un sottopiatto naturale di foglie essiccate, lo alzo lo porto al naso scoprendo che, animalascamente, in certe situazioni il naso è il compagno più fidato e non avverto odori particolari. Poi le mie mani si allargano oltre il piatto a destra e sinistra per scovare se nell’apparechiatura è previsto il bicchiere. Urto le spalle del compagno sconosciuto alla mia sinistra e ci salutiamo mentre il suo sorriso lo avverto a pochi centimetri dal mio braccio; a destra trovo il braccio e le mani della collega fidata compagna di tante avventure e ci rassicuriamo a vicenda. Trovo la base e il gambo di un flute, lo faccio ondeggiare per intuirne il peso e capisco che dentro c’è del vino. La stessa scoperta la facciamo più o meno tutti nello stesso monento al mio tavolo ed azzardiamo un brindisi.
Ridiamo per sdrammatizzare senza avvertire schizzi. Forse non ci siamo neanche macchiati, ma certamente portare lindi al dessert gli abiti non sarà facile.

Tanti odori compaiono e scompaiono vicino alle nostre narici. Un marchio di fabbrica della casa dato che il gin di casa è un enciclopedia di essenze anche strane e poco praticate e la cena sarà tutta così. Conoscere, riconoscere e perchè no scoprire il bergamotto, il coriandolo, la rosa canina, i grani del paradiso, il ginepro, l’iris, l’angelica, la lavanda, le mandorle amare e il carcamono.
Iniziamo con una mousse di ricotta fresca dove dentro sentiamo qualcosa di forte e boscoso. E’ ginepro azzarda qualcuno, indovinandoci.

I protagonisti avverto che girano fra i nostri tavoli toccandoci, sfiorandoci, massaggiandoci e annusandoci con leggiadria. Ora sotto il naso un odore, ora sulle mani la carezza fatta con qualche foglia e poi la mano viene tuffata in un cesto pieno di pour to pourri dove sono tante bacche. Ne prendiamo alcune portandole al naso, ma il loro odore mi è sconosciuto. Sulla strada giusta mi porta la leggera bucatura di una piccola spina. E’ un bocciolo di rosa, lo sfoglio lo apro, cerco i semi al suo interno per schiacciarli coi denti ben sapendo che se sento una sensazione acida simile al limone sarà rosa canina e così è.
Un sapore pungente ma delicato che ritrovo subito nella zuppa tiepida e dolce di patate che assaggio. Difficilissimo però mangiare una zuppa, in una piccola ciotola con un cucchiaio al buio!

Passa il tempo ma lentamente. Fra una portata e l’altra il tempo si dilata. Solo una sensazione. Stare seduti a un tavolo senza vedere, senza sapere dove mettere le mani e possibilmente tacendo è davvero dura.
Un collega è lì vicino che sbuffa, sospira, si agita e poi sbotta. Lui non ce la fa, si alza e si sbenda…
Ma io resisto anche se l’invocazione al silenzio per vivere sensazioni e rumori impercettibili che chiedo alla sala si perde nelle chiacchiere da pizzeria di famiglia fra una discussione sull’asilo di Leonida e la scelta su quale delle due strade per le vacanze è più comodo percorrere.
Mi disturbano. Non stanno godendosi l’esperienza indimenticabile di una sera speciale e soprattutto con la loro caceria becera non permettono di viverla agli altri.
Poi arrivano nel piatto dei chicchi caldi e profumati di cipolla delicata. Ma anche qui sono certa si nasconde qualche spezia o erba che non riconosco…
E così si va avanti fra improvvisi brusii, aria calda vicino alle orecchie, foglie che ti accarezza ti toccano e ti avvolgano; cibi scoperti con le mani e il naso e sapori resi speciali dall’oscurità.

Una serata difficile da dimenticare splendidamente orchestrata dal cast perfetto di Kitchen Whishes. Non una cena ma un esperienza sensoriale ed emozionale vera nonostante Leonida e la statale.
Una cena speciale che insegna anche a noi che per mestiere usiamo molto la vista che è bello e incredibile pote raccontare anche solo con le emozioni percepite.
E se in esse c’era anche paura e disagio tanto meglio.

A cena finita e sbendatura avvenuta scoppiamo a ridere, ci guardiamo in faccia con il trucco colato e l”espressione del risveglio mattutino e ci guardiamo con occhi diversi.
Scopriamo il mondo accanto a noi, la sala, la faccia degli altri commensali, cerchiamo di intuire chi possa aver detto e cosa e chiediamo il menù completo nella certezza che almeno abbiamo beccato tutti i vini!

Abbiamo mangiato:
carasau croccante
hummus di ceci
drink al cocco e gin con miele
crostino con mousse di ricotta al ginepro
crema di patate con rosa canina al gin
orzotto con base cipolla e pecorino, spolverato di radice di iris
pane caldo alla lavanda con olio
uovo poché con spinaci in tre modi (crudi, saltati e in crema) e pane fritto al cardamomo
crumble al rosmarino e cucchiaino di gin
creme caramel alla cassia

 

foto: Luca Managlia

[:]

Le Donne del Vino festeggiano i loro 30 anni

Le Donne del Vino festeggiano i loro 30 anni

[:it]Partono da Firenze, in Palazzo Vecchio, le celebrazioni per il 30° anniversario delle Donne del Vino, la più grande associazione mondiale di donne del comparto enologico.

Un appuntamento che l’assessora alle Relazioni Internazionali, Cooperazione, Turismo e Marketing territoriale Anna Paola Concia ha definito «un anniversario importante per le donne, per le donne del vino e in generale per tutto il vino italiano».

Non a caso Firenze: la città dove Le Donne del Vino sono nate alla fine dell’inverno di 30 anni fa, il 19 marzo 1988.
Nata nel 1988 su iniziativa di Elisabetta Tognana, l’associazione Donne del Vino ha sempre perseguito lo scopo di promuovere la cultura del vino e il ruolo delle donne nella società e nel comparto enologico.
Oggi conta 770 associate: produttrici, enotecarie, ristoratrici, sommelier, giornaliste e esperte. È presente in tutte le regioni italiane e ha anche socie all’estero.

L’appuntamento a Palazzo Vecchio, a cui hanno partecipato oltre all’assessora Concia la scrittrice Sveva Casati Modignani e il giornalista Massimo Giletti, apre il calendario degli eventi 2018 e presenta quello più grande: la Festa delle Donne del Vino che avrà il suo clou sabato 3 marzo con eventi diffusi in tutta Italia.
Degustazioni al cinema, video racconti, inviti in azienda. Una festa in versione film che accende i riflettori sui personaggi femminili che creano, vendono, promuovono le grandi bottiglie italiane.

Con il tema “Donne vino e cinema” l’iniziativa anticipa la festa della donna e «mira ad accendere i riflettori sul comparto enologico rivolgendosi in prima battura proprio all’universo femminile» ha detto la presidente delle Donne del Vino Donatella Cinelli Colombini.
La scommessa è quella di cambiare i luoghi e i modi per raccontare il vino ponendo le donne come protagoniste.

Sono in programma degustazioni di bottiglie d’autore nelle sale cinematografiche mettendo “più sapore nel piacere del film” e regalando un momento unico agli spettatori del cinema.

Verranno autoprodotti video che raccontano la vita delle Donne del vino con ironia, autenticità ma anche tanto orgoglio.
Una sorta di racconto a più voci, spesso cucito da registi e video maker, dove le protagoniste si mostrano in momenti della loro vita quotidiana. La diffusione on line e durante gli eventi fa conoscere personaggi e storie femminili pieni di valori e saperi, un universo in gran parte poco conosciuto, ma molto entusiasmante.

La parte più “tradizionale” del programma riguarda le visite nelle imprese delle Donne del Vino: cantine, enoteche, ristoranti, agenzie di PR, redazioni, centri di consulenza enologica. Visite accompagnate da assaggi e mini lezioni sul vino. Fra gli invitati un posto privilegiato va alle associazioni femminili con cui le Donne del vino puntano a consolidare i rapporti oltre, ovviamente, a diffondere la cultura del buon bere.

La Festa delle Donne del Vino costituisce il primo esempio di un comparto produttivo che apre le porte in modo coordinato e diffuso nell’intera nazione per far conoscere il proprio lato femminile. «A poco tempo dalla notizia del World Economic Forum che mette l’Italia all’82° posto nel mondo per il gender gap, le Donne del Vino con il loro dinamismo e i loro progetti danno una ventata di ottimismo all’intero universo femminile italiano» ha detto l’assessora Anna Paola Concia.

DATI SULLA PRESENZA FEMMINILE NELLE IMPRESE ITALIANE E NELLE IMPRESE DEL VINO
Secondo i dati Unioncamere del 2015 il 21% delle imprese italiane sono dirette da donne e un terzo di esse sono agroalimentari o turistiche. Il 35% della forza lavoro agricola è femminile.

Le donne dirigono il 28% delle cantine con vigneto e il 12% delle cantine industriali, il 24% delle imprese che commercializzano vino al dettaglio e il 12,5% di quelle all’ingrosso (dati Cribis- Crif).

Associazione Nazionale Le Donne del Vino
02 867577, www.ledonnedelvino.com, info@ledonnedelvino.com[:en]Partono da Firenze, in Palazzo Vecchio, le celebrazioni per il 30° anniversario delle Donne del Vino, la più grande associazione mondiale di donne del comparto enologico.

Un appuntamento che l’assessora alle Relazioni Internazionali, Cooperazione, Turismo e Marketing territoriale Anna Paola Concia ha definito «un anniversario importante per le donne, per le donne del vino e in generale per tutto il vino italiano».

Non a caso Firenze: la città dove Le Donne del Vino sono nate alla fine dell’inverno di 30 anni fa, il 19 marzo 1988.
Nata nel 1988 su iniziativa di Elisabetta Tognana, l’associazione Donne del Vino ha sempre perseguito lo scopo di promuovere la cultura del vino e il ruolo delle donne nella società e nel comparto enologico.
Oggi conta 770 associate: produttrici, enotecarie, ristoratrici, sommelier, giornaliste e esperte. È presente in tutte le regioni italiane e ha anche socie all’estero.

L’appuntamento a Palazzo Vecchio, a cui hanno partecipato oltre all’assessora Concia la scrittrice Sveva Casati Modignani e il giornalista Massimo Giletti, apre il calendario degli eventi 2018 e presenta quello più grande: la Festa delle Donne del Vino che avrà il suo clou sabato 3 marzo con eventi diffusi in tutta Italia.
Degustazioni al cinema, video racconti, inviti in azienda. Una festa in versione film che accende i riflettori sui personaggi femminili che creano, vendono, promuovono le grandi bottiglie italiane.

Con il tema “Donne vino e cinema” l’iniziativa anticipa la festa della donna e «mira ad accendere i riflettori sul comparto enologico rivolgendosi in prima battura proprio all’universo femminile» ha detto la presidente delle Donne del Vino Donatella Cinelli Colombini.
La scommessa è quella di cambiare i luoghi e i modi per raccontare il vino ponendo le donne come protagoniste.

Sono in programma degustazioni di bottiglie d’autore nelle sale cinematografiche mettendo “più sapore nel piacere del film” e regalando un momento unico agli spettatori del cinema.

Verranno autoprodotti video che raccontano la vita delle Donne del vino con ironia, autenticità ma anche tanto orgoglio.
Una sorta di racconto a più voci, spesso cucito da registi e video maker, dove le protagoniste si mostrano in momenti della loro vita quotidiana. La diffusione on line e durante gli eventi fa conoscere personaggi e storie femminili pieni di valori e saperi, un universo in gran parte poco conosciuto, ma molto entusiasmante.

La parte più “tradizionale” del programma riguarda le visite nelle imprese delle Donne del Vino: cantine, enoteche, ristoranti, agenzie di PR, redazioni, centri di consulenza enologica. Visite accompagnate da assaggi e mini lezioni sul vino. Fra gli invitati un posto privilegiato va alle associazioni femminili con cui le Donne del vino puntano a consolidare i rapporti oltre, ovviamente, a diffondere la cultura del buon bere.

La Festa delle Donne del Vino costituisce il primo esempio di un comparto produttivo che apre le porte in modo coordinato e diffuso nell’intera nazione per far conoscere il proprio lato femminile. «A poco tempo dalla notizia del World Economic Forum che mette l’Italia all’82° posto nel mondo per il gender gap, le Donne del Vino con il loro dinamismo e i loro progetti danno una ventata di ottimismo all’intero universo femminile italiano» ha detto l’assessora Anna Paola Concia.

DATI SULLA PRESENZA FEMMINILE NELLE IMPRESE ITALIANE E NELLE IMPRESE DEL VINO
Secondo i dati Unioncamere del 2015 il 21% delle imprese italiane sono dirette da donne e un terzo di esse sono agroalimentari o turistiche. Il 35% della forza lavoro agricola è femminile.

Le donne dirigono il 28% delle cantine con vigneto e il 12% delle cantine industriali, il 24% delle imprese che commercializzano vino al dettaglio e il 12,5% di quelle all’ingrosso (dati Cribis- Crif).

Associazione Nazionale Le Donne del Vino
02 867577, www.ledonnedelvino.com, info@ledonnedelvino.com[:]

San Godenzo: Castagno d’Andrea 2 domeniche dedicate ai marroni ed ai frutti del bosco

San Godenzo: Castagno d’Andrea 2 domeniche dedicate ai marroni ed ai frutti del bosco

[:it]Due domeniche dedicate ai marroni e ai prodotti del bosco. Domenica prossima 22 e il 29 ottobre a Il Castagno D’Andrea andrà in scena la 48^ Ballottata, la ormai celebre sagra del marrone, che nasce e cresce nei boschi del comune di San Godenzo.

Come consuetudine saranno molte le occasioni per conoscere e gustare questo particolare prodotto autunnale, in entrambe le giornate, infatti, sarà aperto fin dalla prima mattina il mercato dei Marroni del Mugello I.G.P e prodotti tipici. E per le vie del paese si potranno fare assaggi di bruciate, ballotte, bruciate briache, vin brulè, castagnaccio ed altre specialità di marroni.

Per quanto riguarda domenica prossima si potrà conoscere da vicino i boschi con un percorso guidato ad una marroneta con seccatoio acceso, che partirà alle 11 con ritrovo al bar Falterona. Sempre dalla mattina si svolgeranno le prove di tiro con l’arco a cura della compagna Arceri “La Compagnia della Ballottata” in collaborazione con la “Compagnia 09 Wolf” i Lupi dell’ARPA e dalle 15 esibizione di artisti di strada “Luana Primavera”.

Domenica 29 ottobre i bambini potranno viaggiare per il paese a dorso d’asino, mentre per i più grandi ci sarà l’escursione guidata sul “Sentiero Natura” a cura del Centro Visita del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (info e prenotazioni al cell.3487375663).
Inoltre proseguiranno le prove di tiro con l’arco. Alle 11 al Centro Visite del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi si svolgerà l’incontro “Sentiero dell’Architettura rurale ed Oratorio delle Valli: obiettivo recupero, viabilità ed architetture abbandonate nel territorio del Parco.
Il progetto le Valli” al quale parteciperanno il Sindaco di San Godenzo Alessandro Manni, l’autore del Progetto “Le Valli” Andrea Papi ed un rappresentante del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Nel pomeriggio dalle 14,30 ci sarà l’esibizione del Gruppo Musicale Suonatori del “La leggera”.

In entrambe le giornate al Centro Visite del Parco Nazionale ci sarà “Il Parco ci osserva” esposizione fotografica delle opere che partecipano all’omonimo concorso, la premiazione è prevista per domenica 29 ottobre alle 17.
Sempre al Centro Visite è prevista anche “L’Oratorio delle Valli” mostra dedicata all’Oratorio della Madonna del Carmine situata nella località “Le Valli”, i rilievi grafici e le foto sono tratte da il progetto “Le Valli” di Andrea Papi. Sono previste anche visite guidate agli affreschi di Pietro Annigoni e allievi nella Chiesa di San Martino, sarà anche aperto l’Oratorio di Santa Maria delle Grazie con all’interno le opere di Antonio Ciccone.[:en]Due domeniche dedicate ai marroni e ai prodotti del bosco. Domenica prossima 22 e il 29 ottobre a Il Castagno D’Andrea andrà in scena la 48^ Ballottata, la ormai celebre sagra del marrone, che nasce e cresce nei boschi del comune di San Godenzo.

Come consuetudine saranno molte le occasioni per conoscere e gustare questo particolare prodotto autunnale, in entrambe le giornate, infatti, sarà aperto fin dalla prima mattina il mercato dei Marroni del Mugello I.G.P e prodotti tipici. E per le vie del paese si potranno fare assaggi di bruciate, ballotte, bruciate briache, vin brulè, castagnaccio ed altre specialità di marroni.

Per quanto riguarda domenica prossima si potrà conoscere da vicino i boschi con un percorso guidato ad una marroneta con seccatoio acceso, che partirà alle 11 con ritrovo al bar Falterona. Sempre dalla mattina si svolgeranno le prove di tiro con l’arco a cura della compagna Arceri “La Compagnia della Ballottata” in collaborazione con la “Compagnia 09 Wolf” i Lupi dell’ARPA e dalle 15 esibizione di artisti di strada “Luana Primavera”.

Domenica 29 ottobre i bambini potranno viaggiare per il paese a dorso d’asino, mentre per i più grandi ci sarà l’escursione guidata sul “Sentiero Natura” a cura del Centro Visita del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (info e prenotazioni al cell.3487375663).
Inoltre proseguiranno le prove di tiro con l’arco. Alle 11 al Centro Visite del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi si svolgerà l’incontro “Sentiero dell’Architettura rurale ed Oratorio delle Valli: obiettivo recupero, viabilità ed architetture abbandonate nel territorio del Parco.
Il progetto le Valli” al quale parteciperanno il Sindaco di San Godenzo Alessandro Manni, l’autore del Progetto “Le Valli” Andrea Papi ed un rappresentante del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Nel pomeriggio dalle 14,30 ci sarà l’esibizione del Gruppo Musicale Suonatori del “La leggera”.

In entrambe le giornate al Centro Visite del Parco Nazionale ci sarà “Il Parco ci osserva” esposizione fotografica delle opere che partecipano all’omonimo concorso, la premiazione è prevista per domenica 29 ottobre alle 17.
Sempre al Centro Visite è prevista anche “L’Oratorio delle Valli” mostra dedicata all’Oratorio della Madonna del Carmine situata nella località “Le Valli”, i rilievi grafici e le foto sono tratte da il progetto “Le Valli” di Andrea Papi. Sono previste anche visite guidate agli affreschi di Pietro Annigoni e allievi nella Chiesa di San Martino, sarà anche aperto l’Oratorio di Santa Maria delle Grazie con all’interno le opere di Antonio Ciccone.[:]

La Toscana per la Valnerina

La Toscana per la Valnerina

[:it]Fino al 22 settembre nei ristoranti e osterie toscane di Slow Food che hanno aderito al progetto e che espongono la locandina serate solidali per il centro Italia terremotato a base di Marocca di Casola.

La Marocca di Casola è un presìdio Slow Food che si ottiene impastando farina di castagne setacciata fine, farina di grano e patate lesse schiacciate, olio extravergine di oliva, lievito sciolto nel latte, pasta madre e acqua. L’impasto viene poi modellato in pagnotte rotonde di circa 20 centimetri di diametro lasciate lievitare per oltre 1 ora e poi cotte sempre per 1 ora nel forno a legna a temperatura più bassa rispetto a quella del pane. I pani sono di un colore marrone scuro, emanano un intenso profumo di castagne e sono lievemente dolci.

In occasione del 7° piatto dell’Alleanza, i cuochi delle osterie e dei ristoranti aderenti hanno deciso di presentarla nei propri menu in abbinamento libero ai prodotti della Comunità terremotate della Valnerina.

Ad esempio al ristorante “L’Oste Dispensa” (Strada provinciale Giannella, 113 Orbetello, Grosseto, www.ostedispensa.it il cuoco Stefano Sorci prepara “Quando la Marocca va in Valnerina a base di Marocca di Casola con la sua Insalata di Melone, menta e lippia, su croccante di Marocca, prosciutto crudo di Norcia con grattugia di pecorino di Cascia 18 mesimollica tostata in insalata di pecorino fresco e stagionato di Cascia, guanciale e spalletta di Norcia con cetrioli e olive all’origano.
Tiziana Tacchi dell’Osteria “Il Grillo è Buoncantore” di Chiusi (piazza XX settembre 10, Chiusi, Siena, www.ilgrillobuoncantore.it ha scelto di servire il piatto in: insalata di melone, menta e lippia, su croccante di Marocca, prosciutto crudo di Norcia con grattugia di pecorino di Cascia 18 mesi.
Il prosciutto è realizzato dall’Antica Norcineria Fratelli Ansuini, mentre il pecorino arriva dalla Fattoria di Opagna di Cascia di Domenico Porzio.
Elena Bianciardi dell’Osteria “Grotta Follis” via Roma 125, Follonica, Grosseto prepara: Lo schiaccino della Marocca di Casola, ricotta di pura pecora di Angela Saba, mortadella di Campotosto (a Norcia denominata coglioni di mulo), sedano croccante, ciliegie e misticanza.
Al ristorante “i Diavoletti” (Stradone di Camigliano, 302, Capannori, Lucca, www.ristorantediavoletti.it la Marocca di Casola con pecorino della Fattoria Opascia dei fratelli Domenico con composta di bucce di Pomodorocuoca Alda Bosi prepara: la Marocca di Casola con il pecorino della Fattoria di Opagna di Cascia di Domenico Porzio con composta di bucce di pomodoro.

La Marocca viene prodotta tutto l’anno ed ha una consistenza spugnosa grazie alla presenza di patate lesse e una buona conservabilità dovuta anche all’utilizzo della farina di castagne, oltreché delle patate. E’adatta per essere consumata con formaggi caprini morbidi e con il miele. Ottimo abbinamento con il lardo di Colonnata e con i salumi della tradizione toscana.
La sua produzione oggi è legata ad un solo forno, situato proprio a Casola in Lunigiana (via Villa di Regnano, 99 tel. 0585 983017) gestito da Fabio Bertolucci, che la prepara ancora abitualmente. Il nome della Marocca pare derivi dal termine dialettale marocat, cioè poco malleabile: questo pane, infatti, in passato aveva una consistenza molto dura.
 Ristorante L’Oste Dispensa, Strada provinciale Giannella, 113 Orbetello (Gr)
 Da Roberto, Taverna in Montisi, via Umberto I, 3 San Giovanni d’Asso (Si)
 Antica porta di Levante
 Ristorante Il Grillo è Buon Cantore, piazza XX settembre 10, Chiusi (Si)
 Il Ristoro del Parco Bio Fattoria Il Duchesco, strada provinciale 59 n. 29 Alberese (Gr)
 Ristorante Antico Ristoro Le Colombaie, via Montanelli 22, loc. La Catena, San Miniato (Pi)
 Ristorante Grotta Follis, via Roma 125, Follonica (Gr)
 Osteria Vecchio Mulino, via Vittorio Emanuele, 12 Castelnuovo Garfagnana (Lu)
 Osteria I Diavoletti, via Stradone di Camigliano, 302, Capannori (Lu)
 Ristorante Belvedere, Località Bano 226, Monte San Savino (Ar)

Il piatto dell’Alleanza dei cuochi di Slow Food viene servito in ristoranti e osterie toscane che hanno aderito al progetto e che espongono la locandina dell’iniziativa, e viene cambiato ogni tre mesi, in occasione di ogni solstizio ed equinozio seguendo anche le stagionalità alimentari. Il piatto a base di Marocca di Casola sarà pertanto degustabile fino al 22 settembre prossimo.

Altri piatti dell’Alleanza sono stati: Testarolo artigianale Pontremolese con Pecorino a Latte Crudo della Montagna Pistoiese, i prodotti della Pesca Tradizionale nella Laguna di Orbetello, la razza bovina Maremmana, la Tarese del Valdarno, la Cipolla di Certaldo e il Biscotto Salato di Roccalbegna.

 [:en]Lo schiaccino della Marocca di Casola, ricotta di pura pecora di Angela Saba, la Mortadella di Campotosto, sedano croccante, ciliegie e misticanzaFino al 22 settembre nei ristoranti e osterie toscane di Slow Food che hanno aderito al progetto e che espongono la locandina serate solidali per il centro Italia terremotato a base di Marocca di Casola.

La Marocca di Casola è un presìdio Slow Food che si ottiene impastando farina di castagne setacciata fine, farina di grano e patate lesse schiacciate, olio extravergine di oliva, lievito sciolto nel latte, pasta madre e acqua. L’impasto viene poi modellato in pagnotte rotonde di circa 20 centimetri di diametro lasciate lievitare per oltre 1 ora e poi cotte sempre per 1 ora nel forno a legna a temperatura più bassa rispetto a quella del pane. I pani sono di un colore marrone scuro, emanano un intenso profumo di castagne e sono lievemente dolci.

In occasione del 7° piatto dell’Alleanza, i cuochi delle osterie e dei ristoranti aderenti hanno deciso di presentarla nei propri menu in abbinamento libero ai prodotti della Comunità terremotate della Valnerina.

Ad esempio al ristorante “L’Oste Dispensa” (Strada provinciale Giannella, 113 Orbetello, Grosseto, www.ostedispensa.it il cuoco Stefano Sorci prepara “Quando la Marocca va in Valnerina a base di Marocca di Casola con la sua Insalata di Melone, menta e lippia, su croccante di Marocca, prosciutto crudo di Norcia con grattugia di pecorino di Cascia 18 mesimollica tostata in insalata di pecorino fresco e stagionato di Cascia, guanciale e spalletta di Norcia con cetrioli e olive all’origano.
Tiziana Tacchi dell’Osteria “Il Grillo è Buoncantore” di Chiusi (piazza XX settembre 10, Chiusi, Siena, www.ilgrillobuoncantore.it ha scelto di servire il piatto in: insalata di melone, menta e lippia, su croccante di Marocca, prosciutto crudo di Norcia con grattugia di pecorino di Cascia 18 mesi.
Il prosciutto è realizzato dall’Antica Norcineria Fratelli Ansuini, mentre il pecorino arriva dalla Fattoria di Opagna di Cascia di Domenico Porzio.
Elena Bianciardi dell’Osteria “Grotta Follis” via Roma 125, Follonica, Grosseto prepara: Lo schiaccino della Marocca di Casola, ricotta di pura pecora di Angela Saba, mortadella di Campotosto (a Norcia denominata coglioni di mulo), sedano croccante, ciliegie e misticanza.
Al ristorante “i Diavoletti” (Stradone di Camigliano, 302, Capannori, Lucca, www.ristorantediavoletti.it la Marocca di Casola con pecorino della Fattoria Opascia dei fratelli Domenico con composta di bucce di Pomodorocuoca Alda Bosi prepara: la Marocca di Casola con il pecorino della Fattoria di Opagna di Cascia di Domenico Porzio con composta di bucce di pomodoro.

La Marocca viene prodotta tutto l’anno ed ha una consistenza spugnosa grazie alla presenza di patate lesse e una buona conservabilità dovuta anche all’utilizzo della farina di castagne, oltreché delle patate. E’adatta per essere consumata con formaggi caprini morbidi e con il miele. Ottimo abbinamento con il lardo di Colonnata e con i salumi della tradizione toscana.
La sua produzione oggi è legata ad un solo forno, situato proprio a Casola in Lunigiana (via Villa di Regnano, 99 tel. 0585 983017) gestito da Fabio Bertolucci, che la prepara ancora abitualmente. Il nome della Marocca pare derivi dal termine dialettale marocat, cioè poco malleabile: questo pane, infatti, in passato aveva una consistenza molto dura.
 Ristorante L’Oste Dispensa, Strada provinciale Giannella, 113 Orbetello (Gr)
 Da Roberto, Taverna in Montisi, via Umberto I, 3 San Giovanni d’Asso (Si)
 Antica porta di Levante
 Ristorante Il Grillo è Buon Cantore, piazza XX settembre 10, Chiusi (Si)
 Il Ristoro del Parco Bio Fattoria Il Duchesco, strada provinciale 59 n. 29 Alberese (Gr)
 Ristorante Antico Ristoro Le Colombaie, via Montanelli 22, loc. La Catena, San Miniato (Pi)
 Ristorante Grotta Follis, via Roma 125, Follonica (Gr)
 Osteria Vecchio Mulino, via Vittorio Emanuele, 12 Castelnuovo Garfagnana (Lu)
 Osteria I Diavoletti, via Stradone di Camigliano, 302, Capannori (Lu)
 Ristorante Belvedere, Località Bano 226, Monte San Savino (Ar)

Il piatto dell’Alleanza dei cuochi di Slow Food viene servito in ristoranti e osterie toscane che hanno aderito al progetto e che espongono la locandina dell’iniziativa, e viene cambiato ogni tre mesi, in occasione di ogni solstizio ed equinozio seguendo anche le stagionalità alimentari. Il piatto a base di Marocca di Casola sarà pertanto degustabile fino al 22 settembre prossimo.

Altri piatti dell’Alleanza sono stati: Testarolo artigianale Pontremolese con Pecorino a Latte Crudo della Montagna Pistoiese, i prodotti della Pesca Tradizionale nella Laguna di Orbetello, la razza bovina Maremmana, la Tarese del Valdarno, la Cipolla di Certaldo e il Biscotto Salato di Roccalbegna.

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Reggello: Premio Vallombrosa, Carmine Abbate si aggiudica l’edizione 2017

[:it]libro Carmine AbateCon il libro “Il Banchetto di Nozze ed altri sapori” Carmine Abbate si aggiudica l’edizione 2017 del Premio Letterario Vallombrosa il cui tema dell’anno era “Pane, Olio, Vino: il cibo fra sacro e mondano”. Coinvolte anche le scuole medie inferiori con un progetto sul riuso degli imballaggi del cibo e le scuole superiori nella lettura dei libri proposti

È Carmine Abbate il vincitore del premio Letterario Nazionale Rotary Vallombrosa finalista insieme a Massimo Montanari, Andrea Segrè e Simone Arminio dell’edizione 2017.

L’argomento scelto per quest’anno “Pane, Olio, Vino: il cibo fra sacro e mondano” ha permesso alla giuria di affrontare un tema di grande attualità che vede nel consumo di cibo a livello mondiale la presenza di profondi solchi che dividono chi può accedere ad una quantità che va oltre il necessario, da chi non ha il minimo per il proprio sostentamento.

La giuria composta da Pilade Cantini, Vinicio Capossela, Paolo Ciampi, Marco Mizza, Alberto Severi, Michele Taddei, Giuseppe Vadalà, Carlo Cossi, Angelo Rabatti, Francesco Tommasini, Francesco Grossi e Eugenio Giani ha trovato nella lettura del libro di Carmine Abate l’espressione perfetta del tema dato.
Recita la motivazione che in questo libro, “il cibo trascende la sua funzione di semplice sostegno dell’organismo per assurgere a simbolo dell’avventura, del ricordo e del ritorno e, in fondo, a metafora della vita.”

La premiazione si è svolta a Vallombrosa nella sala del Capitolo dell’Abbazia con la partecipazione di numerose personalità. Conduttore dell’evento il giornalista RAI Alberto Severi. Dopo il saluto alle autorità presenti da parte del Presidente del Rotary Club Firenze Valdisieve Carlo Cossi, del Presidente della Commissione organizzatrice Angelo Rabatti e del Priore dell’Abbazia Padre Marco Mizza, sono stati eseguiti dei brani di musica medievale dalmaestro Michael Stuve e dal controtenore Steve Woodbury.

Una lettura di alcuni brani tratti dai libri finalisti sono stati letti dall’attrice Alessia Innocenti. Una menzione speciale da parte della Commissione è stata riconosciuta ad un altro libro in concorso Papale papale di Fabio Picchi edito da Giunti.[:en]libro Carmine AbateCon il libro “Il Banchetto di Nozze ed altri sapori” Carmine Abbate si aggiudica l’edizione 2017 del Premio Letterario Vallombrosa il cui tema dell’anno era “Pane, Olio, Vino: il cibo fra sacro e mondano”. Coinvolte anche le scuole medie inferiori con un progetto sul riuso degli imballaggi del cibo e le scuole superiori nella lettura dei libri proposti

È Carmine Abbate il vincitore del premio Letterario Nazionale Rotary Vallombrosa finalista insieme a Massimo Montanari, Andrea Segrè e Simone Arminio dell’edizione 2017.

L’argomento scelto per quest’anno “Pane, Olio, Vino: il cibo fra sacro e mondano” ha permesso alla giuria di affrontare un tema di grande attualità che vede nel consumo di cibo a livello mondiale la presenza di profondi solchi che dividono chi può accedere ad una quantità che va oltre il necessario, da chi non ha il minimo per il proprio sostentamento.

La giuria composta da Pilade Cantini, Vinicio Capossela, Paolo Ciampi, Marco Mizza, Alberto Severi, Michele Taddei, Giuseppe Vadalà, Carlo Cossi, Angelo Rabatti, Francesco Tommasini, Francesco Grossi e Eugenio Giani ha trovato nella lettura del libro di Carmine Abate l’espressione perfetta del tema dato.
Recita la motivazione che in questo libro, “il cibo trascende la sua funzione di semplice sostegno dell’organismo per assurgere a simbolo dell’avventura, del ricordo e del ritorno e, in fondo, a metafora della vita.”

La premiazione si è svolta a Vallombrosa nella sala del Capitolo dell’Abbazia con la partecipazione di numerose personalità. Conduttore dell’evento il giornalista RAI Alberto Severi. Dopo il saluto alle autorità presenti da parte del Presidente del Rotary Club Firenze Valdisieve Carlo Cossi, del Presidente della Commissione organizzatrice Angelo Rabatti e del Priore dell’Abbazia Padre Marco Mizza, sono stati eseguiti dei brani di musica medievale dalmaestro Michael Stuve e dal controtenore Steve Woodbury.

Una lettura di alcuni brani tratti dai libri finalisti sono stati letti dall’attrice Alessia Innocenti. Una menzione speciale da parte della Commissione è stata riconosciuta ad un altro libro in concorso Papale papale di Fabio Picchi edito da Giunti.[:]

I magnifici 23 dell’olio extravergine toscano

[:it]podere-le-melie-dei-cavallini-olio-extravergine-di-oliva-toscano-olio-1La selezione, bandita nel febbraio 2017 dalla Regione Toscana con Promo Firenze, azienda speciale della Camera di Commercio di Firenze, è stata presentata nel capoluogo toscano ed è il frutto del lavoro della commissione regionale di assaggio che ha scelto tra i campioni presentati dai produttori di oli extravergini certificati in una delle 5 Dop e Igp registrate per la Toscana.

“Questa iniziativa – ha detto l’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi in un messaggio ai premiati – ha lo scopo da una parte di individuare quegli oli che per le loro caratteristiche possono rappresentare al massimo livello tutta la nostra produzione e dall’altra, di stimolare lo sforzo delle imprese olivicole al continuo miglioramento della qualità del prodotto.” “Inoltre – ha aggiunto – la selezione, che è riservata agli oli certificati DOP e IGP, vuol incentivare l’uso di questi strumenti di valorizzazione che garantiscono il consumatore quanto a qualità e legame col territorio”.

Gli oli selezionati sono la punta di diamante di un settore che conta 50mila aziende in tutta la regione e che da 15 milioni di piante ricava in media 180mila quintali di olio per un fatturato di 132 milioni di euro.
Nello specifico, alla selezione hanno potuto partecipare tutti i produttori toscani di oli extravergini di oliva presentando campioni di olio appartenenti a un lotto unico ed omogeneo di almeno 10 quintali.
Ogni impresa aveva la possibilità di partecipare con un massimo di 3 oli. Il tutto, tra l’altro, a fronte di un’annata piuttosto scarsa per la produzione di olio.

Guardando ai numeri, il patrimonio olivicolo regionale è formato da oltre 15 milioni di piante, delle quali più del 90% è costituito da poche varietà: Frantoio, Moraiolo, Leccino, Maurino, e Pendolino. Negli oliveti toscani sono comunque presenti anche numerose altre varietà minori che sono state censite e studiate attraverso approfondite indagini. Si tratta di un immenso patrimonio genetico, selezionato e riprodotto localmente nel corso dei secoli, che forma con l’ambiente naturale un insieme inscindibile.

Ora il compito di portare alto il nome della Toscana spetta alla selezione dei 23 oli extravergine, descritti anche in un catalogo predisposto in due lingue.[:en]La selezione, bandita nel febbraio 2017 dalla Regione Toscana con Promo Firenze, azienda speciale della Camera di Commercio di Firenze, è stata presentata nel capoluogo toscano ed è il frutto del lavoro della commissione regionale di assaggio che ha scelto tra i campioni presentati dai produttori di oli extravergini certificati in una delle 5 Dop e Igp registrate per la Toscana.

“Questa iniziativa – ha detto l’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi in un messaggio ai premiati – ha lo scopo da una parte di individuare quegli oli che per le loro caratteristiche possono rappresentare al massimo livello tutta la nostra produzione e dall’altra, di stimolare lo sforzo delle imprese olivicole al continuo miglioramento della qualità del prodotto.” “Inoltre – ha aggiunto – la selezione, che è riservata agli oli certificati DOP e IGP, vuol incentivare l’uso di questi strumenti di valorizzazione che garantiscono il consumatore quanto a qualità e legame col territorio”.

Gli oli selezionati sono la punta di diamante di un settore che conta 50mila aziende in tutta la regione e che da 15 milioni di piante ricava in media 180mila quintali di olio per un fatturato di 132 milioni di euro.
Nello specifico, alla selezione hanno potuto partecipare tutti i produttori toscani di oli extravergini di oliva presentando campioni di olio appartenenti a un lotto unico ed omogeneo di almeno 10 quintali.
Ogni impresa aveva la possibilità di partecipare con un massimo di 3 oli. Il tutto, tra l’altro, a fronte di un’annata piuttosto scarsa per la produzione di olio.

Guardando ai numeri, il patrimonio olivicolo regionale è formato da oltre 15 milioni di piante, delle quali più del 90% è costituito da poche varietà: Frantoio, Moraiolo, Leccino, Maurino, e Pendolino. Negli oliveti toscani sono comunque presenti anche numerose altre varietà minori che sono state censite e studiate attraverso approfondite indagini. Si tratta di un immenso patrimonio genetico, selezionato e riprodotto localmente nel corso dei secoli, che forma con l’ambiente naturale un insieme inscindibile.

Ora il compito di portare alto il nome della Toscana spetta alla selezione dei 23 oli extravergine, descritti anche in un catalogo predisposto in due lingue.[:]